Recensioni per
The train man
di Naco
*piovono pacchi regalo* |
Il parallelo con Novecento ci sta, ma solo in parte e non per l'amore. Io ho avuto la sensazione di assistere ad una non-vita. Un uomo che si abbevera alla fonte della vita di milioni di persone che passano davanti ai suoi occhi in una stazione, ma che non ha una vita sua. Un uomo che non ha mai conosciuto l'amore se non attraverso le storie della gente che ha osservato, un uomo che ha rinunciato a tutto per quel sogno che alla fine non lo ha soddisfatto nemmeno. E' una storia molto triste che ha un altro confronto forse più appropriato ne I quaderni di Serafino Gubbio operatore di Pirandello. Lui non vive, guarda passare la vita della stazione da dietro un vetro, come l'operatore dietro la macchina da presa. Per quanto riguarda la narrazione, credo che dovresti snellirla un po', in modo da rendere la lettura più fluida. Specialmente nell'ultima parte, i periodi sono un tantino ingarbugliati, tanto che ho dovuto rileggere per capire chi era l'uomo che stava narrando la storia. Ho capito vagamente che fosse un collega del protagonista, ma non mi è molto chiaro in che rapporti fosse con lo stesso e in che modo quello ha influito sulle sue scelte. L'idea, a livello concettuale, è molto buona e suscita molte riflessioni. Una rielaborazione a livello stilistico renderebbe il racconto ancora più pregnante. Comunque mi è piaciuta e ti faccio i miei complimenti. |
Che storia poetica! Semplice, nel suo sviluppo e nelle sue intenzioni, ma piena di significati. Probabilmente non esistono persone così - ed effettivamente sarebbero strane - ma come per Novecento, la questione non è la verosimiglianza del personaggio, ma il fatto che sia il simbolo di una certa condizione, di un certo tipo di umanità, quella che non "sale sul treno", ma guarda gli altri salire, quella che non si cala mai nella vita, ma la osserva in disparte. E' uno stato esistenziale tipico degli artisti, dei poeti, una forma di contemplazione dell'umanità mettendosene fuori non per superbia, ma perché la sensibilità di se stessi non viene dal vivere la vita ma dallo specchiarsi in quella degli altri. Una forma d'amore più alta, forse, strana e misteriosa. |