Recensioni per
Voglio il cielo blu
di IlMostro

Questa storia ha ottenuto 14 recensioni.
Positive : 14
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
03/08/16, ore 01:02
Cap. 6:

Buonasera.
Ormai non ci sono più dubbi, questa raccolta è un vero e proprio climax di qualità e sentimenti, più forti e vividi ad ogni testo. Le immagini che hai usato sono stupefacenti, in particolare i cadaveri d'ombrelli dalle ali tarpate mi ha colpito al cuore, seguito poi da quelle più in basso - anche il cuore pestato e le briciole di sangue certo non sono passate inosservate. L'amarezza, la rassegnazione dell'io lirico sono più forti che mai, quasi palpabili, e il ritmo è come sempre scorrevole e lineare, sena però risultare piatto. Come sempre, complimenti, e grazie per simili gioielli.
A.

Recensore Master
29/07/16, ore 09:36
Cap. 5:

Buongiorno, cara.
Questo capitolo è ancor più bello dei precedenti. Ho gradito il paragone della tua figura con Capitan America, eroi insopprimibili sempre pronti ad ergersi a scudo per gli altri, ma in fondo umani e fragili a loro volta, anche se il mondo sembra non ricordarlo. O, nel tuo caso, dall'amarezza delle tue ultime parole, direi più che non voglia ricordarlo. Capisco le tue emozioni, poichè a mia volta ho aiutato molto persone che per me non ci sono mai state. Spazza via le nuvole, ritrova la serenità, e riposa, nobile cavaliere. Sono sicura che hai fatto abbastanza.
Grazie per questo gioiello,
A.
(Recensione modificata il 29/07/2016 - 09:37 am)

Recensore Master
16/07/16, ore 11:48
Cap. 4:

Buongiorno, era da un po' che non passavo.
Ho simpatizzato per questa poesia sin dal titolo, dal momento che adoro il latino e lo trovo adattissimo per il genere della poesia. Io stessa lo uso volentieri, poichè come in questo caso lascia un senso di ammirazione e insieme mistero, e certo invoglia a leggere il testo. Passando al testo vero e proprio, trovo splendida l'immagine del dio del vento, il desiderio struggente dell'io lirico di essere fermata, tolta dalla sua folle corsa proprio da colui che la causa. Gli ultimi due versi poi sono qualcosa di meraviglioso, dicono amare parole che ben si sposano con l'atmosfera di questa tua raccolta, e allo stesso tempo concludono meravigliosamente il testo a livello puramente ritmico. Complimenti come sempre, sarò lieta se vorrai passare a leggere qualcosa di mio, a presto!
A.

Recensore Veterano
04/07/16, ore 20:05
Cap. 7:

"Timbra il mio sangue
come un impiegato all'ufficio anagrafe"

Il mio passaggio preferito, dovevo proprio partire da qua. Quelli di oggi sono versi destinati alla libera circolazione delle parole, libere di circolare in chi vorrà accoglierle - cosa familiare, di questi tempi, la libera circolazione -, in maniera analoga a quel tuo sangue pronto a scorrere senza tregua. O quasi. Il suo fluire, il suo timbrarsi (con tanto di cartellino? Lo immaginiamo così? O come una missiva gialla in formato A4?) è un atto automatico e poco voluto, per nulla sentito, è l'immagine adatta a ritrarre un'apatia - la stessa di qualche poesia fa - che segue a quella sensazione di nullità a cui pervengono i tuoi versi, a cui perviene il tuo subconscio. Quella sparizione improvvisa, nella tua vita, ti ha sottratto qualcosa di grande: un senso, un significato da poter attribuire a quei battiti, prima così accesi, così evidenti e percepibili. Palpitavano, scalciavano come bambini sul punto di voler nascere, di voler abbandonare la placenta. E qualcosa effettivamente ti ha abbandonato, lasciando un vuoto che non hai ancora imparato a ricoprire (non dico colmare; ma hai presente come si con le strade, quando si usa la pece per tappare le fosse più pericolose, pur sapendo che non sarà un lavoro fatto a regola d'arte?), lasciando un gelido sentore. L'ultimo ponte che è rimasto fra voi, la sua pesante eredità, ha abbassato la tua temperatura corporea, ha rallentato il tuo metabolismo, ti ha lasciato scoperta in un mondo troppo freddo. Come se il sangue non arrivasse a destinazione, pur timbrando quel cartellino. O come se fosse una lettera che si perde da qualche parte e finisce per non adempiere al suo scopo. E se i battiti scarseggiano, se il loro suono si percepisce appena, e se quell'angolo che rievoca ricordi passati sovviene, ciò che resta da fare è abbandonarsi alla statica apaticità dell'attimo. E scriverci dei versi.
È un gioco difficile il tuo. Esterni quel che senti e quel che non senti. Brava, brava.

