Recensioni per
Talk me down
di Maika Kamiya

Questa storia ha ottenuto 7 recensioni.
Positive : 7
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
08/10/18, ore 15:09

Ciao, approdo, se pur con molto ritardo, a recensire per lo scambio a catena del giardino. Mi stà capitando spesso di leggere nuovi autori, e tu sei una di quelli. Amo questo genere, per cui ho scelto questa storia per iniziare il mio viaggio nei tuoi scritti: devo dire che l'atmosfera malinconica del viaggio accompagnato dalla pioggia, ha creato un atmosfera perfetta. Come perfetto e tutto ciò che ho piacevolemnte scorso con lo sguardo, non sò dirti cosa mi abbia emozionato di più, se la storia con la sua struggente e vivida amarezza, o lo stile "pittorico" con cui, usando le parole, l'hai dipinta ai miei occhi. Entrambi, forse. Non ho nulla da eccepire anzi, ti leggerò ancora perché l'ho adorato dalla prima a ll'ultima riga e spero di ripetere l'esperienza. Complimenti ancora! Tea.

Recensore Master
20/04/18, ore 15:09

Ciao, eccomi per lo scambio dell'ABC.
Ho appeno finito di leggere il primo capitolo e la prima cosa che ho pensato è stata: anche i finali scontati sanno sorprendere.
Ora, ti prego e ti scongiuro, non fraintendere quel "finali scontati". Quello che voglio dire è che il protagonista ha annunciato sin dalla prima scena i cui loro due stanno insieme che non c'era speranza per curarsi e per rimanere vicini, che qualunque cosa sarebbe successa sarebbe stata dolorosa e separatrice. Ma nonostante questa profezia che rimasta nell'aria per tutto il tempo, quando ti trovi delle scene così passionali, dove l'amore viene descritto come qualcosa di incancellabile e impossibile da uccidere, un po' speri che ci sia una possibilità per i due ragazzi. E invece... il finale mi ha sorpreso per la sua lineare malinconia, è sembrato dirmi: che vuoi? io ti avevo avvertito fin dall'inizio.
Se non si è capito, la storia mi ha preso, eccome. Soprattutto in quest'ultimo capitolo ci sono state delle frasi davvero belle che mi hanno colpito molto in positivo, come:

Spalle ancora immacolate perché i fendenti ricevuti ornavano il suo torace. Lacerazioni profonde, prese con mira, colpi affondati con leggera mano tremante.
Quelle date allo stomaco per mettere fine ai momenti dove le farfalle danzavano e i nodi non volevano sapere di dispiegarsi.
Quelle inferte al petto per fermare i respiri che volevano raccontare di giorni di sole e di notti tra le coperte. Il silenzio pare essere più maneggiabile. È quello che più ti fotte.
Quelle calate al cuore per far cessare d’amare senza sapere che l’amore resiste: resiste all’oblio della morte, contro lo scorrere del tempo, contro il fluire del sangue. -> Questo è stato il passaggio più bello, davvero. Tanto di cappello. Mi è piaciuto il messaggio che identifica il protagonista (il suo nome non mi è entrato in testa, scusaaaa>.<) come qualcuno che non è uno avvezzo a tradimenti o a incontri e relazioni con persone che lo hanno ferito alle spalle, lo identifica come una persona che guarda la vita in faccia, ma soprattutto dice che le ferite che gli sono state inferte sono quelle a cui lui ha rivolto il petto, quelle a cui lui non si è sottratto, per incapacità di evitarle o perché nonostante il dolore voleva comunque restare lì. Ed è anche quello che fa questa volta: lui resta, nonostante sa che si sta facendo del male, che quel fugace momento di intensa passione lascerà cicatrici profonde, che lo rigetterà di nuovo tra le fiamme dell'inferno, e gli lascerà rabbia e dolore addosso.

