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Autore: Carys    19/04/2004    1 recensioni
A hope beyond the shadow of a dream. (Una speranza oltre l'ombra di un sogno.) KEATS, Endymion
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Remus Lupin, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A chi non teme il dubbio

a chi si chiede i perché

senza stancarsi a costo

di soffrire e di morire

A chi si pone il dilemma

di dare la vita o negarla

Questa breve fanfiction

è dedicata da un’angelo

della speranza a tutti coloro

che non perdono mai la fede

a costo di patire.

 

 

L’ANGELO DI AVRIGUE

 

 

“ L’albero a cui tendevi

La pargoletta mano,

Il verde melograno

Dà bei vermigli fior,

 

Nel muto orto solingo

Rinverdi tutto or ora

E giugno lo ristora

Di luce e di calor.

 

Tu fior de la mia pianta

Percossa e inaridita,

Tu de l’inutil la vita

Estremo unico fior,

 

Se ne la terra fredda,

Sei ne la terra negra;

Né il sol più ti rallegra

Né ti risveglia amor.”

 

(G. Carducci, Pianto antico)

 

Una luce radente spianava il mare e lo sollevava nelle insenature; anche al largo esso si alzava sino a cozzare contro il cielo.Un altro mare, d’ombra, scendeva dalle catene rocciose.

Scese verso il mare , per i greppi arcuati e brulli, dominati dalla Pila del Corvo, una grande pietra concava che raccoglieva pioggia e rugiade.

Cominciò a percorrere la strada sassosa. La neve aveva svecchiato il cielo e nell’inverno tornato mite le “vedove celesti” oscillavano al sole su pietre e chiazze di brina. Si chinò per coglierle.Con una mano si tenne i capelli.C’era un vento leggero che splendeva sul mare.

Raggiunse la rocca. A fatica lo sguardo si distraeva dal mare per posarsi su quella piccola lastra di marmo. Gli alberi, se il suo sguardo potesse fermarvisi ,sarebbero di nuovo un austero approdo in confronto a quel mare alto e muto come un cielo. Una zona rugosa e chiara ha morsicati confini che si sciolgono e si ripristinano in un richiamo interminabile. Il mare ossessiona chi lo guarda troppo a lungo, proprio per il suo sciogliersi nell’eterno e nel nulla.

Abbassò ancora una volta lo sguardo e lasciò il mare al suo abisso. In vano le intemperie si erano accanite su quelle parole, perché esse ancora troppo nitide bruciavano su quella lapide …

 

 

- Avevo visto una povera capinera chiusa in gabbia: era timida,triste,malaticcia;ci guardava con occhio spaventato; si rifuggiava in un angolo della sua gabbia, e allorchè udiva il canto allegro degli altri uccelletti che cinguettavano sul verde del prato o nell’azzurro del cielo, li seguiva con uno sguardo che avrebbe potuto dirsi pieno di lagrime.Ma non osava ribellarsi , non osava tentare di rompere il fil di ferro che la teneva carcerata, la povera prigioniera. Eppure i suoi custodi, le volevano bene, cari bimbi che si trastullavano col suo dolore e le pagavano la sua malinconia con miche di pane e con parole gentili.La povera capinera cercava di rassegnarsi, la meschinella; non era cattiva; non voleva rimprovelarli neanche con il suo dolore, poiché tentava di beccare tristamente quel miglio e quelle miche di pane ; ma non poteva inghiottirle: dopo due giorni chinò la testa sotto l’ala e l’indomani fu trovata morta nella sua prigione.-

Un falco girava nel cielo, si spingeva fin sul mare.L’uliveto soprano stava aggrappato a un pendio ripidissimo, come come una grande farfalla dalle ali polverose.Più in basso altri uliveti  e altri massi scendevano già nell’ombra del crepuscolo, mostrando una bellezza senza pulviscolo, triste e quasi funebre. Al di là del ritano, sulla sponda di un terrazzo, due girasoli piegavano la testa nelle grandi foglie già secche. Il bosco di ulivi era inchiodato da un vento inquieto.Più lontano la collina di  Avrigue era avvolta da una luce minore. Quel mondo che raccoglieva i suoi affetti se ne andava.Non tutto,gran parte.Restavano dei solchi, delle trame a suggerire la sua scomparsa.Rami d’ulivo, tetti e profili di colli evocavano nella sera la presenza della terra. Si, essa non era diversa dal mare, ridotta a incisioni quasi argentee.

Nel locale il solito gruppo di giovani stranieri radunati intorno alla stufa.Uomini e donne,vestiti di palandrane e frangiati giubotti, parlavano poco e sottovoce.

Remus si rivolse nuovamente al cameriere che da dietro il bancone attraverso la finestra esplorava la sommità della rupe.

