Ho visto che lo hai già inserito tu il mio commento, ma lo faccio anche io perché la storia mi è piaciuta troppo ecco, così ti rinnovo i complimenti per la vittoria. ^^
Ed ecco qui la storia vincitrice. Dunque, uno degli elementi che più mi ha fatto protendere per il primo posto è stata la naturalezza della situazione descritta. La tua storia sembrava un quadretto del realismo ottocentesco, così fresca, genuina e naturale che è stata premiata.
Difatti i personaggi erano loro, proprio quelli della Meyer (ma senza la presenza a dir poco irritante di Bella Swan il che già ha molto giocato a tuo favore xD), eppure erano normali, in una situazione quotidiana: niente lupi, vampiri, battaglie, spargimenti di sangue... solo un tranquillo pomeriggio di pesca a La Push.
La prima pagina immerge il lettore in un'atmosfera familiare, descritta con tale vividezza e semplicità che se ne viene quasi risucchiati, obbligati a prenderne parte, ad immergersi in essa, perché è una situazione in cui tutti noi, almeno una volta nella vita, ci siamo ritrovati: in macchina con genitori e fratelli, diretti verso una gita di qualche tipo che nessuno di noi vorrebbe fare. Le reazioni dei ragazzini, poi, sono descritte in maniera deliziosa: con pochi accenni, senza essere né pesante né didascalica, ma hai tracciato perfettamente sia i tratti caratteristici specifici di Rachel, Rebecca e Jake, sia, in generale, comportamenti generazionali, dovuti all'età. In particolar modo mi è piaciuto, all'inizio, come hai descritto Jacob, qui così distante dal diabetico Jake sempre intento a sbavare dietro Bella prima e Renesmee poi, eppure così straordinariamente lui.
Bella anche la parte dove si innalza l'eterno muro maschi/femmine che, prima dei sedici anni di età e forse anche oltre, non potrà mai essere abbattuto: le gemelle si dedicano alle “cose da donne” con Leah, mentre i maschi si preparano ad occupare il loro tempo con cose che sono la ragione di vita di tutti gli esseri di sesso maschile dai dieci anni in giù (e talvolta anche in su... molto in su xD). Anche il breve accenno a questo rapporto/non rapporto fra Jake e Seth mi è piaciuto molto: l'entusiasmo irrefrenabile del bambino più piccolo coinvolto nelle attività di quelli più grandi di lui e, viceversa, il rifiuto quasi congenito dei bambini più grandi nei confronti dei più piccoli. La parte della partita dipinge questo aspetto con brevi piccole pennellate, leggere e delicate ma estremamente reali. E' stato bellissimo notare il misto di sensazioni che ho provato quando il riso o il sorriso suscitato da un'azione dei bambini si scontrava, invece, con l'estrema serietà con la quale essi si dedicavano alla loro attività, come del resto tutti i bambini piccoli, che considerano il gioco con estrema serietà. La fame però fa dimenticare ogni divergenza. Persino il momento del pranzo lo hai descritto in una maniera così reale che mi ha spiazzato: in poche, semplici parole, riesci a rendere anche i più piccoli gesti, dando loro un senso ed una compiutezza all'interno della trama senza mai risultare ridondante. La maniera in cui descrivi i bambini che, mangiando l'hamburger si sporcano di ketchup mi ha fatto a dir poco impazzire (“In un attimo si ritrovarono le bocche e le magliette sporche di ketchup e maionese, che, anarchiche, erano sfuggite dal pane, tuffandosi sui loro cartoni preferiti, che adornavano le loro t-shirt.)
Infine, ecco il momento, diciamo, topico della vicenda, anche se tu queste premesse non le hai per nulla fatte pesare sul resto, anzi, il tutto è perfettamente amalgamato e fa parte della storia, perché, pur con la descrizione di attività, di fatti, sei riuscita a penetrare a fondo nella psicologia dei personaggi, pur dando l'impressione di rimanere in superficie, di volare su di essi con la leggerezza di una farfalla e l'impegno di un'ape, intenta a prendere il meglio di ogni fiore per farne il miele.
