Ciao!
Finalmente riesco a passare da te, anche se ancora non so cosa scriverò in questo commento, nonostante io abbia riletto la storia tre volte (sono una lumaca: se mi muovessi più lentamente, andrei all'indietro).
Questa è la prima volta che leggo di questa coppia, e come ti ho già detto, credo, mi incuriosisce parecchio. Come avrai forse notato, poi, è finita da un pezzo tra le mie preferite, sin dalla prima lettura. Questo perché mi hai assolutamente fatto innamorare dei meccanismi di questo loro amore.
Visto però che i miei pensieri sono ancora confusi, troppo ancora presi dalle emozioni a mille che la storia mi ha suscitato, cerco di procedere con ordine, giusto per dare almeno la parvenza di sapere cosa sto dicendo.
Parto dicendoti che il titolo è bellissimo, semplice, pieno di quella leggerezza e quella determinazione di sentimenti di cui Tonks ha dato prova più volte, ci giochi per tutto il tempo della storia, e pian piano si arricchisce di diverse sfumature. All'inizio ha il sapore di un amore a distanza, della dolcezza e della forza del primo amore tra ragazzi, poi si arricchisce di maturità, di una distanza più profonda, più radicata e di un amore che non trova mai il suo tempo e che diventa più un ritrovarsi, si ammanta di una consapevolezza e di una tristezza, si riempie di attesa, di pazienza, ma anche delle certezze di chi comunque accetta l'altro così com'è, senza mai "possederlo" davvero, è solitudine e libertà insieme, è frustrazione e serenità allo stesso tempo; è la certezza di Charlie di non andare mai alla deriva, perché è ancora al qui di Tonks, mentre per Tonks è la certezza di non essere sola dopotutto e che prima o poi verrà trovata. Alla fine è quella virgola che sta nel titolo a pesare di più, perché il qui e il là si spezzano, non viaggiano più sullo stesso spazio, uno dei due crolla più in basso e camminando dritti non ci si incontra più, nel finale quel qui diventa un abisso e il là una prigione.
Ti devo fare i miei complimenti, poi, per la cura del testo.
Ho letto questa storia lentamente, in maniera quasi maniacale, perché volevo proprio sentire e rigirarmi ogni frase nel cervello, sentirla appieno. Questo perché ho trovato il tuo stile molto denso, profondo, pieno di immagini e sensazioni, soprattutto sensazioni, bellissime, uniche, piene di sottintesi anche, che caratterizzano in maniera prepotente i due personaggi. E mi sono piaciute tutte, dalla prima all'ultima.
Ho adorato il modo in cui caratterizzi innanzitutto il personaggio come singolo: Charlie viene subito identificato per la sua passione per il volo, per l'aria aperta, per l'adrenalina e l'avventura, per l'amore per la famiglia, attraverso sensazioni genuine e un po' egoistiche, lasciamelo dire (a Charlie piace sentirsi dire dai gemelli che la casa senza di lui è vuota). E i draghi, ovviamente. Mi ha colpito moltissimo questa frase, perché l'ho trovata, estrapolata dal contesto o se vogliamo proprio per la sua natura più intrinseca e metaforica, densa di un messaggio sussurrato (ti avverto: io mi faccio certi voli quando leggo le cose, non spaventarti se adesso dico una castroneria):
si sente vivo quando nella Foresta Proibita percepisce per un secondo il rumore di un ramo rotto a metà e pensa finalmente di poter vedere un drago -> Charlie decide per la vita di inseguire i draghi, dando la priorità a questo suo sogno piuttosto che all'amore per Ninfadora. Ecco, quando lui "pensa di vedere un drago" a me sembra che tu esalti proprio questa sua illusione, l'illusione di star facendo la scelta giusta. Charlie è un sognatore, e vive in un'altra realtà, in effetti, vive nell'idea di poter scovare qualcosa di più meraviglioso con la convinzione di non perdere mai ciò che di meraviglioso già possiede. Charlie vuole fare qualcosa d'importante, vuole qualcosa che forse non esiste, ecco, e quando la trova, nel finale, scopre che è vuota, che non è ciò che veramente lo rende vivo. E questo collegamento tra questa frase "chiave" e il finale mi ha colpito davvero tantissimo, perché sembra preannunciare, profetizzare il destino di questo personaggio. Il "ramo rotto" diventa metafora di quel legame tra "qui" e "là" che si viene a spezzare, e lui che credeva che quel suono fosse prodotto da un drago... Quest'immagine, in questa accezione, l'ho trovata struggente e dolorosissima, fa tanto male, cavolo.
