[ Recensione Premio per il contest "Cento parole di ieri, di oggi e di domani", indetto sul forum di EFP ]
Inizio con il chiederti umilmente scusa per lo spaventoso ritardo nella mia recensione, ma come promesso eccomi qui.
Forse sarò io che in questo periodo sono più sensibile del solito e qualsiasi cosa riesce a commuovermi, ma mi piace pensare che invece sia tu ad avere uno stile particolare, delicato che riesce a trasmettere emozioni e a farmi entrare in contatto con i tuoi personaggi.
Mi è bastato solo il primo paragrafo, le prime – quante saranno? – trenta righe per ritrovarmi già con gli occhi lucidi e i feels un po’ calpestati.
Adoro il tuo stile, perché è evocativo, è, in un certo senso, romantico e ti lascia addosso questa sensazione di malinconia e tristezza che si accumula allo stomaco e rimane a lungo, anche dopo la lettura. E come se non bastasse, ci sono momenti in cui mi ritrovo davanti a frasi bellissime (e tristissime) come:
[Danny era dunque costretto a sedere a un tavolo con gli altri, probabilmente perché non aveva altra scelta, eppure sembrava sempre mangiare da solo ]
E
[la sua esistenza ha cambiato molto il mio modo di pensare e forse mi ha reso più consapevole. Della nostra importanza nel mondo. Consapevole della nostra importanza nel mondo. ]
Perché stai tentando di uccidermi? Perché?
Tra l’altro riesci a far crescere così bene la curiosità verso questi due protagonisti, verso Danny e verso quell’io narrante (Joe, di cui scopriamo il nome solo verso la fine del capitolo e mi piace questa cosa che rimanga un mistero perché, d’altronde, chi si chiama da solo per nome nel parlare in prima persona?), che ho letteralmente divorato l’intero capitolo solo per sapere chi fossero questi due ragazzini, cosa sarebbe successo e perché per tutto il tempo ho provato quella sensazione d’angoscia come se dovessi aspettarmi il peggio da un momento all’altro.
Veniamo quindi a [ È questo che intendo con piena: sempre qualcosa da fare, qualcuno con cui stare, mai un momento per sedere e riflettere.
Danny entrò in quella mia vita piena silenziosamente, a piccoli passi, e ci rimase per sempre. ].
È bello come lentamente impariamo a conoscere Danny (e io, ormai, già mi ci sono affezionata), la sua stranezza, il suo modo di parlare e il suo atteggiamento “quasi adulto”. Tra l’altro anche questo lento sviscerare il suo carattere attraverso gli occhi di Joe, mi piace un sacco, mi fa sentire partecipe dei suoi ricordi e mi rende anche più facile riuscire ad accogliere i vari particolari che mano a mano saltano fuori. Non ci spieghi com’è il carattere di Danny tutto in una volta e, non so, anche questo aiuta a rendere il racconto ancora più verosimile e i personaggi ancora più reali.
Mi ha strappato un sorriso l’immagine di Danny che, in punta di piedi, si è affacciato alla staccionata perché altrimenti non sarebbe riuscito a vedere oltre. Adorabile.
Ma amo anche Joe, che nonostante l’altro bambino sia quello strano, quello che tutti lasciano da soli, lui non lo descrive mai con parole crudeli, ma dimostra una mentalità aperta, pronto ad accogliere la stranezza altrui o, almeno, ad ammettere a se stesso di esserne incuriosito – perché che qualcuno sia strano, silenzioso o ami stare da solo a mensa, non c’è in fondo niente di male. E infatti non si tira indietro dal guardare le cose secondo l’angolazione di Danny e scoprire come “sono sempre diverse”. Aww, ti giuro, già li amo questi due.
Della fic mi piace anche l’ambiente e, anche se non ci sono mai grandi descrizioni a riguardo, l’atmosfera mi fa pensare in tutto e per tutto agli anni cinquanta: il gioco delle biglie, i bambini seduti su materassi accatastati (non chiedere perché ma me li immagino troppo con quei calzoncini tutti uguali, le scarpe di tela e i calzini alti al ginocchio), il porridge. E, in mezzo a questo, Danny che stona e che, proprio per questo, risalta.
