Mia cara, ciao ♥
Hai ragione, questa flash si discosta da ciò che sei solita scrivere, ma io trovo che tu abbia fatto un lavoro veramente egregio. Condensare in così poco spazio i concetti che hai voluto far passare con questa storia è tutt'altro che semplice, ma tu ci sei riuscita benissimo, e ciò che ne è venuto fuori è assolutamente delizioso.
Questa storia mi ha trasportata un po' in un'altra dimensione, quella di una storia davanti al camino la sera, raccontata da una nonna ai suoi nipoti per dare loro insegnamenti e fargli capire come va la vita. Questo tuo racconto ha il sapore di una leggenda, perché in fin dei conti, seppur rimaneggiata, pur sempre una leggenda è, ma le dà una connotazione in più, una tinta fosca in quel suo finale che non è positivo, ma è il più tragico possibile.
Il capomastro si trova a dover affrontare un problema insormontabile, quello di dover terminare il ponte in tempi prestabiliti, oppure rinunciare per sempre a una vita di agi e lustri e rimanere nella sua povera condizione. La sua disperazione è un richiamo per il diavolo, che si presenta squisitamente sotto forma di un bambino, che di per sé è un po' l'antitesi del demonio, in quanto essere innocente per eccellenza (anche se io trovo i bambini molto adatti per storie di genere horror, proprio perché, in talune vesti, divengono il male quando solitamente ne sono invece l'antitesi). La proposta che il diavolo fa al capomastro è, come accade sempre in questi sciagurati casi, allettantissima: il ponte finito in cambio di un'anima qualunque, la prima che lo attraverserà.
Non sembra esserci proprio nulla di troppo terribile, agli occhi del capomastro, in questa proposta, quindi ovviamente accetta, spinto dall'egoismo ma anche dall'ambizione. Dopotutto, non terminare la costruzione del ponte non lo avrebbe portato alla morte, all'esilio o a qualcosa di altrettanto terribile, ma semplicemente l'avrebbe lasciato nella condizione in cui si è trovato fino a quel momento, nulla di più e nulla di meno. A conti fatti, dunque, l'uomo non avrebbe perso proprio niente. La sua ambizione, tuttavia, quella sete di avere di più, di smuoversi dalla sua stagnante condizione di povertà, lo porta ad accettare il patto con il diavolo e, in un certo senso, ad abbrutirsi, perché fondamentalmente si macchia di un omicidio e non ne ha neppure alcun rimorso. Perché, dopotutto, non è lui quello che ucciderà direttamente il malcapitato, ma sarà il ponte a farlo, il diavolo stesso, e questo rende tutto forse meno tremendo agli occhi dell'uomo.
Mentre leggevo, ho pensato che sarebbe stata la vita dell'uomo quella che il diavolo avrebbe preso. Ho creduto che lui si facesse furbo e, in un moto di altruismo, attraversasse per primo il ponte, per impedire che la vita di qualche innocente, uno sventurato che passava lì per caso, venisse presa ingiustamente e per colpa sua. Ho pensato che sarebbe rimasto lì tutta la notte e, non appena ultimato il ponte, lo avrebbe attraversato. E invece la vicenda è ancora più torbida e triste di quello che pensassi, in quanto non solo il capomastro se ne va a dormire sonno tranquilli, non curandosi affatto della vita che presto avrà sulla coscienza (o forse no, dato l'atteggiamento), ma anche che è suo figlio, un bambino innocente (ed è ironicamente macabro il fatto che il diavolo si sia presentato a lui proprio come un bambino, quasi che lo avesse ammonito da principio) quello che verrà reclamato.
La chiusa della storia mi è piaciuta davvero molto, con quel suo richiamo all'apertura della stessa: in questo caso, tuttavia, la rottura è ancora più grande e profonda, dolorosa e davvero irreparabile, non come quella del ponte, che irreparabile lo era solamente agli occhi del capomastro.
La vicenda dell'uomo mi ha ricordato un po' quella dei Malavoglia, che cercano in tutti i modi di muoversi dalla loro situazione di stasi, di cambiare la loro misera vita e migliorarla, ottenendo come risultato nient'altro che miseria, morte e dolore, come ammonimento che se si nasce in una condizione, in quella si è condannati a rimanere e bisogna accettarlo. Questa storia mi ha un po' ricordato questo concetto dell'uomo che cerca in tutti i modi e con ogni mezzo di cambiare la propria misera condizione, pagandola molto cara. Qui, ovviamente, con i Malavoglia ci sono delle differenze sostanziali: loro non hanno mai fatto un patto con il diavolo e hanno tentato di cambiare le proprie sorti con le loro sole forze, inoltre non ci sono mai riusciti, mentre qui il capomastro ha la vita di ricchezze e lustro che desiderava, ha cambiato la sua condizione sociale, ma a quale prezzo? È diventato ricco materialmente, ma si è impoverito spiritualmente, sia per l'egoismo e l'arrivismo a ogni costo che ha dimostrato, sia per la perdita di un figlio, che era un tesoro altrettanto prezioso e forse di più.
La vicenda vuole essere un monito e dimostra come l'uomo ambizioso sia capace veramente di tutto per ottenere ciò che vuole, anche di percorrere strada palesemente pericolose (il capomastro sapeva di star parlando con il diavolo e sapeva della sua natura infida), con la presunzione che il male che si trova in fondo a questa strada non toccherà a lui, mai a lui, ma a qualcun altro. L'egoismo porta a fare cose terribili e a farne le spese è sempre qualcuno che non lo meritava, un ignaro innocente. Il capomastro ha perso tanto, oserei dire tutto, ottenendo ciò che voleva. E dunque, ora, che valore può avere quel ponte, quel lustro, per lui, sapendo di essere 'assassino del suo stesso bambino?
Una storia davvero intensa, come sempre ben scritta e resa benissimo sia nelle atmosfere che nei significati sottesi. Le tue storie sono sempre delle piccole perle, e questa non fa differenza.
Un abbraccio e a presto ♥ |