Secondo Posto a Pari Merito
Ho imparato anche l'amore
Premio “Regulus” per il personaggio rivelazione
di Blackjessamine
Grammatica: 5/5
Non ho trovato errori grammaticali o di sintassi. Complimenti.
Per correttezza specifico che solitamente sconsiglio l’uso della d eufonica tra vocali differenti ma che in questo caso non ho inferto la penalità poiché il narratore è in prima persona.
la bussola davanti ad un sorriso → a un sorriso
Stile: 17/20
In questa storia, hai adottato delle scelte stilistiche particolari e molto coraggiose, secondo me. Hai dato ampio spazio alla riflessione, rendendola di fatto il fulcro di ogni cosa, e facendo passare dalla riflessione l’evoluzione del personaggio. Ho percepito il tutto come un flusso di coscienza a tratti distaccato, molto concentrato sui concetti e sul filo logico del tema; questa scelta, forse, ha pagato lo scotto del limite di parole.
Lo stile è caratterizzato da una forte componente metaforica, introspettiva, che tende a far passare i concetti attraverso metafore o perifrasi, allontanandosi parecchio dal concreto.
Una cosa che ho notato e che ho trovato interessante è la mancanza di nomi, sia di personaggi sia di luoghi. A tutto il narratore trova un aggettivo, più spesso si limita a usare nomi comuni (ragazzo, compagna…). Questo da un lato ha accresciuto l’idea di voler trattare più l’argomento che caratterizzare le persone che hanno influito nella vita del personaggio; dall’altro credo sia stato caratterizzante del personaggio stesso, vista la natura molto critica e selettiva di Fleur. Infatti, gli unici nomi che compaiono sono quelli di Bill e di Diagon Alley, l’unica persona e l’unico luogo, seguendo questo processo riflessivo, che hanno avuto veramente importanza per Fleur.
Difficile, a questo punto, è stato per me separare il come hai trattato il tema dal come hai caratterizzato il narratore in prima persona. Metto le mani avanti, io mi faccio strani ragionamenti quando leggo qualcosa, e ho un’idea tutta mia del modo in cui è meglio gestire un narratore in prima persona. Penso, infatti, che ancor più di un narratore con POV, quello in prima persona debba adattarsi alla “voce” del personaggio; riuscire, attraverso la formulazione di frasi più o meno lunghe e articolate, a far trasparire la caratterizzazione espressiva ed emotiva del personaggio-narratore.
In questo caso, ho avuto l’impressione che lo stile adottato – che di per sé è molto curato, coeso nella sua struttura, coerente nelle sue scelte stilistiche – non si piegasse a servire la voce di Fleur. Ma per spiegarmi meglio, procedo per gradi.
- Ero forse qualcosa in più di una bambina, ma di certo ero molto lontana dall’essere un’adulta – o anche solo dall’avere quel poco di consapevolezza di sé che arriva quando ci si affaccia ai confini dell’adolescenza. → Trovo che la parlata e il modo di esprimersi di Fleur nei libri sia più diretto, con un tono critico che non fa sconti, molto emotivo anche, ma soprattutto il tipo che non si perde in molte chiacchiere – vedi il suo atteggiamento sbrigativo in alcuni punti, come ad esempio quando liquida la signora Weasley per portare il vassoio su a Harry. In questo punto ho trovato la parentetica di “troppo” per il tipo di narratore.
Ci sono momenti in cui lo stile si fa troppo denso di immagini e di aggettivi, e sempre nell’ottica del personaggio che parla in prima persona credo che questo “metodo” non sia adatto. Per esempio:
- Fu in un palazzo che conosceva solamente la primavera, in un palazzo dove gli unici sguardi che mi sfioravano erano quelli invidiosi di compagne gelose → “quelli invidiosi di compagne gelose” trovo che sia un po’ ridondante, che “invidiose” e “gelose” facciano un po’ a pugni, se vogliamo. Ne bastava uno.
