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Autore: elfy_    24/03/2012    2 recensioni
Una mia piccola interpretazione del perchè gli animali non parlano e del perchè l'essere umano non capisce appieno la natura e ciò che lo circonda. Grazie a tutti coloro che leggeranno e mi daranno pareri! :)
Dal testo:
"Infatti, questa bimba, aveva un tempo come amico un canarino che ogni giorno volava più in alto che poteva e al suo ritorno, raccontava alla bimba nel dettaglio ogni cosa che aveva visto. Gli raccontava di castelli sperduti, di draghi sputafuoco, di innamorati che vivevano per sempre felici e contenti, di alberi millenari, dei lupi ululanti delle montagne, di elfi, fate e folletti."
P.S. E' il primo racconto che scrivo, e sicuramente non è perfetto. Accetto tutte le critiche COSTRUTTIVE, che mi permettano di migliorare. Scusate eventuali errori di battitura!
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era una volta in un tempo lontano, tanto lontano che neppure gli alberi più vecchi dei boschi più antichi ricordano più, un bellissimo paese.
 Questo paese poteva essere paragonato al paradiso: l'entrata era costituita da due cancelli dorati, ai quali era attorcigliato ogni genere di fiore. Nel momento stesso in cui qualcuno metteva piede oltre la soglia, giungeva alle orecchie una dolce melodia, che cambiava di tono nei vari momenti della giornata: tranquilla e rilassante la mattina per svegliare gli abitanti, allegra e spensierata durante il pomeriggio, sempre più lenta e lieve con l'avvicinarsi della sera, e infine, durante la notte chiudeva gli occhi di tutti con le sue dolci note. Ovunque regnava la pace. In questo angolo di paradiso, vivevano uomini e animali. Gli animali però, non erano come li conosciamo noi oggi perchè avevano il dono della parola, e gli uomini, al contrario di come sono ai nostri tempi, sapevano capire la natura, tutti i messaggi che essa mandava a loro e capivano tutti i misteri di che la circondavano. Gli animali vivenano alla pari degli uomini, conoscevano parole come amicizia, amore, felicità e non conoscevano solitudine, odio, tristezza. Chiunque era benvenuto nel loro paese.
Una mattina, mentre la melodia del risveglio apriva occhi e cuore di tutti gli abitanti, si presentò al meraviglioso cancello dorato un uomo sconosciuto con una rosa gialla fra le dita. Tutti gli abitanti, uomini e animali, si presentarono com'erano soliti fare di fronte al cancello per accogliere il visitatore. Costui si chiamava Gelosia. Uomini e animali dissero all'uomo che poteva sedersi sotto le fresche fronde dei salici e farsi un giro per il paese nel frattempo che loro avrebbero preparato il pranzo. Lo sconosciuto si sedette, guardando il cielo e ascoltando gli uccellini cantare. Poco dopo, gli passò affianco un uomo tutto sudato, con un'accetta nella cintura dei pantaloni e grossi tronchi fra le braccia.
 «Hey, falegname!» disse lo sconosciuto «non ti sei mai accorto di quanta fatica fai ogni giorno, senza essere ripagato? non vedi che, gli altri animali come ad esempio questi uccellini, stanno a cantare tutto il giorno senza fare altro? non vedi come approfittano della loro bellissima voce per stare sopra i rami senza faticare?».
 Il falegname non rispose, ma guardando di sottecchi gli uccellini, se ne andò rimuginando sulle parole dello sconosciuto. Non molto tempo dopo, passò un castoro.
« Hey, Castoro! quanta fatica fai nel costruire quella diga! non vedi quanto lavoro fai, senza che nessuno ti mostri gratitudine? tutti approfittano nella tua diga, tutti ne usufruiscono, ma l'hai costruita tu, solo e con le tue forze!»