L’amore non si lascia spazzare via.
L’amore si insinua, sradica il vuoto.
L’amore padroneggia dall’alto del suo trono, è impossibile intimorirlo: intimidisce. -> E questo è l'altro passaggio che mi ha colpito, dove il narratore/commentatore esprime un forte e soggettivo pensiero sull'amore. L'ultimo pezzo "l'amore intimidisce" lo condivido appieno. Si ha paura di amare, di vivere l'amore, lo si perde perché si sa che brucerà in fretta e allora si pensa che non ne valga la pena, ma come il protagonista insegna, come questa storia insegna (forse?) è che l'amore vale sempre la pena di viverlo, nonostante si sa che farà male. Mi ha fatto venire in mente una canzone (non ricordo il cantante, con i nomi faccio schifo>.<) in cui una frase del ritornello dice "se hai amato era amore, non è mai un errore/era bello sentirti e tenerti vicino, anche solo per lo spazio di un mattino". Certo, il protagonista prova ira, ferite e malinconia, turbamento e forse il dolore lo porta anche a rimpiangere di essersi lasciato andare, ma il narratore commentatore sembra attestare comunque il senso di questa frase qua. Beh, sacra verità!

Passando a parti più tecniche, c'è una cosa che avevo notato negli scorsi capitoli ma che qui si è fatta più pressante e non incontra i miei gusti: l'uso di termini come "il maggiore/il più alto" per indicare Henrik. So che l'argomento apre diversi dibattiti ogni volta - mi riferisco a domande come "come sopperire al problema della ripetizione del soggetto?" - ma io penso che o si usa il nome o si è bravi da ometterlo il soggetto, usando un pronome o comunque un vezzeggiativo che è inerente con il contesto. Trovo poco elegante l'uso dei capelli o in questo caso di termini che indicano l'età o l'altezza per identificare il soggetto. Davvero, non ne hai bisogno.
Per il resto, lo stile mi piace come ha aderito bene a questo tipo di storia, soprattutto ormai lo sai che il narratore mi ha colpito in positivo.
Ti riporto gli errori che ho trovato:

Chiodi di garofano, forte sentore, dolce e fiorito che t’invita alla passione. -> Allora, ti parlano le altre volte del narratore "commentatore". Bene, qui non capisco se è il commentatore che parla al lettore o il narratore che parla del personaggio. In ogni caso, credo sia meglio correggere: se è la prima ipotesi quella giusta allora la frase diventa "che invita alla passione"; per l'altra invece è "che lo invitava alla passione. L'importante è non cadere nell'errore del narratore in seconda persona, che non c'entra con il narratore usato in tutta la storia.

È quello che più ti fotte. -> Anche qui la stessa cosa: commento uguale "che più fotte", narratore rivolto al personaggio uguale "che più lo fotteva/l'aveva sempre fottuto".

Quelle calate al cuore per far cessare d’amare senza sapere che l’amore resiste -> sul cuore/nel cuore (qui mi è venuto un attimino il dubbioXD)

La consapevolezza di conoscere ed essere conosciuti. -> conosciuto (?)
la ruvidezza dettata della voglia che entrambi stavano covando, -> dettata dalla voglia...
fino a sussurrare parole di miele alla orecchie -> alle orecchie
Scrutò il blu fiordaliso che li colorava: mise insieme domande che morirono al contatto con il flebile sussurro che Henrik, in risposta, pronunciò. -> qui non vanno utilizzati i due punti ma un punto fermo.
Il maggiore poggiò la fonte sulla sua. Audacia che nascondeva esitazione, tremolii d’insicurezza, ma non è il coraggio che cercavano: è l’amore. -> fronte; credo che in questo caso sarebbe più coerente usare l'imperfetto anche per i due verbi essere.

Per la trama, mi è piaciuto il fatto che tu abbia ripreso lo stesso mantra del primo capitolo, ha conferito un senso di circolarità alla storia. Ci sono ancora dei punti scuri che mi sarebbe piaciuto cogliere meglio, come il perché di questa separazione obbligatoria (fuori dalle lenzuola non sono compatibili o c'è un motivo etico di scandalo oppure ancora non combaciano le loro vite, quella di Henrik legata alla loro terra di origine mentre la sua lo porta a scoprire il mondo?).
Le caratterizzazioni dei personaggi nel complesso mi hanno convinto. Henrik è quello forte, determinato, quello che è legato alla sua terra, quello che lo invita in qualche modo a restare. Quello più fisico. Mentre il protagonista mi è parso il personaggio che vorrebbe poter recidere i suoi legami con la terra di origine, che cerca fama e un futuro lontano dai limiti di una cittadina sperduta e fredda, noiosa, ma allo stesso tempo c'è un cuore che ha lasciato lì, e così come l'amore neanche le origini posso essere recise. A volte sono veri e proprie funi che tengono ancorati, ma sono sempre il luogo sicuro dove poter tornare a sentire i sapori che ci accompagnano sempre.
Ok, spero di non aver detto troppe cavolate. Ancora una volta è stato un piacere.
A presto!

