Recensioni per
Non fa per me
di g21

Questa storia ha ottenuto 1 recensioni.
Positive : 1
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
19/03/19, ore 19:26

Prima classificata al contest Non è tempo per noi

Stile e lessico: 13.5/15
Iniziando dalla grammatica, inglobata in questo parametro, la storia è ottima. Ti segnalo solo le piccolissime sviste presenti cosicché possa rivederle:

Il problema è dove mi sono trovato il momento della mia nascita: “al” anziché “il”.

Visto male da chiunque venga a sapere del suo problema, ma non per me: “da me” anziché “per me”.

i miei compagni di casa: “Casa” con l’iniziale maiuscola perché sottintende Casa di Grifondoro, quindi in questo frangente è da intendersi come “nome proprio”.

Fiero Grifondoro in un covo di Serpeverdi: il plurale è invariato, “Serpeverde”.

Arrivando allo stile, hai scelto di narrare al presente e in prima persona. Il tuo è di certo un flusso di coscienza, seppure sembra che il personaggio più che riflettere su e con se stesso, parli di se stesso a un interlocutore, perché i suoi pensieri sono incasellati in maniera coerente e lui, di fatto, si descrive, proprio come se dovesse spiegare a qualcun altro chi è e cosa sta vivendo in quel momento della sua vita. Questo apparente rivolgersi a un qualcuno ha fatto sì che il testo risultasse più razionale che emotivo: la punteggiatura è utilizzata lì dove occorre, non è un espediente per regolare il ritmo e l’intonazione delle frasi; i periodi sono tra loro coordinati e bene organizzati; non vi sono usi di figure retoriche, sia il lessico che la costruzione sintattica sono lineari e colloquiali, come se la voce narrante stesse effettivamente parlando. Tutti questi elementi danno origine a un testo coerente e coeso, ma poco espressivo – e di conseguenza più razionale che emotivo, perché il lettore accoglie ciò che la voce narrante dice, ma non carpisce le sue emozioni né viene coinvolto dal punto di vista emotivo.
Personalmente, sono convinta che un flusso di coscienza debba essere emotivo e “osare” con punteggiatura e sintassi, riproducendo in tal modo il flusso irrazionale dei pensieri. Però questo è un mio punto di vista, per cui la riflessione non ha inciso sul punteggio, ho solo voluto condividerla con te. Non ha inciso sul punteggio perché nel tuo caso, dopo aver riletto più volte la storia, ho concluso che la tua sia stata una scelta mirata: più che l’espressività, hai ricercato il racconto, hai proprio voluto che il personaggio si raccontasse, e se questo è stato effettivamente il tuo intento la gestione della struttura stilistica è stata molto buona.
Anche la gestione dei capoversi è buona, interessante a tale riguardo che l’unico capoverso nominale sia quello che cita la guerra, letteralmente: “La guerra.”, espressione che messa lì in posizione di rilievo riesce a catturare l’attenzione del lettore e a focalizzare la questione su questo concetto di primaria importanza che aleggia lungo l’intera storia.
L’unica espressione meno efficace è la seguente:

Nell’ultimo periodo mi ritrovo spesso da queste parti. Non è da me, lo so, perché solitamente sono sempre al centro dell’attenzione. Per colpa di qualche guaio che combino con gli altri, ma, a volte, sento il bisogno di un po’ di silenzio: in questo periodo c’è un problema di punteggiatura e di ritmo. In primo luogo, la pausa forte dopo “dell’attenzione” è eccessiva, perché sintatticamente ciò che segue è subordinato (“perché solitamente sono sempre al centro dell’attenzione per colpa di qualche guaio che combino con gli altri”, come vedi è possibile scriverla anche senza inserire nessuna pausa). In secondo luogo, “ma, a volte, sento il bisogno di un po’ di silenzio” a livello di significato è legato a “Nell’ultimo periodo mi ritrovo spesso da queste parti. Non è da me”, ma la punteggiatura così com’è ora non riesce a creare coesione tra le frasi, perché “ma eccetera” è sintatticamente legata a “Per colpa eccetera”; in alternativa a riformulare l’intero periodo senza pause forti (il punto fermo), omettere il punto fermo di cui parlavo prima è la soluzione anche a questa seconda situazione: “Nell’ultimo periodo mi ritrovo spesso da queste parti. Non è da me, lo so, perché solitamente sono sempre al centro dell’attenzione per colpa di qualche guaio che combino con gli altri, ma, a volte, sento il bisogno di un po’ di silenzio”. A livello di ritmo, trovo le virgole che racchiudono “a volte” rallentino troppo l’espressione, che dovrebbe essere letta tutta d’un fiato: “ma a volte sento il bisogno di un po’ di silenzio”.

