Quarto Posto
Essere umano
di Carme93
Grammatica: 3.55/5
La grammatica va bene, ho soltanto trovato piccole imperfezioni qua e là. Te le riporto di seguito:
sé stesso → -0.1 (Quando regge “stesso” non è necessario accentarlo)
e ogni tanto aveva balbettato qualche parola ˗ → -0.1 (Va usato il trattino lungo. Probabilmente, usando word, il correttore automatico non te lo ha corretto perché è seguito dalla punteggiatura.
alla ricerca di sé stesso → -0.1 (stessa cosa di sopra)
Solo durante la cena riuscì a rilassarsi e godersi il delizioso cibo di Hogwarts e persino scambiare qualche parola con i colleghi. → -0.4 (i verbi sono tutti retti da riuscì, quindi devi ripetere la preposizione. “a godersi” e “a scambiare”.
Aveva condotto molti studi in quelli anni → -0.2 (serve l’aggettivo, quindi “quegli anni”. Se fosse stato il sostantivo sottinteso, allora avrei potuto usare il pronome “quelli”)
Insomma basta conoscere un argomento per poterlo insegnare? → -0.2 (serve una virgola dopo “insomma”)
«Neville, tutto bene?» gli chiese Alicia, mentre si dirigevano verso le loro camere. «Sei molto pensieroso» → -0.1 (manca il punto di chiusura)
gli sguardi vacui di chi avrebbe dovuto amarlo più di ogni altro, ma non lo riconoscevano → -0.25 (il soggetto che regge i verbi della proposizione è “chi” quindi devi concordare il verbo “riconosceva”. Consiglio, inoltre, di omettere la virgola vista la reggenza della proposizione)
Stile: 16/20
Lo stile è scorrevole, semplice, e c’è un ottimo equilibrio tra le varie sequenze, con una leggera predilezione narrativa che accompagna molto bene i vari paragrafi.
Hai fatto un ottimo lavoro con il narratore: l’uso del punto di vista di Neville è stato usato con abilità, non ci sono incoerenze e non ne perdi mai il controllo. Trovo, poi, che l’uso di questo tipo di narratore si addica molto al tipo di narrazione che utilizzi – scorrevole, semplice, narrativa – e che allo stesso tempo ti abbia permesso di arricchirla con un’ottima introspezione, piena, sempre sul pezzo, reale, e soprattutto minuziosa.
A questo mi riallaccio per farti i complimenti per i giochi di ritmo narrativo che hai messo in atto. Ci sono alcuni passaggi molto belli, ben costruiti, che esaltano al meglio la psiche del personaggio.
Hai avuto modo di curare anche l’atmosfera, e la descrizione nella prima parte della Sala Grande è stata sfruttata al meglio non solo per caratterizzare l’ambiente, ma trovo che tu sia stata molto brava, attraverso il narratore, nel ricreare quella stessa magia che è propria dei primi libri – e dei primi due film di Columbus– dove il mondo di Harry Potter era fatto davvero di luci, candele, e sembrava un sogno. Questa idea onirica si sposa molto bene con il tema della storia e il personaggio scelto: Neville ritorna ad Hogwarts a insegnare. La descrizione, quindi, ti aiuta benissimo a calare Neville in un mondo fatto tra presente e passato, e ti permette di giocare con la retrospezione del personaggio. Ottimo, a questo punto, è stata la scelta di un ritmo sospeso, dove il tempo della narrazione è molto rallentato e ogni cosa viene vissuta e mostrata attraverso le percezioni e le emozioni e i pensieri di Neville. Viene, in altre parole, interiorizzata. Bravissima.
Ho percepito, tuttavia, alcuni cambi di scena in maniera brusca: ci sono infatti momenti su cui indugi tanto, e la narrazione si riempie di percezioni sia sensoriali sia emotive; altre, invece, in cui il racconto sommario e l’ellissi contrae molto il passaggio tra una scena e l’altra, cambiando in maniera brusca il ritmo della narrazione. L’impressione leggendo è che mancassero dei passaggi; non so se dovuto al fatto che tu avessi un’idea iniziale e che per farla entrare nel limite di parola tu abbia dovuto sintetizzare alcune scene, oppure se dovuto a un’impostazione particolare della struttura.
