Recensioni per
Il dipinto sul muro
di Hotaru_Key22

Questa storia ha ottenuto 3 recensioni.
Positive : 3
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
17/08/20, ore 18:17

Eccomi.
Questa storia è un concentrato di tenerezza, Percy sembra più maturo da bambino che da ragazzo, non so se nella "realtà" si sarebbe comportato in questo modo ma mi piace pensarlo!
Charlie invece è esattamente come lo immagino, amante dei draghi, un po' ribelle e molto affezionato ai fratelli.
Anche questo tuo breve racconto mi è piaciuto tanto, sono sempre particolari e mai scontati, credo sia ciò che mi fa apprezzare così tanto la tua scrittura! Complimenti, passo al prossimo!

Recensore Veterano
02/10/18, ore 01:37

[Valutazione del contest "Il contest di G" indetto sul forum di EFP]

Titolo: 
Un titolo semplice ma significativo, che consente al lettore di capire fin da subito quale sia l’argomento della storia stuzzicando al contempo la sua curiosità per scoprire di che tipo di dipinto potrebbe trattarsi. 



Caratterizzazione dei personaggi: 
Il protagonista della tua storia è senz’altro Percy, e mi piace come tu abbia mantenuto in linea generale la caratterizzazione che già conosciamo avendo però cura di smussarne gli angoli più aspri, così da adattarla al bambino che era… ma mi spiegherò meglio dopo. 

Fin da subito, infatti, sottolinei come già da bambino fosse ligio al dovere, – basti pensare che, prima di ritenersi effettivamente “libero”, passa in rassegna tutti gli eventuali lavoretti con i quali potrebbe rendersi utile in casa – ma poi entra in gioco una parte di lui che purtroppo nei libri è molto bistrattata: il suo rapporto con i fratelli, in questo caso con Charlie. 

Nella tua storia infatti leggiamo di un Percy molto attaccato a suo fratello maggiore, tanto da spremersi ben bene le meningi per riuscire a mantenere il suo segreto, pur facendo comunque la cosa giusta – eh, qui non si può mica sgarrare! 

Mi è piaciuta molto questa precisazione, perché ciò che ne viene fuori è un affetto profondo e sincero che il bambino si tiene ben stretto, sforzandosi più che può per non tradire la fiducia che il suo fratellone ha riposto in lui. 

L’ho trovata una cosa al contempo molto tenera e anche molto verosimile, perché nonostante la sua maschera da perfettino Percy vuole davvero un gran bene alla sua famiglia, e se da grande c’è stato un periodo in cui ha cercato di mascherare questa cosa per orgoglio e un pizzico di stupidità, è logico pensare che invece da bambino non si facesse di questi problemi. 


Anche il piccolo Charlie l’ho trovato ben caratterizzato, nonostante il poco spazio in cui compare. 

Davvero carina l’idea di tirare in ballo la sua conosciuta passione per i draghi – è sempre un piacere leggere tratti noti dei personaggi adulti anche nelle loro versioni infantili – e ho apprezzato anche l’espediente del disegno sul muro: di Charlie non sappiamo molto, è vero, ma non sembra proprio un tipo che si farebbe problemi a commettere qualche marachella come dipingere sul muro, soprattutto se fatta in nome della sua ossessione! 

La sua esitazione prima di far entrare in camera Percy l’ho trovata molto realistica, così come la sua paura non appena il piccolo si è accorto del suo disegno: Charlie sa di aver fatto qualcosa che la mamma non avrebbe certo approvato, ma nonostante questo decide di fidarsi del suo fratellino e metterlo a parte del proprio segreto. 

Ho trovato questa scelta molto realistica, anche e soprattutto per la spiegazione che si legge tra le righe: Charlie ha diviso con Bill sia la stanza che probabilmente anche gran parte del tempo libero da che a memoria, ed è normale che adesso senta molto la sua mancanza, così come è normale che cerchi qualcun altro con cui condividere tempo, passioni e segreti come prima faceva con Bill. 

Può sembrare un discorso un po’ egoista detto così, ma i bambini sono egocentrici di natura e un ragionamento del genere è del tutto naturale e privo di malizia. 


Inoltre, per lo stesso ragionamento, trovo verosimile che Percy, anziché offendersi per essere considerato un “rimpiazzo”, si senta invece orgoglioso perché nella sua ottica è stato come “promosso a nuovo Bill”, il che significa che adesso è molto più importante. 


Ultima nota di merito per la signora Wesley, che si lascia “abbindolare” dalle parole del suo angioletto con una facilità che solo le mamme super orgogliose possono avere, e gli dà subito il suo permesso per far ridipingere la camera a Charlie. 

Anche se, secondo me, lei si era già accorta del disegno, e se la ride sotto i baffi nel vedere i finti complotti dei suoi bambini… dopotutto si sa che le mamme sanno sempre tutto, e mamma Wesley è una super mamma, quindi sa ancora più cose.