Passando al lessico, lo trovo decisamente coerente alla prima persona narrante e al flusso di coscienza. Il registro linguistico è medio-basso, delle volte colloquiale, a volte fa uso di qualche ripetizione, ma è tutto ben inserito all’interno della struttura stilistica da te scelta, che tra l’altro deve riprodurre il vocabolario di un ragazzo di diciassette anni in un momento di riflessione. È giusto che nessun termine sia pretenzioso né aulico, così come è giusto che si ripetano nomi di Case, di persone, di ambienti famigliari al protagonista. L’unico consiglio che ti do in relazione al lessico è legato all’uso della d eufonica:

primo tra i Black ad essere smistato in Grifondoro: in questo caso, per il discorso appena fatto sulla riproduzione di un linguaggio d’uso e colloquiale, risulta più coerente omettere la d eufonica, identificata come scelta ricercata e quindi disomogenea rispetto al registro linguistico del tuo racconto. Non esiste una regola grammaticale ferrea sull’uso della d eufonica, che è lasciato al singolo autore – l’unica regola che ancora persiste è l’obbligatorietà di usarla quando le vocali contigue sono uguali, come in “ed essere” –, malgrado questo, però, le scelte editoriali odierne aboliscono la d eufonica in tutti i casi in cui essa non è obbligatoria, la ritengono un residuo arcaico. È dunque per questo motivo che ti consiglio di farne uso solo quando il contesto stilistico-lessicale del racconto è adeguato a quella che oggi è una scelta considerata in disuso.

A parte questo piccolo appunto, che è più che altro un consiglio, non ho altro da dire sul lessico, che come detto trovo pertinente al tipo di testo scritto.

Concludendo, quindi, trovo che in questo parametro abbia fatto davvero un buon lavoro! La grammatica, piccole sviste a parte, è impeccabile, mentre lessico e stile sono coerenti a loro stessi e impostati bene (fatto salvo quei piccoli appunti messi in evidenza). La sintesi del discorso fatto mi ha convinta ad assegnarti 13.5/15 in questo parametro!

Titolo: 2.5/5
Il titolo scelto è sicuramente in linea con lo stile del racconto: prima persona, espressione diretta. Non fa per me anticipa al lettore che a narrare sarà un io e al tempo stesso lascia intuire, trattandosi di una negazione, che il protagonista si dovrà relazionare con qualcosa o qualcuno che sente distanti da sé. Per il resto, però, è un titolo generico e quindi poco identificativo: potrebbe riferirsi a qualsiasi situazione, tempo, personaggio, così come a qualsiasi genere di storia – potrebbe difatti adattarsi anche a una commedia, ad esempio, perché il Non fa per me potrebbe essere ironico; il lettore comprende quale intonazione dare alla frase solo a lettura ultimata. Trovo sia quindi un titolo sicuramente coerente al contenuto della storia, ma poco personale e attrattivo, il che è un vero peccato, perché il titolo è tra gli elementi che convince un potenziale lettore a leggere il racconto. La media dei pro e dei contro spiegati mi ha convinta ad assegnare 2.5/5 in questo parametro.