È uno stile che comunque si presta molto bene, secondo me, a storie un po’ più lunghe, dove si ha lo spazio per distendere la narrazione e ci si può concentrare con cura sui vari passaggi. A penalizzarti in minima parte, infatti, è stata l’ellissi attuata nel passaggio dallo Smistamento alla cena e poi subito dopo alla conversazione con Alicia: sorvoli sulla cena e sulle varie conversazioni, presentando velocemente il personaggio di Alicia in modo da poterlo sfruttare per il finale. Meglio te la sei cavata con il cambio di scena da “Neville che raggiunge il suo posto” a “Neville e lo Smistamento”; in questo caso, l’espediente di utilizzare la pacca di Hagrid ti ha permesso di cambiare la scena in maniera brillante. In questo punto, il ritmo sommario viene equilibrato da una sequenza riflessiva che di fatti regala alla scena delle allusioni nostalgiche al passato.
L’alternarsi di frasi più lunghe a frasi più corte è stato ben gestito, e ho trovato che distendessero bene la narrazione, accompagnando molto bene il passaggio da frasi più narrative a frasi più introspettive e dando alla lettura un tono compatto, senza giochi espressivi, ma comunque fluido e piacevole, morbido, dolce, in linea con il punto di vista del personaggio. Ottima la distribuzione di avverbi, l’equilibrio tra coordinate per asindeto e l’uso di congiunzioni. Hai un ottimo controllo della fluidità del periodo. La punteggiatura è stata usata in maniera idonea, ho apprezzato l’uso dei due punti e del punto-virgola, adoperati con cognizione di causa. Anche qui, ammiro la coerenza di utilizzare una punteggiatura varia, ricca e diversificata in accoppiamento con un narratore di questo tipo. Solo in due casi avrei dei suggerimenti da avanzare:
- Percepì le guance imporporarsi al pensiero del balbettio con il quale si era rivolto alla professoressa McGranitt, nemmeno fosse ancora uno studente colto a gironzolare per i corridoi dopo il coprifuoco! Che vergogna! → Avrei evitato il primo punto esclamativo, anche perché non ha senso spingere il lettore a enfatizzare la fine di una frase così lunga; il secondo, invece, è ottimo. Capisco l’idea di vivacizzare l’intero pensiero, ma in questo caso posso suggerire di sostituire il primo punto esclamativo con una virgola, qualora tu voglia velocizzare l’enfasi, o sostituirla con puntini di sospensione, qualora tu invece voglia sospendere la riflessione prima dell’esclamazione. È difficile spiegare a parole ciò che voglio dire, perché è tutta una questione di pronuncia e di tono narrativo, e ovviamente tu non puoi sentire la mia voce. Per capire meglio ciò che intendo – spero – prova a leggere il periodo ad alta voce, utilizzando prima il punto esclamativo come hai fatto tu e poi le due alternative che ti ho proposto.
- Il giovane sorrise nervosamente e obbedì. Si guardò intorno, incrociando ogni tanto gli occhi dei suoi insegnanti, ora colleghi. Era veramente strano. → Qui avresti potuto usare un espediente più espressivo per rendere l’idea che Neville deve ancora abituarsi a considerare i suoi ex professori colleghi. Posso permettermi di suggerire “Si guardò intorno, incrociando ogni tanto gli occhi dei suoi insegnanti. “Colleghi! Sono miei colleghi, adesso”. Era veramente strano.”? Esprimere la “correzione” attraverso un pensiero diretto di Neville ti permetterebbe di enfatizzare meglio l’idea che vuoi rendere, secondo me.
Ho riscontrato qualche ripetizione lessicale ed espressiva, che nel complesso comunque non va a penalizzare troppo la fluidità e l’apprezzamento della storia. Il registro medio utilizzato si adatta molto bene al personaggio e non appare per nulla artificioso e comunque abbastanza vario, riempie bene la narrazione. Mi permetto di consigliare, però, un arricchimento di “forma espressiva”, figure retoriche ed espedienti stilistici che possano “colorare” la narrazione. Ci sono comunque presenti alcune particolarità narrative che si possono apprezzare, proprio perché regalano cambiamenti di tono espressivi. Per esempio:
- Gli occhi neri come la pece che si stringevano e lo fissavano, non gli avrebbe mai scordarti. Il suo tormento, la sua paura, la sua ansia per anni. Perché? → La virgola solitamente la sconsiglio tra verbo e complemento, ma qui regala una bellissima pausa che sospende il particolare degli occhi, lo evidenzia, come se la “voce” narrante indugiasse prima di concludere la frase. E poi la sequenza di sensazioni prive di un verbo reggente è incalzante, dona un tono più cupo e triste al pezzo. Davvero molto brava ed espressiva qui.