Il lavoro per asindeto l’ho trovato ben riuscito, soprattutto nelle parti in cui descrive le sensazioni della colpa, perché rende il flusso di coscienza incalzante, angoscioso; mentre nei punti in cui lo utilizzi tra le subordinate di pari grado ho trovato che rendesse perfettamente la determinazione, la risolutezza e la forza del personaggio. Allo stesso tempo l’utilizzo di un lessico “chiuso”, vizioso, dove alcuni termini tornano a ripetersi come un mantra è riuscito a farsi esplicatore dell’effetto traumatico che simili concetti – e di conseguenze gli eventi che gli hanno generati – hanno avuto sulla psiche di Fleur. Non credo che Fleur sia il tipo che torna due volte a ripetere le cose; al contrario, mi sembra il tipo che invece a certe cose si attacchi davvero forte – vedi la lealtà verso Harry o l’amore verso Bill – ed ecco che in quest’ottica, il ritornare di alcuni termini acquista ancora più validità.
Sempre seguendo la logica personaggio-narratore, ho trovato che alcune frasi fossero troppo lunghe, ma ancor più delle frasi, forse sono alcuni concetti che sono stati espressi con “troppe parole”. Ci sono intere frasi, infatti, che non fanno che ripetere lo stesso concetto della frase prima, soltanto con parole differenti. E penso che questo “bisogno di farsi capire” non sia tipico di Fleur: ancora una volta, avrei scelto la strada più semplice e diretta.
- Non avevo ancora imparato a curarmi degli altri quando furono proprio gli sguardi altrui a trovarmi, a toccarmi, a farmi sprofondare in spirali di disagio densissime. Erano spire fatte di tentacoli stretti e insinuanti, tentacoli in grado di paralizzarmi e farmi sentire inerte. Inerte e sporca, sbagliata, colpevole, perché se uno sguardo ti segue a quel modo, se uno sguardo ti invade e ti tocca e ti lascia lividi di paura tu devi aver fatto qualcosa. O forse ti è bastato esistere: sei comunque colpevole. → Qui c’è stato un gioco di riprese e ripetizioni molto fitto. Se da un lato ho trovato molto interessante la ripresa dei termini “sporca, sbagliata, colpevole” a richiamare la parte più sopra, dall’altro penso che ci sia una sovrabbondanza di immagini e aggettivi –personalmente avrei tolto il “colpevole” dopo “sbagliata” evitando la ripetizione – la metafora, seppur bella e incalzante, secondo me appesantisce un po’ l’intero paragrafo, lo rende davvero molto denso, potrei suggerire di rendere l’introspezione più diretta piuttosto che farla passare attraverso un’immagine. Trovo che l’argomento e le sensazioni di cui parla Fleur siano talmente “facili” da capire che non hai bisogno di rendere il concetto attraverso una metafora, per non parlare sempre della questione personaggio-narratore. A volte, usando una metafora si ottiene l’effetto di “edulcorare” la pillola, mentre un linguaggio più diretto potrebbe risultare più duro, d’impatto.
Ed è proprio l’uso della ripetizione, che personalmente mi piace moltissimo, penso che andava calibrato in alcuni punti. Un esempio più marcato è questo:
- […]riversando nell’altro timori e speranze con la naturalezza di un incontro dove c’era spazio soltanto per uno sfiorarsi pieno di naturalezza → Anche qui, trovo che la “voce” si faccia troppo ingarbugliata, troppe subordinate, e la ripetizione rende il periodo ridondante.
Non sempre, però, ho percepito in negativo le metafore. Per esempio, questa che riporto qua sotto l’ho trovata adatta sia come impostazione sia come paragone per la caratterizzazione di Fleur; inoltre credo che s’incastri meglio perché inserita in un periodo più semplice e lineare, e quindi non va ad appesantirlo, ma lo arricchisce con eleganza:
- Da bambina mi ero scoperta una colpa cucita addosso, e quando fui abbastanza grande da comprenderne i confini, non esitai a indossare ogni risvolto di quella colpa → Ho trovato questa metafora molto bella, calzante, soprattutto ho ammirato l’eleganza con cui l’hai portata avanti, fino alla fine; inoltre l’ho trovata un’immagine spietata, risoluta, molto adatta a Fleur.