Sviluppo del tema del contest: 7/10
La storia si apre con delle parole estrapolate da Non è tempo per noi, dunque è chiaro sin dall’inizio quale sia la direzione imboccata dal tuo flusso di coscienza. Il tuo personaggio è lì, in quel parco tutto buio, a riflettere su quanto si senta inadatto alla famiglia di origine e a tutto ciò che la società si sarebbe aspettata da lui in quanto Black primogenito. In questo, è sicuramente presente il tema del contest, perché Sirius è decisamente fuori dal contesto entro cui è nato e cresciuto, non è il suo mondo, e lui ipotizza che forse non sia neanche il suo tempo. Di contro, però, il tema del contest risulta un po’ offuscato da queste stesse riflessioni, perché più che un personaggio fuori dal tempo e fuori posto, emerge un personaggio insoddisfatto che però è riuscito comunque a trovare la sua dimensione, entro cui si sente perfettamente a suo agio (i Grifondoro e i Malandrini). Manca poi, in ultimo, il fattore assolutizzante: il flusso di coscienza di Sirius è tutto votato al particolare, indissolubilmente legato al personaggio – mi rendo conto, comunque, della grande difficoltà insita in questo aspetto del contest. Valutando i pro e contro espressi, quindi, ho reputato che il punteggio più giusto fosse 7/10. Di conseguenza, ai di là dei piccoli appunti, brava davvero!

Trama (struttura, sviluppo, coerenza): 9.5/10
Hai scritto un flusso di coscienza, quindi non possiamo parlare di trama propriamente intesa. Voglio partire dall’unico aspetto che mi ha convinta meno, e che è il motivo per cui il punteggio non è superiore a 9.5/10, ossia l’assenza di un antefatto che comunichi al lettore perché Sirius si ritrova nel parco di Hogwarts a riflettere. Dal testo sappiamo che Sirius sta vivendo un periodo particolare che lo porta a confrontarsi con se stesso, ma avrebbe giovato alla storia dare un riferimento più preciso, anche perché le riflessioni portate avanti insistono molto sul concetto di famiglia (Regulus, i Serpeverde e i Purosangue), quindi sono orientate in una direzione ben precisa, il che lascerebbe ipotizzare una causa scatenante – ad esempio, uno scontro verbale con Regulus. In assenza di questo antefatto, abbiamo solo un momento generico in cui collocare le riflessioni profonde di un personaggio che, per come lo conosciamo dalla saga, è tutto eccetto che riflessivo.
A parte questo dettaglio appena descritto, trovo che il flusso di coscienza, a livello di “trama”, sia strutturato bene: ha una contestualizzazione spazio-temporale iniziale e conclusiva che consente al lettore di visualizzare il personaggio, capire dove si trovi e in quale tempo della sua esistenza; i contenuti – le riflessioni – sono poi concatenati in maniera coerente e crescente, si parte infatti dalla famiglia per arrivare alla guerra, il tutto intervallato dalle riflessioni sul futuro incerto.
La conclusione, con Sirius che si allontana dal luogo di riflessione per rituffarsi nel caos del castello, è la giusta chiusura del cerchio: la storia si conclude con quel parco notturno che torna a essere solitario, perché Sirius è andato via.
Ottima struttura, quindi, per il tuo flusso di coscienza, 9.5/10!

