Mi sono messa in testa di recuperare le tue ff che non ho recensito, perché il tuo modo di scrivere mi piace veramente e trovo che tu produca pezzi di un livello qualitativo molto buono. Ne ho scovati tre, quattro con questo. Cercherò di non lasciare incompiuto il percorso di recensione che ti riguarda, perché ti meriti maggiore attenzione da parte mia. Ho scoperto che, per quanto riguarda la Sezione di Sh, praticamente mi sono già occupata di quasi tutte. Sul perché ne abbia lasciate indietro non saprei, sinceramente, ritrovare un preciso motivo. Sicuramente, nel mare grande del fandom, ho seguito delle “vele”, perdendone di vista delle altre. Ma eccomi qui.
“Distanza da rosicchiare”, “Rosicchiando la distanza”…Perdonami ma il mio inglese è penoso. Comunque colgo la piacevole coerenza del titolo con il contenuto di questa drabble, visto che dilagano i tarli. Tarli, ovviamente, per concretizzare, in un’immagine efficace, pittoresca ma incisiva, i tormenti di Sh. Il suo cruccio, che ha assunto un’accezione di ossessività che lascia anche chi legge senza fiato, è legato alla sua incapacità di affrontare ciò che i sentimenti provocano in lui, debilitando persino la sua eccezionale capacità di ragionare.
Anche se non ha un’importanza decisiva ai fini della narrazione, posso provare ad ipotizzare che la tua ff possa collocarsi temporalmente nelle prime due Stagioni, forse più nella prima, quando gli incubi di John, cioè le sue terribili visioni di guerra, probabilmente sono ancora frequenti e preoccupanti. Sh è lì, forse ogni notte, comunque lo è tutte le volte che sente la voce del suo “conduttore di luce” che rivela l’ “aggressione” onirica che sta subendo.
Sh è dietro alla porta chiusa della camera di John e sa che, se entrasse, la sua vita sicuramente cambierebbe.
Ma non ce la fa, o forse, non vuole farcela perché, secondo me, il suo è anche un grosso problema di autostima: e se, una volta aperta quella dannata porta, John lo accogliesse con freddezza e fastidio, cosa succederebbe di lui…
Intanto, in cento parole, hai saputo condensare le ombre struggenti della Johnlock, quelle che rivelerebbero, ed io sono d’accordo, che, l’innamoramento più profondo e più fulmineo, sia stato quello di Sh, fin dal primo incontro con John al Bart’s, complice il simpaticissimo Mike. Sicuramente anche Watson ha avuto un devastante colpo di fulmine nei confronti del consulting, ma i suoi pregiudizi, le sue paure e, anche per lui, la disistima di sé, l’hanno sempre legato al silenzio, alla fuga di fronte all’evidenza di ciò che lo lega ad Holmes.
Significativa la tua scelta di usare il POV di quest’ultimo per la straziante scena notturna, che si ripete e che anima il buio, apparentemente tranquillo, del 221b.
“…non faccio altro che levigarne la superficie con i sospiri…”: voglio riportare questa frase perché qui siamo ai confini con la poesia più travolgente, che esprime con parole scarne, una sofferenza pari solo alla grandezza del sentimento che ha sconvolto, anche in senso positivo, ovviamente, la vita di quei due.
Sinceri complimenti; sarà per me un vero piacere occuparmi anche delle altre tue ff che ho trascurato. Chiaramente anche di quelle che vorrai regalarci in futuro. |