Secondo me, il pezzo più rappresentativo della voce di Fleur è il secondo paragrafo, quando parla del desiderio: ho ritrovato il suo tono feroce, schietto, determinato, sicuro. Un altro punto a favore, poi, è anche la parte in cui descrivi le emozioni nascenti di Fleur per Bill e la descrizione del loro primo appuntamento: anche qui, ho percepito la sua determinazione, ma anche il suo struggimento, il modo totalizzante in cui ama (e che nei libri il suo modo di amare lo abbiamo visto in azione in più di un momento). Infine, lodo l’uso di alcune espressione, come “faccino di bambola” o “qualche compagna gelosa”, che ricalcano perfettamente l’indole critica, schietta e altezzosa di Fleur. A tratti, quindi, la sua “voce” emerge, penso soltanto che il testo potrebbe essere snellito in alcuni punti, farsi più espressivo e meno riflessivo, per inglobare al tema anche il carattere del personaggio.
Detto ciò, torno a ripetere che lo stile è molto coeso, ci sono alcuni effetti stilistici a cui sei molto legata e che caratterizzano il testo: le ripetizioni, le metafore, gli asindeti, ma anche la ripresa strutturale di ogni inizio “tappa” che ha ripartito con ordine il testo, evidenziando tutto un processo evolutivo e sfaccettato. Il tono della narrazione è molto riflessivo, a tratti si arricchisce di enfasi, ma nell’insieme si mantiene posato. Il lessico mantiene un registro semplice, con alcuni termini di spicco (pavidi) e un uso di avverbi che si fa notare. Avrei equilibrato di più l’utilizzo di questi ultimi, assieme agli aggettivi.
Per il resto, è uno stile che si fa promotore di un argomento delicato, che tu hai cercato sicuramente di trattare in maniera profonda e delicata, e sei riuscita a sviscerarlo in tutti i suoi angoli più scuri, non tralasciando affatto il rovescio della medaglia. Complimenti.
Titolo, Introduzione e impaginazione: 10/10
Scommetto che tu sei una di quelle che dicono “non so trovare un titolo adatto” o che se ne escono con “non mi piace molto il titolo”. Ti avverto, potrei macchiarmi di un crimine se leggo una cosa simile.
Mi sono innamorata del titolo ancora prima che della storia. È un titolo che arriva alla fine – e qui non posso che farti i complimenti perché è davvero molto bello il fatto che la storia si concluda con queste esatte parole – è un titolo che porta già dentro di sé un vissuto, una serie di retrospezioni fuori campo che si possono soltanto intuire. È un titolo che annuncia che all’interno della storia non si parlerà solo d’amore, anzi l’amore, avverte, arriva dopo, tra le altre cose; prima c’è molto altro, molte altre lezioni che si apprendono, molti eventi che segnano.
Ci sono titoli dai significati molteplici, che possono essere interpretati in più maniere, che giocano con il significato delle parole, e in questo modo abbracciano l’intera trama. E ci sono alcuni titoli che hanno la capacità di creare, in maniera del tutto irrazionale e completamente slegata dal contesto a cui sono legati, delle sensazioni, delle immagini. Ecco, questo titolo appartiene alla seconda categoria.