Recensore Veterano
01/07/16, ore 22:03
Cap. 6:

Vuoi un cielo blu, ma lui non vuole saperne d'arrivare.
E tu, ostinata, continui a scrivere poesie e procedi con il tuo solito modo di porti, di raccontare te stessa e quanto ti circonda (o quanto si addentra in te), a partire da quei capelli lunghi che ti piacciono tanto - e la loro lunghezza trovi sia confortante, è una piccola dimostrazione di forza che quasi ti sorprende; pensi che t'appartenga solo parzialmente. Quei capelli pronti ad abbracciarti, col loro/tuo modo di volerti bene, pronti a ricordarti che devi aver cura di te stessa, che una parte di te si vuole bene anche se fuori piove e se la pioggia entra in casa, dentro di te, sino a farti trasalire. Rischi una polmonite, con tutto il gelo che stai prendendo; rischi che quel grigio invadente possa contagiarti, possa avere la meglio su di te. Tante e tante volte hai raccontanto di sfumature cromatiche diverse, ma il grigio ti spaventa e hai paura che possa diventare l'unico colore visibile: sarebbe forse più pericoloso del nero che copre tutto, in quanto il grigio è solo un po' di nero sbiadito, un po' di nero invecchiato. Senti di avere le ali tappate, senti che la tua adorata vena poetica soffre con te - eppure lei è più indipendente, sa venir fuori anche se la pioggia è battente. Lei non rischia di scivolare, mentre cammina.
La tua vena poetica pulsa, non smette di farlo. E ti fa scrivere delle belle poesie.

Recensore Master
28/06/16, ore 00:28
Cap. 3:

Buonasera, cara.
Un altro splendido lavoro, basato su un contrasto fortissimo e ricco di significato. Le tue parole sono come sempre forti, quasi urlate, e tuttavia al contempo paiono sussurrate, perchè prima del resto del mondo, devono convincere appieno chi le pronuncia.
La ridondanza degli ultimi versi poi le costituisce un'atmosfera cantilenante, assolutamente azzeccata con l' immagine di rassegnazione che ci vuoi dare.
Bravissima, ancora una volta.
A.

Recensore Veterano
23/06/16, ore 15:49
Cap. 5:

Sei bella in poesia e io devo ripetertelo (e ripetermi). E non va bene che quel cielo blu tardi ad arrivare, e non va bene che forse neppure un cielo blu ti possa salvare, però ciò che riesci ad esternare in forma di scrittura è fantastico mentre sei l'oggetto del contenzioso di cicloni e perturbazioni violente.
Sono belli questi versi: non sono molti, non sono distribuiti in strofe, seguono un filo che è emotivo, è un'emotività che rischia di sfracellarsi mentre tu sei pronta ad abbandonare quell'armatura che ti tiene in vita. No, non sei pronta: ma vorresti abbandonarla, vorresti rinunciare, per uno o due o mille giorni, a quel ruolo di salvatrice (della patria, come Capitan America) e di anima forte ed indistruttibile che può e deve resistere a tutto. Chi ti osserva pensa di vedere una ragazza pronta a lottare sino allo sfinimento; non è falso, ma nessuno si chiede quanto quella ragazza abbia voglia di continuare a farlo. O quanto lo sfinimento possa essere imminente. Il tuo nome ripetuto tre volte, le vochi che ti chiamano e che hanno bisogno di te o che ti gridano contro, ti assillano e non comprendono che avresti bisogno di silenzio e di quella quiete ambita che tanto vai declamando fra i tuoi versi. La tua stanchezza è tanta, la tua invincibilità è un mito destinato a crollare, ne sembri convinta.
È triste leggerti così, non prendermi per un insensibile. Sembro scriverti dall'alto di un piedistallo a volte, parlo di poesie bellissime quando quelle poesie terribili tracciano emozioni ancora troppo fresche e dolorose e per nulla belle. Non posso fare di più, però; farti i complimenti che meriti per i tuoi versi è il mio personalissimo modo di sostenere l'eroina e la sua interiorità brillante e ricca di sfumature, anche se a volte mi fa sentire come il coro delle tragedie post-attiche. Spero che presto potrai posare la tua armatura senza conseguenze e che non dovrai più dimostrare di essere resistente a tutto, giovane e umana poetessa. Sei tutt'altro che impassibile, tu.

