Ehilà Kan, dovevo arrivare prestissimo e invece ti ho fatto aspettare… a quanto pare il lockdown rende te produttiva (evviva!) e me arrugginita (sigh).
Allora, da dove cominciare? Intanto col dirti che la storia mi è piaciuta moltissimo, e che ha dato il via a diverse riflessioni che spero di riuscire a spiegarti con sufficiente chiarezza. Dunque, parto subito.
Sulle prime mi sono soffermata su Maeglin. L’ho visto con gli occhi di Melkor e ho pensato che l’analisi fatta dal “peggior psicologo di Arda” fosse più che condivisibile: il rapporto controverso col padre, la smisurata ambizione, il desiderio di potere e di rivalsa inquadrano bene l’erede di Turgon. E le reazioni di Maeglin all’intrusione del nemico (che io immagino mentale) – il suo sguardo inferocito, le sue grida – sembrano confermare il fatto che Melkor colpisca nel segno. Insomma: Melkor sonda la psiche di Maeglin per mettere a nudo i suoi desideri più profondi, la sua “vera natura”, e sfrutta ciò che scopre per spingerlo al tradimento. Triste, ma perfetto.
Poi, però, mi sono soffermata su Melkor, che è il filtro attraverso il quale vediamo Maeglin, e considerato che il Nero Nemico non è proprio l’emblema della sincerità, mi è venuto qualche dubbio. Mi sono domandata: ma quanto sa ‘realmente’ Melkor di Maeglin, del suo vero sentire, della sua personalità, di ciò che custodisce nel suo cuore? (Ci sono davvero solo tenebre laggiù?)
Allora mi si sono aperti due scenari.
Il primo è quello in cui Melkor conosce davvero Maeglin nel profondo, è in grado di leggerlo come un libro aperto e ne conosce ogni sfaccettatura della personalità, ma, da abile manipolatore qual è, durante l’incontro con lui mette in evidenza solo gli aspetti del carattere di Maeglin che fanno il suo gioco, quelli che gli servono per farlo capitolare.
In pratica, mescola deduzioni che sono quasi certamente vere, con altre che lo sono solo parzialmente, come quando dice: “Hai gioito della morte di chi ti ha dato la vita” (che probabilmente racchiude una certa dose di verità, ma è di sicuro mescolata a sentimenti più complessi). Queste mezze verità, messe insieme a – per così dire – verità intere, agli occhi di Maeglin sembrano reali, e contribuiscono a spezzare quei pochi, deboli legami che ancora lo trattengono dall’abbandonarsi completamente ai suoi desideri, rendendolo vulnerabile alla corruzione. Altro esempio in questo senso è quando Melkor parla di Turgon, che pur non essendo il mio personaggio preferito – per usare un eufemismo – non si può ridurre soltanto a un codardo che si nasconde dietro nobili sentimenti, come lo vuol presentare Melkor.
Il secondo scenario è quello in cui Melkor non è in grado di comprendere appieno Maeglin, perché non riesce a far altro che giudicare la sua vittima col proprio metro (non è anche lui un figlio che non vuole vivere all’ombra del padre? Che desidera ben altra eredità rispetto a quella che il padre ha pensato per lui? Ambizioso, determinato, assetato di potere?). Insomma, Melkor vede in Maeglin solo quello che vuol vedere, o quello che è in grado di vedere. Purtroppo però sa come sfruttare al meglio questa parziale conoscenza, e su una persona debole come Maeglin questo gli basta.
“Cosa vedi quando mi guardi, germoglio oscuro?” (com’è che ho l’impressione che la prima stesura del racconto cominciasse proprio con questa frase?).
“Non ho forse ragione?”
Sono queste domande che – volendole considerare non in senso retorico, come probabilmente sono intese – mi fanno sospettare che Melkor non conosca il suo interlocutore bene come vuol fargli credere.
Alla fine probabilmente i due scenari si sovrappongono: Melkor ha una buona (ma non perfetta) capacità di analisi e un’ottima capacità di manipolazione.
Ma non è questo il punto. Il punto è che è proprio il fatto di non poter dire con certezza cosa Melkor sappia veramente, né cosa Maeglin provi veramente, che rende questo racconto una di quelle storie ricche di ambiguità che a me piacciono tanto!
Ambiguità sostenuta anche dall’uso originale della seconda persona, e dico originale perché è forse la prima volta che leggo una seconda persona in cui il narratore, invece di annullarsi completamente, diventa fondamentale per l’interpretazione della storia. E a pensarci bene, anche il titolo si adatta perfettamente, perché le tenebre nel cuore di Maeglin possono riferirsi a ciò che Maeglin nasconde a sé stesso, ma anche a ciò che Melkor non riesce a vedere nel cuore di Maeglin.
Ed eccoci alla fine. Forse stavolta ho esagerato coi voli pindarici, ma ho due scusanti. La prima è che Maeglin è un personaggio su cui non ho ancora una visione completa e per il quale, forse proprio per questo motivo, nutro un forte sentimento di attrazione/repulsione. Il secondo è che avendo, invece, ragionato molto a lungo su un altro incontro di Melkor con un’altra vittima (*inserisci cuoricino*), l’argomento di come il Nemico si insinui nell’animo di chi vuole corrompere è qualcosa di cui starei a parlare per ore.
Quindi grazie mille, Kan, per questa storia che mi ha permesso di sguazzare tra temi a me cari. Una storia che lascia, per alcuni aspetti, libera interpretazione al lettore, proprio come piace a me, scritta con il tuo consueto stile impeccabile.
Un abbraccio e a presto,
Los |