Trovo sia un titolo dolce, uno di quei titoli pieno di feels che scivolano, che fanno da sottofondo a una melodia che ci accompagna per tutta la lettura; è un titolo che, proprio per questo suo incedere fluido, ha forza, è un titolo impregnato di riflessione, di un insegnamento. E come ti ho anticipato, trovo che sia un tocco di classe che il titolo riprenda esattamente le ultime parole della storia, perché dà l’impressione di chiudere un cerchio; è inizio e fine. Una volta letta la storia, poi, si riempie di altre sensazioni, una fra queste è il senso di crescita e di benessere che lascia addosso. Profuma di rivincita, di vittoria, di conquista. Ma non di quelle che arrivano dopo tanto lavoro e competizione, non il tipo di vittoria che la stessa Fleur pensava di andar rincorrendo, ma quelle invece che arrivano alla fine di un percorso profondo, umano. È anche un titolo che lascia aperta la storia, forse fermandosi proprio sul più bello, sembra dire: il meglio deve ancora venire, perché il concetto d’amore rimane in sospeso, e questo senso di sospensione, di aleggiare che suscita a modo suo anche il titolo. Insomma, è un titolo stupendo, romantico, soave, e sa trasmettere moltissimo.
L’introduzione è accattivante, e cattura proprio perché gioca con il ritmo delle parole, sintetizza la storia senza dire esattamente qual è questa storia; cattura perché è di per sé un piccolo lavoro stilistico. A colpirmi tanto è la commistione dell’anafora, del climax di concetti – che sono gli stessi tre concetti che scandiscono la storia – e lo scandire del tempo attraverso gli avverbi: troppo (che dà il senso dell’eccedenza), ancora (che dà il senso di mancanza), appena (che dà il senso di limite). Giochi, in altre parole, con la semantica, il ritmo e il tempo. Soprattutto, a colpirmi tanto è il tempo, il tempismo degli eventi. Fleur impara a confrontarsi con il suo corpo prima del tempo, con il senso di desiderio prima del tempo, e con l’amore un attimo prima del troppo tardi. La vita di Fleur, sembri annunciare, non va mai al ritmo giusto, anzi viene incalzata, e nel tentativo di stare al passo, Fleur finisce per correre troppo. Infine, ho trovato molta cura della commistione dei due poli – bellezza e amore, esteriorità e interiorità – e tra di loro, la colpa, che rimbalza e cambia forma. Complimenti per come l’introduzione riesce a essere coerente con la struttura e lo stile della storia.
L’impaginazione è compatta, ordinata e semplice. Ho apprezzato, visto la natura prettamente introspettiva del testo, la cura con cui hai ripartito il testo. Sono gli spazi, ancor prima della voce narrante che invece segue un flusso di pensieri coeso e sciolto, a dare la percezione di tempo, a inserire un vuoto tra una scena e l’altra, a far capire i salti temporali. Posso – e questo è l’unico dubbio che ho – presupporre grazie a questa divisione che le ultime due scene siano separate dall’appuntamento. Mi spiego meglio: c’è la scena dell’appuntamento con Bill che l’allontana, c’è una scena in cui lei ripensa alle sensazioni provate e al rifiuto, e c’è un’altra scena in cui Bill le dice che non importa se ancora non riesce ad aprirsi completamente a lui, se gliene dà la possibilità possono crescere assieme; ma sono tra di loro tre momenti temporali diversi… giusto?
In quest’ottica, l’isolamento delle due frasi in corsivo – “aveva fatto male” e “così ho imparato anche l’amore” – dà ancora una volta la percezione di sospensione, come se galleggiassero nello spazio vuoto tra le scene, e il loro significato fosse un’eco che rimbomba, si prolunga nel tempo. Nel primo caso, sembra quasi di sentire il dolore sordo e nascosto di Fleur davanti al rifiuto, l’orgoglio con cui tace davanti ai suoi sentimenti; nel secondo invece si ha un’apertura verso il futuro che sta al di là del bordo della pagina.
Sviluppo del tema, Caratterizzazione dei personaggi e IC: 29/30 (di cui 19/20 dell’IC e caratterizzazione)
Parto dal tema. Ho trovato che fosse quasi un capovolgimento il considerare la “bellezza” un demone, a maggior ragione se il personaggio in questione è un personaggio dalla bellezza mozzafiato quale è Fleur Delacour.
