Era qualcosa che le stava svuotando le viscere e facendo contorcere le budella. Era qualcosa che non era in grado di reggere, non ancora per molto. Qualcosa che presto sarebbe finalmente scoppiato – la bomba ad orologeria da sempre presente nel loro rapporto, forse, finalmente, avrebbe esaurito i minuti del timer – costringendoli alla verità. Crudele, cattiva, velenosa verità. Che forse li avrebbe uccisi. [...] Era una specie di lama affilata che si passavano a vicenda ogni cinque/dieci minuti, per evitare che le vicendevoli ferite potessero mai guarire.
Non erano ferite visibili, di quelle che si aggiustano con dei cerotti e un po’ di acqua ossigenata. Erano ferite interne, quel tipo di dolore che nessuno riusciva a vedere, ma che tutti potevano sentire. Erano escoriazioni vicino al cuore, che distruggevano le vene circostanti e causavano problemi con l’aorta.
Erano quelle ferite i cui postumi avrebbero avvertito dopo decine e decine di anni, quando la loro affine strategia non sarebbe bastata a mantenerli lucidi, il dolore non avrebbe annullato il ricordo e sarebbero impazziti l’uno nella fuggevole immagine dell’altro.
{Happy ending}