Recensioni per
L'eredità di Kurtz
di Spoocky

Questa storia ha ottenuto 7 recensioni.
Positive : 7
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
21/02/21, ore 21:22
Cap. 1:

Carissima, pensa... mi era venuto il desiderio di leggere un racconto su "Apocalypse now" e tramite una ricerca sono approdato a questo meraviglioso, suggestivo racconto. Come ho fatto a non scoprirlo prima, mistero... fatto sta che questo primo capitolo mi ha colpito sotto diversi aspetti e punti di vista, e non solo - mi ha fatto riflettere. Il film, di per sé, è sconvolgente. E' proprio una discesa nelle profondità del cuore umano, di ansa in ansa, di curva in curva, di riva in riva. E alla fine Kurtz, come ogni diavolo che si rispetti, appare molto meno "cattivo" di come lo si dipinga. Certo, è un personaggio scomodo per i vertici militari del suo Paese, o per meglio dire del suo ex-Paese. Ma l'ipocrisia di chi decide che è ora di "porre fine al suo comando", ordinando l'uccisione di un alto ufficiale nel corso di un banchetto a suon di cibi pregiati è già una discesa nel cuore nero dell'uomo. La discesa in senso stretto inizia da qui, ancor prima che si palesi il fiume. E se vogliamo dirlo, Kilgore che attacca un villaggio a ritmo di Wagner mi sembra molto, molto più folle di Kurtz. Sicuramente più disumano. Il film procede come un'allucinata discesa agli inferi, ma alla fine Kurtz sfugge. Meglio, a me è sfuggito. Ho fatto veramente fatica a coglierlo e capirlo fino in fondo, nel film. Così, ho cercato sul sito delle storie che potessero aiutarmi - al di là dei commenti puramente cinematografici - a far luce su questo personaggio, che ai miei occhi è il più affascinante, il più tormentato, forse il meno spregevole. Il tuo testo fornisce molti spunti di approfondimento e riflessione e sa leggere in profondità senza discostarsi dall'humus del personaggio, così come appare, pur conservando le sue ombre, dalle letture di vari critici. Nel tuo testo sembra voler fare di Willard un erede, l'erede che la stessa giungla gli ha inviato, forse a esaudimento di una sua stessa preghiera. Eppure Willard è appunto l'uomo inviato in missione allo scopo di por fine al suo comando, e non di proseguirlo. E io - lo confesso - avrei tanto preferito che il film si concludesse così, piuttosto che con il ritorno alla "civiltà incivile" a cui Willard appartiene, alla barbarie legalizzata che si nutre di stereotipi felicemente ignoranti come il surf, le conigliette di Playboy, le canzonette alla radio. Ho trovato molto più affascinante il reame di Kurtz con la sua foresta lussureggiante e stillante umidità e vapori, il suo silenzio sul pelo dell'acqua, i bambini e le donne indigene più o meno imparentate con la strana folla di armati che popola quel luogo. E poi Kurtz, l'inafferrabile. Che nel film non prova neppure ad ammaliare Willard come ha fatto con Colby, inviato prima di lui ad adempiere alla stessa "missione speciale" e poi passato nelle sue file (l'incontro silenzioso e l'altrettanto muto riconoscimento tra lui e Willard sono impressionanti e inquietanti). Nel film, Kurtz sembra alla fine accettare il suo destino, nel tuo testo lo coltiva addirittura, se ne prende cura. Ha cura di Willard al punto da rammentargli suo padre, e in fondo spetta proprio all'archetipo del padre il guidare al pieno sviluppo tramite l'autorità. Il padre è colui che protegge con forza ma anche indica la via. Ho amato questo aspetto della tua storia, così come il porsi di Kurtz nel ruolo del re-sacerdote devoto alla giungla, questa grande divinità ancestrale che è madre lussureggiante dell'istinto e del cuore vero dell'uomo. Al tempo stesso, attribuisce a Willard una sorta di ruolo messianico, quella del Servo sofferente che attraverserà le tenebre prendendo la sofferenza sulle proprie spalle e perseverando fino a raggiungere la luce (vedi la citazione dal cantico detto "del Servo sofferente" di Isaia). Tutti questi dettagli aggiungono luce (o meglio, tolgono qualche ombra) al personaggio di Kurtz pur mantenendone intatto il mistero. E' evidente la sua sintonia profonda con il cuore pulsante della giungla, questa foresta-divinità viva e ancestrale, una sorta di creatura incombente paragonabile, nella sua insidia, al fiume-serpente. Ma la foresta è anche vita che sboccia fervorosa e splendida sui resti di altre vite, rigoglio di piante che crescono sulla macerazione e il disfacimento di tutte quelle che le hanno precedute, in modo che il regno vegetale continui, diverso nelle individualità eppure sempre uguale. Kurtz prepara il proprio erede, inviatogli non dagli alti comandi ma dalla giungla. Si prepara a diventare humus fertile a sua volta. E chissà se, almeno nella tua storia, Willard sceglierà di restare...
Vado ora a gustarmi il secondo capitolo... così, se non altro, metterò il punto a questo delirio scritto in realtà per dirti quanto la tua storia mi sia piaciuta e che la custodirò con molto affetto tra i miei testi preferiti. A presto.