Il taglio che hai dato alla storia è davvero originale, quasi dissacrante, se vogliamo. Ma io l’ho sentito davvero come un grido che, in silenzio, viene condiviso da molte persone. Quello che hai mostrato è un complesso di sensazioni e meccanismi che rompono gli schemi, frantumano lo stereotipo della bionda bella e dal cuore di ghiaccio. E tu hai frantumato quella barriera che è stata costruita attorno a questo personaggio, e lo hai fatto attaccandoti con perizia e precisione a quei pochi elementi sparsi nei libri e che tu hai ricomposto a formare un puzzle davvero inedito, complesso, che dà rispetto e onore a un personaggio che, nonostante il suo ruolo nella seconda guerra magica, viene spesso relegato alla bambolina di Beauxbatons.
Nella struttura di questa storia, è possibile apprezzare come la Fleur che descrivi tu si fermi proprio nel momento in cui noi impariamo meglio a conoscerla nei libri: infatti ne riempi la vita prima, facendo un grandissimo lavoro di retrospezione.
Hai sviscerato il personaggio mettendo nel corpo centrale i suoi difetti, le sue colpe, ma lo hai fatto iniziando dalle sue paure, donandole una profonda umanità. Ed è una paura che possiamo capire in molti – il sentirsi scivolare addosso gli sguardi altrui, il percepire la forza con cui quegli sguardi riescono a scavare la pelle liscia dei bambini e a creare rughe, crepe, appigli e angoli dove far sedimentare il disagio, le insicurezze. Fleur invecchia prima del tempo perché sono gli sguardi altrui a consumare la sua giovinezza e la sua innocenza.
Ci parli di una Fleur giovane che cresce in fretta, ci fai conoscere da cosa nasce la bambola e la maschera che indossa, e lo fai tessendo abilmente in contemporanea un’introspezione che non può che spingere chi legge a immedesimarsi con lei, a comprenderla, a rattristarsi anche, a giudicare con meno astio e arroganza i suoi difetti, i suoi atteggiamenti. Il lettore è costretto a empatizzare, ad arrabbiarsi anche con chi le ha fatto questo, a battere i piedi quando vede come questo la cambia, la porta a sbagliare. Sei riuscita, attraverso piccoli accenni, anche a mostrarci come il suo atteggiamento spinga a sentimenti ostili chi le sta intorno, creando in questa maniera una doppia immagine: quella data da chi le sta attorno e vede solo la sua apparenza e quella data dalla sua introspezione, che racconta e indaga in profondità le ragioni del suo modo di essere.
Ho trovato il finale sospeso molto ben riuscito, proprio nel momento in cui inizia per Fleur un nuovo percorso, un percorso in salita ma non solitario, ricco di sottintesi, e come già detto trovo geniale l’idea di fermare la narrazione proprio un passo indietro rispetto al momento in cui il personaggio nei libri acquista più importanza, perché sembra che questa storia finisca dove i libri iniziano, diventando un tutt’uno con essa.
Anche l’estratto mi ha messo un po’ in difficoltà. Innanzitutto, voglio precisare che dall’introspezione, dal modo in cui mostri come lei appare agli altri e dal modo in cui lei si muove era riconoscibile ritrovare Fleur. “Saggiavo i limiti del potere che mi scorreva nel sangue” è perfetto per indicare come il suo potere non è quello comune e innato dei maghi, ma qualcosa d’altro, qualcosa che ha a che fare con il sangue e quindi la genetica, riferimento chiaro al suo sangue di Veela ereditato dalla nonna. Anche l’invidia delle compagne era ricollegabile al comportamento delle altre allieve di Beauxbatons quando Fleur viene scelta per il torneo tremaghi; in quel punto, nel quarto libro, io ho percepito molto la mancanza di una solidarietà nei suoi confronti, e quindi trovo plausibile queste descrizioni; allo stesso tempo, il timore dei ragazzi è un’immagine ricollegabile facilmente all’incapacità di tutti gli uomini che le sono gravitati attorno e che davanti a lei hanno perso la parola – facile l’esempio di Ron, ma anche Roger Davies si dimostra inebetito durante il Ballo del Ceppo, in balia della sua bellezza, incapace di razionalizzare e di muoversi “attivamente”.
