Recensioni per
Brain Damage
di meme_97

Questa storia ha ottenuto 3 recensioni.
Positive : 3
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
14/09/17, ore 15:06
Cap. 1:

Quarta classificata
Brain Damage
di MemeMei











Grammatica: 8.4/10

La grammatica è buona, ho trovato solo qualche svista qua e là, qualche errore di battitura e un inciso dimenticato. L’unica cosa che ti consiglio è di limitare l’uso della “d” eufonica davanti a vocali uguali, tranne in casi particolari come “ad esempio”.
Di seguito ti riporto gli errori che ho trovato.

ad ogni taglio → -0.5 (penalità generica. Togli la d)
ad esternarle (togli la d)
Ci sono persone che stanno vivendo un inferno terribile, mille volte peggio del mio e questi sognerebbero una vita come la mia → -0.2 (metti una virgola dopo “mio”)
ed altre belle (togli la d)
Solo che come potrei giustificarmi davanti alla mia coinquilina se mi vedesse piena di cerotti? → -0.2 (“Solo che” usato in questa maniera è un intercalare della lingua parlata, quindi la frase risulta scorretta. Visto che è un diario, può anche andar bene, ma io inserirei comunque dei puntini di sospensione prima di “come”, renderebbe l’effetto più chiaro e impedirebbe l’errore sintattico)
Oltretutto sento la mia migliore amica vicina questi giorni → -0.2 (in questi giorni)
il realtà è solo il mio cervello che → -0.1 (in realtà)
ad una missione (togli la d)
Vedo me stessa dall'esterno, seduta sulla seggiolina con le ruote e con gli avambracci appoggiati alla scrivania mentre le dita scorrono sulla tastiera e buttano fuori i pensieri che sgorgano lenti dalla sua mente. → -0.2 (Dopo va bene l’uso della terza persona, perché il soggetto è la coscienza che vede dall’esterno, ma in questa frase il soggetto rimane “io”, quindi va scritto “dalla mia mente”)
La speranza che le cose possano a migliorare → -0.2 (possano migliorare)


Stile: 8/10

La prima cosa che ho notato è la poca versatilità della punteggiatura, che a mio parere penalizza sempre un testo: lo priva di musicalità, lo rende piatto e poco variegato, sembra che ogni cosa proceda sempre con lo stesso tono. Se volevi rendere l’idea di ripetitività dei suoi pensieri, potevi benissimo farlo senza penalizzare le pause tra i vari periodi. A mio parere, i concetti e il ciclo vizioso della vita della protagonista è reso abbastanza bene senza che venga esasperato dalla punteggiatura. Ti riporto alcuni casi:

- Non so cosa mi tenga ancora insieme, mi sembra di essere fragile come una foglia secca, basterebbe una lieve folata di vento per trascinarmi via, lontano da tutto e da tutti.
Secondo me andrebbero messi i due punti dopo “secca”; inoltre io darei più enfasi alla prima frase, mettendo un punto dopo il primo periodo.

- Ne parlo sempre in modo da sminuire il problema, di solito li accenno con una battuta, è più semplice.
Anche in questo caso metterei i due punti prima dell’ultima subordinata perché, tra l’altro, è legata al secondo periodo e questo concetto sarebbe più chiaro sintatticamente se reso con i due punti.

- Non riesco a pensare, non sono nemmeno capace di capire il perché di tutto ciò. Sento solo il respiro mozzo, allargo la cassa toracica senza inalare aria, se parlassi avrei la voce strozzata, come se avessi il magone.
Questa frase, invece, è molto lunga. Da una che ha il respiro mozzo, mi aspetto un pensiero più frammezzato, periodi più corti. Metterei un punto-virgola dopo “aria”, così da indicare anche il cambio del flusso del pensiero.

