Terzo Posto
The winter of our discontent
di Setsy
Grammatica: 9.8/10
La grammatica è perfetta. Attenzione ad alcuni passaggi un po’ insidiosi, quando di sintagmi coordinati.
Di seguito gli errori che ho trovato:
il cui erede è fuggito alle mie cure, portando via la mia legittima moglie. → -0.2 (La virgola non va messa tra il gerundio che specifica l’azione del verbo principale e il verbo stesso. Va tolta quindi la virgola)
Stile: 8.5/10
Lo stile è molto ricercato, adatto al contesto “medievale” in cui è calata la vicenda. A tratti, però, l’ho trovato troppo ampolloso, pieno di retorica e carico di riferimenti.
Hai utilizzato la prima persona, questo vuol dire che hai usato non solo il punto di vista di Ramsay ma anche la sua mente, la sua voce. Tutto, in questo testo, deve ricondurre a lui. E purtroppo questo a me è mancato, proprio a causa dello stile altisonante. Posso solo fare il confronto con la serie e il lessico utilizzato nel doppiaggio italiano, poiché non ho letto i libri. Ramsay è, sì, vizioso e serpentino quando parla, ma non ha tutta questa capacità linguistica o quest’aria così formale. A maggior ragione, dai suoi pensieri mi aspetto più un gioco di immagini e un continuo soffermarsi sulle sofferenze, cosa che hai fatto, ma senza tutta questa solennità. Ho sicuramente apprezzato i riferimenti all’opera di Shakespeare, ma il contesto di fondo era diverso, così come il registro linguistico e gli atteggiamenti. Per questo motivo hai azzardato un po’ a cercare di adattarlo al bastardo dei Bolton.
Sai quanto tengo alla punteggiatura, e qui sei stata pressoché impeccabile. Ti segnalo solo una cosa, un po’ dubbia, a cui nemmeno io ho trovato soluzione.
‘Le nostre lame sono affilate’; non sono parole gonfiate dal vento come vele leggere e incostanti, quelle dei pirati Greyjoy, il cui erede è fuggito alle mie cure, portando via la mia legittima moglie.
Il punto-virgola, messo in quel punto, mi stona un po’. All’inizio avevo pensato a un punto esclamativo, però credo che la frase tra le virgolette sia la base su cui si fonda la seguente, che ne è la conseguenza; quindi, credo che starebbero meglio i due punti, perché evidenzierebbero il punto focale d’argomento.
Un’altra cosa che dovresti evitare è il continuo andare a capo, andando a spezzare paragrafi che hanno la stessa matrice. A parte il fatto che l’impaginazione ne risente proprio visivamente, in ogni caso l’andare a capo ha anch’esso le sue regole: lo si fa per sottolineare un concetto, creare un contrasto o un effetto “shock” o lo si fa quando l’argomento centrale della frase è diverso da quello di cui tratta il paragrafo precedente. Andare a capo spesso elimina completamente il primo dei motivi che ti ho detto. Riguardo al secondo:
‘Le nostre lame sono affilate’; non sono parole gonfiate dal vento come vele leggere e incostanti, quelle dei pirati Greyjoy, il cui erede è fuggito alle mie cure, portando via la mia legittima moglie.
Non devo temere nulla dalla loro compagnia, perché lui non è più un uomo, e lei vorrebbe non essere nata femmina, dopo le delizie del nostro talamo.
Non sono futili giocattoli, adatti a tempi d’ozio e feste; ma di questo forse mi ringrazi, perché il pugnale di mio padre ha reciso la gola della donna che ti ha dovuto crescere, dandoti cibo avvelenato dal rancore e infettato dalla gelosia.
Adesso è la mia spada ad avere sete, e berrà il tuo sangue, ma non qui.
Qui c’è un po’ di carne a fuoco. Allora, procedo con ordine! L’andare a capo: se tu li togliessi tutti tranne l’ultimo, creeresti quell’effetto “shock”, che non so come altro chiamare, di cui ti parlavo, ovvero metti in evidenza un unico particolare; altrimenti potresti benissimo creare un unico paragrafo.
