Quei tre giorni che ci hanno cambiato la vita.
Che ci hanno aperto gli occhi.
Che ci hanno reso felici, finalmente.
Che ci hanno fatto vivere.
Quei tre giorni che hanno cambiato il mondo.
Il nostro mondo.
Sembra passato un attimo, eppure abbiamo atteso un lifetime, eppure le lacrime sembrano veramente farsi pregare un momento, e apparire, traditrici, sul precipizio, il momento successivo. C'è chi pensa che buttare via due regali di compleanno e il doppio di festività per dei concerti, dei semplici concerti, che avevo alcuni già "visto", sia un grosso, inutile spreco di denaro.
E c'è chi ti guarda, ti sorride, ti capisce. "Vai avanti. Corri verso la luce, sentila tua. E' la tua felicità quella, vedi? E' tua. Puoi farcela. Non è un sogno. It's yours. It's your dream-like reality".
E tu, tu non puoi che ricordare adesso, in un turbine di crescente gioia mista ad un senso di amarezza; quel bittersweet migraine che ti fa ricordare come tutto sia stato perfetto.. Eppure terminato. Ogni cosa bella è destinata a finire. Non si è felici, non a lungo almeno. Non è umano.
Hai risvegliato in me l'ennesima sfaccettatura del mio cuore in questo giorno; hai risvegliato un altro ricordo, hai fatto suonare una corda che neanche ricordavo esistere. Le tue parole, poche, dirette, crude, taglienti, che mi carezzavano e mi urlavano nell'orecchio.
Erano vive, Irene. Pulsanti.
Mi hai fatto tremare, quelle ferite oggi più che mai aperte. Mi hai fatto scrivere, quando ero certa che oggi non sarei riuscita ad esprimere una sola oncia di ciò che mi dilania da dentro, feroce e familiare insieme. Ma, soprattutto, mi hai fatto ricordare, Ire.
Grazie.
Yours,
Miriam. |