In definitiva ho trovato un uso smodato della virgola, che ha dato al testo un ritmo decrescente, come quando uno cerca di parlare a lungo con una sola inspirazione e poi il fiato, via via, viene a mancare, tanto che la voce si affievolisce fino a finire. Periodi più brevi avrebbero aiutato a creare il senso di ansietà del personaggio, avrebbero incalzato di più. Un’altra cosa che ho visto un po’ esagerata è stato l’uso dei capoversi: a parte che in alcuni casi non erano affatto necessari – di solito i capoversi servono a separare quelle parti della narrazione che indicano un cambiamento di contesto o di prospettiva o anche il passaggio tra descrizione e narrazione; in generali ho trovato che dilungassero un testo che sembrava perdersi nel foglio, troppo sparso e poco ordinato anche a livello visivo.
Per contro, mi è piaciuta l’idea del diario, molto curata: hai usato le date, il tono colloquiale e senza freni che ti ha permesso di dare una forte introspezione; ottimo l’uso dello spazio per indicare i buchi tra una scrittura all’altra nello stesso giorno, e buona la ridondanza dei concetti, atta a esasperare questa condizione viziosa e chiusa del personaggio. Ovviamente questo ha monopolizzato la scena, annullando espedienti come la descrizione e il dialogo. Forse il tutto è stato reso un po’ svuotato, a favore di una marcata e primeggiante introspezione soffocante – ed è un complimento, perché, direi, che lo scopo della storia era proprio rendere questo aspetto di blocco soffocante della protagonista.
Alcuni giochi di parole mi hanno colpito, come il seguente:

- Vorrei una bacchetta magica, ma tutto ciò che ho ottenuto finora è stato solo un gran magone.
L’accoppiamento di “bacchetta magica” e “magone” nella stessa frase ha creato un ottimo contrasto semantico e gioco fonetico. Questi particolari – intendo sfumature, metafore, variazioni lessicali – sarebbero dovute essere usate di più, per sopperire alla tipologia di testo che, di per sé, tende a essere monocorde.
Sono dell’idea che quando si fanno queste scelte stilistiche – lettera o diario, per citarne alcune – si debba bilanciare la tipologia di testo con una ricchezza stilistica, che qui è venuta un po’ a mancare, anche a causa del lessico.
Ho trovato il lessico molto ben riuscito da un punto di vista ma un po’ vuoto nell’insieme: quando usi termini per spiegare le sue crisi, per descriverle, il lessico è vario e ben adoperato, ricco e coinvolgente; nei passaggi generali invece viene trascurato, è un po’ ripetitivo e semplice.
In definitiva, ho trovato alcune parti – la maggior parte - molto ben riuscite, coinvolgenti e atte a far immedesimare il lettore nella protagonista; altre, invece, poco curate e con un effetto più blando, poco aiutate dallo stile.


Originalità e trama: 7.5/10

La trama è stata un cerchio chiuso da far paura. Mi ha ricordato un po’ l’idea di ansia e claustrofobia che mi ha fatto provare “Carnage” con Kate Winslet, un film del 2011 se non vado errato: la trama si svolge nel blocco creato nella mente del personaggio, così come quella del film si svolge in un’unica stanza. Ho trovato molte analogie con quel film: i genitori che litigano mentre i figli tornano a giocare insieme fuori, come se nulla fosse stato, così come la tua protagonista scoppia dentro mentre fuori non riesce a mostrare i suoi sentimenti; i problemi che escono fuori un po’ alla volta, formando un mosaico di eventi concatenanti e destabilizzanti, che vanno a minare l’equilibrio psichico; fattori senza alcun vero significato che scaturiscono queste crisi; il gioco ciclico con cui queste si ripresentano, così come i personaggi tornavano, ogni stramaledetta volta in quella casa. Hai creato una storia molto atipica, che comunque, per quanto io trovi analogie, è molto originale e innovativa.
Il contesto si dipana molto lentamente, dev’essere estrapolato dai pensieri ridondanti della protagonista. Pian piano capiamo che è un’universitaria che non crede in ciò che studia, non porta a compimento gli esami e ha crisi d’ansia per questo; ha paura di pesare sulla famiglia, di finanze modestie, di deludere le aspettative e di non realizzarsi. La tua storia è molto introspettiva e viene penalizzata la trama in sé. La ripetitività degli stati d’animo, di questa gabbia che la tiene prigioniera, penalizza il contesto. Sappiamo davvero poco del mondo che la circonda, le atmosfere descritte sono solo quelle interiori; quindi si perde il background generale. L’intreccio è ristretto a pochi accenni, come quelli che sopra citati, e non hanno il giusto valore. Questo crea diversi problemi ad alcuni punti – come l’intreccio e la messa in disparte di alcuni personaggi che, se approfonditi, avrebbero aiutato a solidificare il contesto e le dinamiche – ma dall’altra parte ti permette di dare profondità a questa protagonista e alle sue emozioni.
Mi sarebbe piaciuto, infine, capire quale sia, alla fine, il problema della protagonista e, cosa poco approfondita o chiarita, quale sia il legame sintomatico con il suo compleanno.
Anche il tema della musica è molto blando e non spicca quando dovrebbe. I suoi effetti sulla protagonista non sembrano essere costanti o così di aiuto come ella dice, tranne in quelle occasioni in cui riesce a fare presa. Avrei pensato che la musica forse un perno nella sua vita, che l’aiutasse o la tenesse a galla, ma è qualcosa che citi all’inizio e di cui ti ricordi alla fine, ma manca nello svolgimento.


