Recensioni per
Scirocco siciliano
di avalon9

Questa storia ha ottenuto 6 recensioni.
Positive : 6
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
06/03/17, ore 06:06
Cap. 1:

Mi rendo conto che arrivo un tantino in ritardo per recensirla, ma questa storia la conosco giá da un paio d'anni e mi è sempre rimasta così, tra gli occhi e il cuore ed oggi non so per quale assurdo motivo ho deciso di rileggerla. Ho pianto, ti giuro. Sono le sei del mattino e io invece di prepararmi per andare a scuola sto piangendo con un telefono in mano, l'odore di agrumi, salsedine e caffè nel naso. Ma sorrido anche, perchè davanti alle cose belle si sorride.
Non solo è scritta molto bene questa storia, con un timbro particolare, ma è riuscita perchè è vera. Voglio dire, non ci sono forzature, non ci sono mancanze. È così, perfetta, parla di due uomini come potrebbero essere tanti ma che non sono come gli altri. E scusa se non riesco proprio a spiegarmi ma mi hai tolto tutte le parole di bocca.
Forse questa- ma anche senza il forse- questa è la mia storia preferita del fandom. Eppure io sono così tanto Aphrodite e così poco Death Mask: nella letteratura, nel linguaggio... credo sia per questo che mi sia piaciuta davvero, è così diversa eppure così bella da me questa tua ff che mi ha colpita da qualche parte.
Grazie di tutto, magari non leggerai mai questa recensione perchè la storia è di tempo fa, però io mi sentivo in dovere di dirle certe cose .

Recensore Master
22/11/13, ore 14:21
Cap. 1:

ciuri di gersuminu rampicanti
si tu di notti a mia cantari senti
nun cantu n'e' p'amuri n'e' p'amanti
ma cantu pi vagarimi la menti


Sì, sì, sì, sì!
Dire che ho amato questa storia dalle prime righe è riduttivo. Confesso, con le guance arrossate, che è stato quel nome, Kalevi, dal profumo di pino e neve a prendermi per mano e trascinarmi fuori, in una notte troppo umida e troppo caotica per sembrare una notte d’inverno. E ho seguito Angelo a ritroso nella sua infanzia, giù per i qanat, dentro a quel pozzo con il Sole e l’odore di limoni, di fiori lasciati a marcire, di zagare e liquirizia, e sale e mare e sangue. E mi è piaciuto perdermi nella ragnatela intricata dei suoi ricordi, stretti ed ammonticchiati come i vicoli di Palermo, alla ricerca di un tempo perduto fatto di processioni, medagliette al collo e la bocca piena di limoni verdi. E le sue risate. Quelle del monello scapigliato, con le ginocchia e i gomiti pieni di graffi che azzeccava i morti alla Zisa, e quelle del guerriero, bastardo e infame, che rideva davanti alle sue vittime. Per dimostrare loro di essere un gatto che gioca con il topo, certo. Ed il riso amaro, quello di chi ha qualche conto in sospeso con qualcuno che puzza di zolfo e whiskey torbato.

E la redenzione, che passa per gli occhi dolci di una ragazza. Il bello, il capolavoro, sta qui. Nella redenzione e nel perdono che Athena dona al suo Santo, forse al più problematico di tutti e dodici i suoi guerrieri della casta più alta. Non c’è sangue versato né teneri agnelli immolati ad una Volontà superiore, come insegnava, probabilmente, don Bastiano lanciando strali dal pulpito la domenica mattina alla messa delle dieci. C’è un umanissimo perdono, così puro e assoluto e difficile da mettere in pratica per noi miseri mortali, che ha la stessa forza dell’evangelico porgere l’altra guancia. E la stessa divina salvezza.

Fortissimo è anche Kalevi, quel bambino piccolo che ti guardava con il nasino all’insù e sbatteva i piedi se non lo stavi a sentire. Quel bambino che aveva in sé un altro mare, un altro odore e un'altra costa, ma che era fatto di terra e mare, proprio come lui. Un bambino che sarebbe dovuto durare due giorni, ed invece aveva sbaragliato le più fosche previsioni, come l’onda che torna e ritorna sulla battigia, in eterno battere e levare. Un ragazzo tanto bello quanto impossibile e quanto paziente, che i entra dentro, piano piano, col suo persistente profumo di rose, che quando te ne accorgi lui è già parte di te, ed è impossibile cancellarlo via, come una scritta col gesso sull'ardesia di una lavagna.

