Recensioni per
Il ponte dei suicidi
di Rota

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
24/10/14, ore 14:01

GIUDIZIO PER AVER PARTECIPATO AL «SUMMER CONTEST PER STORIE EDITE»
«IL PONTE DEI SUICIDI» DI ROTA23 (ROTA)
 
Oramai vale più un meccanico ben istruito che un docente di università. Io questo lo trovo sinceramente paradossale, con tutto il rispetto per il meccanico s’intende. Ecco, non so, probabilmente sono nato in un’era sbagliata, i cui valori non riconosco appieno, ma vedendo che l’integrazione sta diventando sempre più sinonimo di omologazione non posso provare che un enorme spavento. Mi capisci?

Sviluppo della trama e dei personaggi 
Dal titolo della storia si prospetta quasi qualcosa di drammatico, qualcosa che potrebbe lasciare con l'amaro in bocca e far apparire un groppo in gola, ma durante il corso della lettura si scopre, per fortuna o per caso, che in realtà non è così. 
Ci si ritrova catapultati nei pensieri del protagonista, Massimiliano, che riflette su quanto sia sterile la sua vita e sul da farsi da quel momento in poi, mentre l'asfalto sfreccia sotto le sue scarpe e i pensieri sembrano correre più veloce di lui. In quel posto in cui si ritrova, molti sono morti e molti conoscono la sua profondità, e lui sembra quasi volerla saggiare a propria volta, perso ancora in elucubrazioni mentali che sfuggono alla comprensione altrui. 
Quando si siede sul muretto, una volta arrivato a quel ponte, per un lungo attimo ha un barlume di lucidità e il corpo cerca istintivamente di proteggersi, tanto da far ancorare le mani a quella pietra sdrucciolevole; l'istinto di sopravvivenza è forte nonostante sia stato proprio lui a far arrivare al proprio cervello quell'idea di lanciarsi, anche se passa parecchio tempo prima che quell'idea si affacci del tutto nella sua mente. E qui arriva il punto clue, quello in cui chiama la sorella e lei capisce che il fratello vuole lanciarsi, così si veste in fretta e furia e cerca di raggiungerlo, tenendolo comunque impegnato al telefono per capire il perché di quel gesto che vuole compiere così improvvisamente. 
Ti dirò, in fondo ho compreso più lei che lui. Ho capito le motivazioni di Massimiliano, quel suo sentirsi intrappolato in una società che vede tutti amalgamati nelle medesime cose e che cerca di appiccicare etichette e ruoli anche a chi vorrebbe non averli, ma non condivido il fatto che per tale motivo volesse buttarsi giù da un ponte. Hai problemi con cose del genere? Risolvili, cerca di fare qualcosa della tua vita e parti dal basso, che la società da sola non si cambia e unicamente con le nostre forze possiamo risalire dal fondo e trovare la nostra strada, specialmente a vent'anni. Si ha tutta una vita davanti per capire in che cosa si è bravi e niente e nessuno deve permettersi di obbligarti a fare qualcosa che tu non hai la benché minima intenzione di fare perché hai altre aspirazioni. Forse sarò cinica e magari come Clelia non sono del tutto arrivata alla stessa conclusione di Massimiliano, ma ciò ha fatto sì che non riuscisse a piacermi molto come protagonista, probabilmente perché vedo il suicidio come un gesto estremo verso qualcosa che non si può più riparare nemmeno volendo. 
Paradossalmente, quando hai scritto questa storia avevo la stessa età del protagonista e anch'io mi sentivo e mi sento tutt'ora come se fossi nata in un'epoca diversa, con valori che non condivido e che credo siano sinceramente sbagliati - adesso più di quanto non lo fossero quattro anni fa, ma questo è un discorso a parte -, ma gettare via la propria vita per una società che alla fine se ne frega altamente del fatto se vivi o muori non risolve niente e non dimostra nulla a nessuno. Esattamente come fa notare Clelia, che mi sembra di sicuro molto più razionale di come non mi sia apparso Massimiliano. Proprio lui ha sofferto, però, per l'allontanamento della sorella, sorella alla quale voleva anche un bene dell'anima, e forse anche il suo essere stata assente ha fatto sì che il ragazzo arrivasse a pensare ad una cosa come quella di andare là a sedersi sul ponte, chi potrebbe dirlo. Per fortuna, la sorella lo fa ragionare, forse con parole un po' dure e forse non propriamente col tipico discorso da sorella maggiore, ma ciò sembra bastare per smuovere Massimiliano da quell'idea, dando vita ad un nuovo inizio che solo lui, se vorrà, potrà avverare. 
Da un certo punto di vista, la storia è apparsa originale. Non si ha il solito plot che tende all'angst e che sembra voler portare alla conclusione dettata dalla morte del protagonista, ma si comincia invece ad avere una visione diversa delle cose piano piano, lasciando il tempo che trova e riuscendo così a dar risalto anche alle paure, alle sensazioni e ai pensieri dei protagonisti che si muovono su questo sfondo notturno. Chi mi ha convinta poco è stato proprio Massimiliano ma, avendo lui una mentalità un po' particolare, ha agito secondo il suo modo di pensare, non volendo amalgamarsi alla massa. 