È soltanto un mio pensiero, ma trovo che questo stile abbia buone capacità narrative, che sappia utilizzare bene il tono e che si avvalga di buoni espedienti legati alla narrazione, ma che possa rifinirsi di più nei piccoli dettagli, di quei tocchi più sottili e retorici che lo renderebbero davvero un piccolo gioiello.
Titolo, Introduzione e impaginazione: 7.75/10
La mia opinione sul titolo è un po’ contraddittoria, diciamo pure che ho pareri contrastanti. Se da un lato il titolo è poco attraente, letta la storia risulta sicuramente attinente al contesto e al suo messaggio ultimo. Purtroppo il titolo è la prima firma che un lettore si trova davanti; da lui dipende parte della ventura scelta di leggere o meno la storia. Personalmente, è dal titolo che scelgo quale storia leggere, ancor prima di scorrere la lista di personaggi e generi, ancor prima di leggere addirittura l’introduzione. I titoli devono catturare l’attenzione del lettore. E questo, secondo me, è privo di personalità. Di primo acchito, appare molto generico, troppo semplice; un titolo tra tanti. Servirebbe un titolo più risoluto e più dolce, che riesca a infondere un tono alla tua “firma” e allo stesso tempo ad adattarsi al tono della tua storia, che io personalmente ho trovato dolce/nostalgico/riflessivo.
Come già specificato, letta la storia, il titolo risulta comunque attinente e idoneo al contesto e al tema trattato. Non soltanto perché l’umanità di Neville traspare da ogni rigo, da ogni impressione, da ogni pensiero ed emozione; ma anche e soprattutto perché è di umanità che si sta parlando. Apprezzabile, infine, è il fatto che il titolo venga ripreso nel suo significato proprio nel finale, inserito nel testo assume tutto un altro sapore che da solo non è riuscito a dare.
Anche l’introduzione è scarna e risulta un po’ atona, secondo me non riesce a calamitare l’interesse del lettore. Più che un’introduzione, a me ha dato l’impressione di essere un po’ la sintesi della storia. Un po’ cruda, un po’ secca, e soprattutto lasciata in sospeso. La conclusione soprattutto: dici che i ricordi prendono il sopravvento, ma non si capisce su cosa… sull’emozione d’insegnare, sulla soddisfazione del momento, sull’orgoglio, sul suo lavoro… È un po’ troncata come frase, non si coglie bene il nesso tra la prima e seconda parte dell’introduzione. Anche qui, secondo me serve qualcosa che chiami il lettore, lo incuriosisca, lo inviti a leggere, a non passare oltre. Penso che anche l’introduzione vada curata meglio.
L’impaginazione, infine, è semplice e compatta, l’ho trovata piuttosto ordinata, e la storia si fa leggere con piacere, quindi va bene su questo fronte.
Sviluppo del tema, Caratterizzazione dei personaggi e IC: 29/30 (di cui 19/20 dell’IC e caratterizzazione)
Credo che questa sia una delle storie che abbia affrontato il tema del contest in maniera più stratificata e ampia. Questo perché ci sono diversi “demoni” che attanagliano la mente di Neville, che forse si potrebbero riassumere in un singolo concetto, “insicurezza”; analizzando bene, secondo me la forza sta proprio nel modo plurimo in cui questo concetto è stato sviscerato.
Il nervosismo iniziale, mostrato attraverso il gesto di lisciarsi la veste, diventa esse stesso sintomo di insicurezza e paure regressi, e la paura, più avanti, si mischia alla soddisfazione di essere stato nominato Direttore della Casa di Grifondoro, un onore per lui; e ancora, parli dei suoi traguardi negli studi fatti intorno alla materia che insegnerà, e mostri il desiderio di insegnare e di insegnare bene. Molto ben curato è il modo in cui hai intriso tutte queste sfumature di paure e di dubbi. Neville essenzialmente si interroga mentre si prepara ad affrontare questa nuova esperienza.
