Recensioni per
La Caduta di Gondolin
di Miele_e_Cianuro

Questa storia ha ottenuto 2 recensioni.
Positive : 1
Neutre o critiche: 1 (guarda)


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Recensore Junior

Sono una lettrice sincera, detesto sia gli apprezzamenti ipocriti che le critiche distruttive, pleonastiche e prive di qualsiasi scopo costruttivo. Quindi quella che sto per muoverti sono due critiche sì, ma critiche che vorrebbe distanziarsi il più possibile dalle prime.
Premetto che riguardano solo questo secondo capitolo e non hanno a che fare con la resa di Maeglin. Credo di aver capito ciò che stai facendo con lui, e la parte che gli dedichi, per quanto (forse necessariamente) confusa, distante dal “leitmotiv tolkieniano”, riflette una follia smaniosa in cui ho sempre pensato sarebbe sfociata la sua ossessione, soprattutto dopo la prigionia e durante la caduta di Gondolin (e a proposito, davvero evocativa l’immagine di quelle “finestre vuote come orbite di un teschio”). Per cui aspetto di poterne osservare un quadro completo prima di darti la mia opinione.

Le obiezioni che mi sento di muoverti, invece, sono essenzialmente due e riguardano Tuor (di cui avevamo già parlato) e il tuo soprassedere sul consiglio di guerra di Gondolin, scelta che – a mio avviso – ha portato ad una conseguenza altrettanto “negativa”.

Tuor. Ti avevo espresso alcune perplessità sulla sua resa che qui, purtroppo, sono andate ad accentuarsi. Mi avevi spiegato il tuo intento di base, di come hai interpolato alcuni aspetti della sua figura, ma credo che in quest’ultimo capitolo tu abbia calcato eccessivamente la mano su quello più… scriteriato. Mi riferisco alla sua totale inconsapevolezza, al suo non riuscire minimamente a rendersi conto di sé e della situazione, venendo del tutto pilotato dai Noldor che lo circondano, oltreché alla “scena della rottura dell’ascia” (a mio avviso eccessiva, considerando l’insieme generale). Il Tuor tolkieniano si perde, troppo, per lasciar spazio a un personaggio tendente al macchiettìstico. Ed io credo che, pur mantenendo il tuo intento, la tua visione di lui, potresti riuscire a limitare certi aspetti e situazioni.

Parlando del consiglio di guerra, io l’ho sempre ritenuto uno snodo fondamentale della vicenda (o almeno così lo ritengo con riguardo alla prima versione della storia, quella a cui tu ti stai riferendo). Il potere di convincimento di Maeglin, il suo giocare sulle più grandi debolezze di Turgon (il terrore di abbandonare la sua Città e tutto ciò che custodiva, il ricordo – pur non esplicitato ma a mio giudizio incombente – della Nirnaeth) mi è parsa l’unica scusante per la scelta strategica di Turgon stesso. E questo perché, al tuo contrario, reputo la decisione di trincerarsi in Gondolin come una mossa scellerata, che in una dinamica reale (ma anche fittizia) consente alle forze avversarie di isolare del tutto gli abitanti della città, chiudendo ogni via di fuga e di rifornimento (basti pensare al blocco statico alla greca). Ancor prima, con la rinuncia allo scontro in campo aperto non si rallenta neppure l'avanzata nemica, la preparazione delle torri d’assalto e delle altre macchine da guerra, permettendo agli abitanti della città di mettersi in salvo: esattamente quello che Maeglin auspicava. Se alcuni degli abitanti si sono salvati, infatti, è stato solo grazie a Idril e alla sua via segreta.
Mancando il concilio e la conseguente persuasione di Maeglin, la decisione di Turgon appare ancor più sconcertante, e il Re sempre meno adeguato al suo ruolo.

In ultimo due osservazioni secondarie.
Nei dialoghi si verifica un cambio di registro che non mi pare sempre giustificato. Tendenzialmente si ha formalità, anche tra intimi, ma poi vi sono dialoghi, frasi, che accorciano le “distanze”in maniera inattesa. Penso ad esempio a quel “Adoro quando cerchi di fracassarmi il torace” di Glorfindel, che pure non sarebbe affatto un problema dato il suo rapporto con Ecthelion e la situazione, ma che stride con il loro modo di interagire prima e dopo. O ancora, all’improvviso formalismo di Maeglin nei confronti di Idril che passa dal “bofonchiare”, dandole del “tu” (comunque più corretto nel contesto tolkieniano), al "voi principessa".

Ci sono, poi, due piccole imprecisioni: in un passaggio “Tuor” diventa “Turin” (lapsus freudiano?) e in un altro Ecthelion si riferisce a Melkor chiamandolo “Vala”, quando Melkor non lo è. Avrebbe potuto esserlo, ma non rientra nella rosa dei Valar e viene considerato solo un Ainu.