Seduti sull'erba, Jake intento a trangugiarsi i suoi hamburger e Leah in piena crisi adolescenziale. La descrizione di questo incrocio di anime dura quindici righe a dir tanto, eppure è affrontato con una delicatezza sublime, senza eccedere in romanticismi sbrodolati ed assolutamente fuori luogo per due bambini, per di più visto e considerato che lui è più piccolo di lei di quattro anni che, in un'età così giovane, corrispondono veramente ad una vita. Parlo di romanticismi perché mi è capitato di leggere delle storie dove Leah e Jake da bambini si comportavano in una maniera molto più consona a ragazzi ben più grandi di come venivano dipinti nella storia, il che rasentava l'assurdo ed il ridicolo: i bambini sono capaci infatti di sentimenti sì estremi (dell'amore più grande e viscerale, come della crudeltà e dell'odio più profondi), ma hanno anche una loro purezza, innocenza e delicatezza, con la quale possono benissimo esprimere amore, apprezzamento o interesse pur rimanendo sé stessi e bambini, come è giusto che sia. E questo è proprio quello che hai fatto tu: hai descritto l'avvicinamento di due anime, che si sono incontrate in una maniera semplice e genuina, attraverso dei gesti puliti, infantili, adatti, insomma, alla loro età. Ti sei mantenuta fedele nel tuo realismo e hai fatto centro perfettamente in quelli che sono i veri sentimenti, senza sbrodolarti e senza cadere nel ridicolo o nell'inverosimile.
Nella sua spontaneità di bambino, Jake è sincero con Leah; nel suo candore è seriamente interessato al suo stato di infelicità e se ne fa carico, la fa sua, e cerca di consolare la ragazzina delusa, senza quasi rendersene conto, eppure sceglie le parole giuste al momento giusto con una naturalezza quasi spiazzante. Ed il rossore di Leah è il momento che corona tutto.
Ho fatto il tema della maturità sull'importanza dell'arrossire in amore, ma adesso non sto qui a rifarti tutto il discorso. Ti dico solo, in breve, che nella mia tesi sostenevo che l'amore pudico, schivo, che non si mette in mostra con gesti estremi ed eclatanti, ma semplicemente con una manifestazione pura e spontanea come l'arrossire, ha pari dignità, se non una dignità più vera e superiore, rispetto all'amore passionale. Qui posso sostenere la stessa cosa, che tu hai evidenziato in una riga, ma in maniera molto potente.
E poi una sorta di déjà vu: una scena così simile eppure così differente rispetto a quella di prima ci si para davanti. Entrambi, Jacob e Leah, sono cresciuti e sono maturati, anche per via di percorsi di vita difficili, non solo a livello amoroso, ma anche e soprattutto per via della loro condizione non umana, che li ha fatti crescere in maniera diversa dagli altri ragazzi della loro età.
Essi sono finalmente rilassati, sereni e tranquilli dopo una vita difficile, in riva a quello stesso fiume che tanti anni prima aveva sorriso davanti al viso rosso di una ragazzina di undici anni. L'atmosfera è tranquilla, ma c'è una vena di malinconia sottile, quasi impercettibile, che la avvolge (“A lei basta questo: studiarlo con li occhi, accarezzarlo con questi, mentre le parole la difendono, impaurite da un possibile attacco; ma lui non è suo e Leah lo sa bene, è una stella troppo lontana per essere raggiunta, che appartiene ad un'altra galassia. E lei non può fare che rimanere là, come un satellite, e assorbire quella poca luce che la raggiunge.”)
I due si parlano normalmente, come tutti i ragazzi della loro età, e lui la chiama LeeLee (tu non hai idea di come mi sono sciolta in questo punto! ** Tu mi hai colpito subdolamente nel mio punto debole xD: adoro la coppia Jake/Leah) e lei arrossisce di nuovo, come tanti anni prima, quando entrambi erano piccoli e non ancora segnati dalle esperienze della vita.
I capelli ormai ricresciuti nascondono il suo imbarazzo insieme ad un sentimento che desidera occultare, forse per paura che la faccia soffrire di nuovo, forse perché sa che sarebbe inutile esternarlo e quando lui, come tanti anni prima, le chiede che cosa abbia lei risponde solo, con la stessa semplicità: “Nulla, è solo il sole.” |