Recensore Master
16/04/18, ore 15:21

Ciao, eccomi.
Innanzitutto mi scuso per il ritardo. Dovevo recensire ieri, avevo anche iniziato a leggere, ma il tempo è stato tiranno e ho dovuto staccare.
Allora, leggendo questo capitolo ho avuto la medesima sensazione dell'altra volta, in un certo senso, ovvero di un'insistere su determinati punti o dettagli. Il primo capitolo si apriva con la ripetizione della parola "pioveva", se non sbaglio, qui, invece, quel senso di ridondanza e pienezza è stato dato dalle perifrasi lunghe e complesse per quanto riguarda i vari concetti. In un testo differente, come una trama più estesa e complessa, lo avrei considerato difetto... a tratti mi viene istintivo considerarlo tale sempre... eppure alla fine della lettura non avevo provato noia o pesantezza, come pienezza. Questo perché la tua storia mi sembra di capire che non si avvale di una linea temporale estesa, ma ricalca in questi tre capitoli (o almeno per questi due) un lasso di tempo molto breve. Quindi non è importante la consistenza della trama, l'intreccio, ma le emozioni di una singola notte e di due personaggi che si amano disperatamente e dolorosamente. Ed ecco che il climax di aggettivi o gerundi, l'uso di un narratore a focalizzazione interna ma comunque soggettivo, l'uso di conseguenza del presente per inserire i commenti, le varie metafore acquistano senso e coerenza con il contesto, con il tuo obiettivo.
Tutto sto giro di parole per dirti che anche questo capitolo mi è piaciuto. Mi è piaciuto perché sviscera il momento, l'obiettivo non è la trama ma le sensazioni, far provare al lettore le emozioni quasi dolorose e catartiche(?) dei due personaggi sulla pelle. E devo dire che ci riesci alla grande.
Un effetto che sopra tutti mi è piaciuto, perché l'ho notato soprattutto nel finale, è la dilatazione del tempo. La narrazione non segue il flusso degli eventi, ma quello delle emozioni; ed ecco che un minuto si allunga per diverse righe nella pagina, diventa lunghissimo, eterno. Come il momento in cui questi due si appoggiano alla porta: sembrano passare minuti, ore addirittura, eppure non credo che nella realtà passi più di due o tre minuti, forse anche meno.

Per parlare un po' della tecnica, ti dico che sei stata bravissima a controllare l'uso del presente misto al passato remoto, è un effetto che non in molti da queste parti sanno utilizzare (forse sei una delle due o tre autrici di cui ho letto finora). E, cosa a cui io tengo, complimento per il controllo sul narratore, perché a volte i POV scappano, ma a te non capita. Brava.
Ho trovato alcune sviste:
Attenzioni trasformare in riverenze. -> trasformate, forse?
Ammorbidiva le gambe -> manca il punto finale
Forse di tempo non c’era mai stato -> non ce n'era mai stato
Lo stesso stava facendo quell’attimo -> Qui ho qualche dubbio... non ho capito se hai voluto paragonare l'attimo al comportamento del mondo (e quindi la frase è giusta) o se volevi dire che anche in quell'attimo il mondo stava facendo il prepotente (e in questo caso va scritto "in quell'attimo")
Alitò sopra, la riscaldò e se ne prese cura, ma gli attimi d’esitazione sono dietro l’angolo. Sono scattanti e letali. Vivono su un filo facile a spezzarsi. -> In questo caso, io direi che è meglio mettere un punto fermo dopo "cura", perché dopo il "ma" è il narratore soggettivo a prendere voce.
Lo ama talmente tanto da andare a pezzi. -> in pezzi

Un consiglio che ti do in generale, invece, è di riguardare la punteggiatura, soprattutto all'inizio del capitolo. Tendi a usare i due punti in una frase in cui non servono, mentre in altre due frasi, al contrario dove servono, li sostituisci con il punto-virgola.