Anche la questione del porridge lascia intuire come la famiglia di Joe sia tipicamente inglese (e infatti se non ho capito male si scopre che lui è di Londra, ma si è spostato a Brighton con la famiglia).
Quando poi si arriva a [Tutt’ora credo che ci siano momenti che sanciscono amicizie: due si possono conoscere da dieci e più anni ma se non capita loro quel tipo di momento, allora non saranno davvero mai amici. ] mi sono di nuovo trovata a commuovermi. Riesci ad infilare questi splendidi momenti riflessivi in maniera così bella e così naturale durante il racconto, che non so proprio come fai.
Potrei andare avanti ad elencare tutti i punti che più ho amato del capitolo, ma mi ritroverei quasi a doverlo riportare nella sua interezza, perché non c’è un particolare fuori posto o un momento di noia nel racconto.
È affascinante tutto e penso che lo sia non solo perché il tuo stile è meraviglioso (l’ho già detto, ma è così e mi tocca continuare a ripetermi, deal with it!), ma perché hai davvero creato dei personaggi che, ad ogni sospiro, ad ogni paragrafo ti fanno chiedere di più. La domanda “E poi?” sorge spontanea non solo a fine del capitolo, ma per tutta la storia.
Detto questo però permettimi solo di soffermarmi per l’ultima volta su una delle frasi che più mi ha colpito:
[E così io avevo a che fare con la vita e lui con la morte. ]
È semplice ed eppure così intensa. E non so perché ma in un certo senso è come se me l’aspettavo, forse perché Joe è così vitale e così affamato di sapere e, come dice lui, è sempre così impegnato, che lo dai per scontato che abbia a che fare con la vita. Mentre Danny, non che sembri depresso, ma mi fa pensare al rovescio della medaglia di Joe ed è così maturo e così profondo, che i pensieri sulla morte forse quasi gli “donano”. Inoltre c’è sempre l’ombra del titolo che adombra le mie più rosee speranze di vedere questi due insieme e felici per sempre… Ma questo si scoprirà più avanti.
Questo per dire che, nonostante me l’aspettassi, vederlo scritto nero su bianco mi ha fatto una certa impressione e mi ha aperto un po’ gli occhi su quanto, effettivamente, quei due siano diversi e su quanto, effettivamente, una persona come Danny può insieme affascinare e spaventare.
Il passaggio dall’infanzia, dal raccontare di quello che fu prima quando erano Danny-Joe, al presente, mi ha colta piacevolmente di sorpresa. È divertente il fatto che la premessa di tutta la storia (fondamentalmente il motivo per cui Joe sta –a quanto pare – scrivendo di lui e di Danny) venga dato praticamente a fine capitolo. LOL, originale come scelta, ma soprattutto in questo caso ci sta e fila! XD
A parte che intanto è servito a dare una maggior definizione al personaggio di Joe, ma è stato proprio bello il modo in cui l’hai fatto – di nuovo con quella naturalezza che non fa pesare nulla, nemmeno un salto di 50 anni nel tempo e poi di nuovo indietro negli anni ‘60 con loro due che “scappano” di casa.
L’introduzione delle pillole per dormire e quella frase incisa che non promette nulla di buono me la sono segnata. Sappilo. E il mio unico commento a riguardo è: No. Qualsiasi cosa dovrà accadere: NO! No e basta!
Alla fine di questo capitolo, io rimango con il fiato sospeso (che rimarrà tale fino a quando non riuscirò a leggere e commentare anche i due capitoli che mi mancano) e con il bisogno di dirti quanto, quanto, quaaanto mi sia piaciuto. Temo che il mio sia un commento sconclusionato che non rende giustizia alla tua storia e di questo ti chiedo immensamente scusa, non credo di essere riuscita a spiegarmi come vorrei e sono sicura che ci siano tante altre cose che avrei voluto dirti e che invece ho scordato. Spero mi torneranno in mente per i prossimi commenti, mentre a te lascio i miei più sinceri complimenti ringraziandoti perché, ancora una volta, crei personaggi squisiti che condividi con noi ed io non posso che apprezzare. |