Cara Chiara,
ci ho messo un po' a preparare questa recensione, anzitutto perchè sono lento di mio, si tratta di entrare nell'anima di una persona, compito quantomai delicato e complicato, ma non privo di soddisfazioni. E poi per colpa della mia ignoranza, perchè non conoscevo il brano di Lee Masters a cui fai riferimento.
Anzitutto hai avuto grande saggezza nella scelta. L'argomento è estremamente attuale, sentito, dibattuto, sia pure con sfumature diverse.
Ho confrontato i due pezzi con mente spassionata.
Ho preferito il tuo.
Naturalmente l'originale si riproponeva altri scopi. Doveva essere un epitaffio in grado di descrivere il meglio possibile l'intera vita di una persona, con toni scarni, senza indulgere in troppe immagini poetiche. Doveva mettere in risalto l'ipocrisia di una piccola famiglia borghese, cosa che a te non interessa.
Molto bello però quel verso "In my youth therefore I entered the portals of dust", tradotto a fatica in "Così, giovanissima, / ho varcato cancelli di cenere." oppure "Nella giovinezza perciò varcai le porte del nulla."
Tu semplicemente ignori quel senso di ineluttabile condanna che si delinea sin dall'inizio.
Tu però aggiungi molte e belle suggestioni poetiche.
Quel delicato amore che "fu sbocciato" e che più tardi rende lei "assopita".
Quella vita materna che implica il "dare in dono".
Il blandire di Henry, che regala perle e stelle.
Quell'odio che diventa quasi perversione con quel grottesco ballo "in mezzo alle foglie" (esigenze di rima? : ) ).
Quella maledizione finale davanti agli uomini e davanti a Dio.
Un bel sonetto insomma, con qualche verso però un po' zoppicante. |