Ciao, darling!
Tornare da te è sempre un piacere e, soprattutto, lo è stato leggere questa storia. Mi sono buttata qui seguendo le tue indicazioni e, soprattutto, attratta dal titolo molto evocativo e che è ripreso all'inizio della storia con maestria e intensità, andandola poi infine a chiudere e acquistando quindi lì un significato diverso da quello che le viene dato all'inizio, più profondo e completo, grazie al fatto che il lettore ha acquisito conoscenze su Nathaniel e le sue esperienze.
Mi è molto piaciuta la tematica che hai deciso di trattare, di cui sono sempre curiosa di leggere, ma soprattutto mi è piaciuto il modo in cui lo hai fatto: mai esplicita, mai diretta, mai dritta al punto. Questa storia è un gioco di non detti, di taciuti, di tra le righe, ed è proprio questo a renderla così intensa e capace di catturare il lettore dalla prima all'ultima riga, trascinandolo nel fiume di coscienza che sono i pensieri di questo personaggio così tormentato eppure, al tempo stesso, tanto poetico e dannato.
Quello del lettore è un viaggio alla scoperta di Nathaniel e, al contempo, un viaggio con lui. Con lui e con questa donna senza nome, che lui ama e che sembra essere il suo unico appiglio alla realtà. Si vengono, quindi, a creare un dualismo e una dicotomia davvero ben resi e che si sposano perfettamente: Nathaniel oscilla tra il sogno e la realtà, tra il concreto e i vagheggiamenti della sua mente. Condivide il suo modo di raggiungere una dimensione onirica con la donna che ama e che tenta sempre di trascinarlo alla realtà, fuori dai suoi sogni, fuori da quel mondo che è una sorta di prigione, pensieri che lo avviluppano, la sua stessa propria coscienza che lo tiene in ostaggio. Nathaniel vive di sogno, vive di quella realtà che realtà non è e oscilla tra il mondo esterno e quello interiore, in un vortice che porta sempre di più a sfumare i confini.
Quest'uomo che vive di arte guarda la realtà scorrergli davanti agli occhi e non riesce a percepirla: le mani della donna che ama lo toccano, ma lui quel tocco non riesce a percepirlo. Lui è altrove, e quell'altrove lo risucchia come un vortice, sempre di più, sempre con maggior ferocia, finché di lui non rimane nulla. "Così, sono divenuto un uomo di polvere che nella vita è riuscito a disfarsi soltanto di sé": questa frase, più di ogni altra, mi ha particolarmente colpita e racchiude tutta la sostanza del viaggio di questo uomo, le conseguenze delle strade che ha preso, di tutte le volte che si è abbandonato al sogno, lasciandosi trascinare via. È un uomo che si è distrutto da solo, con le proprie mani, che non ha fatto altro che briciole di se stesso. Si è smarrito nel suo personale maelstrom, dove crede di essere sereno, pur essendo consapevole che non sia altro che un'illusione. Ed è forse questa la cosa più distruttiva e struggente: lui sa, è consapevole che la sua dimensione onirica non sia altro che, appunto, un sogno, eppure decide di cedervi, lo sceglie scientemente perché lì può trovare ciò che altrove gli è precluso, che non può raggiungere.
Un uomo d'arte, un uomo il cui spirito è votato all'astratto, alle sfumature, e che quindi forse nella realtà non riesce a trovare la propria dimensione e quindi vi fugge, per accomodarsi in un luogo più familiare. Una storia intensissima, ma anche molto triste, intrisa di melanconia e dannazione. In poche parole sei riuscita a rendere benissimo una situazione e uno stato d'animo tutt'altro che semplici, incantandomi come sempre con il tuo stile meraviglioso e il carattere fortemente introspettivo del tuo componimento. Hai creato davvero una meravigliosa perla, e sappi che mi hai anche reso estremante curiosa nei confronti di Nathaniel e della sua storia, e sapere che scriverai ancora di lui non può che farmi gongolare.
Cara, non posso che farti tantissimi complimenti, perché leggere le tue storie è sempre un'emozione.
Un abbraccio, a presto ♥ |