Allora!. Eccomi qui, finalmente, dopo secoli dall’uscita di questo capitolo, a recensirlo. Perché sono sempre in ritardo? Non ne ho idea, sono diciotto anni che io e i miei genitori ci poniamo questa domanda. Quindi mi dispiace, ma dovrai sopportare la mia immane lentezza nello scrivere recensioni e la mia assoluta mancanza di puntualità e precisione. Ah, e, ovviamente, il fatto che io sia totalmente incapace a scrivere recensioni coerenti e che abbiano un filo logico.
Ma comunque, come va? Spero tutto bene, e che questa quarantena non ti stia disturbando troppo. Finalmente sono riuscita a trovare tempo per scriverti questa recensione, sperando di non metterci un miliardo di anni. Cosa che effettivamente succederà se continuerò a chiacchierare in questa maniera, quindi direi di iniziare davvero la recensione. E dunque, bando alle ciance, si va!
Vorrei spendere un paio di parole per quanto riguarda il titolo del capitolo: Truth is weaved in words. La verità è intessuta nelle parole (traduzione molto libera, perdonami). Trovo che sia davvero un bel titolo per aprire una storia mystery come questa. La verità spesso è sotto gli occhi di tutti, ben mimetizzata: spesso le persone nascondono la verità nelle loro parole, in una cortina di chiacchiere e frasi, che stordiscono e confondono chiunque legga. E non è sempre facile scovare questa verità, la realtà delle cose, riconoscerla tra le menzogne e le falsità in cui è sommersa. Penso che sia un concetto che si possa applicare bene sia al contesto della storia di per sé – un giallo, un thriller, in cui la verità raramente emerge con facilità, ed è dunque compito degli Auror scoprirla – e sia ai personaggi stessi: nel capitolo tutti agiscono, parlano, o semplicemente ci viene data la possibilità di osservarli di sfuggita, ed ognuno di loro è circondato da un alone di mistero. Molti di loro sono sicuramente dei bugiardi, molti custodiscono dei segreti che non intendono rivelare ad anima viva, ma dalle loro parole, piano piano, si potrà iniziare a trovare un segreto, qualcosa che faccia intuire la loro vera natura e il loro passato. Un lavoro di intuizione, di investigazione, che noi lettori dobbiamo compiere pari passo ai nostri cari personaggi. Diciamo che, alla fine, siamo anche noi degli investigatori, insieme a loro – e sono elettrizzata da questa cosa, sto già speculando per conto mio diecimila teorie, sia sui personaggi che sulla storia stessa.
Ok, ho voluto un attimo fare la poeta e la filosofa e tirare fuori tutto il mio lato da artista romantica, perdonami. Ho un vero e proprio dono per far perdere tempo agli altri, e dovrei darmi un attimo una mossa e continuare questa recensione – che sarà lunga, molto lunga.
Ammetto che mi sono scervellata a lungo su chi potesse essere il narratore di questo capitolo, e non mi aspettavo minimamente che fosse Joyce. Era forse una di quelli che visivamente meno mi aveva preso – cioè, ha un prestavolto stupendo, ma non era così peculiare da avermi incuriosita. Come si suol dire, mai giudicare un libro dalla copertina! Partendo dall’inizio, ho immensamente apprezzato come tu ti sia dilungata a descrivere il suo abbigliamento: al contrario di molti, io ho un debole per le sequenze descrittive, e, da brava studentessa di teatro quale sono, so benissimo che il “costume” di un personaggio, la sua maschera, il suo abbigliamento, può dire veramente moltissimo di un personaggio, raccontare parte della sua storia, del suo modo di essere. Joyce sicuramente ha un modo di vestire estremamente aggraziato, quasi principesco, sembra davvero uscita da una fiaba: i toni dell’argento, i richiami floreali, la preziosità della stoffa…sicuro fa intuire molto della sua natura elegante, sicuro molto precisa ed organizzata, una persona che ci tiene a fare una bella impressione agli altri sin dall’inizio. Una personalità raffinata, direi in maniera quasi “signorile”, come se fosse uscita da un’altra epoca. Anche la descrizione del suo prendersi il tè, il richiamo ai fiori di ciliegio già presenti nel suo abbigliamento, cerca di confermare tutto ciò. Ho adorato la descrizione della teiera: potrebbe sembrare strano, ma l’ho trovata veramente bellissima, non stonava affatto con il resto della narrazione, ma anzi, ci ha fornito dettagli in più sulla protagonista di questo capitolo. Anche il dettaglio della mobilia è stato veramente particolare! Mi chiedo quanto di tutto questo sia frutto della creatrice del personaggio – e se è così, complimenti, davvero – e quanto invece sia opera tua! C’è una cura per i dettagli incredibile, davvero, e dicono davvero tantissimo sulla nostra cara Joyce! E poi, in maniera assolutamente scorrevole, si arriva all’introduzione di un personaggio secondario che ho onestamente adorato, ovvero quello della cugina, Eva - ammetto di aver riso nel leggere queste due parole accostate perché io stessa ho una cugina di nome Eva, ma vabbè, ignorami, sono tonta. Mi ha fatto morire dal ridere sin da subito perché mi ci sono identificata moltissimo: voglio dire, ogni ritardatario imbranato ha la mia più totale comprensione, davvero. Visto che io sono curiosa in maniera imbarazzante, sono andata a leggermi in maniera più o meno attenta le altre recensioni, e ho notato così che Eva doveva essere un personaggio di Way to
Heal: mi ha fatto piacere avere modo di “conoscerla” qui, davvero!
