Dunque dunque…
Inizio prima con le kakkole (già, perché non fare una poesia sullo scaccolamento? Nasi purgatio? Nasi mundatio? Che idea eh?) e chiudo poi con le kokkole. Tutto sempre e solo IMHO.
I caratteri sono troppo grossi e a forza di scrollare col ditone perdo la pazienza e mi passa la voglia. Non è poi una poesia né in senso classico né in senso futurista. Nel senso… trovo assai più musicale "L'inno del corpo sciolto" di Roberto Benigni (1979). Quello è anche schitarrato, dirai tu, ma solo il testo è un capolavoro.
Troppo lunga, alla fine s'ingarbuglia e s'introverte: troppe domande e troppi "siamo chiamati". Ma su questo chiudo volentieri un occhio: è una poesia di merda!
Che poi, in fondo, la coprolalia è sempre meno stigmatizzata nelle illuminate società moderne, e la coprofagia è addirittura considerata segno di grande raffinatezza tutte le volte che si beve una tazzina di kopi luwak, il caffè defecato dallo zibellino indonesiano. Col mignolino sollevato.
Bene, tiro lo sciacquone e passo alle kokkole. Mi piace il richiamo alla fase anale di Freud: lo dice uno che è malato di fissazione anale ritentiva. Leggo poi qua e là un vago richiamo alla cagata di gruppo: sarebbe un'esperienza indimenticabile. Purtroppo però tutte le volte che provo a lasciare timidamente la porta del bagno aperta arriva la moglie tutt'altro che ispirata, svuota un barattolo di deodorante (che mi tocca ricomprare) e sbatte la porta.
In sintesi, trovo il testo liberatorio, disinibitorio, ironico il giusto, godereccio, piacevolmente erotico (l'immagine della donna nuda "in una posizione a cagnolino" mi fa montare l'uzzolo), all seasons, gradevolmente narcisista (lieve fissazione anale espulsiva, gli opposti si attraggono). Bellissimo il finale, anche se tamarramente messo in mostra dal carattere maiuscolo e grassetto. I doppi sensi sono un'arte raffinata e ricca di soddisfazioni.
Un caro augurio di buona giorn… cagata, adesso che è mattina: Defecatio matutina bona tam quam medicina. Defecatio meridiana neque bona neque sana. Defecatio vespertina ducit hominem ad ruinam" (attribuito alla Scuola Medica Salernitana). |