Ciao cara :)
Devo passare da te da tipo una vita, e ti giuro che lo farò anche per quanto riguarda le altre due storie, ma non potevo perdermi questo tuo nuovo aggiornamento, così eccomi qui, approfittando di cinque minuti di calma (solo perché uno dei due figli al momento è dai nonni e l’altro è tranquillo… in braccio, per cui, sì, ti sto scrivendo con una mano sola, perdonami quindi eventuali refusi ^^’).
Innanzitutto, non devi assolutamente scusarti di nulla, anzi, sono io a doverti ringraziare: Albus non è una sorta di entità disincarnata completamente avulsa dalla realtà, né un agnellino puro e indifeso alla mercé del lupo cattivo, ragion per cui mostrare la sua rabbia non è solo doveroso, ma SACROSANTO. Albus è un uomo – e hai fatto benissimo a sottolinearlo –, un uomo di carne e sangue, con le sue pulsioni, le sue paure e le sue debolezze, perfettamente consapevole di sé, delle sue capacità e di ogni singola azione e scelta compiute nella vita, comprese quelle che hanno portato alle conseguenze più terribili, rendendo in sostanza il rimpianto il cardine della sua intera esistenza. E che Gellert tema la sua furia è altrettanto verosimile, perché colui che si trova a fronteggiare non è “il mago più potente di tutti i tempi” così, a caso. E proprio perché lo conosce meglio di chiunque altro ha ragione di temerlo: credo che Gellert in fondo sappia chi fra i due è il più potente – e non mi riferisco solo all’aspetto prettamente “magico” della faccenda, Albus ha una forza mentale assolutamente fuori dal comune – e questo a prescindere anche dalla Bacchetta di Sambuco. Plaudo virtualmente a questa tua presa di posizione (cominciavo seriamente a credere di essere la sola a pensarla così, si leggono certe cose in giro…).
Poi, va beh, il sentimento che li lega è autentico e forte e non svanisce con gli anni, nonostante tutto. Ma anche in questo sta la bellezza e tutta l’umanità di Albus (scusa se mi soffermo più su di lui, ma ci sto ragionando parecchio nell’ultimo periodo e molte cose hanno trovato corrispondenza in ciò che hai scritto. In qualsiasi caso, anche il “tuo” Gellert è, secondo me, perfettamente IC): Gellert è – e sarà sempre – un pezzo di cuore e di anima, ma non sarà mai il padrone della sua coscienza, che è libera ed indipendente e sorretta da saldi pilastri morali, che lo portano a compiere una scelta netta rispetto alle idee dell’amante e ai suoi propositi di conquista. Questo, probabilmente, Aberforth ancora non l’ha capito (sono ancora tutti molto giovani, comunque), e gli basta sapere che Gellert è rientrato in qualche modo nella vita del fratello per andare su tutte le furie, complici anche tutte le questioni irrisolte che i due si portano dietro… non dev’essere facile essere il fratello di uno come Albus, e questo al netto di tutta la tragica vicenda di Ariana: “Mio fratello odia ciò che sono.” spiegò con voce roca. “È sempre stato così.”
Ecco, direi che hai centrato il punto.
In conclusione, e per sdrammatizzare un po’ i toni, sono fermamente convinta che questi due colombi ci debbano un po’ di gratitudine, dato che elargiamo loro più gioie di quante il canone ne abbia in serbo (prevedo lacrime e sangue nei prossimi film per noi povere shippatrici anonime).
Ti faccio tanti complimenti, anche questa storia mi è piaciuta tantissimo!
Un bacione e a presto (promesso) :*
padme |