Ho adorato il rapporto tra lei e Joyce: era davvero così naturale, mi sembrava davvero di essere seduta al tavolo con loro, e osservarle battibeccare. Sono due personaggi fortemente contrasti l’uno con l’altro, totalmente opposti, e mi piace come, descrivendo un po’ gli atteggiamenti di Eva, tu sia riuscita a farci arrivare più informazioni sul personaggio di Joyce: la sua precisione, sicuramente molto lontana dalla “sbadataggine” – chiamiamola così – di Eva; la sua probabilmente fortissima concentrazione nello studio, caratteristica che evidentemente manca alla cugina (visto che a quanto pare fa musica quando dovrebbe studiare e lavorare: male male, Eva, ma effettivamente non posso che comprenderla, anche io sono una “creativa distratta”). E, inoltre, Joyce è sicuro una persona abituata a succedere in quello che fa, a non sbagliare e a non fallire, e questo viene evidenziato dal fatto che Eva sembri l’unica tra le due ad aver subito una seria batosta ad un qualche esame, mentre Joyce no. Posso dedurre dunque che sia in grado di ottenere ciò che vuole, senza mai darsi la possibilità di commettere errori.
Mi è piaciuto come tu abbia descritto la quotidianità dei maghi adulti: il fatto che non abbiano fretta di andare in giro perché “ehi, tanto abbiamo la Metropolvere!”, l’uso della magia per piccole azioni come raccogliere i vestiti…Mi hanno ricordato un po’ la “caotica tranquillità” degli Weasley nei libri di Harry Potter, anche se lì la vedevamo con gli occhi di Harry, un ragazzo “nuovo” rispetto al mondo magico: qui invece osserviamo queste azioni attraverso Joyce, che invece conosce perfettamente la magia e per lei è la completa normalità. Molto bello, davvero. Un’altra differenza è sicuramente il nervosismo di Eva, contrapposto all’emozione di Joyce, la sua eccitazione. Ad Eva tremano le mani, le sue dita si serrano a tal punto da sbiancare; gli occhi di Joyce brillano, freme da quest’eccitazione.
“Strinse forte la Metropolvere, così forte che le nocche le diventarono bianche, poi la buttò ai suoi piedi e nella coltre di fumo verde che la investì, si proiettò nel suo futuro.”
Ho onestamente amato questa frase finale. Non so nemmeno io perché esattamente, ma mi ha dato delle bellissime sensazioni, quelle che almeno una volta tutti abbiamo provato e sentito, mentre eravamo sul punto di voltare pagina e tuffarci in un nuovo capitolo della nostra vita. Bellissima, davvero.
Joyce è un personaggio molto interessante, e ho adorato come, nonostante il capitolo sia narrato dal suo punto di vista, non tutti i lati del suo carattere ci vengano svelati sin da subito: bisogna scoprirla piano piano, analizzarla, cogliere i particolari ed i dettagli, e questa “costruzione” del personaggio mi fa davvero impazzire. Joyce è intelligente, apparentemente sicura di sé, del suo corpo e delle sue abilità come maga, e sembra tenerci davvero molto a questo suo nuovo lavoro, alla vita che sta per iniziare. È stata veramente un’ottima scelta far narrare il capitolo ad una persona come lei, che sembra così analitica e precisa, pronta a catturare con lo sguardo ed esaminare ogni singolo dettaglio, ogni minima cosa che la circonda. Un personaggio perfetto con cui iniziare una storia mystery! Non so in realtà se Joyce potrebbe piacermi nella vita reale: ha una serie di caratteristiche che non la rendono esattamente il mio tipo di persona preferita, se devo essere onesta, ma è stato interessante anche per questo leggere il capitolo dal suo punto di vista. Ho idea che in futuro imparerò a volerle davvero bene.