La tua storia è uno spaccato vero e verace sull’amicizia, e ci fa vedere, senza troppi giri di parole, che l’amicizia è scegliersi, riconoscersi simili tra la massa; e poco importa se si nasce a latitudini diverse, o si è uno gatto e l’altro topo. Ci si riconosce. Ed è questo quello che conta, in un mondo dove siamo tutti pupi, come Orlando, Gano e Angelica; solo che loro sanno di essere legati ad un filo, noi ci illudiamo di potercene andare liberi per la strade.

Io non so quanto vi sia di vero circa la psicologia di questo personaggio ed il suo rapporto con il riso. Nella mia versione delle cose, lui è sempre stato un bastardo nato così. Bastardo perché sì. Perché come ce lo mostra Kurumada – vigliacco, irascibile, sanguinario e malvagio fino al midollo (e molto, molto stupido) – è difficile credere che ci si trovi davanti all’ennesima anima candida toccata dal male e corrotta. Non ci posso credere. Ho sempre pensato che fosse irrimediabilmente malvagio, solo per il puro gusto di esserlo. Forte col debole e debole col forte, così come solo i vigliacchi sanno essere, e talmente accecato da se stesso e dalla propria forza da non accorgersi di aver tirato troppo la metaforica corda. Ed essersi impiccato con le proprie mani. Perché niente e nessuno mi toglierà mai dalla testa l’idea che non sia stato Shiryu a vincere Mask, quanto che sia stata l’Armatura del Cancro ad averne le tasche piene di lui e ad abbandonarlo al destino che aveva tracciato con le sue stesse mani.

Però? Però quando arriva in scena Manigoldo, un personaggio che parte dagli stessi presupposti di Mask, ma che riesce a trovare una solarità tale che gli permette di scherzare con la morte, lo stesso Kurumada decide di rivelare al mondo che Manigoldo è come sarebbe stato Mask se avesse trovato delle brave persone sul suo cammino. E per una volta, sono d’accordo con lui. Perché di Eric Magnus Lehnsherr ce ne può essere uno. E per quanto sia, Magneto persegue un suo ideale, complesso, articolato e pieno di sfaccettature da risultare credibile e, per alcuni soggetti, condivisibile. Non è il manifesto del sono forte, ergo ti pesto come l’uva.

In Mask, nella versione di Kurumada, tutto questo non c’è. È dato per assodato, dopo venticinque anni di distanza dalla sua prima apparizione. E la tentazione di costruirgli un passato che giustifichi questa sua pazzia, questa sua vigliaccheria c’è, ed è molto forte. Lo capisco. Ma sarebbe snaturare il personaggio, dandogli un odioso alibi a giustificazione delle sue colpe e dei suoi crimini. Ora, per quanto sia forte qualsiasi esperienza Mask abbia potuto provare da ragazzino, fornirgli un alibi è come dire “Povera creatura! Cercate di capirlo, ha ammazzato tutte quelle persone perché da piccolo gli è successo questo, questo e quest’altro.”. Nessun'esperienza traumatica può giustificare le malefatte commesse.

In questa storia, invece, tu non gli dai nessun alibi, nessuno quartiere dove rifugiarsi. Lui ha scelto di essere un sadico. Ci mostri come i suoi piedi si sono mossi con consapevolezza lungo quel percorso. Di propria sponte. Ridendo, pure. Perché lui ama giocare con chi si trova di fronte (ed è più debole di lui, sia chiaro), come farebbe un gatto col topo. Per noia, uggia o divertimento. Per ammazzare il tempo ammazzando il nemico. Perché il nemico che si para dinnanzi a lui non può nulla di fronte alla sua forza, giusto? E allora lui ride. Come fa un padre – o uno zio o un fratello maggiore – quando si azzuffa per gioco con il figlio – il nipote o il fratellino – sul divano di casa.

Ho adorato questa storia e la tua penna, che mi ha regalato una vista privilegiata sul passato e il presente di quest’uomo tanto complicato, e sul suo futuro. Con Kalevi a fargli da paziente contraltare. Un po’ come Franco e Ciccio.