Stile e trama: 
Prima di iniziare, ti faccio notare alcuni errori che ho riscontrato nella storia: 
- Quando cambia il personaggio protagonista di un discorso diretto è obbligatorio andare a capo, anche se il secondo discorso è diviso dal primo da una frase indiretta. 
Dato che tu li unisci spesso con frasi che anticipano direttamente la seconda battuta, dovresti modificare anche queste così da osservare la regola. 
- Quando un discorso diretto è introdotto da verbi come “rispondere” o “aggiungere”, dopo il suddetto verbo devono essere inseriti anche i due punti. 
Es: […] così chiese «Cos’altro sai sull’Opa…Opale…sul drago delle valli della Nuova Zelanda?» --> diventa “[…] così chiese: «Cos’altro sai […]” 
- Va benissimo inserire il punto fermo all’esterno delle virgolette (anche se, in caso di discorsi diretti non introdotti né seguiti da frasi indirette, sarebbe preferibile metterlo all’interno delle virgolette), ma quando un discorso diretto finisce con un segno di punteggiatura semi-forte (come punto interrogativo, punto esclamativo e puntini di sospensione) la frase può e deve concludersi così, perché un ulteriore punto fermo è superfluo. 
Per ulteriori chiarimenti ti consiglio di visitare questa pagina. 
- Dopo i puntini di sospensione è obbligatorio inserire uno spazio (a meno che non si chiuda il discorso diretto con le virgolette, che giustamente hai lasciato attaccate al segno di punteggiatura che le precede). 

Il tuo è uno stile piuttosto vario, che alterna una buona dose di introspezione a svariati discorsi diretti, condendo il tutto con qualche descrizione qua e là. 

Mi è piaciuto tutto questo, perché ha dato alla storia un buon ritmo senza mai velocizzarlo troppo, tuttavia in alcuni punti ho trovato la sintassi un po’ troppo “statica”, per quanto ben curata. 
Intendo dire che ci sono pezzi in cui si susseguono proposizioni create con lo stesso schema: inizio, una/due/tre coordinate per asindeto e fine. 
Come detto non è sbagliato, ma l’effetto che ne viene fuori non è particolarmente bello perché si ha in retrogusto una lieve sensazione di “elenco” che non favorisce il piacere della lettura. 

Mi riferisco in particolare all’inizio – da “Erano” fino a “Charlie” – e ad uno subito dopo la scena nella camera – da “il minore annuì e sorrise” fino a “tavola”. 


Passando alla trama, immaginarsi un piccolo Percy annoiato è qualcosa che di primo acchito un po’ stranisce, ma è uno stupore positivo che fa sorridere non appena ci si rende conto che si annoia soltanto perché ha già compiuto tutti i suoi “doveri”, e non ha nessun altro lavoro da fare. 


Ti ho già detto che mi è piaciuta la sua scelta di andare da Charlie, ma quando entra in scena lui c’è un appunto che vorrei farti: non mi entusiasmano termini come “il maggiore” o “il più piccolo” per distinguere di quale personaggio si sta parlando perché – per quanto mi riguarda – rallentano il ritmo della lettura; personalmente credo che in una storia sia molto meglio utilizzare nomi o soprannomi anche se così vengono ripetuti più volte. 

Dopotutto le ripetizioni di nomi propri – o soprannomi – non stonano mai, tant’è che gli autori famosi lo fanno sempre nei propri libri (anche la stessa Rowling, tanto per restare in tema di Harry Potter). 


Il modo in cui Charlie interagisce con il suo fratellino è davvero adorabile, e mi piace anche come hai descritto la curiosità di Percy: anche se è titubante perché sa che Charlie ha fatto qualcosa di sbagliato, è un bambino molto intelligente e curioso, quindi per un momento la sua smania di sapere ha il sopravvento su tutto il resto. 


Ho cercato “Opaleye degli Antipodi” su internet perché non ne avevo mai sentito parlare, e ho trovato un articolo su di lui su Potterpedia. 

Leggere quell’articolo e scoprire quindi che prima di citarlo nella storia hai svolto delle ricerche in proposito mi ha fatto davvero molto piacere, perché è anche attraverso cose del genere che si nota la cura che un’autrice mette in ciò che scrive ed è una cosa che apprezzo sempre moltissimo. 

Soprattutto perché, oltre ad essere bello dal punto di vista personale, una cosa del genere aggiunge molti punti in fatto di realismo e aiuta il lettore ad immedesimarsi nel racconto. 


Ora però vorrei farti un appunto un po’ antipatico: in questa storia Percy e Charlie – che non va ancora ad Hogwarts e quindi ha certamente meno di undici anni – sono soltanto bambini, quindi piuttosto che parlare di “autorità” – nella frase “se c’è una cosa che a Percy non sta bene è fare le cose senza il consenso delle autorità” – sarebbe più appropriato usare il termine “genitori”. 

È vero che nella loro concezione il padre e la madre sono figure di autorità, ma è anche vero che sono le prime e per ora uniche con cui si sono confrontati; per questo 
usare proprio il termine “autorità” è improprio in questo contesto, perché sottintende un significato più ampio – ad esempio quello legale o anche solo degli insegnanti – che al momento non fa parte del loro mondo. 