- E tu paragoni una fanciulla ancora bambina ad una capinera?-

Remus seguì le parole e lo sguardo del locandiere. La sommità della rupe era irta di pietre e infestata da erbacce. Un rosmarino oscillava su un masso al centro del pianoro, un masso che inspiegabilmente i contadini chiamavano Palla del diavolo. Li accanto in un alone di morte e scossa dal vento ,una giovane donna soffocava in mano un mazzo di “vedove celesti” .

- E’ stata esclusa dalla vita, ha subito una dolorosa esperienza “umana”-

L’uomo posò il boccale e lo strofinaccio tornando a guardare il non più giovane mago nei suoi occhi scuri.

- Che legame aveva con quella donna?- chiese ad un certo punto ammiccando alla rocca

- Di speranza e silenzio.- rispose in un sussurro Remus tornando a contemplere la rupe illuminata solo dal dolore in quella notte senza stelle.

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“Silvia, rimembri ancora

Quel tempo della tua vita mortale,

Quando beltà splendea

Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,

[…]

Sedevi, assai contenta

Di quel vago avvenir che in mente avevi.

Era il maggio odoroso:e tu solevi

Così menare il giorno.

[…]

Porgea gli orecchi al suon della tua voce”

 

(G. Leopardi, A Silvia)

 

L’inchiostro bagnava quei fogli immacolati come le lascrime rigavano il pallido volto dell’uomo.

Le parole si inseguivano e velavano la sua mente in quell’addio che profumava di pergamena.

 

Stannotte ho saputo che non c’eri più: una goccia di vita scappata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d’un tratto, in quel buio, s’è acceso un lampo di certezza: non c’eri più. Te n’eri andata.E’ stato come sentirsi colpire da un coltello in pieno petto. Mi si è fermato il cuore. E quando ha ripreso a battere con tonfi sordi, cannonate di sbalordimento, mi sono accorto di precipitare in un pozzo dove tutto era incerto e terrorizzante. Ora eccomi qui , chiuso a chiave dentro una paura che mi bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo. Tu non ci sei più.

 

La neve scendeva lenta per il cielo cinereo. I suoni di vita non salivano più dalla città. Dalla torre le ore suonano lamentose per l’aria. E le anime indomabili affollano la mente annebbiando i sensi.

Nell’ombra l’umo guardava il cielo rivolgendovi una silenziosa preghiera.

-         Prega per noi angelo di Avrigue …-

 

CINQUE ANNI PRIMA

 

“La nebbia a gl’irti colli

Piovviginando sale

E sotto il maestrale

Urla e biancheggia il mar “

 

(G.Carducci, San Martino)

 

Il sole batteva di sbieco sulla chiesa e sul crinale. Il canto bruno, l’aspro fruscio che precede il mistral, s’andava estendendo.Nei pressi dell’Annunciata la brezza si fece più tesa. E in quell’aria trovarono il pastore su un greppo sopra il sentiero. Stava in piedi con una mano aggrappata al bastone appeso alla spalla, dormiglioso e tranquillaccio come certi mari. Era la sua ora di riposo ma quando lo salutarono egli scese con un solo passo falcato sul sentiero a stringere le mani.

- Vi monda Hagrid ?- disse con un forte accento provenzale tipico di quella zona delle alpi.

- Si, siamo venuti per il rifugio che le è stato promesso- disse con fare solenne Moody indicando la giovane ragazza che placidamente dormiva fra le braccia di Remus.

- Dove sone altri ? – chiese accigliato il pastore mentre il cane al tintinnio del gregge cominciava ad abbaiare.

- Non sono sopravvissuti al viaggio e noi necessitiamo di riparo. – rispose una voce decisa alle spalle di Remus. – Ci hanno attaccato  durante lo sbarco in Normandia, credono morti anche noi, è per questo che siamo riusciti a giungere fin qui.-

Il pastore sembro riflettere, poi si avvicinò ad Hermione e le indicò con il bastone i roseti dell’Annunciata che fremevano sotto il vento. Anche Moody si volse a guardare mentre il pastore riprendeva a salire verso i monti. Le tre figure cominciarono a percorrere lo stretto sentiero. I mantelli ingombravano i tre maghi e Remus cominciava a sentire il peso del corpo esanime della fanciulla.Ci volle un’ora per arrivare al passo dell’Annunciata. Lassù il vento scuoteva ulivi e pini. A occidente le terrazze finivano ne vallone sotto le rocce biancastre del confine. Il vallone era tortuoso, tra picchi dove il cielo lameggiava. Il sole illuminava una devastazione: le morte case dell “Comba”, abbandonato borgo di Avrigue, e ulivi scheletriti. Quello era il loro rifugio.

