Dunque, andiamo per ordine.
Innanzitutto ho trovato molto curioso il tuo modo di aprire un discorso diretto, sul serio; perché mai hai usato l'elenco puntato per distinguere i dialoghi dei vari protagonisti della storia? Avresti potuto usare questi simboli « » e rendere il tutto molto più leggibile, perché quel nero spicca come un panda (Cit.)
Il lettore si sente confuso a causa di quei punti che si trova davanti, e l'effetto che si ottiene è solo un tremendo mal di testa.
Ora, passiamo a ciò che dovrebbe essere il punto forte della storia: la trama. Ebbene, in questa storia non riesco a trovare un senso alla trama da te ideata, o, meglio ancora, temo che essa possa rivelarsi una tremenda delusione farcita di cliché e scene già viste e riviste. Questa Amie - che tra l'altro porta lo stesso nome che hai scelto tu come nick, e questo chiamasi Self-insertion, ovvero: espediente letterario in cui l'autore appare come un personaggio all'interno della storia, sia apertamente o sotto mentite spoglie - è una Mary Sue di nome e di fatto; cito direttamente da wikipedia: Mary Sue, a volte abbreviato in Sue, è un termine peggiorativo adoperato per descrivere un personaggio immaginario, in genere femminile, che si attiene alla maggior parte dei cliché letterari più comuni, ritratto con una idealizzazione eccessiva, privo di difetti considerevoli e soprattutto che ha la funzione di realizzare e autocompiacere i desideri dell'autore.
Io ti consiglierei dunque di vedere questo tuo personaggio originale, anche perché spesso questi OC privi di difetti stancano il lettore e lo fanno solo sbadigliare o, nella peggiore delle ipotesi, fanno sì che esso diventi un personaggio altamente antipatico e irritante. Amie è la classica Mary Sue scontata in cui non ci si riesce ad immedesimare o patteggiare, ed è una noia mortale vedere come tute si assomiglino in questo modo ogni singola volta.
Passiamo adesso ad un altro punto debole della tua storia: la grammatica. Innanzitutto il nome della scuola è Hogwarts, non Hogworts; poi ci sono tante di quelle imprecisioni e parole sgrammaticate che dovrei come minimo citare tutta la storia, dunque mi limiterò a dirti che parecchie parole che hai scritto non vogliono le doppie, e se rileggi con attenzione i tuoi capitoli capirai subito di cosa sto parlando, a partire dai punti di sospensione che, aye, non smetterò mai di ripetere che sono soltanto tre e non tremila. Ho trovato anche espressioni comuni che si usano da queste parti - ciò mi fa dunque suppore che tu sia del meridione -, ed è una cosa orribile da vedere in una storia, a meno che essa non sia ambientata in quel determinato luogo. Anche a me capita spesso di non trovare il significato italiano di una parola che nel mio dialetto direi in un lampo, ma mi prendo un po' di tempo per ricordarla prima di pubblicare un capitolo. In fin dei conti nessuno ti corre dietro o ti minaccia con la pistola.
Anche lo stile è piuttosto acerbo, simbolo che hai poca dimestichezza con la scrittura o leggi decisamente poco; quando qualcuno legge molto amplia anche il proprio vocabolario e lo stile ne risente in modo positivo, perché permette di crescere e migliorare. Citando King, ti direi: Se volete fare gli scrittori, ci sono due esercizi fondamentali: leggere e scrivere molto. Difatti dalla tua storia si evince che tu racconti ciò che succede, non lo mostri; ci sono modi e modi per scrivere una storia - che sia un racconto originale, un saggio o una fanfiction -, e tu usi proprio il primo, purtroppo. La regola dello Show, don't tell è piuttosto semplice, e per renderti le cose più facili ti cito i passaggi fondamentali tratti ancora una volta da wikipedia: Nell'applicare la regola mostra, non raccontare lo scrittore fa molto più che raccontare al lettore qualcosa su un personaggio; egli svela il personaggio attraverso ciò che questi dice e fa. Il mostrare può essere ottenuto in diversi modi: scrivendo bene; descrivendo le azioni dei personaggi; rivelando il personaggio attraverso il dialogo; utilizzando i cinque sensi quando ciò è possibile.
Ovviamente non sempre bisogna applicare questa regola, ma per la maggior parte dei casi è essenziale saperla usare, così da fare in modo che il lettore si identifichi con i personaggi della tua storia e familiarizzare con l'ambiente che tu hai intenzione di mostrare; se io dicessi «Ho una bella casa», nessuno capirebbe esattamente com'è la mia casa, ma se con pochi e decisi passaggi la descrivessi al meglio, evitando però di inserire inutili particolari, chi non ci è mai stato capirebbe immediatamente com'è fatta, e potrebbe convenire con me dicendo che, aye, ho proprio una bella casa.
Passiamo adesso alle molteplici imprecisioni presenti.
La prima che mi è subito balzata all'occhio è stata la presenza di un I-pod; ora, ammesso e non concesso che la tua storia sia ambientata nel 2001 - ricordo che Harry Potter fosse ambientato nel 1995, mi sembra... negli anni '90, comunque -, l'Ipod potrebbe anche starci, ma è escluso che ad Hogwarts funzioni. Gli apparecchi babbani non funzionano, viene detto numerose volte e ancora non entra in testa. Ma visto che nella tua storia ci sono anche i personaggi base del libro, deduco che essa sia ambientata durante i loro anni, quindi questo è un caso di paradosso, se vogliamo usare questo termine... in questo momento non mi viene un termine più corretto, ma è impossibile che un I-pod esistesse negli anni '90, visto che la loro produzione è iniziata nel 2001.
Tra soliti festini, cotte e colpi di fulmine, si arriva al sesto capitolo di una storia che va oltre al non plus ultra dell'inverosimile, e tutto diventa ancor più banale e scontato mano a mano che si continua a leggere; il mio consiglio è quello di rivedere tutta la trama da capo, perché non dice niente di nuovo più di tante altre storie che si trovano in giro per il fandom.
Chiudo qui con questa recensione-poema, adesso, e me ne torno tra i lidi di Sabaody immergendomi nella lettura di One Piece, che mi fa decisamente meglio.
Slàn leat.
Questa recensione non è stata scritta allo scopo di offendere l'autore/autrice della storia, bensì per dare un'opinione alla storia in sé com'è pieno diritto del recensore. |