Caratterizzazione e IC dei personaggi: 7/10
L’unico personaggio della tua storia è Sirius, ma attraverso le sue parole riusciamo a leggere anche un accenno di caratterizzazione di James, Remus e Regulus.
Soffermandomi prima sui personaggi di contorno – il cui reale ruolo è quello di supportare l’introspezione del protagonista –, trovo che con Regulus abbia fatto un ottimo lavoro, la caratterizzazione restituita dalle parole di Sirius è più che coerente a ciò che sappiamo dai libri: il Black fatto e finito, quello perfetto agli occhi della famiglia. I ritratti di Remus e James, invece, hanno delle sfumature un po’ inedite: Sirius afferma che Remus è la mente del gruppo, quando dai pochi elementi presenti nella saga sappiamo che James e Sirius sono piuttosto indipendenti e interdipendenti tra loro, infatti Remus spesso “subisce” le loro iniziative pur non condividendole in toto (cosa evidente nel ricordo di Piton, ad esempio), quindi fatico ad accostargli questa definizione così netta espressa da Sirius; per quanto riguarda James, è particolare che Sirius non lo descriva come “malandrino”, ma come un bravo ragazzo sempre pronto ad aiutare tutti – non dico che non possa essere così, ma James è quello un po’ spaccone, il compagno di scherzi, sì, ma soprattutto di malefatte (in senso buono!), una sfumatura che non viene messa in evidenza, il che è inedito perché la voce narrante è Sirius, quello che considera James l’altra parte di sé, il complice di una vita, il fratello. A parte queste sfumature, comunque, i due personaggi emergono nella loro positività, emerge il legame di amicizia che li lega e gli ideali in cui credono, quindi bene da questo punto di vista.
Arrivando a Sirius, ho trovato singolare che lo presentassi in maniera così riflessiva, però è sicuramente plausibile che ci siano stati momenti in cui si sia fermato a riflettere. È sicuramente IC l’astio che nutre nei confronti della famiglia e di tutto ciò che rappresenta (i purosangue, il razzismo, Voldemort; a riguardo l’unico elemento su cui forse si insiste un po’ troppo è la questione Serpeverde-Grifondoro, trovo poco coerente che Sirius pensi di non essere perfetto per tutti i Serpeverde, non è un personaggio che bada a ciò che gli altri pensano di lui, figurarsi una massa di estranei), così come è IC il confronto con quel fratello che è tanto sbagliato per lui quanto è perfetto per la loro famiglia. Molto coerente con il personaggio della Rowling il desiderio irrealizzabile di appartenere a un altro mondo, così da rompere il legame indissolubile che lo ancora ai Black – si percepisce quanto Sirius detesti l’idea che, al di là di ogni scelta, è e resterà sempre un Black, un Black rinnegato, ma pur sempre un discendente di quella famiglia dalle idee così sbagliate. Coerente, ancora, il riferimento alla guerra: è plausibile che lui pensi a ciò che lo aspetta e intuisca che il futuro che ha dinanzi sia meno roseo di quanto vorrebbe; secondo il mio parere, però, a riguardo è meno coerente la riflessione legata alla frase “Questa battaglia non fa per me, perché sarò sempre dalla parte sbagliata”, perché nessun elemento della saga ci fa ipotizzare che Sirius abbia avuto pensieri simili, che implicano la necessità di fare una scelta sofferta – lui ha sempre saputo da che parte stare, sin dagli undici anni, e non è mai parso che sia tornato a riflettere sulla scelta fatta.
A parte quei dettagli già accennati, trovo ci siano alcuni elementi che stridono un po’ con la caratterizzazione originale di Sirius. Uno è legato alla descrizione che fa degli amici, dove emerge più la figura di Remus che quella di James (un po’ strano considerato il rapporto esclusivo che avevano Sirius e James), mentre è totalmente assente Peter (capisco che sia un personaggio odioso, ma era un Malandrino e faceva parte del gruppo, quindi che Sirius rifletta sui suoi più cari amici e non accenni a Peter è poco IC purtroppo). Un altro è legato all’ambizione di Sirius di diventare auror: sappiamo che Sirius terminati gli studi ha vissuto di rendita e si è unito all’Esercito di Silente, non c’è traccia di un’ambizione del genere, probabilmente doveva reputarla una carriera troppo “inquadrata” per lui. In ultimo, trovo che il periodo conclusivo “Metto al primo posto […] cognome sbagliato” sia un elogio dell’autrice più che una riflessione del personaggio: dico questo perché il tono della narrazione cambia, pur permanendo la prima persona narrante, perché il personaggio decanta se stesso, usando poi espressioni che difficilmente chiunque assocerebbe a se stesso: dire di se stesso “Un ragazzo leale, che non volta le spalle a persone buone e gentili” è poco credibile, nel caso di Sirius che non è un personaggio sentimentale, ma rude, lo è ancora meno. Essendo la frase conclusiva del racconto, incide tanto sulla percezione che il lettore trarrà del tuo protagonista a fine lettura.
La sintesi dei pro e contro mi ha convinta ad assegnarti 7/10 in questo parametro. L’IC del protagonista è in gran parte rispettato e il flusso di coscienza tocca alcuni dei punti salienti della caratterizzazione di Sirius, ma come ho detto trovo vi siano sfumature meno convincenti e coerenti alla controparte originale, ma trattandosi di sfumature e talvolta di interpretazioni sui personaggi (ad esempio il desiderio di diventare auror), non ho ritenuto di dover assegnare un punteggio inferiore.

Totale: 39.5/50