Eccomi qui anche questo martedì, cara Alexis!
E ancora, non preoccuparti per le risposte alle recensioni, io posso aspettare.
Ma passiamo subito al dunque, senza troppi indugi!
Ah, è finalmente giunta l'ora di questa straziante scena. La morte del caro Enkidu, a cui hai dedicato il capitolo in tutta la sua interezza.
Ancora una volta, voglio farti un appunto sul titolo, che mi è piaciuto molto. Molto poetico. In realtà tutti i titoli che hai dato ai tuoi capitoli mi sono piaciuti, ma questo è stato il mio preferito fino ad ora. A meno che tu non ne sforni uno migliore, questo è al primo posto!
Ma torniamo al capitolo vero e proprio. Tutto comincia con l'ennesimo sogno premonitore di Enkidu, anche questo direi di semplice interpretazione. A questo proposito, la citazione mi ha ricordato che, quando nell'epopea a Gilgamesh viene raccontato, lui non riesce per nulla a capire cosa questo possa significare. E il che è strano, visto che agli occhi di tutti appare così chiaro e cristallino... Dettagli a parte, una cosa è certa: la fine delle loro avventure è vicina, e molto anche.
La malattia peggiora di giorno in giorno, rendendo Enkidu pallido, stanco e soffocato dalla tosse. Non solo: a quanto pare è anche tormentato da incubi continui. Deve essere stato veramente terribile per entrambi: per l'uno, essere conciato in questa maniera da un giorno all'altro; per l'altro, vedere la persona a lui più cara declinare e avvicinarsi sempre più alla temuta morte - quando fino a poco prima era forte tanto quanto lui e lo accompagnava sempre in tutte le sue imprese. E' un cambio repentino, orribile, ma soprattutto ingiusto, imprevedibile e inevitabile. Per questo, con molta probabilità, fa ancora più male. Vedere Enkidu in preda agli incubi che cerca invano l'aiuto dell'amico e Gilgamesh preso dalla disperazione e dalla paura di perdere tutto ciò che ha di più caro, a tal punto che è disposto a rinunciare a tutte le sue ricchezze pur di riavere il suo tesoro più prezioso è triste anche per noi che leggiamo.
Arriviamo dunque all'ottavo giorno, in cui la preoccupazione e l'ansia di Gilgamesh sono visibili, tangibili anche nel suo stesso corpo. Quel corpo che spesso è descritto come perfetto e possente è ora sciatto, poco curato e vessato dai sentimenti provati negli ultimi giorni trascorsi. E' un'immagine molto vivida, che aiuta a comprendere in che stato si trovi il Re degli Eroi in questa drammatica situazione. Senza dimenticare, ovviamente, la sfuriata che fa al povero sacerdote, l'unico che stava cercando di riportarlo alla lucidità. Quell'uomo ha avuto delle buone intenzioni, ma purtroppo è venuto al momento sbagliato. Prima o poi ascolterà il suo consiglio.
Le parti, poi, in cui Gilgamesh parla all'amico nonostante questo sia pressoché incosciente e ancora preda degli incubi è decisamente umana. E' un po' come quando parli ad una persona addormentata, malata, o morta nel peggiore dei casi. Il suo corpo è lì, e questo ti basta per sperare - o immaginare - che la persona ti stia ascoltando comunque benché priva di coscienza. Nel suo caso, però, la sua azione ha una certa utilità, in quanto Enkidu percepisce qualcosa di quello che gli viene detto.
E ovviamente non bastavano queste drammatiche azioni: no, gli incubi arrivano anche a Gilgamesh, così come i sensi di colpa. E' un po' triste vedere come entrambi si prendano delle colpe sulle spalle. Prima abbiamo Enkidu, che sussurra un "mi dispiace" senza motivo alcuno. E poi, abbiamo Gilgamesh, che a quanto pare si sente responsabile dello stato del compagno. In verità nessuno dei due ha colpe: hanno solo fatto quello che volevano, hanno vissuto secondo i loro desideri. E' solo che quello che volevano, qualche volta, è andato contro il volere degli dei. Possiamo quindi dire che sono stati sfortunati, anche se nel complesso sono stati felici. Almeno hanno quelle memorie su cui appigliarsi in futuro, se non altro.
Le parole di Gilgamesh sono confuse, ma non per questo insincere. Anzi, forse è proprio per il loro disordine che sembrano più sincere che mai. E poi, dopo l'ennesima conferma di quello che fino ad ora abbiamo visto e sentito, ecco che Enkidu mostra finalmente segni di vita. Le sue ultime parole sono di conforto, oltre che esprimere nuovamente il sentimento di amore e profondo affetto che prova per quella persona che, anche dopo che tutto sembrava perduto, gli ha sempre tenuto la mano, giorno e notte, e si è trascurata pur di mantenere la promessa che, sempre e comunque, sarebbe rimasto al suo fianco.
Ma tutte queste cose non cambiano il naturale corso degli eventi, in quanto Enkidu, dopo undici giorni di agonia, muore, e spero senza troppi rimpianti e simili.
Se ti preoccupavi di farci arrivare tutte le emozioni che hai incanalato in questo capitolo- non temere, è arrivato tutto quanto. Strazio, speranze vane, emozioni sincere, disperazione, anche un po' di follia... Io ho percepito tutto quanto. Questo epilogo così triste della loro storia mostra ancora una volta come, insieme, abbiano fatto un percorso verso l'acquisizione e il riconoscimento del loro lato umano, troppo umano. Anche se la situazione è disperata, abbiamo avuto modo di apprezzare questa loro bellissima crescita, maturazione, non solo come individui a sé stanti, ma anche come coppia. Ed è qualcosa che veramente amo di loro due. Poi i loro gesti e le loro parole, come sempre, sono affascinanti a non finire.
Come sempre sei stata davvero brava: non ti smentisci mai, eh? Ma è proprio per questo che ti sto seguendo. E ora che Enkidu è morto, vediamo cosa ci riserva questa fantastica fanfiction (dato che vedo che è ancora in corso).
Ti saluto, e come sempre ci sentiamo presto!
Hesper |