Recensore Veterano
21/06/16, ore 19:36
Cap. 4:

Un cielo blu non è ancora arrivato. Quelle nubi, di cui tanto parlavi poesie fa (non trovi che la poesia fa sia una splendida unità di misura?), non si sono ancora smaterializzate, nonostante il vento e i venti (e in questa poesia, tu sei come quella foglia trascinata via dal vento di cui lamentavi l’assenza, anzi pure peggio, tu sei del tutto incapace di arrestare la tua corsa: fuggi dal cielo di oggi, nonché da te stessa) e i panni di cui ti sei svestita per lasciarli asciugare (forse li hai stesi davvero, forse li hai solo osservati agitarsi, forse quei panni solo una delle parti di te, forse è solo quello che ti stai lasciando alle spalle o quello a cui oggi non vuoi pensare troppo e che eppure ti perseguita) mentre la tua folle corsa non intravede alcun traguardo, nessuna bandiera a scacchi, e speri che qualcuno intervenga e ti fermi, proprio Eolo, l’unico capace di reggere il confronto con questo tuo modo di svolazzare – e poi lui è il solo responsabile della tua situazione: i suoi venti non si sono decisi a scacciare le nubi, i suoi venti sono gli stessi che portano vie le foglie, sono i venti che adesso muovono i panni (ma non li fa volare via), è quel vento sferzante che può far male senza volerlo.
Eolo, che è ben più che solo contrassegno dei venti, quell’Eolo potrebbe cercarti o salvarti, saprebbe trovarti e raggiungerti e riportare la calma in questo turbinio di emozioni, speri che ti protegga e che ti renda libera dai tuoi conflitti e dai tuoi ricordi appesi a un filo, così da placare quel calore gelido (l’afa rende così bene l’insofferenza e la passione di un tempo, ma rende così male quel che ne è rimasto; il gelo di qualche poesia fa aveva l’effetto contrario) che ti ha fatto svestire, che ti ha costretto a toglierti tutto, quella tua vecchia parte di te che non sopporti è sempre pronta a lapidarti, a rimproverarti ogni singolo peccato, anche il solo desiderare. Ci vorrebbe un cielo blu, c'è poco da fare.

Recensore Veterano
21/06/16, ore 15:36
Cap. 3:

La tua terza, folle poesia sui cieli blu - da raggiungere presto, si spera.
Anche in questo caso riesci a far affiorare gli incerti confini della tua anima e della tua stabilità emotiva, incerta sul tuo ruolo trasmuti nei ruoli altrui, così ben chiari e così ben definiti (come tu mai pensi di poter raggiungere) in questi due casi tanto esemplari, nel "bene" e nel "male" che rappresentano, e giochi con le percezioni di ciò che rappresentano per rappresentare le (tue) istanze opposte che confluiscono nella tua complicata personalità, ancora tutta da definire, da collocare di ruolo.
C'è, soprattutto, un'insofferenza tangibile verso quella parte di te, una parte senza nome e non meglio definita (è difficile da definire, ancora una volta è una questione di sfumature, non tanto di ossimori), quella parte che ti rende, ai tuoi stessi occhi, inadatta a rappresentarsi nel mondo, quella parte piena di ansie e timori, di fallimenti, di incertezze; è radicale la tua insofferenza, al punto da travisare e da trasgredire la non-violenza di Ghandi o l'istinto di autoconservazione (nonchè di supremazia) di Hitler, è un radicale non-compiacimento - passeggero e saltuario, penso, ma così forte! -, persino le parole e il modo in cui le esprimi diventano cosa sgradita - è una lotta senza esclusione di colpi quella che ha luogo dentro. Una lotta (più che una parte) disabilitante, un banale conflitto interiore che innesca reazioni troppo pericolose da controllare - e non credere che tu debba sentirti criticata, per la tua incapacità di controllarle; compiangersi in versi è un diritto inalienabile e sacrosanto, che eserciti bene per di più. E questa raccolta mi piace particolarmente perché, sopra questa parte di te, c'è un cielo blu che incombe - ne sono certo, la sua venuta è solo una questione di tempo.
(E scusa se scrivo e scrivo, ma quando mi fisso con le poesie di qualcuno mi è sin troppo facile e irresistibile continuare)

