Recensioni per
Il Principio.
di nothingdrum

Questa storia ha ottenuto 1 recensioni.
Positive : 1
Neutre o critiche: 0


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Nuovo recensore
18/08/16, ore 20:15

Innanzitutto devo ammettere che leggere il racconto, così come farne la recensione, mi ha intrattenuto ed anche, a tratti, deliziato.
Siccome sono rimasto impressionato più che altro dalla densità contenutistica, inizierò da questo.
Nelle prime righe è evidente, soprattutto a causa dello stile scarno ma sorprendentemente profondo, che ci si trova in una situazione che ricalca sia quella degli asceti e degli eremiti, immersi in una radicale solitudine, mentre meditano ed attendono, sia quella in cui viveva San Gerolamo (traduttore della Bibbia dal greco alessandrino al latino). Quest'ultimo infatti era in una posizione alquanto scomoda; non poteva, su espresso ordine di Papa Damaso I, recarsi in città, a Betlemme, per dedicarsi ai piaceri effimeri, ma doveva solamente impegnare tutto sè stesso nella traduzione delle Sacre Scritture. Ecco, proprio tale mi pare lo stato in cui Notte e Giorno sono costretti, ovvero consci di potersi scaldare l'un l'altra, ma impossibilitati a farlo, rimanendo in questa maniera ad attendere.
Inaspettatamente, riescono in qualche modo a congiungersi, ed assieme ad altre dicotomie (o binomi), viaggiano atraverso lo spazio per raggiungere un ente misterioso, che a quanto pare li ha chiamati a raccolta.
Un piccolo e spontaneo appunto; il ''format'' in cui è realizzato il racconto non mi pare ideale, eppure suppongo sia funzionale a definire, attraverso una divisione visiva tra i periodi, anche la divisione temporale che sussiste tra gli avvenimenti descritti, cosa che sarebbe andata bene anche ne ''L'Ultima Domanda'' di Asimov, quindi non me la sento di criticare tale scelta.
Subito dopo si erge, laconica, la dicitura ''Il principio dell'esistenza'', una specie di targa, di certo marmorea ed imperiosa nella struttura del testo. In effetti, essendo personalmente attratto dall'argomento ''Genesi'' ed affini (ovviamente non solamente in campo religioso, ma anche mitico-mitologico, come nelle esperienze wagneriane), mi sono avvicinato al testo in questione a causa del titolo, e vista l'impostazione generale di tutta l'opera, credo che una sentenza così lapidaria sia d'obbligo. A maggior ragione quando essa diviene, come in questo caso, un perno intorno a cui ruotano gli eventi dello scritto, alla stessa maniera della madeleine proustiana, in quanto entrambe sconvolgono intimamente i personaggi, e con loro il lettore.
Difatti, puntualmente vengono menzionati anche gli umani, in un modo che genuinamente mi ha riportato alla mente ''Micromega'' di Voltaire, se non fosse che lì veniva criticata la bieca applicazione della filosofia, qui invece solo l'epicureismo. È un'intuizione non da poco, quella che vede gli uomini come completamente dominati dal Caso attraverso gli occhi di enti superiori (anche se qui sono concetti a cui viene donata umanità, più o meno quello che succede nel sonetto di Shakespeare ''Shall I compare thee'', però potrebbe esser solamente una suggestione).
Altra attinenza importante riguarda sempre ''L'Ultima Domanda'' di Asimov, e specialmente nello stralcio ''pianeti che perdevano lentamente tutte le leggi fisiche e naturali che li dominavano, dove non esistevano più gli elementi per far andare avanti l'esistenza'', ove, in modo assolutamente profetico e dostoevskijano, ci si prefigura cripticamente il futuro dei viventi, incatenati a non poter rifuggire l'esistenza, giacchè essa continuerà comunque, anche a costo di veder sacrificate le leggi naturali. In questo momento la mia mente viaggia al ''Prometeo Incatenato'' di Eschilo, lo ammetto.
Poi, in un improvviso istinto cinico, nell'istante in cui Principio decide di assumere sembianze antropomorfe, tale scelta viene definita ''l'unica decisione presa durante la sua vita'', e non ci sarebbe da dubitare su quel ''probabilmente'', vista la condizione esistenziale di tutti questi enti, fino a prima immobili e dediti ad un solo e meccanico compito.
La parte topica si sta avvicinando, e riesce a preannunciarsi con forza grazie all'incredibile desiderio di Principio di rendere tutto nulla. È una questione che ha assillato anche Gorgia, tanto biasimato da Platone, ma la cui figura si riflette nel nichilismo di quest'ente sovrannaturale.
A questo succede un segmento dal lirismo non dissimile a quello della nona di Beethoven (quant'è bella? Mi piace persino canticchiarla, ogni tanto), e dalla medesima universalità: Giorno infatti insorge, opponendosi al nichilismo di Principio, ed esponendo il proprio relativismo, riesce a convincere e portare all'azione la massa dei binomi, fino ad ora in silenzio. Oltretutto notte si pone in posizione fetale vicino a Giorno, il che, ad una mente davvero accorta, riesce ad anticipare una seconda genesi, la quale si consumerà effettivamente attraverso l'atto consistente nello squarciare il velo di Maya, ovvero il superamento delle usuali percezioni, come il succitato protagonista fa. In questa maniera si compie un finale che trasmette un messaggio riguardante principalmente l' unione degli opposti, di questi ''binomi'' complementari, che rassomiglia quello proprio di Hermann Hesse, specie se si considera il suo ''Favola d'Amore''.
 
In sostanza, sono convinto che questo racconto risenta, più o meno consapevolmente, di influenze assai varie, e che sia notevole osservarne la stratificazione in questo senso.
Spero di rimanere colpito in questa maniera anche da altri dei tuoi racconti, al punto da portarmi a scrivere ulteriori opinioni su di essi.