Ci sono alcuni elementi, però, di cui ho dovuto tenere conto e che in qualche modo hanno offuscato l’estratto. Il riferimento a “fu in un palazzo che conosceva solamente la primavera”, “nessuno di loro credeva di potermi guardare, di potermi avere, e io mi sentivo al sicuro” e “imparavo a trasformare gli sguardi che mi avevano paralizzata” sono stati leggermente fuorvianti: il primo poteva essere inteso in senso metaforico, e il riferimento a Beauxbatons io l’ho ritrovato calzante, a confondere purtroppo è il fatto che essendo un momento extralibro ha confuso le acque non permettendo subito la collocazione del luogo, ma si potrebbe soprassedere, poiché ragionandoci bene era fattibile come collegamento; più “grave” comunque sono la seconda e la terza frase che ti ho riportato, dove quel “mi sentivo al sicuro” e “gli sguardi che mi avevano paralizzata” erano impossibile, senza leggere la storia completa, ricollegare alla Fleur dei libri. Danno a intuire di un personaggio spaventato, timoroso, traumatizzato da qualcosa. È un piccolo dettaglio che toglie la certezza di un estratto che, nel suo complesso, aveva fatto secondo me un ottimo lavoro giocando di sottintesi e doppi sfondi.
E passo alla caratterizzazione vera e propria, finalmente (scusatemi!). Credo tu abbia descritto molto bene l’atteggiamento di Fleur, il suo modo di ammiccare, il suo continuo agitare i capelli per catturare la luce (questo dettaglio è perfetto perché ricalca quello nei libri), ho ammirato anche la genialità con cui hai sfruttato le parole di Harry riguardo all’incantesimo che Fleur tenta di “gettare” su Cedric per caratterizzare il suo usare tale potere ma anche il modo in cui a volte sfugge al suo controllo, soprattutto trovo plausibile il modo senziente in cui lo usa, e in questo posso portare a valorare la tesi anche il modo in cui viene descritto il matrimonio di Bill e Fleur in cui la bellezza di lei sembra riflettersi su chi le sta attorno, come una cappa che li ingloba e li fa risplendere tutti. Anche il suo modo di conquistare e raggiungere obiettivi attraverso la bellezza è perfettamente IC, ci sono infatti alcuni episodi nel quarto libro che richiamano proprio tale atteggiamento, il suo modo di provocare e scherzare con Bagman, per esempio (ho sempre percepito il suo modo di parlargli ammiccante, adulatore, anche se scherzoso), il che valorizza anche la caratterizzazione sul suo comportarsi da donna prima del tempo. Hai caratterizzato il suo atteggiamento arrogante, indifferente, il suo modo di agire feroce, deciso, il suo non curarsi troppo dei sentimenti altrui, ma anche la sua indole determinata a perseguire i suoi obiettivi.
I cuori che si sbriciolano con sguardi indifferenti e le menti brillanti che perdono la bussola con un sorriso hanno sfruttato, generalizzando tale comportamento e facendolo diventare un’abitudine che va al di là dei singoli momenti, le scene appunto in cui Ron perde la testa e scappa davanti al suo sguardo freddo e il tentato incantesimo a Cedric, ma anche il modo in cui inebetisce Roger.