Sintassi, stile & grammatica 
Per quanto tu abbia un'ottima grammatica - a parte alcune sviste a cui si può rimediare con una rapida lettura, niente di grave - e una buona padronanza lessicale, il problema ricorrente è il tuo cambiare un po' la posizione delle parole nelle frasi, così da renderle a volte pesanti da leggere anche a causa della mancanza della punteggiatura. A volte da' l'impressione che tu voglia usare una sorta di stile aulico quando magari non è così, dunque ti appunto giusto di fare attenzione e di domandarti se non sia il caso di sistemare il modo in cui una determinata frase, in quel momento, viene scritta. Leggerla ad alta voce a volte aiuta, e te lo dico perché sette anni fa scrivevo anche io con uno stile del genere e ho col tempo notato che non funzionava molto sul fattore fluidità. 
Ti consiglierei anche di non andare continuamente a capo dopo il punto quando la frase può continuare sul rigo successivo, così da non spezzare troppo, e di non inserire troppo spesso i trattini per distaccare la frase. A volte da un ritmo un po' confuso e sembra che si voglia dire altro mentre poi viene tutto interrotto. Ciò detto, ti comunico giusto un paio di piccole sviste e accorgimenti: 

❒ Lo chiamavano il “Ponte dei suicidi” quello che attraversava il fiume Gobbio appena poco più sopra della frazione di Sant’Appolonio. → “Quello che attraversava il fiume Gobbio, appena poco più sopra della frazione di Sant’Appolonio, lo chiamavano il “Ponte dei suicidi”” 
❒ Lo sapeva Andrea quanto era profondo quel burrone, Andrea che a diciotto anni aveva deciso → “Andrea lo sapeva quant'era profondo quel burrone. Andrea che, a diciotto anni, aveva deciso” 
❒ Pensava forse → “Forse pensava” 
❒ Lo chiamavano il Ponte dei suicidi, quello. 
Perché di suicidi ne aveva incontrati davvero troppi.
 → “Quello lo chiamavano Ponte dei suicidi perché di suicidi ne aveva incontrati davvero troppi.” 
❒ avanzava verso la meta sorridendo appena, cercando di trovare un motivo → Per non ripetere due gerundi vicini, cambierei in: “avanzava verso la meta e sorrideva appena, cercando di trovare un motivo” 
❒ Gli occhi semplicemente saettarono al bordo → “Gli occhi saettarono semplicemente sul bordo” 
❒ Ancora la Luna non si vedeva e → “La Luna non si vedeva ancora e” 
❒ nessuno che nel caso fortuito non lo avrebbe liquidato additandolo con un appellativo poco felice → “nessuno che, nel caso fortuito, non lo avrebbe liquidato e additato con un appellativo poco felice” 
❒ O altro/altro → Ripetizione nella stessa frase, eliminerei una delle due oppure utilizzerei un sinonimo 
❒ o almeno, per alcuni secondi → “o, almeno, per alcuni secondi” 
❒ Una voce impastata da quello che era un evidente sonno interrotto gli rispose → “Una voce, impastata da quello che era un evidente sonno interrotto, gli rispose” 
❒ Ora però lasciami dormire → “Ora, però, lasciami dormire” 
❒ non tanto da una vera e accorata curiosità quanto da una rassegnata consapevolezza che → “non tanto da una vera e accorata curiosità, quanto da una rassegnata consapevolezza che” 
❒ E dal tono quasi isterico con cui proferì le parole seguenti capì di aver intuito fin troppo bene → “E, dal tono quasi isterico con cui proferì le parole seguenti, capì di aver intuito fin troppo bene” 
❒ E’ → Ovviamente si dovrebbe scrivere “É”, anche se è più veloce e pratico. Se si usa NVU si può utilizzare la funzione caratteri e simboli per inserire la É accentata, altrimenti su Word lo fa automaticamente dopo il punto 
❒ Io, pensando a cosa ho fatto e cosa sto facendo tutt’ora non ho trovato → “Io, pensando a cosa ho fatto e cosa sto facendo tutt’ora, non ho trovato” 
❒ Fino a qualche tempo fa mamma avrebbe detto di tenermi fino alla morte il vecchio modello che non avevamo soldi da buttare e ora arriva a fare una cosa del genere. → “Fino a qualche tempo fa, mamma avrebbe detto di tenermi fino alla morte il vecchio modello perché non avevamo soldi da buttare... e ora arriva a fare una cosa del genere.” 
❒ come tutte le altre persone normali il fatto che abbia → “come tutte le altre persone normali, il fatto che abbia” 
❒ Clelia uscì dalla macchina aprendo la portiera → “Clelia uscì dalla macchina, aprendo la portiera” 
❒ Soffiò ancora il vento → “Il vento soffiò ancora” 
❒ e chiedere aiuto alla mamma potresti → “e chiedere aiuto alla mamma, potresti” 