Direi di passare all’incontro con Zavannah! E beh, che dire, la amo. Certo, ancora non la conosciamo bene, ma mi sta troppo simpatica, a primo impatto mi ha fatto davvero una bellissima impressione. È così vivace, allegra, veramente solare e piena di vita: sono davvero rare le persone così, e mi ha fatto davvero piacere sapere della presenza di un personaggio del genere in quest’interattiva: abbiamo tutti bisogno di un “raggio di sole” che scaldi un minimo la nostra esistenza. Se Joyce è pacata, elegante, una donna fascinosa e di classe come ci tiene a sottolineare anche lei, Zavannah è un vero e proprio uragano: è stata letteralmente travolgente, non solo per me, ma anche verso la stessa Joyce, che si è trovata ad avere a che fare con una persona totalmente diversa da lei. Ho adorato come Joyce abbia pensato all’aggettivo libera per descriverla: effettivamente è una sensazione di piena libertà quella che trasuda Zavannah, con quel suo tatuaggio draghesco e i pochi vestiti, che lasciano scoperto il suo corpo. Non sembra temere il giudizio di nessuno, e deve sicuramente essere, come ha detto Joyce, o estremamente felice o molto triste per avere un comportamento così pieno di vita. Vorrei tanto pensare che sia per la prima cosa, davvero, questa bimba si merita di essere felici, ma ehi, nelle fanfiction ci vuole l’angst, oh. Mica stiamo giocando con le bambole, eh. Non ci possono essere dei personaggi con un passato totalmente felice, su, è praticamente una regola non scritta di chi scrive storie. Ed è per questo che ho come il sentore che in realtà Zavannah non sia allegra e vivace come vuole lasciar credere, ma che abbia un vissuto triste alle spalle, qualcosa per cui ora sente il bisogno di rialzarsi e mostrarsi sempre energica e vivace: spesso le persone più sorridenti ed allegre sono anche le più danneggiate. Oggi mi è presa la vena filosofica, che vuoi farci, mi sento molto poetica. Mi chiedo se non sia figlia di un mago o una strega che abbiano a che fare con i draghi o le bestie fantastiche, visto il tatuaggio magico che ha. Certo, questa è solamente una mia supposizione, però chissà, potrebbe essere interessante! Non so bene cos’altro dire su Zavannah, a dirla tutta, non avendo poi tutti questi indizi su di lei, ma sicuramente ho adorato i momenti che lei e Joyce hanno condiviso: potrebbero essere davvero una bella accoppiata, un’amicizia tra ragazze veramente interessante e particolare, e mi piacerebbe moltissimo vederle di più insieme (ho un debole per le amicizie composte da opposti, mi dispiace, ma le trovo assolutamente toccanti e meravigliose), chissà che Joyce non impari ad essere un po’ più “solare” mentre sta con lei!
Mi intriga moltissimo anche il personaggio di Rhea, a dirla tutta. È apparsa veramente pochissimo, giusto un paio di righe, vista attraverso gli occhi curiosi ed indagatori di Joyce: Rhea Selwyn sembra essere una vera e propria donna del mistero, senza alcun dubbio. Sembrava essere molto conosciuta ad Hogwarts, e, a quanto pare, la circondano non pochi misteri, delle “voci”, da quello che ci dice Joyce – grazie tesoro per informare me e tutti gli altri lettori sui tuoi colleghi, ci sei molto utile –, e mi chiedo se la sua famiglia non sia stata simpatizzante per Mr. Senza Naso, conosciuto anche come Voldemort, se vogliamo essere professionali. Ma chissà, non è che possa dire molto altro, se non che, appunto, sembra essere una decisamente popolare e conosciuta: mi chiedo quanto il suo nome e i suoi segreti influenzeranno il suo lavoro tra gli Auror e, soprattutto, il suo rapporto con le altre “reclute”. Sono veramente curiosa riguardo questo personaggio, spero di conoscerla meglio nei prossimi capitoli.