In questo periodo, inoltre, c’è un altro errore, ed è il soggetto saltellante: nella prima frase sono le lame, nella seconda Sansa e Greyjoy, nella terza tornano a essere le lame. Tutto questo, però, è il lettore a doverlo “intuire”, cosa che non va mai bene. Il soggetto dev’essere sempre chiaro nel centro nella narrazione. Puoi sottintenderlo quando è sempre lo stesso, ma quando cambia, come in questo caso, va sottolineato.
Originalità e trama: 10/10
Qui posso solo farti i miei complimenti, perché non c’è un solo particolare a livello di trama che hai tralasciato, andando magistralmente a enfatizzare tutti i passaggi salienti che hanno colpito la vita di Jon e che hanno segnato la storia di Games of Thrones.
L’originalità del punto di vista ti dà modo di esaltare l’eccitazione della battaglia dal punto di vista del “nemico”. Hai fatto un lungo excursus sui divertimenti con cui Ramsay si trastullerà nella sua testa, avendo cura di concentrare la sua attenzione su più personaggi contemporaneamente: Jon è un nemico, lo vede come il simbolo di ciò che egli si è lasciato alle spalle, ha ripudiato, ma Jon è anche la sottana dietro cui si nasconde sua moglie; e non dimentichiamo l’erede delle Isole di Ferro, il quale è solo un altro degli oggetti di derisione di Bolton.
La trama si snoda in maniera molto intrecciata, segue un po’ un flusso ingarbugliato, secondo i pensieri di Ramsay. A volte tendi a passare da un argomento a un altro, per poi tornare al primo. Quando parli delle lame, per esempio, o del sudario di Jon e della sua orrenda e prossima morte, con la disgressione verso riferimenti alla madre adottiva e al fratello decapitato e ridicolizzato con la testa del suo metalupo. Eppure non è fuorviante o sbagliato come metodo, ma in qualche modo ricalca la complessità dei pensieri del personaggio. Quindi va benissimo.
Insomma, alla trama non hai fatto mancare nulla.
Titolo: 5/5
In questo caso, la prima cosa che voglio lodare è la citazione, perché non so in quale altra voce farlo, ma soprattutto perché anch’essa funge da introduzione alla flash, quindi il suo ruolo è molto affine – direi complementare – a quello del titolo. Mi piace come questo verso introduca perfettamente ai pensieri eccitati e “fantasiosi” del protagonista, il quale non fa che pregustare la sua vittoria, il suo momento di riscatto, l’espansione del gioco a cui lui ha giocato per tutta la vita. Nella sua mente, questa non è altro che l’ennesima caccia, in cui lui guarderà l’altro venir sbranato prima dal dolore interno e poi, o contemporaneamente, da quello che gli infliggeranno le zanne dei suoi cani o delle sue lame.
Il titolo è perfetto, è il sunto della citazione ed è coerente con la storia. Hanno la stessa matrice stilistica, oserei dire, con un linguaggio ricercato e una poesia di fondo molto cruda e tetra, così come hai enfatizzato con il tuo lessico. Lo scontento può essere la base da cui partono i sogni estivi di Ramsay, ma è anche un richiamo a quello che sarà la sua vera fine, ovvero la sconfitta e una morte ironica e “giusta”, cercata quantomeno.
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Protagonista indiscusso Ramsay, però direi di poter tirare fuori un bel po’ di personaggi da questa trama.
A partire dalle comparse: la compassione che si è mischiata al rancore e al senso di sconfitta di Catherine Stark; il dolore e il maltrattamento subito sa Sansa, quello che l’ha macchiata per sempre e che ha già inciso profonde cicatrici nella sua anima. Su di lei voglio spendere due parole da fan (è colpa vostra che mi avete “costretto” a vedere la serie per i contest se ora amo questi personaggi): questo tipo di cicatrici possono trasformarti in un mostro o nella persona più giusta ed empatica del mondo, ma ci sarà sempre un sottofondo di spietata durezza in quella comprensione che caratterizzerà tale personaggio.