Recensore Junior
22/01/11, ore 11:46
Cap. 1:

Nu sacciu.
Nu sacciu se definirla bellerrima o bellerrimissima.
Opterò per la seconda.
Non è però tanto la storia in se a essermi piaciuta quanto piuttosto l'atmosfera che si respira.
Angelo e Kalevi sono A-D-O-R-A-B-I-L-I! Semplicemente fantastici! Amabili! Coccolosi!
Ecco, forse proprio coccolosi no, ma quasi!
Siamo in una vera Sicilia e leggiamo i pensieri di un vero Cancer.
Il suo essere un po' folle, un po' il Jocker di Batman della situazione, con quel suo ridere roco e quella voglia spasmodica di prendre in giro.
(Psicopatico! Psicopatico!)
Kalevi, cucciolo, fa quasi pena! XD
Però sono una bella accoppiata quei due, con quel rapporto così particolare.
La certezza però è una sola: Angelo non è un bravo arredatore di interni.
Ecco, l'ho detto.
Adesso mi appenderà la testa nella Quarta ma fa lo stesso.
Ha un gusto che neanche Poe apprezzerebbe.
Però è carino da piccolo!!!
E Kelevi come amichetto schizzinoso, lo amoh spasmodicamente.
Ok, direi che come commento è abbastanza folle per i miei standard.
Unica nota: forse sarebbe meglio inserire la traduzione delle frasi dialettali che, per chi non è della zona, potrebbero risultare di difficile comprensione.
Comunque complimenti, bravissima come sempre!

Ciao!

Recensore Veterano
13/01/11, ore 21:39
Cap. 1:

Devo proprio dirtelo hai scritto davvero una bella storia...e per le note che hai messo all' inizio...bè davvero interessanti e assolutamente condivisibili, non ci avevo mai riflettuto....e ti ringrazio per avermi mostrato un punto di vista più profondo su questi due personaggi....si, mi trovi sicuramente d' accordo e nella ff emerge questo punto di vista raccontato in maniera squisita, perfetta...senza contare il modo in cui hai reso la Sicilia, le vie e i luoghi di Palermo, quella vera, senza infiocchettamenti o voli fantasiosi o superficiali .... anche il dialetto rende la cosa molto particolare e viva. Ho immaginato la Sicilia vera e bella, calda e antica con i vicoli, la gente e le tradizioni (io sono Siciliana tra l' altro, ma non di Palermo in cui però studio) e i momenti introspettivi di Death ma anche di Aphrodite si sono legati perfettamente a questo contesto.

Recensore Master
13/01/11, ore 19:46
Cap. 1:

davvero una bella fanficiton... insolita direi, ma proprio epr questo molto bella...
certo, non essendo siciliana ho faticato un po', ma alla fine la soddisfazione è tanta...
interessante..... però, devo dire che il nome che hai scelto epr Aphro mi è piaciuto molto.... un tipico noem svedese *riemerge dalla pagina di Nomix*
la storia è molto bella, e mi ha colpito la disinvolura con cui passi da un ounto di vista all'altro, dai ricordi all'azione

Recensore Master
13/01/11, ore 18:49
Cap. 1:

ma quanto è bella questa storia, death mask e aphrodite non li ho mai considerati molto sia nell'anime che nel manga e nel fandom quando leggo di loro sono... beh hai ragione aphrodite è sempre rappresentato molto effemmianto e death mask il classico bastardo che infarcisce le sue frasi con scurrilità dialettali che ti fanno ridere.

in questa storia li hai tratteggiati davvero bene, ti sei soffermata soprattutto su death mask e visto da questa prospettiva mi è piaciuto davvero tanto, dalla sua infanzia alla sua rinascita e aphrodite, anche lui è bellissimo qui, pun non avendo indugiato su descrizioni fisiche o altro, con il solo modo di comportarsi me lo hai fatto apprezzare.

teneri i siparietti sul cibo. e la loro tacita complicità, è un qualcosa di rasserenante e coinvolgente. sono proprio una coppia perfetta insieme, e non lo dico nel senso di amanti, ma anche solo di amici, veri amici.