Cara Ecate,
Ho trovato questa tua fiaba/shot particolarmente deliziosa. La prima cosa che mi salta all’occhio è il modo in cui hai saputo ricreare in modo puntuale e molto, molto preciso il linguaggio tipico dei film, ma soprattutto dell’opera di Lewis Carroll. Il modo di parlare e agire dei personaggi è assolutamente IC, fino alla punta puntosa dei loro capelli (qui sembro più Flanders, ma tant’è). Lo stile è impeccabile e la shot scritta benissimo e carica anche di un senso, un significato, come ogni fiaba che si rispetti, in definitiva, dovrebbe avere, a mio parere. A colpirmi particolarmente è il modo in cui hai giocato con Tarrant e Alice. Pur essendo il primo un mero prodotto della fantasia, amato come solo chi crea e immagina fervidamente può fare, il sentimento per la sua ideatrice/amica è spontaneo e non calcolato. Quando scriviamo delle storie, spesso ci divertiamo a dotare i nostri personaggi di conoscenze e ricordi e così, inconsciamente o forse poi non così tanto, affibbiamo loro degli abiti nuovi carichi di consapevolezze e capacità e conoscenze, appunto.
Qui Tarrant ricorda nel momento in cui Alice ha bisogno che lo faccia e, da quel momento, è come se la conoscenza ci sia sempre stata. A questo punto potrei sfociare sul libero arbitrio della creatura rispetto al creatore, sulla libertà del sogno, su temi degni della filosofia e che sono stati trattati decisamente meglio nelle giuste e opportune sedi, però ecco, volevo dirti che la tua storia è davvero molto bella e meritevole e che si vede come tu abbia riflettuto su queste tematiche a fondo. Ecco perché il risultato, in definitiva, risulta così soddisfacente.
Poi ovviamente ci sono loro, Alice e il Cappellaio che ovviamente si amano e devono amarsi e nel caos adorabile e perfetto del paese delle meraviglie creato da Alice si litigano la paternità di farsi portatori di una nuova vita, un miracolo che, invece, solamente l’amore può far scaturire. Complimenti cara, davvero complimenti!
Un caro saluto e a rileggerci presto,
Shilyss |