Il Castoro si allontanò lamentandosi del fatto che, in effetti, aveva fatto un sacco di lavoro senza essere ringraziato, e quindi deciso a non far usare più la sua diga a nessuno. Lo sconosciuto, parlò a chissà quante altre persone quel giorno, e già dalla sera stessa regnava un clima di silenzio e sguardi carichi di gelosia e invidia. Il falegname aveva smesso di lavorare, geloso del fatto che gli uccellini avessero una bellissima voce con la quale potevano stare a cantare tutto il giorno, gli uccellini avevano smesso di cantare, gelosi del fatto che qualcuno potesse rubargli la voce, il castoro geloso della propria diga e della propria abilità nel costruirla, ne aveva proibito l'utilizzo agli altri, ma non solo. Tutti diventarono gelosi gli uni degli altri, e gli uomini con gli animali non andarono più d'accordo. Non si sentiva più nessun canto durante il giorno, ma solo un sordo silenzio. I bellissimi fiori del paese appassirono lasciando posto alle rose gialle, e gli abitanti impararono il significato delle parole Invidia, Gelosia, Vergogna. L'Amicizia, che da sempre era stata presente, abbandonò quel paese. Nessuno usciva più fuori a giocare, nessuno parlava più. Iniziarono le discordie anche fra gli stessi uomini e gli stessi animali. Fra questi ultimi, il leone prese il comando. Fra gli uomini, un uomo molto forte, sia di fisico che di carattere, decise che sarebbe stato lui il capo fra la sua gente. Nonostante la gelosia di tutti gli altri, che volevano anch'essi stare a capo del paese, si mantenne quest'accordo.
Sia uomini che animali, passarono un periodo difficile e triste. Si accorsero che, senza l'aiuto gli uni degli altri, non riuscivano a rendere il paese e la loro stessa vita bella come lo era stata un tempo. Nonostante questo, uomini e animali non si scusarono fra loro, ma rimasero separati.
Il capo del paese aveva una figlia che da tempo aveva una malattia, e perciò si vedeva costretta a passare la maggiorparte del suo tempo coricata nel letto. Da quando animali e uomini si erano separati, però, la bimba cominciò a peggiorare. Passarono giorni, ma la piccoletta non guariva, e sembrava ogni giorno star peggio. La portarono quindi da un dottore, che le diagnosticò una malattia causata dall'infelicità. Infatti, questa bimba, aveva un tempo come amico un canarino che ogni giorno volava più in alto che poteva e al suo ritorno, raccontava alla bimba nel dettaglio ogni cosa che aveva visto. Gli raccontava di castelli sperduti, di draghi sputafuoco, di innamorati che vivevano per sempre felici e contenti, di alberi millenari, dei lupi ululanti delle montagne, di elfi, fate e folletti, e, se anche ogni tanto aggiungeva qualche piccolo dettaglio dalla sua fantasia, la bimba ci credeva e lo ascoltava sempre più affascinata, ridendo di gioia a ogni storia e implorando il canarino che le raccontasse un'altra storia. Ora, dopo la separazione, il canarino era stato costretto ad andarsene e la bimba si sentiva sola e triste, e questo la faceva peggiorare a vista d'occhio. «Come farò?»si chiese il re. «che ne sarà della mia bambina? forse abbiamo sbagliato tutto. E' possibile che per colpa della nostra invidia e gelosia, la mia bimba stia male? Ho deciso: in qualità di capo, parlerò con la mia gente e troveremo un accordo con gli animali, in modo che la mia piccola possa passare le giornate nuovamente con il suo amico canarino.»