Spero che queste mie critiche e osservazioni possano tornarti in qualche modo utili, credo ci sia potenziale in questo tuo lavoro, che tu abbia scelto una storia complicata da raccontare, interpretando il Legendarium in modo originale, affatto scontato, magari con qualche fuoriuscita dai binari del canone, ma è pur vero che non è mai facilissimo indirizzarsi del tutto al loro interno!

A presto.

Recensore Junior
09/08/16, ore 20:40
Cap. 1:

Sono molto incuriosita da questa fan fiction: ho sempre voluto leggerne una sulla caduta di Gondolin; ho sempre voluto confrontarmi con interpretazioni altrui dell’avvenimento e dei personaggi che ne sono stati coinvolti. E la tua storia, oltre a permettermi questo, racconta anche di una coppia non canonica, Glorfindel ed Ecthelion, a cui mi è sempre piaciuto pensare (e di cui temevo di rimanere, qui su EFP, l’unica ad averne scritto).
Detto ciò è indubbio che abbiamo visioni discordanti di alcuni personaggi ed eventi, ma credo che il confronto tra esse possa essere una ricchezza.

La prima cosa che ho notato è stato il modo in cui la tua scrittura si sofferma sulle descrizioni, sui colori (che bello e allusivo quel “cielo d’un viola spietato”!), sui particolari che veicolano un significato altro. Quei lillà che cadono nell’aria, tagliati dalla spada di Ecthelion, e poi nel calice di vino, creando un “contrasto lieve ma comunque un contrasto”, notato da Glorfindel.
Ed è il presentimento, l’inquietudine che aleggia in tutto il primo capitolo della tua storia, a esserne – per me – il fiore all’occhiello. Nonché la consapevolezza di molti dei personaggi di trovarsi racchiusi in un (vacillante) eremo di pace che li porta ad un’indifferenza colpevole o – in certi casi – ad una preoccupazione un poco ipocrita rispetto a ciò che accede nel resto della Terra di Mezzo.

Ma veniamo ai personaggi. Ciò che meno mi trova d’accordo nella resa di Glorfindel è quel suo cercare di sorvolare sull’angoscia, sul presentimenti mento che si affaccia alla sua vita pacifica e sulle stesse preoccupazioni di Ecthelion. Così come il suo crogiolarsi in quel sogno impossibile che sembra aver addormentato le coscienze degli abitanti di Gondolin, un sogno in cui l’amore tra Glorfindel stesso e Ecthelion può continuare a esistere.
Personalmente ho sempre pensato che Glorfindel (così come lo stesso Ecthelion) sia stato tra i pochi a non approvare la chiusura di Gondolin allo sfacelo che si consumava nella Terra di Mezzo. Ho sempre pensato che, nonostante la sua esistenza pacifica, fosse ben conscio del pericolo di Morgoth e che condividesse con Ecthelion tali preoccupazioni. Il motivo è che sia lui che Ecthelion hanno combattuto nella Nirnaeth Arnoediad e prima ancora (assieme con Egalmoth) sono stati la scorta di Aredhel fuori da Gondolin, attaccata dai ragni e costretta all’abbandono della principessa. Più di una volta, quindi, sono venuti a contatto con l’oscurità che regna nella Terra di Mezzo e con la maledizione che grava sui Noldor esuli. E tutto ciò mi ha sempre portata a pensare che avessero una sensibilità particolare per ciò che riguarda il mondo esterno.
D’altra parte, però, è comprensibile come Glorfindel cerchi di ignorare i propri presentimenti, proteggendo la “favola” in cui sta vivendo. Solo, dal mio punto di vista, il legame tra Ecthelion e Glorfindel nasce proprio dal confronto rispetto i temi della guerra, delle sofferenze dei Noldor. Insomma, vedo la loro come una relazione particolarmente tragica e angosciosa, ma questo, ovviamente, è solo il mio punto di vista.

Quanto ad Ecthelion, ritengo curioso che tu lo abbia introdotto nel momento in cui ha “abbandonato” momentaneamente il flauto per la spada; è una scelta simbolica ben contestualizzata, tuttavia io ho sempre finito con il pensare a Ecthelion come a un guerriero più per necessità che per scelta, maggiormente legato alla propria musica che all’uso delle armi.
Ho molto apprezzato le parole che usi (“tintinnare di una volontà adamantina”) per descrivere la percezione che Glorfindel ha di Ecthelion. Credo che la scelta di queste parole sia stata molto raffinata, perché rimandano al significato stesso del nome “Ecthelion”(“volontà acuta/dura/penetrante”).
Dalla storia si evince che la relazione tra i due personaggi è già consolidata e io mi chiedevo, essendo questo un racconto a più capitoli e quindi dalla portata tendenzialmente amplia, se avessi intenzione di provare a contestualizzarla nell’universo delle usanze eldarin su amore, matrimonio e filiazione. La immagini come segreta o conosciuta ai più? E in quest’ultimo caso ben accettata o mal sopportata?