E alla fine eccolo, ECCOLO. Non puoi capire che salto ho fatto quando hai introdotto il mio Orpheus. Non puoi capire, davvero. Stavo morendo, mi stavo sganasciando dalle risate. Quando hai iniziato a descrivere il chiacchiericcio non ho potuto pensare altro che “Oh, eccolo. Eccolo, è lui, è il mio bambino” (sì, mi rivolgerò sempre ai miei oc come ai miei “bambini”, perdonami). Ed è stato magico da leggere, davvero, hai colto l’essenza del mio personaggio in maniera sublime. Tutto quanto, la descrizione, le sue interazioni con gli altri personaggi…Il fatto che sia intervenuto in maniera così veemente per puntualizzare il fatto che “ehi, anche il mio nome è Atlas!” è così dannatamente da lui. Inizialmente mi era un po’ dispiaciuto che fosse stato cambiato di “posto”, di squadra, ma alla fine credo che sia meglio così. Voglio dire, certo, sarebbe stato bellissimo vederlo interagire ancora con Hamilcar, ma dubito davvero che sarebbe sopravvissuto per più di qualche minuto con lui. Il loro dialogo, per quanto breve, mi ha fatta davvero morire dal ridere, la reazione che un tipo chiassoso come Orpheus ha scatenato in un uomo burbero e scontroso come Hamilcar è stata assolutamente comprensibile e alquanto ilare, confesso di averla riletta più di una volta per quanto mi ha divertita. E ho sinceramente adorato che una precisa e così amante della perfezione come Joyce abbia iniziato a prenderlo in antipatia sin da subito. So che normalmente chiunque vorrebbe che il proprio personaggio venga amato da tutti, ma io sono felicissima che abbia suscitato queste reazioni, è assolutamente realistica come cosa. Questi due mi sembrano davvero due opposti, agli antipodi, e non vedo l’ora di sapere se quest’antipatia perdurerà nel futuro o se magari diventeranno amici. È ancora presto per dirlo, ma chissà. Sono davvero felicissima di come tu lo abbia reso in questo capitolo, anche se è apparso poco, e sono sempre più convinta che iscrivermi a quest’interattiva e affidarti il mio Orpheus sia stata veramente un’ottima decisione. Devo ammettere che sono sia molto curiosa che molto spaventata all’idea di quello che potresti fare di lui nei futuri capitoli, ma chissà! Si vedrà in futuro, ai prossimi capitoli. Ripeto, sono stracontenta per come lo stai scrivendo, ho riletto il suo pezzetto almeno un centinaio di volte, è stato bellissimo.
Ho letteralmente adorato l’introduzione degli Auror, e Hamilcar Wodnes si è riconfermato come un personaggio fantastico, veramente interessante e che non vedo l’ora di conoscere meglio. È estremamente burbero, direi anche decisamente antipatico, soprattutto dal punto di vista di Joyce e degli altri ragazzi, dei novellini del mondo Auror. Una persona sicuramente detestabile – so perfettamente che io lo odierei se me lo trovassi davanti – eppure da leggere è troppo interessante. E da quello che hai raccontato su di lui nel precedente capitolo si capisce benissimo che riserverà non poche sorprese. Mi intriga davvero moltissimo: è un personaggio che odi ed ami al tempo stesso, dispiace molto vederlo bistrattare i ragazzi, e sembra totalmente incapace di relazionarsi con loro, eppure sono sicura che, in fondo, sia in grado di insegnare loro come essere dei bravi Auror. Non credo che altrimenti lo avrebbero messo come loro guida, e, inoltre, i suoi colleghi sembrano stimarlo moltissimo – cosa che ho davvero apprezzato. Il suo aspetto fisico sembra davvero una contraddizione in confronto alla sua fama e al suo talento come Auror, e sicuro è interessante come sia in contrasto ai suoi giovani discepoli, tutti tirati a lucido e ben vestiti per il loro primo giorno di lavoro. È intelligente, sembra avere davvero un ottimo intuito, e nel corso del capitolo abbiamo modo di conoscere meglio come lavora: un detective provetto, senza alcun dubbio, eppure con un lato oscuro che si è manifestato da Magie Sinister. Non intendo oscuro in senso negativo, a dirla tutta, è più per indicare un lato a noi ancora ignoto: Wodnes sembra avere molta rabbia dentro, repressa e trasformata in una costante acidità.