Infine, per quanto riguarda l’IC, posso dire che hai fatto un ottimo lavoro anche per quanto riguarda la parte in cui è presente Bill. Bill è l’unico maschio che non cade ai piedi di Fleur, l’unico che stando con lei non perde la testa, anzi. Rileggendo i pochi dialoghi in cui entrambi sono presenti, Bill risulta essere una pietra salda che “frena” l’indole aggressiva e arrogante di Fleur, che ne tira fuori il lato più tenero e fiducioso, ma è anche il personaggio paziente e amorevole che fai trasparire tu, quello che la ama veramente. Emblematica, secondo me, è la scena in cui Fleur retrocede dalla cucina quando Bill vuole parlare solo con Harry nel settimo libro. Tenendo conto di questo, trovo perfettamente IC il ruolo che Bill gioca nel cambio di comportamento di Fleur e soprattutto nella sua presa di consapevolezza del suo atteggiamento. Ho ritrovato nel Bill che muovi tu in questa storia la sua indole pacata e decisa, la sua maturità, la risolutezza in certi ideali e atteggiamenti, ma anche la sua dolcezza, la sua leggerezza, il suo interessamento per Fleur. Anche la sua indole curiosa sei riuscita a caratterizzare, la sua voglia di conoscenza attraverso questo suo modo di approcciarsi a Fleur. Ultimo, ma non ultimo, ho trovato geniale – e merita un commento a parte – la battuta di Bill, il richiamo al suo lavoro e come questo suo talento poi si ripercuote anche sia nel suo spiccato senso intuitivo a livello caratteriale, sia nella sua sensibilità magica. Ho trovato perfetta la sua “voce”, la cadenza delle parole, il tono che imprimi alla frase, è lui, qui lo posso dire senza problemi. Secondo la mia mente contorta è perfettamente in linea al tono che tira fuori quando parla con Harry del suo lavoro, hai ricalcato bene il suo modo di esprimersi.
Credo di averne parlato qua e là, perché è stato impossibile scindere la caratterizzazione, il tuo headcanon, dall’argomento e dal tema, ma voglio spendere comunque le ultime due parole di questa voce per farti i complimenti sul modo in cui hai costruito la retrospezione del personaggio, hai “motivato” il suo atteggiamento, ma soprattutto hai dato voce alle sue fragilità.
Così come il suo parlare è diretto e senza filtri, così anche la sua personalità e il suo modo di reagire alla vita credo che siano altrettanto diretti e aggressivi. Lei è il tipo di personaggio che nasconde le ferite, non se ne cura, anzi si crogiola – ed è un meccanismo di difesa – nell’idea di essere intoccabile. Ecco che la sua reazione a un simile disagio e alla paura diventano più che plausibili e reali. Qualcun altro al suo posto si sarebbe chiuso a riccio, lei invece reagisce con aggressività, mordendo la vita, e così facendo costruendosi una maschera usando proprio quello che gli altri di lei hanno desiderato: la bellezza. Non cancella, però, il fatto che questo atteggiamento e questo tipo di reazione la spingono ad allontanare tutti e non mostrare le sue fragilità.
Per questo della sua caratterizzazione, tra tutte, ho apprezzato la sua nascosta solitudine – io l’ho sempre percepita davvero come un personaggio che deve cavarsela da sola, che ha imparato a fare a meno dell’appoggio di amici – e il modo in cui per una volta la colpa che prova verso Bill la riesce ad azzittire, a farla “rinunciare” al traguardo (e anche qui il cambio di passo è IC perché ricorda quello che lei stessa ha nei confronti di Harry dopo che quest’ultimo salva sua sorella dal lago), ed è proprio Bill che le dice che non deve arrendersi, ma che deve cambiare soltanto piano di attacco. Trovo che ci voglia una grande forza per ammettere i propri sbagli e cambiare rotta, e Fleur è uno di quei personaggi che riesce a farlo con naturalezza, quasi con un atteggiamento altezzoso, che non vuole dire cambiare per gli altri ma conservare se stessa pur diventando migliore. Bravissima.
