Abbiamo giocato la nostra vita.
 

Roma, anni cinquanta.
- Vuoi andare?- La bambina lo guardava con aria compassionevole.
Nicola era appoggiato al palo delle altalene da quasi dieci minuti, ma non dalla parte di quella della ragazzina.
- Si, ma se vuoi andare tu non importa.- Gli avevano sempre insegnato che doveva essere un cavaliere.
- Tanto io è tanto che vado. Come ti chiami? - Chiese la piccola cercandosi di fermare, i piedini ancora non toccavano terra.
- Nicola. Tu? -
- Io sono Cinzia, Cinzia Vallesi. Tu sei Nicola come?-
- Scaloja, Nicola Scialoja. Quanti anni hai?-
- Quasi sette, e te? -
- Undici tra due mesi! -
Nicola andava fiero di se stesso quando conosceva bambine più piccole che si interessavano a lui, si sentiva un bellissimo ragazzino.
Cinzia era una bella bambina dai colori mediterranei e gli occhi già tristi. Nicola se ne era accorto subito, perché quando una persona è triste i ragazzini e i bambini lo notano come prima cosa.
- Ti va di giocare, Cinzia? - Le propose dopo un poco, mentre ancora lei non era del tutto scesa a terra.
- Ma non volevi andare sull'altalena? - Rispose la piccola.
- Si, prima, perché ero da solo. Ma ora ho conosciuto te, quindi potremmo giocare insieme.-
- Va bene, a cosa giochiamo? - Ecco, quello era difficile. Nicola aveva sempre giocato molto poco con le bambine, preferiva di gran lunga le partite di calcio con i compagnucci di scuola, ma quella ragazzina era diversa dalle altre.
- Facciamo che io sono un poliziotto. Tu vuoi essere una criminale?-
- Non posso essere una ragazza che è stata rapita e tu mi salvi?-
- E poi ti sposo?- Chiese Nicola. Come nelle fiabe, lui voleva salvare la principessa e poi sposarla.
- Se vuoi sì, tanto non so ancora con chi sposarmi.- I due bambini risero. Cominciarono subito a giocare e a correre per il parco. Dopo una mezz'ora che giocavano un uomo venne a chiamare Cinzia per portarla a casa.
Nicola, quel giorno, non era ancora riuscito né a salvarla né a sposarla.

*****

Roma, 1995
Dopo tre anni il commissario Scialoja non era ancora riuscito a rifarsi una vita, il dolore per la morte di Cinzia Vallesi era ancora troppo forte.
Seduto sulla panchina del parco fumava un sigaro. I bambini in torno a lui giocavano, e Dio solo sapeva quanto gli sarebbe piaciuto avere un figlio, un ultimo ricordo di Cinzia.
Poi, tutto insieme e senza motivo, ebbe un flash; lui e una bambina che giocavano insieme ai giardinetti, lui faceva finta di essere un poliziotto e lei una ragazza da salvare.

Per la prima volta in vita sua si ricordò di chi fosse la bambina. Era Cinzia, proprio la sua Cinzia, quella donna che voleva rinnegare il suo nome e che invece proprio grazie a lui aveva capito quanto importante fosse essere Cinzia, la donna, e non Patrizia, la puttana.
Nicola Scialoja si ricordava che quel gioco non era mai finito, perché Cinzia era andata a casa prima che lui potesse “salvarla”.
- Abbiamo giocato la nostra vita.- Pensò. -E tanto nel gioco quanto nella vita vera tu sei andata in un posto migliore prima che io potessi salvarti e sposarti.
Scusami Cinzia, scusami amore mio.-