Titolo e impaginazione: 5/5

Il testo è giustificato, anche se si presenta molto dispersivo a causa dei continui capoversi. Il testo risulta comunque con una buona impaginazione di base, la pagina è pulita e ordinata.
Il titolo, all’inizio, mi ha diviso un po’. Di solito non amo i titoli in inglese, ma in questo caso era un ottimo riferimento diretto alla canzone dei Pink Floyd, che la protagonista ascolta volentieri lungo il racconto. Un titolo però non dovrebbe solo rimandare a un particolare ma essere esplicativo di una trama, significativo, rappresentativo. Il titolo, secondo me, richiama molto bene questo “antidoto” alla “pigrizia” e incapacità di reagire della protagonista, ma nella mia mente richiamava anche un problema fisico, che si doveva andare a collegare con una trama che trovava uno sbocco, una ragione (soprattutto perché a un certo punto tu dici che lei aspetta dei risultati clinici, se non sbaglio). Questa soluzione, questa spiegazione, però, non arriva e per un attimo, lì per lì, mi hai lasciato in uno stato confuso e interdetto. Poi ho capito che il titolo richiama la visione della protagonista: ella è convinta di avere un problema che vada a spiegare la sua inettitudine, le sue crisi di panico, la sua ansia e la sua aggressività; il titolo è, ancora una volta, parte del pensiero del punto di vista narrante.
Anche il titolo, come la trama, mi ha scioccato, mia ha fuorviato: mi ha fatto credere una cosa per poi darmene un’altra. Mi ha sorpreso, inoltre l’ho trovo molto ben congeniato. Complimenti!


Caratterizzazione dei personaggi: 8.5/10

Dico subito che, sostanzialmente, il motivo per cui non hai punteggio pieno è la scelta che hai fatto riguardo i personaggi. A parte la protagonista, di cui parlerò fra poco, non hai approfondito gli altri, tanto che sembrano solo presenze indipendenti dalla trama, il che non è esattamente vero.
I genitori! Di loro dai un piccolo background, ne dimostri i sacrifici che fanno per mantenere gli studi della figlia, però non ne dipingi la parte fondamentale: il rapporto con lei. La vita della ragazza, i suoi attacchi, non sono elementi che possono passare inosservati a una famiglia o a degli amici, per quanto lei provi a nasconderli. Quindi, mi chiedo: i genitori dove sono? In che rapporti è con loro?
Un elemento di cui si sente di più la mancanza è una caratterizzazione della coinquilina: vive a stretto contatto con la giovane, ma neanche di lei sappiamo molto. Nota gli attacchi? Come reagisce? È spaventata, preoccupata, indifferente? Sono amiche o dividono semplicemente lo stesso appartamento?
Hai curato poco il contesto, focalizzandoti solamente sull’unico personaggio su cui è possibile parlare.
La protagonista è una presenza che si attacca al cervello del lettore. Anche se manca – e a ragione – la sua descrizione fisica, è lo stesso facilmente da immaginare. Anzi, è facilissimo immedesimarsi in lei, poiché l’assenza di connotati specifici fanno sì che può essere chiunque, persino il lettore.
È stata la parte che hai meglio curato, direi quasi che ella è l’intera storia, la sua mente è la storia. Seppur manchi una ragione razionale, io ho visto quella vena folle che attanaglia molti ragazzi della sua età, che forse in lei è portata agli estremi. Fatto sta che il tuo personaggio è intrappolato nella sua insicurezza, nell’apatia che ha preso il sopravvento sulla sua vita; la paura è un blocco che gestisce a piacimento le sue giornate. Sente i sogni forse troppo grandi per poterli realizzare, così inverosimili che sperarci sembra una sciocchezza che la atterrisce. Sembra quasi rappresentare l’orologio di Shopenhauer: scatta da momenti di apatia/grigi a picchi di nervosismo e paura/neri; e solo per effimeri momenti passa, mentre è in movimento da un punto all’altro, da momenti di speranza.
Ho apprezzato molto il suo distacco da se stessa, il suo senso critico che si scontra con la parte di lei che è fortemente legata, che sembra quasi aver bisogno di star male per giustificare il suo non reagire. Questa dualità sempre in conflitto, che rappresenta molto bene il labirinto senza uscita in cui è rinchiusa.
Un ultimo accenno va fatto al suo continuo pensare alla morte ma sapere di non essere abbastanza disperata da farlo. L’ho trovato un concetto molto profondo e realistico: si dev’essere disperati e già morti dentro per compiere un gesto simile. Mentre lei, a dispetto dei suoi pensieri e, forse, proprio per quelli, lotta e spera.