Wodnes lo appese al muro in uno slancio così rapido che Joyce non ebbe modo di fermarlo né di capire cosa stesse accadendo. «Quei buchi erano i miei compagni, viscido corvo di Fachen. Dovrei strapparti pelle e tendini e buttarti in un calderone con tutti i tuoi veleni solo per questo affronto!»
La Guerra ha lasciato segni su tutti all’interno del Mondo Magico, ed Hamilcar Wodnes sembra portare dentro di sé un grande dolore, e, probabilmente, alcuni seri traumi. Non mi stupirebbe sapere che questo atteggiamento è solo una maschera, una corazza che si è costruito addosso solamente per coprire, celare le ferite che la Guerra gli ha lasciato sulla pelle. Questo “scambio” poco amichevole tra lui e Sinister mi è piaciuto moltissimo: Wodnes si dimostra come una persona che tiene moltissimo alle vite dei propri compagni, fino quasi a picchiare chi, come Sinister, insulti le loro morti. Sicuro Wodnes ha un codice d’onore molto severo, per quanto, probabilmente, non possa sembrare agli occhi sei suoi giovani “apprendisti”, e sono sicura che questa sua lealtà si rifletterà in futuro, nel corso degli avvenimenti della storia. Ci riserverà moltissimi momenti toccanti, ne sono più che sicura e sto già iniziando a preparare le scorte di fazzoletti.
Beh, dai, caratterialmente potrebbe essere quasi il Piton della situazione. Quasi.
E parlando sempre di Hamilcar Wodnes, ho adorato il piccolissimo spazio che hai dedicato a lui e ad Atlas Wellnot, l’uomo con il “nome uguale al secondo nome di Orpheus e suo futuro mentore”. Il piccolo momento che lui e Hamilcar hanno condiviso, con Atlas che semplicemente gli posa una mano sulla spalla, la comunicazione fatta di sguardi…È stato stupendo. Ho idea che questi due abbiano un bellissimo rapporto di amicizia, e lo dico principalmente per il fatto che mi sembrano diametralmente opposti: Atlas viene descritto come “gentile”, e questo aggettivo è sicuramente la maggior differenza tra lui ed Hamilcar. Sfortunatamente non si hanno ancora molte informazioni su di lui e sugli altri Auror, ma non vedo l’ora di vedere tutti loro in azione e i loro diversi modi di relazionarsi con i novelli Auror.
Torniamo ai ragazzi, ai nostri cari Auror, e andiamo a parlare di Bernie. Joyce sembra essere interessata alla sua figura, e devo dire che anche io ne sono piuttosto intrigata. Non ci viene detto granché, ma l’interesse che prova Joyce sicuramente ha colpito anche me, quindi per riflesso ora sono incuriosita anche io, molto bene. Soprattutto il “discorso mentale” che Joyce fa nella propria testa riguardo la propria bellezza, il suo je ne sais quoi, per citare il capitolo, mi fa pensare che Joyce ci tenga a rimanere impressa nella mente delle persone, in particolare di questo ragazzo, un suo ex compagno dell’Accademia con il quale non ha scambiato che poche parole. Interessante, davvero, mi chiedo fino a che punto si spingerà il loro rapporto, come inizieranno a conoscersi meglio: sicuro il fatto che entrambi stiano con Hamilcar Wodnes potrebbe aiutarli a stringere un qualche tipo di legame. Diciamo che la piccola apparizione di questo Bernie è stata utile per scoprire altri lati del carattere di Joyce, ma non voglio soffermarmi troppo a parlare di lei, visto che l’ho fatto abbondantemente all’inizio.
Non aveva mai parlato con quella ragazza a Hogwarts, nemmeno una volta, ma ricordava la sua intraprendenza e il modo feroce con cui si faceva spazio tra gli altri per emergere. L’aveva sempre guardata come si guarda una bambina che si innalza tra i compagni di gioco. Non l’aveva mai temuta perché era più piccola, due anni indietro a lei, e non c’era la possibilità che potessero affrontarsi faccia a faccia, mente a mente. Ora quella possibilità era divenuta realtà, e Joyce pensò con una certa sorpresa che ricordava le qualità per cui a suo tempo l’aveva ammirata, ma non ricordava il suo nome. Purosangue sì, ma di quale famiglia?