Recensore Veterano
19/06/16, ore 09:48
Cap. 1:

Vorrei azzardare anche io una 'recensione', posso? Vorrei azzardarmi a scrivere intorno a questa poesia, cercando di scoprire quelle parole, di allungar loro i vestiti per eliminare quel senso di disagio, ma mettendole un po’ a nudo, facendo attenzione che nessuno allunghi le mani; posso?
T’ho chiesto il permesso – e mi sono preso un sì come tua risposta – perché nella tua poesia c’è una costante ed è l’assenza di delicatezza. Scusa se, per dirlo, sono stato così teatrale: ma fra questi versi, come in tanti altri, emerge un'acuta sensibilità che magari appare occultata nella tua vita di ogni giorno (o magari non lo è?), quella percezione d’essere abbandonata e d’essere stata abbandonata, con nessuno che ti chieda un permesso prima di farlo, che ti dia la possibilità di ribattere, di opporti, se non in versi destinati a restare fra te e te.
C’è dell’altro, in questa poesia, fra le parole con cui dialoghi e che metti in ordine, con tanta precisione e senza lasciare troppo di sottinteso, con la tua consuetà densità: è la tua insicurezza, così diabolica e assillante. L’insicurezza ti porta a chiederti chi tu sia (davvero), com’è già successo in altri tuoi versi, a dubitare di te stessa, dei tuoi istinti, delle tue ragioni, delle tue capacità, del tuo senso del pudore, della tua bellezza (interiore, esteriore, intermezza), i tuoi alti e bassi interiori ti lacerano, ti spremono, mentre ogni nuovo arrivo ti innalza e ogni nuovo abbandono ti degrada. Sei incerta, non sai esattamente come inquadrarti, e in questa poesia ad emergere è tutto l’odio (che poi non è odio profondo, è un odio diverso, latente e superficiale) che puntuale ti si riversa addosso ad ogni preciso scoccare della mezzanotte, o in un qualsiasi altro momento, quando si allineano i pianeti, o solo certe circostanze; basta poco a farti sentire insicura.
E oggi esigere ancora quel cielo blu significa volere la vera te stessa, quella te (qual è il tuo nome, se posso?) pallida e d’uno spento rosso pronta a riprendere colore e a riprendere vita, in attesa di un segnale che giunga da qualche orizzonte, che gli eroici furori t’assalgano, che le passioni possano riprendere e consumarsi, ma a patto di tu sia colei che desideri essere (c’è qualcosa di sbagliato nel suo modo di guardarti le gambe, nel fermarsi a guardare alle gambe o nelle tue gambe; la tua visione del mondo s’alterna come e con le tue insicurezze).
Io giro molto intorno alle tue poesie, l’avrai notato, con fare indiscreto: le tue poesie sono indiscrete e quindi mi sento autorizzato ad esserlo anche io, spero non ti dispiaccia. È molto personale ma bello il tuo modo di scrivere, molto fisico e concreto eppure continuamente teso verso un cielo sempre distante, è il modo che hai d’essere spirituale. È molto, molto bello.

Recensore Veterano
15/06/16, ore 18:32
Cap. 2:

