Cara Bacinaru!
Ho visto che hai aggiornato un’altra raccolta, ma lì per ovvie ragioni passerò quando sarò in una versione più libera, diciamo, quindi eccomi qui **. Hai saputo condensare il lato più oscuro dell’essere un agente segreto tramite la narrazione di una scena che coglie il lettore di sorpresa, precipitandolo in un momento drammatico: Napoleon e Ilya tenuti prigionieri e smaniosi di liberarsi, l’orologio paterno del russo distrutto per l’ennesima volta, le dita dell’americano gravemente compromesse e il lavoro di squadra, sempre necessario e indispensabile, per cui non occorre nemmeno concertare una strategia prima, perché si improvvisa (e oh, se questi ragazzi sanno improvvisare!). E sono cose che succedono spesso, lo dici: c’è di peggio, entrambi hanno vissuto situazioni spaventose e il loro lavoro non è solo andare in un albergo di lusso del centro di Roma o assistere alle corse, no. Nel finale, Napoleon si dimostra per l’ennesima volta il traffichino che è risistemando l’orologio grazie a chissà che conoscenza e Ilya riesce a comprendere la potenza del gesto fatto, ma l’educazione siberiana e il suo carattere così controllato ed esplosivo a un tempo gli impediscono di esprimersi.
Ci sono persone così, che hanno difficoltà ad esprimere i loro sentimenti e che magari arrivano a dire un cortese e stentato grazie, ma provano molto, molto di più e il bell’Ilya è uno di questi. Però ci sono altri modi per dimostrare affetto a qualcuno. Esserci, essere fedeli, baciarlo dopo avergli detto grazie, salvargli la vita e dal mio punto di vista anche ricordare ha un valore – il passato e quello che si è fatto l’uno per l’altro, come quando entrambi gli agenti evitano di eliminare il compagno perché va contro il loro volere, perché si stimano, perché hanno lottato insieme e vogliono farlo ancora. Prima di lasciarti, volevo sottolineare un’altra cosa che mi è piaciuta moltissimo: l’analiticità con cui Napoleon valuta la situazione: è degna di una spia! Un abbraccio e a presto,
Shilyss :) |