Seppure non ne sia il centro focale, hai dato peso anche al modo in cui lui interagisce con gli altri, e lo hai fatto quasi in sordina, sfruttando piccoli momenti, ricordi per lo più, e così facendo andando a caratterizzare meglio il personaggio stesso. Mostri tutto dal suo punto di vista, ma comunque dai un’idea del modo impaurito in cui affronta l’incontro con la McGranitt e la rigidità con cui si approccia per la prima volta ai suoi colleghi. Più importante, ne dai uno scorcio proprio nel finale, durante la breve conversazione con Alicia. Hai trovato il modo di accennare anche alla sua relazione con Hannah fuori dall’ambiente scolastico – anche se qui, una piccola critica devo muoverla, buttata lì la frase mi è parsa un po’ brusca e forzata, in quel punto avrei inserito un po’ di sentimento da parte di Neville, un qualcosa che caratterizzasse il suo modo di vedere la moglie/fidanzata; ci sarebbe stata molto bene una piccola digressione, da cui poi risvegliarlo bruscamente con la pacca di Hagrid. Insomma, fai un gran lavoro di presentazione del personaggio a tutto tondo, mostrando sia il modo in cui interagisce con gli altri sia, sempre attraverso il suo punto di vista, il modo in cui appare agli altri.
Prima di passare alla caratterizzazione, devo fare un piccolo commento sull’estratto. Lo devo confessare: ho capito che fosse Neville sin dalla prima riga; o quanto meno, il nome di Neville, pur non essendo l’unica risposta da dare fino a qui, mi è comunque balzato subito alla mente, perché è lui il ragazzo per antonomasia che sembra quasi “fuori posto” all’interno di quella casa, mostrato all’inizio così timido, impacciato e impaurito. Dalla seconda riga in poi, il nome viene confermato, parola dopo parola.
A penalizzarti, secondo me, è stata la natura esplicita dell’estratto, purtroppo: troppo palese per il tipo di gioco a cui doveva partecipare. Sarebbe stato meglio utilizzare – o creare, visto che in effetti quello scelto è l’unico pezzo all’interno della storia da poter ricollegare al canon – un pezzo introspettivo, invece che basato sulla retrospezione in cui è più ovvio trovare in forma narrata “indizi” da poter ricollegare al personaggio (tra l’altro, indizi, come quello delle caramelle, piuttosto famosi, che saltano agli occhi di chiunque abbia letto i libri almeno una volta – quella scena, impossibile che non abbia colpito tutti, almeno un po’, mi rifiuto di crederlo!). Detto questo, l’estratto sicuramente racchiude perfettamente il Neville dei libri, facendo un ottimo sunto di quello che è stato il suo percorso, fino a dare spazio persino ai retroscena che hanno segnato il suo “coraggio silenzioso”.
Per l’IC non posso che farti i complimenti. In questa storia c’è Neville, e a modo suo è un Neville inedito, o comunque così mi è parso poiché è lui per una volta il protagonista. Dico che è inedito per il semplice fatto che qui Neville accetta le sue insicurezze e i suoi difetti come parte di sé, li abbraccia e decide di lasciarli in bella vista con fierezza, e se non è fierezza è sicuramente l’ennesima prova di “coraggio silenzioso”. Un coraggio, per capirci, che non ha bisogno di esprimersi attraverso gesti eclatanti o che ha il risultato di farlo diventare un eroe e un mito agli occhi degli altri. Neville è un eroe alternativo, secondo me è il tipo di eroe che più si avvicina alla nostra quotidianità, ed è il miglior esempio per gli uomini comuni che affrontano la vita tutti i giorni. È l’eroe negli ideali che insegue, è eroe nella determinazione che mostra a non piegarsi ai meccanismi della società. Sicuramente, come dice la stessa Alicia, sarà l’eroe e il mito dei suoi studenti, che lo ameranno proprio per la sua umanità.