Bella, bella, bella.
Un cielo paradigmatico il tuo, è un cielo a cui corrisponde uno stato d'animo e la tua stessa voglia di vivere, è un cielo grigio e tempestoso, un cielo preoccupante e incerto, un cielo a tratti minaccioso, a tratti pronto ad aprirsi in tutta la sua immensità, al culmine del suo splendore. La capisco la tua esigenza, il tuo desiderio di un cielo che sia solo e soltanto blu, pulito, un cielo puro e senza nuvole e quindi sincero - senza nuvole non può nasconderti nulla -, senza grattacieli a sporcarne i contorni. Sotto i cieli blu ci si innamora, si riprende a respirare, mentre il cielo grigio di oggi toglie il fiato, lascia che i respiri vengano mozzati uno ad uno, uno ad ogni delusione, i grigiori nelle loro sfumature intrappolano ogni barlume, spremono via ogni colore e lo sostituiscono con dubbi atroci, incertezze e cattivi pensieri, le nuvole si gonfiano e le ansie fanno altrettanto, è circolo vizioso che alimenta un fuoco pronto a divampare e morire di colpo.
Dopotutto, è come se le nuvole si nutrissero di felicità - non indistintamente, ecco, solo di quella di qualcuno - e come se privassero la vita di vita, mentre risvegliano parole morte o morenti, mai scritte o forse appassite proprio perché scritte e dissacrate, e l'unico rimedio diventa (ri)scrivere e osservare quelle parole, in fila, formare dei versi e delle poesie, o delle lettere, lettere come quelle su cui avevi costruito e distrutto qualcosa. Come ripetersi un mantra. La catarsi è da raggiungere a qualsiasi costo, è l'unico modo per salvarsi.
E non è facile riuscirci, non è facile corazzarsi abbastanza da resistere a quelle esplosioni violente, a quei colpi di chi ha tradito la tua fiducia e il tuo corpo, fingendo di colorarne le estremità, mentre sopra di voi si raccoglievano esitazioni codarde e silenzi pronti a scoppiare. Tutti i colori che ti sono mancati, che prima eppure non mancavano e che adesso sono introvabili, scorrono dentro di te, ma non è facile tirarli fuori; è come stare dentro un quadro di Klimt e stare appesi ad un muro bianco e senza pudore di un vecchio museo ed essere sotto gli occhi indiscreti di tutti. No, non è così che dovrebbe essere: un cielo blu meriterebbe di sorgere, affinché i colori si liberino in volo, affinché l'olio scorra liberamente su tela, senza restrizioni, e che la pelle torni pulita, senza nuvole disegnate e desideri indelebili tatuati, pronti a specchiarsi e a macchiare quel cielo sensibile che, a dire il vero, è dentro di te. Forse andrebbe solo ritrovato, forse il vero problema sono quelle muraglie troppo alte, forse quel cielo stampato di carta, più sicuro e affidabile di un qualsiasi altro cielo pronto a cambiare così in fretta, senza lasciarti il tempo di metterti al riparo. Perdonerai te stessa quando il cielo sarà tornato o il cielo tornerà quando avrai perdonato te stessa?
Perdona almeno il volo (neanche troppo) pindarico, ma tu hai tirato in ballo te stessa e un cielo blu, e i cieli blu si sa, sono belli e pieni, e hai usato delle belle parole e le parole fanno venire voglia di scriverne altre. Adesso, però, mi fermo, e ti faccio i complimenti. Brava.

Recensore Master
15/06/16, ore 15:07
Cap. 2:

Sono di nuovo qui, indignata nel vedere quel piccolo 0 di fianco alla parola "recensioni" per questa tua meraviglia. Il silenzio di cui abbiamo già parlato continua ancora, vedo, ma qui e ora lo spezzerò io per te.
E' potente quanto il capitolo che l'ha preceduta; mi piace molto l' immagine della donna come tela violata da colori che non fanno per lei. O da mani che, invece di farne un meraviglioso dipinto, delicato come quelli di Klimt, la graffiano e squarciano senza pietà, come una sanguinate figura di Egon Schiele.
J'adore. Alla prossima, anima poetica.
A.

Recensore Master
15/06/16, ore 14:48
Cap. 1:

Buongiorno.
Una poesia molto forte, giocata su interessanti contrasti. Particolarmente significativo ed efficace quello finale, tra l'odio e l'amore; il messaggio è perfettamente recepibile, tanto quanto il furioso conflitto interiore dell' io lirico. I miei complimenti, alla prossima opera
A.

Recensore Junior
15/06/16, ore 12:53
Cap. 1:

Contraddizioni e antitesi si alternano in un piacevole gioco poetico, che riflette le inquietudini dello scrittore. Il rosso muta, da fragola a spento, così come nella parte finale si passa dall'amore all'odio. Una vena di insoddisfazione e ira nei confronti di un mondo incontrollabile permea tutto il testo. Complessivamente, soddisfatto.