Il giorno seguente il capo del villaggio si presentò nella nella casa del leone, e gli spiegò tutto quanto. Il leone, sinceramente dispiaciuto per la bimba e col ricordo dei tempi felici decise che sarebbe stato meglio per tutti ricominciare a collaborare come un tempo. Dopo che il leone annunciò al suo popolo ciò che era stato deciso, il canarino tornò immediatamente dalla bimba per vedere come stava. E cominciò a raccontarle di maghi e streghe, di castelli incantati e di tesori perduti, ma la bimba non migliorava, e nonostante il canarino si sforzasse di rendere le sue favole magnifiche lei non gioiva più come un tempo, i suoi occhi brillavano di malinconia e non riusciva più nemmeno a ridere. Il capo del paese, visto che nemmeno il suo migliore amico canarino riusciva a migliorare la sua malattia, decide di portarla dal più antico, saggio e sapiente albero di tutta la terra. Dopo qualche giorno di cammino finalmente arrivarono dal maestoso albero. «Oh antico saggio, sono solo un povero re, che a causa della stoltezza del mio paese, mia figlia, la mia piccola bimba ha peggiorato con la sua malattia. Abbiamo provato con tutti i rimedi, ma non c'è nulla che allevi il suo male. La sua vita è nelle tue mani, oh grande albero.»
Con una voce potente come cento tuoni rispose l'albero: «hai detto bene. A causa della vostra stoltezza, vi siete lasciati ingannare dalla gelosia e dall'invidia, che è la causa di tutto ciò. E il vostro orgoglio, vi ha impedito di pentirvi prima e ha causato tanto male a questa piccola creatura. Un modo per salvarla c'è, ma voi, uomini e animali, dovrete mostrare vera amicizia per poterla salvare. Voi, animali, voi perderete il dono della parola, e voi uomini, voi perderete la capacità di capire gli animali e la natura che vi circonda. Così avrete bisogno sempre gli uni degli altri, voi uomini aiuterete gli animali difendendoli quando essi non potranno con le parole, e voi animali, voi aiuterete gli uomini a capire la natura, a rispettarla a capire ciò che essa ci dice, a scoprire come ricavare nutrimento da essa, e tutti i misteri di cui è circondata. Siete disposti? Siete disposti a perdere questi vostri doni per far si che la piccola viva?»
Calò il silenzio. Il capo del paese si fece avanti. «Io sono disposto.»
il canarino fece tre passetti e balzò sbattendo le ali sulla spalla del re. «Anche io»
Piano piano, tutti avanzarono, con mormorii che piano piano diventarono parole, e sempre più convinti gridarono tutti «Per la piccola figlia del re!»
L'intero paese era riuntito sotto le fronde del maestoso albero, chi con le lacrime agli occhi, chi asciugandosi il naso.
Il canarino fece un saltello sopra la bimba e, avvicinandosi al suo orecchio le disse «sappi ascoltare bimba, perchè io le favole te le racconterò sempre.»
Quelle furono le ultime parole che un animale pronunciò. La bimba spalancò gli occhi, e quando si accorse di ciò che era stato fatto per lei si mise a piangere, poi a ridere, poi a piangere dal ridere, perchè la gioia e la gratitudine erano troppe.
Prima di andare, il saggio albero disse «avete fatto la vostra scelta. Siate amici, siate felici. Mai più lasciatevi ingannare dalla gelosia e dall'odio. Abbiate rispetto gli uni degli altri, mai più fate soffrire qualcuno. Addio miei piccoli amici.»
Tornarono tutti nel loro paese, e gli uccellini intonarono un canto, ancor più meraviglioso di quello che si sentiva prima, tutte le rose gialle erano sparite, al loro posto girasoli, margherite, rose rosa e arancioni, e tutti i fiori più belli che si possano immaginare. Tutto tornò come prima, o quasi. E anche se da quel giorno gli animali non poterono più parlare, capita che, sedendosi in mezzo a un bosco sotto un enorme e antico albero, si senta in lontananza una voce acutissima, quasi un cinguettio, che con tono sognante racconta di castelli perduti, di draghi sputafuoco, e di elfi e tesori proibiti, e poi subito dopo la dolce, melodiosa, risata di una bimba, desiderosa di ascoltare una nuova storia.
  
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