E veniamo ai due protagonisti: Jon e Ramsay. Il primo è il mio preferito, ma visto dagli occhi di Bolton è solo la parte “buia” che viene fuori, quella che forse solo un altro bastardo può carpire. Jon ha tante responsabilità che gli pendono sul collo: morto al servizio della barriera, è l’eredità maledetta degli Stark che ha raccolto, e questa ha un peso enorme, che solo un uomo forte e votato al sacrificio può sostenere. C’è orgoglio in lui, proprio come sottolinea Bolton, forse in modi che lui non potrà mai comprendere, ma soprattutto c’è il tormento dei fantasmi del suo passato, c’è l’onere, quello che non lo fa dormire la notte. E questo Ramsay lo ha azzeccato molto bene secondo me. Nessun personaggio del calibro di Jon Snow può ignorare i fantasmi. Il protagonista, però, riesce anche ad accennare a un tratto peculiare di questo personaggio, ovvero al suo delicato e sensibile modo di amare il prossimo, a partire da Sansa, di cui adesso tiene la responsabilità.
E Ramsay! C’è solo una parola per definire la sua caratterizzazione: eccitazione. Lo descrivi in maniera esaltata, colmo di sicurezza e già proiettato verso l’immediato futuro, conseguenza di ciò che secondo lui accadrà da lì a poco. Conta sulla forza e il numero dei suoi uomini, ma anche sulla sua posizione elevata, adesso riconosciuta da tutti, primo fra tutti il padre. Una cosa che hai enfatizzato è il suo non considerare il rifiuto del duello a “singolare tenzone” una vigliaccheria. Ecco, Ramsay ha le sue regole, che regole non sono, e se ne frega del modo di giocare degli altri. Sembra dire: solo uno sciocco ti darebbe la possibilità di vincere quando ha già la vittoria in tasca. Ramsay gioca per vincere, e il modo come ottenerlo rispecchia la sua personalità. La frase finale, infine, sembra sottintendere che a Ramsay, a dispetto di quanto gli piaccia giocare, non importa in che modo arriverà alla vittoria, ma è arrivarci. Jon sarà degno dei suoi giochi se riuscirà a raggiungerlo, ma può benissimo morire nel campo di battaglia, in mezzo alla neve. Ramsay si crede migliore di lui perché riconosciuto, come se avere il nome adesso lo metta in luogo dove i bastardi e la loro vita triste non possa più toccarlo.
Mi è piaciuta una cosa sopra tutte: l’egocentrismo che traspare dall’ultima frase. Ramsay si è identificato con il motto degli Stark e del Nord, come se fosse egli la più grande forza in atto in quel momento, la nemesi perfetta per Jon Snow. Molto bella la fina di questa caratterizzazione.
Gradimento personale: 4.5/5
Come sempre, apprezzo tantissimo la capacità che possiedi di evocare interi pezzi di trama o spezzoni di scena con poche parole, senza dover inserire flashback o quant’altro; e il tutto nel poco spazio ristretto che è concesso in una flash. E forse, stavolta, è stato questo che mi ha fatto desistere dal darti punteggio pieno. La storia risulta molto densa di particolari, secondo me avresti dovuto concentrarti di più sulle sensazioni contrastanti dell’animo di Ramsay piuttosto che sui particolari della trama. Snellire quest’ultima avrebbe dato più spazio a quello che credo sia il vero stato d’animo di Bolton: un misto di esaltazione folle e rabbia oltraggiosa. Questa foga sembrava esserci all’inizio, quando egli rinfaccia a Jon di essere stato riconosciuto, di avere una legittimità di potere. Poi, però, io l’ho sentita perdersi tra i tanti dettagli che hai inserito, ho avuto un sovraccarico d’informazioni, la parte importante è diventata una tra le tante cose che hai detto. Ho perso il pathos del momento, l’impeto che doveva risaltare sopra tutto.
Tutto questo monologo per dirti che sei stata davvero bravissima a esaltare l’eccitazione, i suoi sogni perversi, i suoi propositi verso Snow, ma a un certo punto la trama mi ha distratto dalle emozioni di Ramsay, non ho sentito l’eccitazione o la rabbia crescere, ma più la freddezza di un monologo con la stessa nota.
Punteggio: 47.8/50 |