Concludo con un commento veloce sui personaggi, che ancora una volta mi hanno coinvolto tantissimo. Mi sembrava di sentire le loro pene, i loro desideri e la loro voglia di non soffrire ancora. C'è tanto dolore tra di loro, e mi chiedo da dove sia scaturito, cosa sia veramente successo nel loro passato (una separazione forzata o strade diverse, forse?). So solo che dentro quella macchina stavo morendo con loro, mi veniva di scappare. Ho sentito la tensione, la compressione dei muscoli a ogni movimento, il linguaggio dell'aria tra di loro, di gesti conosciuti e di altri invece nuovi ma che comunque comunicano tantissimo. Sei stata davvero brava.
E su quella porta, maledizione, non mi era mai capitato ma stavo urlando. Stavo urlando a Henrik: non chiudere, invitalo a entrare. E quando si è chiusa, stavo morendo pian piano insieme al protagonista per lo sgomento, per quello strappo improvviso e che ha comunque colto di sorpresa. E poi l'aria, dolorosa certo, perché si stanno per ferire di nuovo forse, ma comunque aria che fa respirare.
Ok, leggerò presto il prossimo capitolo, perché devo sapere come finisce. Intanto complimenti, una lettura davvero sorprendente.
A presto!

Recensore Master
09/04/18, ore 15:59

Ciao, giungo per lo scambio a catena!
Come da te suggerito, ho letto il primo capitolo di questa storia. Prima di iniziare la recensione vera e propria, voglio chiarire che non conosco il fandom, quindi ho intrapreso la lettura di questa storia come se fosse un'originale. Spero che possa andar bene lo stesso.

All'inizio, le continue ripetizioni iniziali - volute, senz'altro - mi son parse esagerate, perché sono dell'idea che un effetto continuato vada bilanciato, nel senso che l'insistenza della pioggia e il suo forte multisignificato poteva essere reso anche togliendo qualche "pioveva": avrebbe reso ugualmente e non avrebbe "pesato". Di solito è più piacevole laddove viene usato tra frasi più lunghe, che ne spezzano in parte la cadenza... qui erano davvero molto ravvicinate. Poi, però, ho lasciato perdere il mio pregiudizio e ho lasciato che la narrazione mi portasse laddove doveva; e alla fine credo che, seppur "marcato", l'effetto sia riuscito, perché il mantra si scontra perfettamente con il dialogo a metà dell'hostess che riporta personaggio e lettore al presente e alla realtà. Quindi, è più che buono come effetto, ed è riuscito.
A colpirmi maggiormente sono state le descrizioni: dettagliate, ma mai noiose. Questo perché - come per la descrizione di Henrik - tu, sì, inserisci diversi particolari, dando una delineazione completa del personaggio, ma sono gli occhi quello su cui ti soffermi maggiormente. Li esalti, li svisceri. E questo è un complimento, sicuro, ed è una bellissima descrizione e colpo di stile per due motivi: uno perché il narratore riesce perfettamente a seguire il flusso di pensieri del personaggio "POV" (non mi sembra che tu abbia detto il nome, spero di non averlo scordato di colpo) e quindi si sofferma, e a ragione, sul dettaglio che colpisce il personaggio, ovvero gli occhi; due, perché la descrizione degli occhi non è noiosa né pesante né già vista. Non conoscevo quel particolare colore, e devo dire che ha un effetto particolare, che si distingue dal solito colore. E' decisamente un dettaglio su cui il personaggio ha lavorato parecchio per definirlo di quella particolare sfumatura. Inoltre mi piace il modo in cui associa una particolare sfumatura a un diverso stato d'animo o di comportamento dell'altro (mi ha ricordato un film dove un personaggio dice dell'altra che ha "sei diversi sorrisi"). In una descrizione di un unico particolare, sei stata capace di far capire quanto lo ami e soffra per questo, quanto profondo e importante sia quel legame vecchio e ritrovato; hai caratterizzato sia il personaggio preso in esame ma anche il personaggio che osserva, in maniera indiretta, perché attraverso il modo in cui descrivi di lui hai fatto capire molto, e il tutto senza dover inserire chissà quante informazioni tediose. Complimenti!
Aggiungo che anche la metafora/dettaglio della lattina mi è piaciuto: inusuale, ma hai sfruttato il contesto, e quindi direi che è bellissima anch'essa.

Per quanto riguarda la grammatica, direi che è perfetta. Ho notato che hai usato il presente storico, tanto che il narratore è parso molto vicino al personaggio, quasi a combaciare; è un effetto che nasce quando si usa questo tipo di tempo verbale in mezzo a una narrazione al passato. A me, personalmente, se usato bene, mi piace. Rende il narratore anche un critico della storia, un commentatore.
Ho solo una svista da segnalarti:

Quanto fastidio si ritrovò a pensare -> manca la virgola dopo "fastidio".