Recensore Master
14/03/20, ore 03:59
Cap. 1:

Eccomi^^
Da dove iniziare a commentare? È una storia psichedelica, visionaria, carica di simbologie, archetipi e rimandi, e forse c'è ancora qualcosa che non ho colto. Dalla Pietà alla Grande Madre Gaia, da Platone al coniglio bianco... e quell'aneddoto!
Mi è piaciuta in particolare la metafora della caverna: in effetti in questa storia descrivi un viaggio iniziatico, verso una "verità" a cui si allude ma che ancora non trapela dal testo, di un passaggio di consegne - quello del Re-Sacerdote, in cerca di un degno erede a cui trasmettere la propria conoscenza, assoggettando la Natura-Madre per divenire Padre e guida. L'energia materna, fonte di vita, che risiede nel cuore della giungla, ha bisogno di un principio ordinatore e regolatore - quello paterno, appunto, se vogliamo parlare per archetipi - per poter essere trasmessa ad altri, e così Kurtz - il Re-Sacerdote - diventa mediatore e portavoce di questo segreto, ancora da svelare. Tutto quello che deve fare è liberare Willard delle sue catene, squarciare il velo delle false convinzioni su cui finora si fondava la sua realtà.
Ma vabbè, smetto di ammorbarti coi miei patemi. Sarebbe che è una bellissima storia, mi piace un sacco quando da una lettura si possono estrapolare varie interpretazioni e significati nascosti.
Leggerò presto anche la seconda parte!
(Recensione modificata il 14/03/2020 - 04:02 am)

Recensore Master
12/03/20, ore 15:57
Cap. 1:

Ciao carissima!
Questa sì che è una storia! È un viaggio all'interno della psiche, negli archetipi, nell'inconscio collettivo, nei Leitmotiv della nostra cultura.
Abbiamo il Padre archetipico, la sua autorità, ma anche la sua consapevolezza di essere caduco, destinato a lasciare il posto a chi un giorno sarà Re al posto suo, Re e Sacerdote, per citarti, perché anche il potere è un ciclo che si ripete all'inifinito e chi lo detiene deve necessariamente cederlo a chi verrà dopo di lui, se vuole che le cose si mantengano in equilibrio.
Kurtz è uscito dai ranghi militari, dai criteri morali della nostra società, si potrebbe dire che è uscito anche da se stesso e in qualche modo si contempla da fuori. In quella posizione ha capito cose, ma l'uscire da tutto ("ha mai preso in considerazione delle vere libertà? Libertà dalle opinioni altrui, anche dalle proprie opinioni") implica l'impossibilità di fare ritorno al contesto che si è lasciato.
Insomma, tu ripercorri tutto questo, ricreando esattamente la stessa atmosfera ipnotica, lisergica e al tempo stesso mistica (non dimentichiamo l'invasamento mistico comune a tantissime religioni, o la possessionre sciamanica, nel film rappresentata dalla morte del toro) del film di Coppola. Leggendoti si vedono i sorrisi dei Buddha e le fiamme del napalm.
Complimenti, ti fiondo subito nelle preferite!