Parere personale 
Ammetto che all'inizio non mi aveva per nulla entusiasmata l'idea di leggere una storia con un titolo del genere. Ciò non ha nulla a che fare con la trama a cui hai dato vita - lungi da me denigrare il modo in cui uno scrittore decide di approcciarsi a determinati argomenti, finché la cosa viene trattata con la dovuta cura e il dovuto rispetto -, ma per motivi a me legati mi ci è voluta davvero una forza di volontà per andare oltre quel titolo infausto e cominciare a leggere e stendere in seguito questo giudizio. E te lo dico perché, nonostante le premesse iniziali non mi avessero messo per niente di buon umore per i motivi a cui accennavo pocanzi, durante la lettura mi sono ricreduta poco a poco. 
Come dicevo pocanzi, però, ammetto di non essere del tutto solidale con il protagonista di questa storia. Ho apprezzato molto di più la sorella, e non so se fosse un effetto voluto oppure no, ma proprio non sono riuscita a farmelo piacere poiché ho visto in lui un qualcosa che, pur condividendolo in parte, non reputo così disastroso da pensare di gettare la propria vita per una società sbagliata che non si merita tale auto-distruzione. In quanto sorella maggiore, avrei anch'io avuto la voglia di prendere a sberle mia sorella anche solo per il pensiero che le era venuto in mente, quindi forse è anche per questo motivo che mi sono ritrovata di più in Clelia che in Massimiliano, pensando a come mi sarei sentita e a cosa avrei fatto se al loro posto ci fossi stata io. 
Lieta comunque che ci sia stata un lieto fine, un nuovo inizio da quello che, al principio, era apparso solo come un atto per farla finita del tutto e non provare più niente.

Recensore Master
31/07/11, ore 14:11

Da tempo volevo leggere questa storia e finalmente son qui a commentarla. Per quanto semplice, è una storia completa in tutto e per tutto: ambientazione precisa e ben contestualizzata -il fatto poi che il posto esiste dà maggiore spessore alla storia-, presentazione lineare dei protagonisti ed analisi introspettiva impeccabile. E su questo punto ultimo proprio non si discute così come non si discute sulla tua maestria nel svelare il miscuglio di sensazioni contrastanti provate da Massimiliano. Sensazioni così vive che inevitabilmente portano ad immedesimarsi in lui. Perché in fondo chi non ha mai raggiunto uno stato d'animo tale da sentirsi totalmente scoraggiato dalla vita? È normale che tutto non vada sempre per il meglio. Però questo non giustifica il suicidio -azione che mi disgusta in sé per sé- e Massimiliano, alla fine, cerca inconsciamente un modo per non farlo. E qui il ruolo della sorella -che mi è piaciuta tantissimo!- è stato fondamentale. Una bella storia, complimenti!

