Arrivo praticamente subito, perché resistere oltre non potevo^.^
Il titolo è pura poesia. In francese, per giunta; e devi sapere che se c'è qualcosa che capisco meno dell'inglese è il francese (zero nelle lingue, io). Ma solo la musicalità è stata coinvolgente, leggera, delicata: un soffio di vita che mi ha fatto brillare gli occhi. E poi l'ho capito - è un miracolo - e quindi afferrato il senso la melodia ha acquisito profondità, la leggerezza un peso e la delicatezza è diventata un brivido: mi è sembrato di sentire una scossa elettrica sulla pelle.
Insomma, il titolo è bellissimo, elegante quanto te e la tua penna, profondo quanto sai far essere i tuoi personaggi.
Il pezzo di canzone che hai scelto è sublime, incastonato perfettamente tra storia e titolo, e fa da collante. Non solo segue il tema portante ma acquisisce un significato coeso con il resto. E non è solo questione di tema, ma anche di coerenza di stile ed eleganza. Sì, perché il titolo è elegante, e lo è l'estratto di canzone, e lo è lo stile della storia che hai scritto. Praticamente c'è un equilibrio bestiale in questa piccolissima os.
Grammaticalmente, ho trovato solo un refuso che ti è sfuggito (Proprio così "dovesti" dirgli), ma adesso voglio parlare dello stile più in particolare.
Ciò che ho trovato incantevole è che il soggetto di riferimento a cui il narratore in seconda persona si riferisce non è chiaro all'inizio: avevo pensato a un John "immaginario" della mente di Sherlock o a suo fratello (pensando che come sempre risolvesse i suoi problemi) ma tu sei andata oltre il concreto e le separazioni. Hai fatto un salto, totalmente. La vita è il soggetto, eppure allo stesso tempo è Sherlock stesso. Cerco di spiegarmi.
Il grande pregio di questa storia è che sei riuscita a creare una sorta di "sovrapposizione" tra inconscio, vita e Sherlock(o vita di Sherlock). Mi piace come il narratore parli alla Vita ma faccia anche le veci della vita stessa quando la esorta a esortare Sherlock (scusa il gioco di parole).
Praticamente, lo stile di questa narrazione ha saputo perfettamente ricreare quello che immagino come il mondo che viene a crearsi nella mente o intorno a un uomo che ha assunto droghe. C'è questo sfasamento della realtà che ti è riuscito alla perfezione e che si può percepire da riferimenti come "illusione" e "sogno", e non solo da altri più diretti come "Anche le volte in cui dorme in un vicolo." o "il suo genio s’ottenebra di veleno e lo stomaco gli si svuota." Eppure anche questo senso "irreale" assume concretezza e profondità perché la cosiddetta "allucinazione" è la Vita, una vita che Sherlock sta lasciando andare, che non sta vivendo, che sta rifiutando (forse proprio per il dolore che la separazione o un problema con John gli ha causato). Ed ecco che quella che al lettore viene presentata come un effetto della droga assume connotati realistici.
La narrazione in seconda persona è stupenda, qui più che mai. Mi piace che diventi così soggettiva, così partecipe: coinvolge, esorta, ricama e crea melodie equilibrate. Hai saputo benissimo dosare le pause, frasi più corte, con la struttura soggetto verbo invertita, e frasi più lunghe. Una cosa che apprezzo moltissimo sono anche le frasi senza soggetto perché danno un tono più deciso e forte alla narrazione, oltre a creare continuità con il periodo precedente.
Ci sono alcune frasi che ho adorato alla follia:
Ti spegni con l’alba e in sua attesa muori -> questa sopra tutte l'ho trovata magica e perfetta per spiegare quel senso che ho cercato di rendere poco sopra dove ti parlavo della sovrapposizione. Qui, la vita si spegne all'alba in quanto allucinazione ma muore nell'attesa di essa in quanto vita di Sherlock (si è capito qualcosa di quello che voglio dire?) In altre parole, Vita ha diversi ruoli in questa storia e mi piace tantissimo com'è resa in questa frase poetica.
Tu che guardi il mondo con l’allegria degli ignoranti e che gioisci unicamente nel vederlo dormire: il periodo dov'è contenuta questa frase è il mio preferito, ma questa esalta comunque, per quel "allegria degli ignoranti". Sì, perché la vita non ha esperienze proprie, vive di quelle di chi respira, e allora è un ignorante allegra, VIVA per l'appunto, esiste anche quando il nostro cervello si spegne. E ancora una volta, c'è un riferimento, subito dopo, a vita in quanto a illusione, una vita che prende corpo solo quando Sherlock è morente sul divano, quasi un'esperienza extra-corporale.
Nella seconda parte della os, dove il soggetto ha un nome molto chiaro, c'è un cambiamento di tono. Credo di poter collegare lì il passaggio tra l'illusione del sogno e l'illusione che prende concretezza.
Qui, ci sono altre due bellissime immagini: quella della musica e quella della danza, che credo siano vere e proprie preghiere alla vita. Sono il suo cibo, e sono quindi il cibo anche dell'anima di Sherlock.
Una cosa che mi è piaciuta è il fatto che Vita è folle eppure allo stesso tempo non lo è. Quello che chiede a Sherlock nella danza un uomo lo vedrebbe come atto sconsiderato, eccentrico e folle; ma la vita lo vede semplicemente come vita :) C'è energia, libertà, spontaneità, innocenza, tutto quello che Sherlock è e incarna.
E poi c'è una terza parte, dove la concretezza torna a farsi soffio leggero e illusorio dell'effetto di una droga. La voce del narratore che parla alla Vita sembra tornare a parlare di un effimero pensiero - con quel tristissimo "poiché i sogni non parlano" - e torna a essere tutto o niente: il cappotto, una fantasia creata dalla musica, una specie di fantasma che nasce e muore in quella stanza, dove Sherlock si abbandona alla morte della mente.
Per un attimo ho pensato che il narratore in seconda persona fosse Sherlock stesso, che esorta la vita a ridestarlo. Forse è un po' contorto come pensiero, eppure sarebbe comunque da Sherlock.
Credo che questa visione "dentro e fuori" di Sherlock Holmes si adatti tantissimo al personaggio, e non solo a quello della serie ma anche a quello che ho conosciuto attraverso i film. Perché ho sempre pensato che ci fosse una sorta di "fragilità" mista alla pazzia del genio in Sherlock, e credo che in questa os tu abbia saputo estrapolare anche il suo istinto a lasciarsi andare, a perdersi in quei vuoti di pigrizia e solitudine e malinconia dove la vita semplicemente esce fuori da lui.
Sherlock è imprevedibile, le sue reazioni sono incontrollabili. Difficile aiutarlo se non te lo permette. E Sherlock sembra qui disperato, ferito a morte, una bambola fatta di ricordi e fantasie, dove la mente divaga e il guscio rimane vuoto, abbandonato su un divano o dormiente in un vicolo.
Questa è stata una lettura non solo originale ma poetica, hai saputo rendere struggente l'effetto di una droga. C'è uno sfondo romantico che permea tutta la storia, di un romanticismo che va anche al di là dell'amore carnale. Mi è sembrata di leggere la prosa di una vecchia ballata, di un inno alla vita, che però si perde in trame più tetre e oscure dell'oppio.
Davvero complimenti (ho delirato, ma spero abbia un senso questa recensione e soprattutto che si capisca quanto mi sia piaciuta).
A presto! |