Ed eccola qui, la Purosangue misteriosa che credo però essere Cecily Rosier: due anni più piccola di Joyce, Corvonero, appartenente ad una famiglia purosangue…sono sicura che sia lei. Una ragazza ambiziosa, almeno da quanto ricaviamo dai pensieri di Joyce, una potenziale rivale, sembra quasi che la veda così. Ammetto che era uno dei personaggi che più mi aveva intrigato nella selezione, e adesso mi incuriosisce ancora di più, se devo essere sincera! Il fatto che Joyce sembri quasi temerla, il modo in cui la descrive, usando parole come “feroce”, “tenacia”, mostrandola come una persona che “si innalza” mi fa pensare che sia senza ombra di dubbio una maga molto talentuosa, abile nella magia e anche molto potente, una ragazza che ha sempre lavorato duramente per guadagnarsi i propri meriti. Sicuramente darà del filo da torcere a tutti, visto il modo in cui Joyce, oltre che temerla, sembri anche ammirarla. E insomma, da quello che è venuto fuori da questo capitolo non mi azzarderei a parlare di Joyce come una insicura nei confronti delle sue capacità o ingiusta nei confronti del talento e dell’abilità altrui. Non vedo davvero l’ora che lei e Cecily – alias la ragazza rimasta per ora senza nome – si confrontino: sono abbastanza certa che potrebbero diventare o grandissime amiche o temibili nemiche (anche se spero davvero per la prima opzione: il mondo ha bisogno di più amicizie tra donne e meno rivalità). Cecily credo abbia un gemello, e io ho decisamente un debole per i gemelli, quindi non vedo l’ora di vedere come si relazioneranno tra di loro, le loro differenze, le loro somiglianze…sono un po’ psicopatica, mi dispiace, ma le relazioni tra fratelli nelle storie sono la mia linfa vitale.
Direi che, finalmente posso iniziare a parlare del capitolo. Eh, pensavi che avessi finito, eh? E invece no, mi dispiace, la strada è ancora lunga. Dunque, direi di iniziare. Suddividerò il capitolo in paragrafi, così da rendere più facile la scrittura a me e la lettura a te – mi dispiace davvero, ma ora capisci perché ci metto così tanto a scrivere le recensioni? Sono logorroica!
• Allora, come già detto, ho amato alla follia tutta la sequenza descrittiva che funge da introduzione a Joyce. Ho trovato veramente bellissimo come tu sia partita da dei dettagli come l’abbigliamento – solitamente trascurato nelle descrizioni degli oc – per poi passare a parlare della casa, perfino descrivendo oggetti di uso domestico, come la teiera ed il tagliere. Ho anche amato moltissimo le menzioni ai membri della famiglia di Joyce e la descrizione del tavolino è stata meravigliosa, così tanti dettagli per un oggetto apparentemente insignificante ma così carico di storia, memorie e ricordi. Ho veramente adorato ogni singolo passaggio, perché le sono stra convinta che le descrizioni possano dirci moltissimo dei personaggi, se scritte in maniera accurata e dettagliata. E ti faccio i miei complimenti perché le tue descrizioni non sono affatto noiose, anzi! Le trovo veramente splendide, scorrevoli, si leggono con facilità e non ti fanno venir voglia di saltarle, come spesso succede – c’è un motivo se quasi tutte le persone che conosco odiano le sequenze descrittive – quindi bravissima, davvero. Ma il tuo stile per me è una droga, ogni volta che rileggo questi capitoli (e fidati, li ho riletti veramente troppe volte) riesco a scorgere dei nuovi dettagli, piccolezze di cui non mi ero accorta prima…Stupendo, davvero, vado matta per questo genere di stile. Ma ok, così sembro una lecchina, molto bene. Mi piace come questo paragrafo si basi moltissimo sugli oggetti sul significato che hanno per Joyce e che, in qualche modo, aiutano a delineare il suo personaggio, oltre che ad arricchire tutta la scena descritta. Il dialogo tra le due cugine mi è piaciuto tantissimo, come ho già detto prima, e ho adorato tantissimo i loro differenti caratteri e modi di comportarsi, che ben si contrappongono durante questo dialogo. Joyce sembra quasi una sorella più grande, una specie di mamma, che si occupa di rassicurare la cugina, che sembra essere alquanto un disastro (e credo anche che abbia sbagliato totalmente carriera, voglio dire, tesoro, se ami così tanto la musica fai quello, diventa una musicista! Non credo che farlo insieme al lavoro del Medimago sia una cosa fattibile…), e le ho trovate davvero molto tenere, un bellissimo spaccato di vita quotidiana dei maghi. Poi anche gli accenni alla compagnia di Niflùngar, l’asilo nido delle streghe e dei maghi – che sembra interessantissimo, vorrei davvero saperne di più! Mi è piaciuto questo piccolo “flashback”, questa memoria vagante della nostra protagonista. La sequenza sull’orologio poi è stata bellissima, è stata una delle mie preferite. La sua famiglia aveva incantato l’orologio perché segnasse non l’ora esatta, ma l’ora opportuna. Che idea stupenda. Ti giuro, mi è piaciuta troppo questa trovata, mi ha dato davvero quei “vibes” che mi ha dato il primo libro di Harry Potter la prima volta che l’ho letto, quel senso di meraviglia quasi infantile. E poi il “saluto” tra le due cugine, Joyce che cerca di rassicurare la cugina ma anche sé stessa, l’ultima occhiata che si è data allo specchio prima di saltare nel camino. Perfetto, davvero, questo paragrafo è stato davvero piacevolissimo da leggere.
