In questa fanfiction di Mirya si respira - come si può arguire dal titolo - la dimensione di quella favola magica, iniziata con "Succo di zucca".
Ci introduce in questa favola uno stile accurato e ricercato, al limite del maniacale, in cui nulla è lasciato al caso. Non le allitterazioni che sono inserite per ottenere di volta in volta uno o più effetti diversi. Ad esempio, l'espressione con cui si apre il primo capitolo "Odiava il Natale" viene ripetuta in modo tale da creare la sensazione di un crescendo al culmine del quale prima esplode il disappunto di Draco, poi quel fastidio si sgonfia come una palloncino di fronte al reale motivo del malessere: la mancanza di Hermione.
Oppure il continuo chiosare nel corso della storia: "Perché era un idiota" costituisce un "leit motiv" del racconto, che fa vivere al lettore la lenta, faticosa, non voluta, ma progressiva e, per fortuna, inevitabile presa di coscienza di Draco, inizialmente quasi del tutto ignaro dei suoi errori; questo, finché quella constatazione fatta da altri e da lui stesso e che sembra condurre ad esiti drammatici viene finalmente stemperata in un "E si sentì un po' meno idiota". E questa frase strappa, insieme ad un sospiro di sollievo, un sorriso indulgente e compiaciuto al lettore.
Così come frutto del caso non sono le parole o le frasi che sono scritte in corsivo nel testo; ad esempio, talvolta rievocano frammenti di dialoghi che Malfoy ha avuto con la Granger e che balzano alla mente del protagonista del racconto, a sottolineare quanto radicato sia il sentimento nei confronti della strega. Altre volte, rendono l'estrema difficoltà di Draco di ammettere con se stesso di essersi comportato male innanzitutto con la donna che ama; infatti, dopo essersi reso conto dei suoi sbagli, il mago quasi si riscuote, quasi è vinto dalla sua natura e termina le sue riflessioni con un "forse", che ci restituisce tutta la cocciutaggine del personaggio.
Lo stile di Mirya, inoltre, si adatta alle diverse fasi del racconto, come avevo già notato in un precedente commento ad una sua storia: si compone di periodi brevi ed incisivi quando, ad esempio, uno dei due interlocutori è guardingo (si pensi nel primo capitolo alla diffidenza di Malfoy nei confronti dell'Annunciatore) oppure quando si tratta di narrare dei fatti. Al contrario, il periodo si distende nel momento in cui Draco riflette sul suo comportamento passato e sulle conseguenze alle quali le sue condotte potrebbero condurre. In tali occasioni, il ritmo diventa più lento e si potrebbe dire meditato.
L'impressione, però, è che neanche ad una seconda e terza lettura si riescano a cogliere ed apprezzare quelle ricercatezze stilistiche con cui l'autrice impreziosisce la sua opera.
Quanto alla caratterizzazione dei personaggi, chiarisco subito che non ho mai letto i racconti della Rowling, pertanto non sono in grado di valutare la "coerenza esterna" dei medesimi, ossia la corrispondenza dei loro caratteri agli originali. Leggo, però, negli avvertimenti alla fanficition che ci muoviamo in un universo alternativo e che i personaggi sono fuori carattere; insomma, l'autrice ci avvisa che vuole prendersi le sue libertà.
Non potrebbe farlo, però, nel delineare il carattere dei personaggi all'interno della saga che ci sta raccontando, ossia deve mantenere una sua coerenza interna.
Ecco, il Draco che ho conosciuto in "Succo di zucca" è lo stesso che ritrovo nel "Canto": arrogante, viziato, cocciuto, pronto a rendere pan per focaccia e a ricorrere a quasi qualsiasi espediente pur di ottenere ciò che vuole. Non è un personaggio positivo. Ciò che me lo fa amare, però, è quell'amore incondizionato che prova per Hermione; un amore nato da un sentimento che ha combattuto strenuamente fintanto che non ha dovuto arrendersi. Un amore bruciante di desiderio, come non può non essere tra due ragazzi di diciott'anni, un amore pronto alle rinunce più grandi: rinnegare il padre e gli ideali che questi ha trasmesso e trovare un punto di contatto con i nemici di sempre.
Così come l'Hermione del "Canto" è l'Hermione di "Succo di zucca". Decisa, forte nelle sue convinzioni, ferma nei suoi ideali, fedele nelle sue amicizie e generosa fino al sacrificio di se stessa. Ed anche lei pronta a tutto - o quasi - per quell'amore inatteso e non cercato. Un amore a favola.
Favola, per l'appunto.
Ho già notato che dal titolo si può intuire di che genere di racconto si tratti. La lettura non smentisce questa intuizione e ci proietta in un mondo in cui è lecito sognare di cattivi che si redimono, di amicizie che si fortificano nei momenti di difficoltà e di amori talmente forti da vincere e superare quelle difficoltà.
L'autrice, però, si sforza di mantenere nel complesso quella via di mezzo che impedisce alla fanfiction di scadere a farsa o di assestarsi sugli insopportabili toni del dramma. Al contrario, fin dall'inizio sono inseriti nella trama sprazzi di ironia, momenti divertenti e veri e propri siparietti comici, che spezzano la drammaticità del capitolo sesto, che costituisce, per l'appunto, il vertice drammatico della storia.
Ritengo che quello di Mirya sia uno stile lontano dal barocco, dal pomposo, con il gusto dell'effetto stilistico fine a se stesso o solo volto a suscitare stupore ed ammirazione nel lettore. In generale, non si può dire che tale stile si connoti per i periodi brevi ed incisivi, che pure non mancano laddove l'andamento della storia lo richiede. Laddove, tuttavia, la storia si dipana più lentamente, quasi fosse un fiume che dopo l'impeto delle cascate incontra la pianura, l'autrice ama far perdere il lettore nelle sue descrizioni e nelle riflessioni che svolgono i suoi personaggi. Non per questo Mirya risulta ampollosa o patetica nel senso spregiativo del termine né artificiosa. Anzi, il racconto mi ha preso in maniera tale che ieri sera, alla quinta lettura, non sono andata a dormire finché non ho finito la storia. Ed ho pianto rivivendo il dramma di Draco nel sesto capitolo, così come ho riso, leggendo, invece, del "dramma" dell'Angelo canterino nell'ultimo capitolo. Questo non perché il testo sia retorico o patetico, ma perché é commovente, coinvolgente, pieno di sentimento, così come commovente, coinvolgente, pieno di sentimenti, stemperato dall'ironia e dalla comicità è tutto il racconto. Perché così è la vita.
In tal modo, Mirya narra di sentimenti senza scadere nel sentimentale, tocca le corde del drammatico senza scadere nel patetico; ci fa assaporare la dolcezza senza scadere nello sdolcinato e nel melenso.
"Il Canto", dunque, è una favola e dà al lettore quello che promette: buoni sentimenti e lieto fine. A voler essere pignoli, poi, questa fanfiction mi rammenta più i toni di Shrek che quelli di "Cenerentola" o "Biancaneve". Anzi, qui il protagonista è addirittura un personaggio negativo, costretto in certa maniera a redimersi; ma i limiti di questa redenzione, peraltro niente affatto completa né spontanea, si avvertono tutti.
Forse anche per questo la favola di Mirya è più verosimile di quello che potrebbe apparire ad una prima lettura. |