Recensore Master
30/08/10, ore 16:18

Era da tanto che dovevo lasciarti una recensione per questa storia, ma mi dimenticavo sempre! =_=°
Che dire se non che l'ho trovata bellissima?
Sia la trattazione del tema che il ritmo di narrazione (e il fatto che sia una storia bella corposa *fischietta*) sono davvero ottimi, a mio parere.
Inoltre ho piacevolmente notato che per una volta non viene nominato Dio, in tutto questo. Difatti si vede che i personaggi sono atei, e trovo sia una bella cosa leggere di come una persona che non crede nel Signore possa vedere il futuro e possa salvarsi dal Ponte dei Suicidi.
Inoltre mi è piaciuto molto il bellissimo rapporto che ha il protagonista con la sorella! ** Sono davvero stupidi e dolci quanto basta per farmeli amare! XD
Complimentoni, Rota! ^^

Recensore Veterano
13/07/10, ore 11:44

Grammatica: 9/10 punti
Stile: 9,5/10 punti
Originalità: 9/10 punti
Trama e suo svolgimento: 9/10 punti
IC personaggi: 9/10 punti
Attinenza al tema dato: 9/10 punti
Gradimento personale: 3,5/5 punti

Totale: 58/65 punti

Come sempre, partiamo dalla grammatica: “nessuno che nel caso fortuito non lo avesse liquidato”, “avrebbe” è più corretto di “avesse”; “nel caso avesse alzato la cornetta, l’avesse mandato direttamente a fanculo e tanti saluti.”, il secondo “avesse” va sostituito con “avrebbe”; “Le nuvole scorrevano ancora veloce”, “veloci” visto che è riferito alle nuvole; “come avere vent’anni significasse essere invincibili e immortali.”, manca il “se”.
Lo stile, a parte alcune imperfezioni (“O altro, ma in quel momento proprio a Massimiliano non veniva in mente altro con cui già in passato non l’avessero bollato.”, qui c’è la ripetizione di “altro”; “giusto come per spiegare una goccia si dovesse raccontare il mare”, questa frase è un po’ contorta, è meglio togliere il “giusto” iniziale) è veramente incantevole: mai ripetitivo, in costante evoluzione e perfettamente logico persino nel seguire la psiche confusa di un suicida.
Originalità non è massima, ma indubbiamente buona, perché in pochi affrontano questo tema in modo così magistrale. La trama è apparentemente semplice, ma è in realtà assai difficile spiegare al lettore i meandri contorti di una mente tesa all’autodistruzione, così come non è facile giostrare con tale fluidità le reazioni di chi viene a conoscenza di quel folle intento.
La complessità di queste azioni/reazioni e la problematicità di questi pensieri hanno fatto sì che l’IC non potesse che avere un punteggio alto, vista la maestria con cui si snodano lungo la storia.
Per quanto riguarda l’attinenza, il senso di fatica con cui viene percorsa la vita, con tutta la sua indifferenza, la sua omologazione, la sua piattezza, prima di giungere al capolinea è presente nell’oratoria del giovane al telefono con la sorella: “certe volto, oddio, il Miglio Verde è così lungo…”

Giudizio personale: “Chissà, magari aveva cominciato a volare davvero…”, questa frase mi ha fatto pensare al Piccolo Principe, il bambino che si fa portare dall’aviatore al serpente d’oro e rincuora l’uomo ripetendogli che lui tornerà semplicemente sul suo pianeta, non morirà davvero… sembra quasi che questo ragazzo, prima di schiantarsi, sia riuscito ad intravedere qualcosa che gli rendesse più dolce la morte.
“Dopotutto, aveva chiamato proprio lei per quello, no? Per farsi ridere in faccia fino a convincersi che tale disprezzo nei suoi confronti valeva il gesto di un salto.”, questa mania di persecuzione, di voler a tutti i costi provare che il mondo non lo desidera, sembra ricalcare il bambino capriccioso che tira la coda al gatto solo per poter dire che il felino è cattivo perché lo ha graffiato. Certo, qui la situazione è molto più seria, ma la cosa mi ha ugualmente colpita, come se lui in realtà volesse essere salvato, e desideri unicamente qualcuno che lo fermi, sebbene si convinca che quella chiamata è stata fatta solo per avere un’ulteriore conferma di ciò che lo spinge a buttarsi, non per rispondere ad una disperata richiesta di aiuto.
Vorrei aggiungere tante altre cose, ma non riesco: la tua fic è talmente disarmante, nella sua semplice genialità, da avermi lasciato senza parole.
Non so che altro aggiungere, davvero.
Bravissima.