• E finalmente giungiamo al Ministero della Magia, alla sede degli Auror. Il modo in cui hai parlato dei ricordi, del volerli tenere sempre con sé, come delle foto da rimirare, mi ha sinceramente stretto il cuore: la memoria, il ricordo, sono temi che mi stanno particolarmente a cuore, e ogni volta che se ne parla mi sento presa personalmente in causa. La riflessione che vi fa sopra Joyce mi ha fatto onestamente impazzire, davvero: nessuna sfera di cristallo potrà mai riprodurre fedelmente quello che sta provando Joyce in quel preciso momento. Wow, oggi sono filosofica. E sto divagando. Non dovrei divagare, altrimenti non finirò mai questa recensione. Il sogno di tutta una vita che si realizza, è questo il momento che sta attraversando Joyce, e tutta la sua emozione è assolutamente palpabile nell’aria. Ho adorato come diventi improvvisamente così sicura di sé, pronta ad affrontare questa sua “nuova avventura. L’incontro con Zavannah è stato bellissimo, mi sono divertita tantissimo nel leggerlo, e spero davvero che sia una sorta di “prologo”, l’anticamera di una futura amicizia duratura – e ci spero davvero tanto. Adoro come Joyce si soffermi a pensare ad ogni minimo dettaglio, a scrutare ed analizzare tutti quelli che incontra, e che si faccia un miliardo di domande su una persona a lei ancora sconosciuta. Io mi comporto esattamente così, e non so se sia una cosa interessante e inquietante. Il momento in cui lei e Zavannah escono dall’ascensore è stato bellissimo: ho immaginato di trovarmi lì, tra di loro, ad ammirare il mondo degli Auror, tutti i sogni di Joyce che finalmente iniziano a prendere forma, ad essere corporei e veri. Il fatto che una come Joyce, che, come ci dice lei, tiene moltissimo alle parole e al loro valore, non riesca ad esprimersi se non con un semplice “wow”, è perfettamente realistico: come si può reagire se non così di fronte ai tuoi songi, all’ambizione di tutta una vita, che inizia a delinearsi in maniera concreta? Come già detto, amo le analisi fatte dal punto di vista dei personaggi e quelle di Joyce, essendo così analitica, “concentrata”, attenta a ciò che la circonda, danno davvero molte informazioni riguardo a quello che succede. Come i suoi pensieri su Rhea Selwyn o sugli altri Auror. Ora mi chiedo davvero se Atlas sia sposato o meno, mi sono incuriosita troppo, aiuto. Mi fisso sui dettagli inutili, che scema che sono. Tutta la scena dello “smistamento” è stata grandiosa, ho amato ogni momento – anche la presenza del mio bimbo, come avrai già capito, che mi ha scaldato il cuore. Mi dispiace che per colpa di Orpheus Joyce sia finita con Hamilcar, ma credo lo abbia salvato da un qualche tipo di morte orribile, ne sono sicura, quindi grazie mille Joyce. E povero Atlas che si è ritrovato con il mio bimbo, mi dispiace tantissimo. Sicuro Joyce non è tanto felice di essere finita con Hamilcar, ma ho idea che con loro due insieme ne vedremo delle belle, ho questo presentimento.
Solo per un momento le sue sopracciglia guizzarono in un saltello e disse loro che se avessero incontrato un uomo ferreo dalla barba viola, avrebbero fatto meglio a portargli grande rispetto perché una sua singola parola avrebbe potuto compromettere la loro intera carriera.