Mi collego a questa cosa per aggiungere una considerazione più generale: fatta eccezione per qualche piccolo errore il tuo stile mi piace e lo trovo molto scorrevole, ma purtroppo non mi sembra molto indicato per una storia scritta dal punto di vista di un bambino (Percy) con alcune sporadiche incursioni nella testa di un altro bambino (Charlie). 

Mi riferisco principalmente al fatto che il lessico utilizzato, pur non essendo aulico e quindi sempre di immediata comprensione per un adulto, è troppo ricercato per il linguaggio di un bambino. 
Parlo della frase che ho citato prima, anche, ma ti faccio un altro paio di esempi: 
- Improvvisamente un’idea balenò in testa al terzogenito di casa Weasley […] 
- Percy tentò di accantonare tutti i suoi tormenti e sbirciò il libro che il maggiore aveva aperto dinnanzi a sé. 

Come dicevo, non sono frasi eccessivamente complesse e infatti si leggono tranquillamente, ma la terminologia utilizzata mi ha personalmente reso difficile l’immedesimarmi nel protagonista, e quindi anche il lasciarmi coinvolgere appieno nel racconto. 

Ad ogni modo è solo un parere totalmente soggettivo e quindi lascia il tempo che trova. 


Di contro, tutti i dialoghi presenti nella storia – e ce ne sono diversi – mi sono sembrati naturali e verosimili: non è difficile immaginarsi un bambino dire quelle cose con quelle parole, e quando si parla di discorsi diretti questo è un fattore a dir poco fondamentale, soprattutto per il realismo complessivo che dà alla storia. 


Adesso vorrei spendere due parole per parlare della frase “Poi si ricordò del delitto che quest’ultimo aveva commesso e sul suo viso comparve nuovamente un’espressione di pura angoscia.” 

Bene, in effetti volevo solo dire che mi sono rotolata dalle risate, perché immaginarsi uno scricciolo come Percy che addirittura si angoscia perché convinto che disegnare un drago su un muro della cameretta sia un vero e proprio “delitto”… niente, non ce la posso fare, è più forte di me. 

Con questo non intendo assolutamente dire che la sua reazione non è verosimile, tutt’altro: è assolutamente plausibile che un bimbo così piccolo ingigantisca le cose al punto da farne quasi una questione di stato, ed è proprio questa la cosa che mi ha fatto sorridere, perché riesco benissimo a immaginarmelo e viene voglia di strapazzarlo di coccole. 

Per questo dico che anche la signora Wesley secondo me già lo sapeva e ha fatto finta di niente: quando fanno così i bambini sono dannatamente adorabili, non si può resistere! 


Personalmente avrei visto bene un’interruzione di paragrafo per staccare la scena della cameretta da quella della cena, così da rendere anche visivamente l’idea del tempo passato; stesso discorso tra la cena e la sera, quando Percy e Charlie si trovano di nuovo in camera. 

Comunque si tratta solo di un’inezia, e in generale ho apprezzato sia il cambio di scena cameretta-sala da pranzo-cameretta sia la soluzione che hai fatto trovare a Percy: pur così piccolo, il tuo Percy si è dimostrato molto più maturo di quello che conosciamo nei libri (con le dovute sporadiche eccezioni di cui la fine del settimo è la più eclatante, ovvio) ed è riuscito a conciliare il suo amore per la famiglia con quello per il rispetto delle regole. 

Non è mica da tutti, sai, quindi tanto di cappello al piccolo Percy! 



Gradimento personale: 
Della tua storia mi è piaciuto soprattutto il modo in cui hai descritto il rapporto tra Charlie e Percy. In particolare, ho amato la scena in cui gli mostra il suo libro sui draghi: pur essendo un bambino lui stesso, in quel momento Charlie è “l’adulto” tra i due, e si sente galvanizzato e intenerito dal modo in cui Percy pende dalle sue labbra, curioso di sapere sempre più cose. 
Davvero adorabili, nient’altro da dire. 




A presto!
rhys89

Recensore Master
21/06/18, ore 20:49

Salve - prendo un respiro potente dalla maturità - e raccolgo le forze che mi restano per recensire un po' di storie. La tua, come un fulmine a ciel sereno, mi è comparsa davanti agli occhi un paio di minuti fa. Non sono solita leggere storie su Percy e benché meno su Charlie, quindi devo ammettere di essere una novellina, così poco esperta che non so nemmeno dirti se i personaggi sono o meno OOC. Percy, che conosco più profondamente però, mi ricorda già quel giovane ligio al dovere, che storce al naso davanti alla marachella del fratello. Una marachella che comunque copre, diventando quel bambino della battaglia di Hogwarts, parteggiando più per la felicità che per le regole. Si butta in qualcosa di diverso, mentre tutti sono intenti a prendersi cura degli altri, ed entra nella camera di quel fratello che tanto ama, ma che poco conosce. Charlie se ne sta sempre lì, in quella camera, spaventato di far vedere i suoi dipinti, preso da quella sua passione forte.
Una passione che comunque li unisce, che li fa sentire più vicini: e quel sorriso pomeridiano, si trasforma in un " ti voglio bene " serale, sussurrato per augurare una buonanotte. La prima, di tante altre.
Bella storia, complimenti,
Sia ❤