Gradimento personale: 4/5

Hai presente il film che ti ho citato prima? Beh, quando l’ho visto ho giurato al mio povero stato mentale che non lo avrei più rivisto. Tu, con il tuo testo, mi hai fatto provare le stesse sensazioni di ansia e claustrofobia, il che – possiamo dedurre – implica il fatto che l’introspezione è più che ben riuscita. Inoltre alcune parti, alcuni momenti da te descritti nella vita di questa ragazza, mi hanno ricordato dei passati, squarci del mio passato che avrei lasciato lì ma che comunque risvegliare mi ha aiutato anche a capire. Comprendo perfettamente la confusione della protagonista, la sua insicurezza e la pressione che si sente addosso; altre parti erano totalmente lontane da me ma tu hai reso talmente bene che sono comunque arrivate.
Come quel film, però, il tuo testo mi ha lasciato con un’insoddisfazione: è questa la fine? È molto aperta, per certi versi adatta alla storia, però a me mi lascia un po’ così, all’aria. Non credo di saper spiegare meglio questa sensazione, è come se questo circolo vizioso, alla fine, dicesse: è inutile che continuo a girarti davanti agli occhi, tanto è sempre così; può bastare. E la soluzione? Ecco, questo mi sconvolge sempre, è la stessa sensazione provata in quella sala cinematografica. Mi hai lasciato a boccheggiare, sul serio. Sono sensazioni che restano, che mi hanno colpito e lasciato… così.

Punteggio: 41.4/50

Recensore Veterano
21/08/17, ore 23:57
Cap. 1:

Salve :)
Finalmente riesco a passare da questa storia. Mi mi è piaciuto leggerla, riescia scrivere di argomenti molto pesanti ma comunque in modo leggero e la lettura scorre mentre possiamo riflettere sui temi molto importanti che ci proponi, penso che questa sia un'ottima qualità.
Si entra subito nella testa della protagonista e viene semplice famigliarizzare con i suoi problemi che sono quelli che spesso accomunano noi giovani che non siamo più nè adolescenti nè adulti e non sappiamo in quale in zona collocarci, usciamo dalla comfort zone e spesso ci sentiamo persi.
C'è molta cura nel descrivere le sensazioni, una profonda introspezione che è la cosa che più mi piace. 
Lo stile come ti dicevo è bello nella sua semplicità ma ci sono un po' di ripetizioni nel testo e a volte è ancora un po' grezzo ma con qualche limatura si può tirare fuori un bel diamante. 
 

Recensore Master
18/08/17, ore 08:44
Cap. 1:

Ciao^^
Perchè nessuno ha ancora commentato questa storia?
Ti ho letta con grande interesse, hai descritto con grande precisione, in un modo sia empatico e personale che lucido questo disturbo. La sensazione di vivere in un presente angoscioso e senza fine, l'aternanza del chiedersi se si tratti di una patologia o se siano solo "paturnie", il rapporto ambivalente con la terapia farmacologica, da una parte vista come salvifica, dall'altra considerata come una dipendenza da pastiglie essenzialmente inutili, l'ansia che corrode, distrugge, divora e rende incapaci di fare qualsiasi cosa, la depressione che pesa sulla mente come un a pietra, e nel contempo gli episodi di eccitazione maniacale in cui i pensieri vanno talmente veloci che non li si riesce a controllare.
Tutto perfetto, sembra di leggere un manuale di psicopatologia. Il tutto alternato con i vissuti della protagonista, il suo senso di impotenza, ma al tempo stesso la sua volontà di superare la situazione, di andare avanti.
Una bellissima storia, complimenti!