Insomma, Hamilcar è sicuro molto rassicurante e comprensivo nei confronti delle matricole, che dire, ma non vedo l’ora che questo incontro-scontro avvenga.
• L’ambientazione di Magie Sinister mi ha stretto il cuore, mi ha riportato davvero ai tempi della me stessa bambina che leggeva i libri di Harry Potter sotto il banco di scuola. Mi è piaciuto un sacco come tu abbia descritto il posto, e, soprattutto la tua scelta di ambientare questa parte della storia qui. Come ho già detto, ho adorato ancora di più Hamilcar in questo paragrafo, l’ho trovato realistico, duro, e hai fatto intravedere dei lati nascosti del suo carattere – ho un debole per l’eviscerazione psicologica dei personaggi, sto malissimo, scusami. Sinceramente questo paragrafo è stato il mio preferito, probabilmente perché si inizia ad entrare nel vivo del mistero, e ho già iniziato a farmi certi schemi mentali che Sherlock Holmes – Benedict Cumberbatch – levati, non sei nessuno. Il fatto che Joyce abbia studiato linguaggio sin da piccola e come conosca certi dettagli, certi significati nascosti anche in espressioni molto semplici è davvero interessante, ed infatti si vede come le sia tornato utile nell’ascoltare le parole di Sinister, come abbia sviscerato le sue poche frasi. La descrizione del negozio che si rimette in “sesto” è stata fantastica, ho adorato come tu abbia descritto – perdona la ripetizione – lo squallore e la miseria di Magie Sinister, niente affatto giustificata – come già dice Joyce. Sicuramente non un bel posto, e Joyce se ne rende pienamente conto. Era assolutamente ovvio che i ladri non avessero rubato solo una semplice collana, e l’utilizzo dell’ Archivio l’ho trovato estremamente interessante, soprattutto perché, altrimenti, Sinister avrebbe potuto tranquillamente tralasciare il fatto che gli fosse stato rubato anche un pugnale prezioso. Gli insulti contro i babbani (“babbanisti”, per citare il meraviglioso Trono del Muori) e la riflessione di Joyce mi ha fatto pensare molto: è vero, tutti loro sono tutti Purosangue, e dunque nessuno in quella stanza si è minimamente sentito toccare da quelle parole volgari. Tuttavia, è anche vero che nemmeno Joyce è intervenuta, si è scandalizzata solo per la volgarità delle parole, non per i toni “razzisti” di quegli insulti. E nemmeno Wodnes, che fa parte delle autorità, che probabilmente ha combattuto contro i Mangiamorte, si è sentito in dovere di intervenire. Fa pensare, fa decisamente pensare: in un ambiente così è normale che nuovi Mangiamorte, nuovi maghi con una mentalità decisamente chiusa, prolifichino. Joyce si è anche preoccupata per il fatto che loro, degli Auror, stiamo aiutando Sinister a ritrovare un’arma, e questo fa uscire nuovamente allo scoperto la sua ferrea morale, morale che, credo, non sia ancora particolarmente toccata dal “razzismo magico”, alla sua mancanza di “volontà d’intervenire” – non ha senso quello che ho detto, mi dispiace ma non ci sto più capendo niente.
Come già detto, ho adorato tutto lo “scontro” tra Wodnes e Sinister, e questo piccolo scorcio sulla personalità di Hamilcar e chissà, forse anche sul suo passato? Tutte le dinamiche sono state perfettamente realistiche, e il fatto che Sinister non sia stato arrestato nonostante le implicazioni con Voldemort fa capire molto sulla corruzione del Ministero e del Mondo Magico in generale. Veramente interessante. Inoltre, io penso di amarti per aver inserito dei riferimenti alla cultura mitologica irlandese e scozzese come il Fachen. Ti amo, davvero.
E, finalmente, posso dire conclusa questa recensione. Mi dispiace averci messo tanto, ma la scuola ultimamente non mi ha dato tregua e in generale questa quarantena mi sta levando totalmente la voglia di fare più o meno qualsiasi cosa. Ho apprezzato davvero moltissimo questo capitolo, e non vedo l’ora di leggere il prossimo – e soprattutto scoprire il nuovo narratore. Adesso andrò finalmente a scrivere la recensione per Way to Heal, anche se non sono sicura quando riuscirò a finirla: ho avuto da poco un grosso problema in famiglia, e attualmente non sono proprio dell’umore di scrivere, ma non ti preoccupare, sappi che arriverà comunque!
A presto,
Helen |