Gradimento personale: 5/5
Questo è uno di quei rari casi dove, nonostante io non mi ritrovi molto nello stile, la storia è riuscita a prendermi totalmente. A prendermi è stata Fleur, ma innanzitutto il lavoro di studio e approfondimento che hai fatto su questo personaggio e sul suo ruolo all’interno della saga. Il personaggio del libro da quello dei film cambia parecchio, e secondo me perde molto (ma nei film perdono tutti, purtroppo, non se ne salva uno a livello di caratterizzazione, secondo me). Il lavoro che hai fatto è stato sicuramente fatto sui libri – e ha “obbligato” me a tirarli giù dagli scaffali e ricercare quei passaggi in cui Fleur è protagonista. Sei riuscita, mettendo in primo piano l’introspezione del personaggio, a trattare in maniera “dura” uno dei temi più caldi, quasi un tabù. O forse dovrei dire una deplorevole abitudine.
Sinceramente ho sentito quest’argomento in maniera molto personale. Perché è vero, sono gli altri ad accorgersi e a rinfacciarti per primi quanto sei cresciuta, quanto ti stai facendo carina. E dovunque vai ci sono sguardi che ti spogliano, ti misurano, ti attraversano, e sono veri e propri pugnali. La riflessione di Fleur è ciò che di più vero e universale io possa immaginare, ed è del tutto plausibile anche per il personaggio.
In questo commento, però, io voglio soffermarmi maggiormente sulla tematica, però, perché è quella che mi ha colpito di più. Il prezzo della bellezza. In realtà, quello di cui parla Fleur è una sensazione che tutte le donne, credo, hanno conosciuto; bastano delle forme appena accennate sotto una maglietta smanicata e partono la bave… Attraverso Fleur hai abbattuto secondo me più di un semplice argomento: hai parlato sì del desiderio e della colpa “meschina” e del tutto ingiusta che ricopre “l’oggetto” del desiderio, hai parlato anche dell’ingenuità e della naturalezza con cui alle volte questo desiderio si manifesta nelle persone, hai anche però parlato di quanto a volte il concetto di bellezza sia fuorviante. Penso all’invidia delle compagne di Fleur, penso al modo superficiale con cui i ragazzi si rapportano a lei, e penso che tutto questo sia causato non dalla persona ma dal suo aspetto fisico. Insomma, è abitudine pensare che dietro a un bel faccino non ci sia niente che valga la pena di conoscere… hai già una bella faccia, no? Che altro può volere o nascondere, un cervello? Non sia mai!
Ecco, attraverso Fleur tu hai saputo mescolare le carte, parlare di una condizione che la società ci porta quasi ad accettare passivamente – è così che funziona, accettalo – ne hai mostrato il disgusto – io ho sentito molto disgusto, oltre alla paura, ed è proprio il disgusto che ti fa pensare ho sbagliato qualcosa, secondo me – ma hai mostrato anche l’altra faccia della medaglia: hai mostrato Fleur vittima degli sguardi altrui, ma hai mostrato Fleur anche artefice di quegli sguardi. In altre parole, hai mostrato quanto è facile cadere nello stesso circolo vizioso dal quale per tutta una vita si prova a scappare.
Sono sinceramente ammirata per la profondità, ma soprattutto la forza, con cui hai parlato del concetto di colpa, del desiderio e dell’amore; e ho ammirato anche come, attraverso questi concetti, emerga con sensibilità anche l’introspezione di una mente ferita, traumatizzata anche, parlando di un periodo delicato della vita, che molto spesso viene sottovalutato e ne si parla quasi come una “fase che deve passare”, come se poi questo non avesse effetti su di noi. Invece, quelli effetti sono davvero forti e a volte condizionano tutto il resto, a lungo, in alcuni casi per sempre.
A questo punto non posso quindi che esprimere tutto il mio amore per Bill, per la sua maturità, per la sua dolcezza, e posso dirlo anche, per la sua virilità, perché secondo me virile è l’uomo che ti cammina a fianco e riesce a tirare fuori il meglio di te.
Hai una sensibilità e un pensiero ammirevoli, hai una voce e delle opinioni di cui questo mondo ha davvero bisogno. E io sono felice di averti letto.
Punteggio: 66/70 |