Ciao!
Eccomi qui, a proseguire questa storia che mi chiamava a gran voce, soprattutto dopo il modo in cui si era concluso il capitolo precedente, con questa partenza verso quello che dovrebbe essere un luogo sicuro con la consapevolezza però che la distanza da Yao Taman non farà scomparire tutti i guai, ma anzi, rischierà di far comparire pericoli tutti nuovi, che forse Erika non è nemmeno pronta ad affrontare. Perché, per quanto orribile, Taman era un pericolo che lei conosceva. Che aveva sottovalutato, forse, almeno inizialmente, ma che aveva avuto modo di conoscere e più o meno consapevolmente studiare, prima che lui la rendesse parte della sua progenie. E, insomma, sappiamo che Erika è un personaggio molto sveglio, capace di osservare quello che la circonda e di sfruttare al meglio le proprie conoscenze, quando queste superano quelle dell'avversario. La città, però, è qualcosa di grande e di sconosciuto, pieno di regole e potenziali pericoli che le sfuggono (molto banalmente, anche solo iscriversi al Collegio rivela delle difficoltà a cui lei nemmeno aveva pensato – e mi piace che ci siano dettagli burocratici come questi: sia perché in un certo senso pensare che anche un mondo fantasy soffra di questa piaga mi consola, in qualche modo, ma soprattutto perché questo non fa altro che ricordarci quanto, nonostante tutto, Erika sia ancora molto giovane e inesperta del mondo, capace di farsi frenare – ma non fermare – da sciocchezze come i documenti necessari per iscriversi a scuola).
Tra l'altro, mi piace davvero tanto come questo cambio di scenario ti permetta di soffermarti su degli elementi molto interessanti: non solo apprendiamo nuovi dettagli sulla vita di vampiri in generale e su quell'esistenza in bilico e particolare di Erika. Scopriamo che il suo bisogno di essere invitata in una proprietà privata non è, di nuovo, così letale come per la maggior parte delle creature come lei, e scopriamo che per sopravvivere non le è necessario ad ogni costo il sangue umano, ma bastano dei ratti (meno buoni, ma sicuramente capaci di suscitare meno compassione dei cagnolini). E cominciamo a scoprire qualcosa anche sulla composizione della società: perché il fatto che esista una sorta di università, aperta potenzialmente a chiunque e con rette proporzionate al reddito è secondo me un indizio importante di quali siano i valori su cui si basa questa istituzione.
John Smith, col suo comunissimo nome, la parlantina svelta e la forte vena ironica mi ha fatto moltissima simpatia, soprattutto in un primo momento. In fondo, è interessante vedere Erika rapportarsi per la prima volta a un personaggio estraneo alla sua cerchia famigliare. E mi piace molto quel che emerge di questo collegio, con gli esami che non vanno a prendere in considerazione le conoscenze pregresde degli studenti, quanto piuttosto la loro attituidine e predisposizione al corso di studi. Insomma, è una cosa che mi sta molto a cuore, e pur non avendo io studiato in una facoltà a numero chiuso, credo davvero che questo sarebbe il metodo più razionale per distribuire gli studenti in un corso di studi.
Ma comunque, per quanta simpatia mi faccia questo personaggio, vista la fortuna che Erika ha avuto fino ad ora, da un lato mi verrebbe da sospirare di sollievo all'idea che abbia finalmente incontrato qualcuno di gentile e disposto ad aiutarla, e dall'altro sono un po' diffidente e preoccupata. Insomma, sono molto curiosa di vedere che cosa si nasconderà in questo edificio di mattoni rossi e dalla porta gialla (poi magari mi sto facendo solo un sacco di paranoie, e lì ci sarà davvero solo un funzionario generico capace di ratificare il suo testamento e affidarle una rendita, e allora tanto meglio!).
Insomma, spero di proseguire presto! |