 

- Esiste sensazione più squisita di quella risvegliata dall’odore delle foglie autunnali che bruciano?-

- Non saprei, Carys- rispose Remus vacuo guardando la giovane ragazza correre per il sentiero tortuoso.

- Per me, niente evoca memorie più dolci dei giorni che se ne vanno-

- Come può renderti felice un’addio?- chiese il mago prendendo la rosa canina che la giovane gli stava porgendo

- La mia vita è fatta di addii. Ho dovuto dire addio alla mia famiglia, ai miei amici, all’Inghilterra, alle persone che della mia salvezza avevano fatto una ragione di vita. Un giorno dovrò dire addio anche a te , a Hermione, a Moody e ad … Avrigue. -

- Non ti raggiungeranno- ma lei come se non avesse udito quelle parole proseguì

- E’ felice la convinzione che il tempo metta un sigillo di pace a tutto ciò che se ne va…-

Remus in quell’istante vide l’ombra fatale avvolgere la ragazza. Le colombe quella sera avrebbero spiccato l’ultimo volo.

 

 

La brezza di mezzogiorno illuminava gli ulivi nuvolosi. In lontananza appriva il serro roccioso nella marea di costoni.

Arrivati a quel punto della passeggiata Remus si apettava sempre che Carys lo trascinasse in un’estenuante corsa fino a casa, ma ciò non accadeva più da circa due anni.

Vive però erano ancora le ultime parole di Carys quelle che aveva pronunciato con la morte negli occhi mentre veniva uccisa da una maledizione senza perdono scagliata dall’Oscuro Signore.

Le immagini si accavallavano nella mente di Remus. Il corpo straziato di Moody, il pianto disperato di Hermione che implorava pietà e quella voce, un tempo limpida e ridente che soffocata dal dolore diceva :

 

Il cammino interiore è simile al lavoro che una volta facevano gli uomini per accendere il fuoco. Si batte e si ribatte una pietra contro l’altra, senza stancarsi, finchè scocca la scintilla.Per nascere il fuoco ha bisogno di legno ma per divampare deva aspettare il vento. Cercate dunque sempre il fuoco nella vostra vita, attendete il vento, perché senza fuoco e senza vento i nostri giorni non sono molto diversi da una mediocre prigionia

 

Poi un lampo verde aveva portato il silenzio e il corpo inerme di Carys si era accasciato al suolo.

Uccisa dall’amore che portava come nome, dall’amore proibito da cui era nata. Legata per la vita alla vita. Destinata ad una vita fatta di addi fino all’estremo saluto. Con lei se ne andava l’ultima speranza di trovare l’arma in grado di fermare Voldemort, con lei se ne andava la fede e la speranza. Ma a che prezzo  aveva dato luce al popolo dei maghi ?Aveva vissuto imprigionata, divenedo angelo di una terra che non le apparteneva. Tormentata da una vita di sogni e visioni di quell’arma invincibile : la seconda profezia. Ma vent’anni della sua vita non erano bastati, vent’anni di sofferenza non erano serviti. E nella certezza di averla uccisa loro stessi, Hermione e Remus erano rimasti ad Avrigue, ultimo suo rifugio. E ora riposava su quella rocca, ricordata solo con quelle parole:

 

Carys Mary Riddle

1988 – 2009

Morta d’amore.

Eternamente ricordata come “Angelo di Avrigue”.

Trovi pace nei nostri ricordi.

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In quel lembo di Ponente vicino alla Francia Hermione rivolgeva il suo sguardo verso il nord. L’Inghilterra sembrava distante anni luce, eppure c’era solo un lenzuolo di terra a separarla da essa. Li il mondo dei maghi andava in pezzi. Ora che Voldemort non temeva più nulla l’anarchia avrebbe preso il sopravvento. Molto probabilmente Hogwarts era già un lontano ricordo e le lettere che fino a qualche anno prima Draco si ostinava a spedire a Carys avevano subito la stessa sorte.

Una lacrima rigò il volto, ormai indurito dal dolore, della ragazza. Orami aveva perso tutto ciò che amava e tutto ciò in cui credeva.

La domenica lasciava a casa Remus nella sua disperazione e si spingeva in paese, per la Messa grande.Quando la solitudine le stringeva il cuore, saliva sulla rocca a parlare con Carys. Il resto del suo tempo lo consumava in una liturgia di abitudini che riuscivano a difenderla dall’apatia. Ogni tanto nelle giornate di vento, scendeva fino al mare e passava ore a guardarlo, giacchè, disegnato sull’acqua, le pareva di vedere l’inspiegabile spettacolo, lieve, che era sta la sua vita.

  
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