E veniamo alla parte meno tecnica finalmente, su cui non credo mi dilungherò tanto perché il fandom mi è sconosciuto e poi è solo il primo capitolo.
Della trama posso dire davvero poco: abbiamo il protagonista che torna nella sua città natale dopo aver fatto carriera a Londra, non so se proprio per la rimpatriata o per altre questioni da risolvere; e lo vediamo in questo pub (immagino) con gli amici di una volta, circondato da chiacchiere un po' fastidiose e insistenti (quanto lo capisco) a pochi passi dal ragazzo che ha ancora un posto speciale nel suo cuore.
Mi sono piaciute in particolare due cose: una è il modo in cui hai reso il contrasto tra la cacofonia del luogo e il silenzio scorbutico e isolato del personaggio POV; l'altra è il modo in cui hai finito l'ultimo paragrafo dicendo che non tutti gli amori hanno speranza e possono essere vissuto e poi hai ripreso per l'ultimo colpo lui che, nonostante questa riflessione del narratore/sua introspezione, chiede all'altro se vuole un passaggio. Questo mi fa pensare che alcuni amori, nonostante sono destinati a distruggersi, non possono far a meno di attirarsi, di cercare quella distruzione una volta per tutte. Tormentati, belli e dannati. Già questo mi conquista da sé, di mio proprio le cerco con la lanterna queste storie.
Sui personaggi, la storia parla da sé, come ti ho già detto. Henrik è lì e accetta il passaggio, si può dire che neanche lui ha dimenticato e anche lui vuole distruggersi (forse). Il modo in cui lo hai descritto mi hanno fatto pensare a una persona cruda e schietta, che i sentimenti li affronta con le azioni; passionale, fisico, intenso direi. Quel tipo di ragazzo che dà il dolce e l'amaro, e che non si può cambiare. Aspetto di vederlo in attivo per commentare altro.
Del protagonista amo i contrasti, o almeno quelli che mi sono apparsi come tali: è un tipo sentimentale, che si culla nel dirsi che il successo lo ha avvolto nelle sue strette maglie festanti, ma che direi che è più il dolore e quella melanconia che lo avvolge e che rappresenta le sue origini e il suo passato ciò che più lo caratterizzano (forse, dopotutto, non è cambiato così tanto); è un tipo che si espone, ma anche che si chiude dentro di sé. Direi che il modo migliore per definirlo, da parte mia, sia dire che mostra senza particolari filtri ciò che prova, lo fa capire fin troppo bene. Il suo lavoro (lavora a teatro, giusto?) rispecchia anche la sua natura.

Direi di poter chiudere così, per il momento. Ti faccio davvero i miei complimenti. Il tuo stile asciutto da un alto e mirato dall'altro mi ha sorpreso piacevolmente, e la caratterizzazione dei personaggi, con un loro carattere personale che si distingue dai soliti, mi sono piaciuti.
A presto!

Recensore Master
03/04/18, ore 15:36

Rieccomi :)
Come nei capitoli precedenti è molto bello e anche qui le descrizioni sono bellissime.
Ho apprezzato moltissimo questa tua storia anche non conoscendo la serie.
Devo dire che non ho trovato difficoltà nel leggere e sei bravissima
Alla prossima storia :)

Recensore Master
03/04/18, ore 15:25

Eccomi qui a recensire il secondo capitolo che trovo molto bello.
Le tue descrizioni specialmente la scena dentro l'auto sono bellissime e leggendo immaginavo la scena e ciò che accadeva.
Devo dire che sei molto brava nel descrivere scene.
Ti faccio ancora i miei complimenti e alla prossima :)

Recensore Master
03/04/18, ore 15:18

Ciao eccomi qui a recensire il primo capitolo.
Non conosco bene la serie tv, ma leggendo devo dire che questo capitolo mi è davvero piaciuto molto.
L'inizio mi è piaciuto davvero tanto che hai paragonato la pioggia allo stato d'animo che ho trovato molto poetico e allo stesso tempo molto triste.
Storia scritta molto bene e non ho avuto nessuna difficoltà a leggere.
Al prossimo capitolo.