Ho trovato IC il suo attardarsi, il suo deglutire prima di avanzare, mi ha ricordato – seppure sia immerso in una circostanza completamente diversa – la volta in cui insicuro e malfermo avanza davanti a una McGranitt che chiede chi sia stato l’idiota che ha scritto le parole d’ordine della settimana e la ha lasciate in giro, nel terzo libro. È IC nel rossore che lo coglie, nel modo in cui subisce la forza degli sguardi che lo seguono. Neville è sempre stato molto consapevole del fatto di essere grasso, debole e in generale meno vigoroso dei compagni, e questa consapevolezza che denota ancora una volta insicurezza e scarsa autostima, la ritroviamo anche nel Neville adulto, che ancora una volta si sottovaluta. Si sente forte anche la sua autocritica, il peso con cui percepisce gli sbagli che commette e l’atteggiamento a tratti demoralizzante che lo coglie. Sicuramente è IC il suo balbettare davanti alla McGranitt – cosa che ha fatto anche quando nel sesto libro discute con lei sulle materie da seguire per il corso dei M.A.G.O. – e altrettanto credibile è il suo atteggiamento di straniamento e rigidità nei confronti degli altri docenti. Neville, come sempre subisce il confronto con gli altri, si considera inferiore e affronta tutto con quella paura di non essere all’altezza.
Ma c’è anche e soprattutto il Neville che durante i sette libri è maturato e si è evoluto. Se da un lato ha conservato la sua timidezza, le sue insicurezze, dall’altro ha mostrato grande voglia di andare avanti, di non arrendersi, grande determinazione e soprattutto grande impegno sociale e civile. Lo fa quando, nei libri, prende parte all’Esercito di Silente e alla battaglia nell’Ufficio Misteri; lo fa adesso, da adulto, scegliendo la strada dell’insegnamento e scegliendo di essere un insegnante che non vuole guadagnarsi il rispetto incutendo timore, ma mostrando per l’appunto le sue fragilità. C’è il Neville che non abbassa più la testa, ma che sente dirompente il senso di responsabilità e lo affronta con atteggiamento compìto, gravoso a suo modo.
I complimenti maggiori, però, te li devo fare riguardo alla cura che hai messo nel caratterizzarlo. Sinceramente è una delle caratterizzazioni più complete e sfaccettate che ho letto. Hai curato persino i dettagli fisici, usandoli poi per evidenziare ancora una volta la sua introspezione; il dettaglio della barba l’ho trovato perfetto, in questo senso. Molto soddisfacente è stato tutto il lavoro intorno al comportamento, non soltanto emotivo ma soprattutto riguardo ai movimenti e al dettaglio della balbuzia. Bravissima per aver caratterizzato la sua gestualità e le sue reazioni al mondo circostante; forte si sentono poi le sue emozioni e le sue percezioni. Infine grande ruolo hanno le retrospezioni che hai aggiunto, che ti hanno permesso di creare un bellissimo gioco di prima e dopo. In questa maniera hai potuto evidenziare due cose, secondo me: la prima è la crescita di questo personaggio, che nella sua essenza non è affatto cambiato, ma ne hai fatto sentire la maturità e soprattutto il percorso di vita che ha compiuto; la seconda hai fatto un grandissimo e commovente lavoro sul “cosa” lo ha forgiato, dando il giusto spazio anche a quegli eventi esterni che hanno influito sulla sua definizione di uomo. E i due eventi che maggiormente colpiscono sono il destino toccato ai suoi genitori e l’atteggiamento derisorio e intimidatorio perpetrato dal professore di Pozioni. Entrambi sono usati magistralmente sia per caratterizzare il suo dolore e questo suo comportamento molto riflessivo, sia per “giustificare” due particolarità di Neville: il coraggio alternativo e la determinazione mista a ansia che lo caratterizzano.
Ultimo particolare non da poco: il senso di nostalgia che aleggia in tutta la storia e che caratterizza questo personaggio molto affettuoso, dall’indole gentile e bonaria, che per molto tempo ha patito la solitudine e che più di molti altri ha dato grande peso all’amicizia. È una considerazione che trovo in linea con una delle riflessioni di Harry durante la fine del sesto libro, dove lui dice che non si meraviglia affatto che Luna e Neville abbiano risposto alla chiamata di Hermione con le monete, perché erano i membri dell’ES a cui gli incontri mancavano di più. Ecco, ho ritrovato questo senso atteggiamento nostalgico qui.