Di Ninfadora esalti invece la sua generosità, il suo ottimismo, che in realtà è bisogno di non vedere gli altri tristi (ed ecco che qui c'è un altro richiamo al fatto che lei si "sacrifica" lasciando che Charlie insegua la sua chimera... ehm, drago, volevo dire drago). Esalti la sua curiosità, la sua voglia di spensieratezza, ma anche la forza di donna libera, di donna che riesce a infondere in ciò in cui crede fiducia, determinazione, tenacia. Di Dora, però, esalti anche le fragilità (lo fai anche di Charlie, ma quelle di lui sono più sottili e si rivelano solo nel finale quando si accorge quanto bisogno e quanto contava su Dora): perché di Dora emerge anche il bisogno di sentirsi amata, accettata per com'è, anche. Dora è un tipo di persona che sdrammatizza e autoironizza sui propri difetti travestendo le sue paure per leggerezze. E poi anche del pezzo che hai dedicato a lei c'è una frase sopra tutte che mi ha colpito tantissimo, e sulla quale io ho ricamato:
non è mai in grado di dirgli che quella volta non l’ha trovata, perché lui la trova sempre. -> Se di Charlie il "difetto" che io ho intravisto fosse il dare per scontato le cose, forse, per Ninfadora credo che sia l'incapacità di mostrare apertamente la sua frustrazione. Perché in questa frase io ho letto quasi un desiderio inconscio e nascosto di Ninfadora di trovare una scusa per poter accusare Charlie di non averla trovata, riconosciuta, averle dato la giusta importanza. Se Charlie, per una volta, non avesse scoperto il suo trucco di travestimento, forse Dora avrebbe potuto confessargli la tristezza nel lasciarlo andare, la solitudine e la dolorosa speranza procurati dall'attesa. Invece Charlie la trova sempre, torna sempre, e le dà sempre una scusa per attenderlo, perché dopotutto quando torna lei si sente importante, e quindi raccoglie quegli istanti rubati alla distanza, li conserva, mentre per il resto del tempo sembra vivere dei fantasmi che si lasciano dietro, è solo una questione di attese. E Ninfadora attende, finché è il tempo a scadere.
Mi è piaciuto anche il finale, mi è piaciuto perché finisce in sordina, quasi bruscamente, con toni bassi, mesti, come uno scuotere di testa da parte del narratore. Mi è piaciuto soprattutto perché dai a capire che per tutto il tempo questi due personaggi hanno pensato di avere davanti tutto il tempo del mondo, mentre è quando il tempo si ferma che Charlie si rende conto che non c'è modo di farlo ripartire. La concezione di tempo è relativa, e alla fine, anche se lento, quello a loro disposizione, è scorso tutto quanto. Mi è piaciuto anche perché fai capire che Charlie ha davvero inseguito un drago, un'illusione, e che anche lui, quando partiva, non faceva altro che attendere. Attendeva il momento in cui sarebbe tornato a casa.
Ho amato questo amore che non trova mai il suo tempo, che non sembra proprio destinato a concretizzarsi, e che quindi trova la sua personale dimensione nelle attese e nel riconoscersi. E' un amore sfuggente, doloroso, fatto di attimi che valgono una vita, e di vuoti immensi che non possono essere riempiti. E' un amore destinato a fare male, il cui eco dà la misura di quanto invece avrebbe meritato.
Ultime considerazione, che ho lasciato indietro lungo il mio delirio: ho adorato il fatto che tu abbia riportato verso la fine la prima parte, tra parentesi, quasi a rendere visivamente l'eco di quelle parole, una sovrapposizione di tempi e di sensazioni, che si capovolgono. Ho trovato molto ironico che fosse Charlie il primo ad affibbiare un paio di ali a Dora, visto che è lui quello con l'ossessione per i draghi: sono ali differenti, purtroppo. Comunque in quelle sue prime parole, ho sentito la paura di essere lasciato, anche se sicuramente in tutt'altro modo di come in effetti è stato lasciato. Ho amato l'immagine di Tonks che con poco riesce a sconvolgere la vita di Charlie, quasi fosse un monito, un suggerimento che gli stava dicendo: a volte la vita vera sta nelle piccole cose, nei dettagli quotidiani, mentre Charlie mira alla grandezza, non ha capito che le misure, di tempo, di spazio, di peso, di grandezza sono relative, illusioni.
Bella anche la contrapposizione tra "ovattato" che richiama al fatto che Charlie non ascolta quello che il cuore veramente gli dice, e "troppo semplice" perché forse la soluzione per Dora sarebbe potuta essere a portata di mano, perché alla fine Dora ha sprecato parte della sua vita nell'attesa, nel camuffarsi, perché aveva bisogno di sentirsi riconoscere e dire che era bella al naturale, perché se Charlie la riconosce allora vuol dire che la ama.
Infine, ciò che mi ha proprio ucciso è il fatto che, al di là dei loro sbagli e difetti, questo loro amore è profondissimo: il riconoscersi è qualcosa di cui entrambi hanno bisogno, perché ogni volta acquistano una consapevolezza in più. E' in questo loro amore che loro trovano la forza di vivere le loro vite, di fare le loro scelte, di dare comunque precedenza ai loro sogni, perché tanto avrebbero avuto tempo per consumarlo, questo amore. Mi piace moltissimo il modo in cui, comunque, si sostengono e si danno forza, e non puoi biasimarli per questo. Alla fine, è il tempo a esser stato crudele con queste due anime color pastello.
Scusami tanto per questo delirio. La storia l'ho amata, e mi hai fatto soprattutto amare loro. Hanno delle affinità che li rendono perfetti assieme. E questo non fa che aumentare il dolore che sento, cavolo.
Complimenti.
A presto! |