Mi ha molto sorpresa la resa che fai di Tuor e per quanto lo abbia sempre immaginato diverso, forse più provato da una vita di sofferenze e preoccupato per la scelta di Turgon di ignorare gli avvertimenti di Ulmo, non ho potuto che apprezzare questo ragazzino in un corpo di adulto che gioca con i bambini.
Ho notato un’imprecisione sul suo conto: Glorfindel lo saluta “Tuor figlio di Hurin il Costante”, ma in realtà Tuor è nipote di Húrin e figlio di Huor suo fratello.
Ho un dubbio anche sull’altezza di Tuor. Ci viene detto di come la casata di Hador (ad esclusione del povero Húrin) fosse caratterizzata dalla presenza di Uomini molto alti, ma è anche vero che Tolkien spesso si sofferma sull’altezza e l’incredibile prestanza fisica degli Eldar (Thingol, il più alto fra tutti, arrivava ai 2 metri e 60), certo coloro che nacquero in Terra di Mezzo persero parte di questi connotati, e gli stessi Noldor non erano alti quanto i Vanyar, ma credo che per quanto Tuor possa essere stato un gigante in confronto ad altri Edain,fra gli Eldar non possa essere stato considerato allo stesso modo.

In ultimi Turgon e Egalmoth. Il primo è un personaggio che non amo, ma trovo che tu qui gli abbia davvero reso giustizia. In poche righe emerge un Re ostaggio di ricordi dolorosi (significativi quelli che riporti della traversata dello Helcaraxë) che dopo la morte del fratello ha deciso di trincerarsi in un’illusione di pace. Ma vai anche oltre a questo: qui Turgon appare consapevole del suo alimentare un’illusione e rassegnato a questo. Significativo il fatto che nonostante l’incertezza iniziale decida di concedere le licenze ai soldati.

Quanto a Egalmoth, complimenti. Nonostante passi di tragedia in tragedia (dalla caduta di Gondolin al Terzo Fratricidio in cui perde la vita), è un personaggio su cui non mi ero mai soffermata a pensare troppo. Quello che ne fai tu, invece, è un ritratto peculiare che travalica le descrizioni tolkieniana dei Racconti Perduti. Belli quegli occhi divenuti simili a minerali dopo la traversata dello Helcaraxë, e ancor più bello il suo discorso su quella gemma che non può provenire dalle miniere di Gondolin, perché anche questo piccolo particolare veicola un presagio non indifferente. Turgon ne prende coscienza, ma sembra ancora deciso a soprassedere, a minimizzare, e prova ne è l’invito che rivolge a Egalmoth di godersi la festa dell’indomani. Egalmoth che con quel suo “Dobbiamo ancora tenere duro, sire?” mette a nudo la precarietà su cui fonda il regno di Turgon e la sua Gondolin.

Proseguo con qualche appunto. Nelle frasi “Ma questa non è terra di Valar. Questa è Arda, ed in essa tutto prima o poi perisce” Glorfindel sembra far riferimento ad Aman, al Valinor (letteralmente “terra dei Valar”), in contrapposizione alla Terra di Mezzo (terra di mortalità nel disegno di Eru e dei Valar), eppure parla di “Arda”. Arda è il mondo intero e di essa fanno parte anche le terre dei Valar, quindi la contrapposizione che credo tu volessi richiamare viene meno.
Spesso ti riferisci a Tuor con il termine Edain che però identifica l’intero popolo (letteralmente il Secondo Popolo), mentre sarebbe più corretto il singolare Adan.
Mi sono accorta che utilizzi nomi e toponimi in Sindarin (Gondolin invece di Ondolindë) o tradotti in italiano, per cui ti consiglio di sostituire il termine Vása (unico in lingua Quenya) con “Sole” o con il Sindarin Anor.
Un ultimo appunto riguarda la scelta dei nomi dei bambini, nomi che non mi paiono avere radici Quenya o Sindarin (o almeno non tutti). Credo che nel complesso di una storia come questa, legata al canone e ben contestualizzata all’interno del Legendarium, sarebbe bello poter leggere i nomi degli Eldar-personaggi originali in lingua elfica. Il sito Realelvish.net ne presenta alcuni originali e corretti che potrebbero tornarti utili.

In conclusione, pur non condividendola in toto, ho davvero apprezzato questa interpretazione degli avvenimenti di Gondolin e dei personaggi che hanno calcano la città. Amo quando si da un’interpretazione personale del Legendarium, se ne rielaborano alcuni aspetti e si conferisce spessore ai suoi personaggi, anche secondari, rimanendo comunque nel perimetro del canone. E sono davvero curiosa di leggere il proseguo della storia, di confrontarmi ancora con la tua visione delle cose.

A presto.
(Recensione modificata il 09/08/2016 - 08:46 pm)