Concludo rinnovandoti i miei complimenti per la caratterizzazione a trecentosessanta gradi che hai saputo inserire in questa storia, e in così poco spazio oltretutto. Brava.
Gradimento personale: 4.5/5
Niente, al di là della storia, dello stile, della caratterizzazione, il finale mi ha commosso come un idiota. Mamma mia, quanta umanità! Ho avuto i brividi. Praticamente mi hai fatto innamorare di Neville. Mi ha messo i brividi quella riflessione su Piton, perché anche se non dici il suo nome si capisce che è lui. E poi, quanto mi ha commosso il fatto che non gli affibbi un nome o un nomignolo o un epiteto, no; lo definisci “uomo adulto”, e questa definizione, così comune e semplice, è disarmante. È disarmante perché implica innanzitutto la profonda umanità ed etica di Neville: Piton è un uomo, un essere umano, dietro il quale Neville ricerca una motivazione, un senso, un perché del suo essere così. In altre parole, Neville ha una grande umanità, e questa umanità la si evidenzia anche nel modo in cui guarda agli altri, nel modo in cui non porta rancore e rabbia e basta, non è solo un bagaglio negativo e cupo quello che si trascina dietro; Neville, secondo me, non perde mai di vista la sua bontà, la sua integrità, il suo essere un uomo giusto. E in questo io vedo molta forza di volontà, molta determinazione, e sono la forza di volontà e la determinazione, il suo impegno, ecco, impegno, a renderlo un perfetto e alternativo Grifondoro. In secondo luogo, è disarmante perché si trascina dietro una verità più ampia, più trasversale, che va al di là del fandom e del personaggio. Sembri quasi domandare “cosa spinge un uomo adulto ad accanirsi su un ragazzino?”; poni, altresì, l’accento sul ruolo dell’educatore, un ruolo che Neville si appresta a ricoprire con mille dubbi – uno su tutti “sarò all’altezza? Sarò un bravo mentore?” – ma che altri al posto suo hanno affrontato con alterigia, parzialità, ricoprendo di fatto un ruolo che hanno saputo onorare. È una riflessione profonda, delicata anche, su cosa vuol dire essere un insegnante: un insegnante dovrebbe insegnare, giusto? Ma cosa? Si deve limitare alla materia? Oppure dovrebbe non solo insegnare ma incarnare l’insegnamento? E a questo punto, vien da chiedere: cos’è l’insegnamento? Secondo me, è un trasmettere qualcosa: la passione, innanzitutto, dei principi, una sicurezza anche, una tranquillità nel processo di crescita e rifinizione della persona. Un insegnante dovrebbe aiutare a formare gli uomini di domani, non soltanto mettere delle nozioni dentro delle teste. Perché davanti ha persone non scatole. C’è da dire, a questo punto, che l’insegnante stesso è una persona, con dei sentimenti, con una determinata formazione alle spalle, dei trascorsi, delle cicatrici, degli ideali. E quanto di questa sua essenza deve trasparire durante il processo d’insegnamento? Beh, Neville dà la risposta per tutti: deve trasparire la sua umanità, comprensione e compassione soprattutto. L’insegnamento, quindi, è un processo di interscambio di fragilità e di pensieri, di impressioni e di esperienze, in cui l’apprendimento avviene soprattutto grazie l’appoggio di uno con l’altro.
Tutta sta filippica per dirti che ho trovato la tua storia veicolo di un grandissimo messaggio, e che quel messaggio mi ha colpito, mi ha fatto riflettere. E Neville, infine, mi ha commosso. Mi ha davvero commosso. Con la sua umanità, con la sua modestia anche, che non è millantata né avviene perché lui si cosparge il capo di cenere; anzi, la sua modestia traspare proprio dalla determinazione con cui si mette in gioco, dal suo scegliere una strada alternativa, che non lo spinga a nascondersi o a cambiare. Ho davvero amato Neville Paciock grazie a te e alla tua storia, grazie.
Punteggio: 60.8/70 |