Ecco il giudizio non-sintetico :D
Maylrohin - IL DRAMMA DEL SILENZIO
Qui, non sono tanto i due santi i protagonisti della storia, quanto l’intera latinità, se mi passi il termine. Questo è ben chiaro sin dalle prime righe: non si può non pensare a Santa Giulia, ai mosaici, ad una Brescia completamente diversa da quella attuale. E qui, mi rendo conto, mi aiuta parecchio l’essere di Brescia: non solo i Santi mi erano già noti, ma ogni dettaglio descrittivo mi fa immediatamente immaginare la scena, perché quei templi, quelle domus… sono cose che mi sono state inculcate fin da piccola. Questo non toglie nulla alla tua potenza descrittiva: è impressionante come tu riesca a tratteggiare ogni cosa, dall’atmosfera del banchetto in poi, come se il contesto fosse uno specchio in cui si riflette il carattere di Faustino. Lo stile, però, non è per nulla appesantito dalle descrizioni, anzi: resta fluido, molto piacevole da leggere, il ricorso ai termini in latino sembra del tutto naturale. Ecco, forse è questo il punto forte: la tua storia non ha nulla di artefatto, nonostante i continui riferimenti colti. Anzi, all’inizio non ci si può che immedesimare in uno dei convitati, benché con più fastidio che ammirazione per il protagonista: la sua superbia e la sua vanità (sia nell’accezione moderna, sia nell’antica di “essere vano”) sono quasi insopportabili. Se non fosse per quell’istante di debolezza, quel suo chiedersi quale sia la verità… e la ricerca che da lì nasce, coadiuvata dalla madre (che è poi la scintilla che dà via al tutto) e dal fratello, è ben fatta. È davvero ricca di tensione, come il momento in cui nega il battesimo, davvero il capriccio di un bimbo impaurito che vuol fare il di più…e poi la preghiera… insomma: prende. Il pathos è davvero tanto, con accezione positiva, ovviamente: benché possa non piacere e si possano non condividere i suoi atti, Faustino riesce a calamitare l’attenzione del lettore. Siamo un po’ tutti come lui: persi. Anche se forse un tanti nello meno superbi… però, lo ammetto: c’è una frase, quella dei saluti…beh, ha stile, nulla da dire.
Ho notato che anche tu incappi in un errore frequente: l’assenza del punto di chiusura, al termine della frase, laddove ci sono le virgolette. In effetti ho controllato e la Crusca (sic!) lascia a discrezione dello scrittore questo punto: però, per una questione di “ordine”, ritengo che, alla fine di un dialogo, il punto ci vada. Quindi, anche se c’è l’esclamazione o la domanda all’interno, come «o di combattere per difendere la propria terra, solo perché il suo dio gliel'ha ordinato?» , serve comunque il segno grafico che mostri se e come la frase si conclude, quindi « o di combattere per difendere la propria terra, solo perché il suo dio gliel'ha ordinato?».
Poi, ma qui è solo una scelta stilistica, nella frase «Il giovane si alzò in piedi e cominciò ad aggirarsi tra i triclinia, con le braccia piegate dietro la schiena. «Ma, in realtà, possono credere quello che vogliono» decretò, in tono più calmo. «Purché non cerchino di convincere me delle loro idee strampalate!», io avrei utilizzato le lineette, per mostrare l’inciso che hai usato senza spezzare la continuità del discorso. Così : «Il giovane si alzò in piedi e cominciò ad aggirarsi tra i triclinia, con le braccia piegate dietro la schiena. «Ma, in realtà, possono credere quello che vogliono! - decretò, in tono più calmo - Purché non cerchino di convincere me delle loro idee strampalate!».
Un piccolo errore di vocabolario: “ribattere contro” è ridondante e sbagliato, meglio “contro ribattere”, oppure “ribattere a”, che è più che sufficiente.
Concludendo, credo tu abbia capito: mi è piaciuta immensamente. Il pezzo in cui attacca la statua è molto michelangiolesco, ma efficace, ottimo modo per introdurre Appollonio. E il finale… oh beh. In linea con tutta la storia: efficace, pulito, capace di portare il lettore a chiedersi come andrà avanti la storia. Complimenti, davvero.
Voto 9: vedasi sopra: sono cresciuta in un liceo che mi ha inculcato l’inesistenza del dieci. Ottimo lavoro, quelle che ti ho fatto notare credo siano davvero leggerissime sbavature che non inficiano la piacevolezza della lettura.
p.s. One-shot : ) un colpo, non one short… anche perchè, a volte, le shot sono DAVVERO lunghe!
Mi sento di aggiungere, ancora una volta, i complimenti per lo stile che riesce ad essere estremamente complesso pur rimanendo fluido e scorrevole e per il tuo riuscire a buttare qui e là citazione, termini aulici e latinismi con la nonchalanche con cui la Streep porta un Valentino. E, per di più, in una storia storica (passami la cacofonia). Non solo storica, perfino agiografica... Strepitosa! |