Ciao iker. Non so come ti chiami, quindi per ora ti chiamerò con il tuo nickname.
Generalmente, ricambio sempre chi mi recensisce. Mi sembra giusto e poi, come forse hai visto dalla mia pagina, ho lasciato tantissime recensioni perché, lo ammetto, mi piace commentare le stoire. Penso che sia un valido auiuto per gli autiri spere cosa gli altri pensano di ciò che scrivono.
Questa storia è, a mio parere, meravigliosa. Lo dico sinceramente. E' scritta benissimo, non c'è nessun tipo di errore, né di grammatica né di sintassi. C'è qualche ripetizione, come della parola "sangue" per esempio, ma forse l'hai ripetuta per dre più enfasi alla storia, per far capire di più le emozioni e le senazioni provate dal protagonista.
Sai, io, a meno che si tratti di scritti autobiografici come quello che hai letto e recensito, non sono mai riuscita a scrivere in prima persona storie in cui era un personaggio da me inventato a parlare. Ci ho provato, ma non ce l'ho mai fatta; e ritengo che chi ci riesce sia un vero e proprio artista, fose più di chi scrive in terza persona. Scrivere in prima è un dono, secondo me. Un dono che non tutti possiedono e che tu hai la fortuna di avere.
Dall'inizio alla fine, in ogni singola parola di questo piccolo scritto, si percepisce il dolore del protagonista. La sua è una sofferenza profonda, di cui nessuno si rende conto e di cui, probabilmente, il padre non vuole affatto accorgersi.
Ci sono stati tantissimi passaggi che mi ha fatto male leggere, ma questo più di tutti:
"Mi capita ancora di incontrare quel ragazzino impressionato dal sangue.
Lo vedo allo specchio quando mi sistemo la cravatta prima di raggiungere l’ospedale, cammina al mio fianco lungo i corridoi del reparto, gioca a calcio con una pallina fatta con il mio ennesimo elettrocardiogramma.
Lo vedo, con i suoi occhi pieni di sogni, guardarmi disgustato.
Non ho mai tradito mio padre.
Non ho mai tradito il padre di mio padre.
Ma ho tradito lui."
Questo ragazzo ha dovuto rinunciare alla vita che desiderava e ai suoi sogni per fare ciò che il padre gli diceva. Penso che sia qualcosa di davvero tristissimo. Come si fa a studiare qualcosa che non piace? Come si riesce a fare un lavoro per il quale si sa di non essere portati? Il protagonista, secondo me, sta morendo dentro giorno dopo giorno, lentamente; ed è questa la cosa terribile, ovvero che si sta consumando pian piano. Dio, chissà quanto deve tar male! Non riesco nemmeno ad immaginarlo! Ricordo un film che ho visto molto tempo fa, di cui non rammento il titolo. C'era un professore che insegnava poesia ai suoi alunni, ma in modo diverso, cioè non seguendo i libri di testo. Un ragazzo a cui insegnava voleva fare teatro, ma suo padre desiderava ch facesse medicina. Alla fine sai cos'è successo? Che questo giovane si è tolto la vita. Un mio professore, con cui avevamo visto il film, ha detto che non era stata colpa del padre. Io allora ho pensato:
Ah no? E di chi dovrebbe essere, allora? Gli ha distrutto i sogni, gli ha rovinatocosì tanto la vita che questo giovane se l'è tolta, e lei ha anche il coraggio di dire che non è colpa del padre?
Guarda, mi sono arrabbiata così tanto per quell'affermazione insensibile!
Questo per dire cosa? Che la vicenda che ti ho appena raccontato si ricollega, secondo me, perfettamente alla storia che hai scritto. Certo qui il protagonista non la fa finita, maè come se dentro, la sua anima fosse già morta. Quando si riferisce alla "bellissima giornata della mia bellissima vita" sta ovviamente ironizzando. Dice questo per provare ad andare avanti, ma in fondo sa che non ci riuscirà, ch per colpa del padre rimarrà sempre quel ragazzino che voleva diventare un fotografo e non potrà mai.
Un altro pezzo che mi è piaciuto tantissimo è questo:
"L'ho odiato.
Ho odiato lui e la sua aspirazione perché mi hanno distrutto pezzo per pezzo. Mi hanno distrutto, poi hanno ripreso in mano i pezzi e hanno fatto di me un medico."
Quest parte riprende un po' quanto ho appena detto, ma il protagonista qui ammette anche di aver provato odio verso il padre, il chesignifica che, almeno dentro, si è ribellato. NOn ha accettato la cosa passivamente (del resto, chi lo farebbe? Nessuno, credo), ma avrebbe tanto voluto lottare, buttar fuori l'odio e la rabbia, scagliarglieli contro. Tuttavia, sapeva benissimo che non sarebbe servito a niente, e così non l'ha fatto. Probabilmente, l'odio e la rabbia hanno cominciato a corrodergli l'anima e a macinare dentro di lui, finché si sono trasformati in rassegnazione.
Uno scritto molto intenso e vero, questo, pieno di sogni, di speranze e di desideri che però vengono infranti e, per di più, sovrastati da un immenso dolore.
Bellissima storia e ottimo lavoro, complimenti!
Giulia |