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Autore: LADY ROSIEL    25/03/2012    3 recensioni
{ SHINICHI/HEIJI ~ HEIJI/CONAN }
In verità, a lui non interessava minimamente incontrare quel vecchio “zio” ubriacone ossessionato dalle belle donne né, tanto meno, quella perbenista di sua figlia. Lui desiderava solamente rivedere quel bambino saputello grande come un soldo di cacio che ne sapeva sempre una più del diavolo.
Se era salito sul primo treno diretto a Tokyo nonostante quella tormenta che aveva trasformato il viaggio in una maratona di sette ore, ed era riuscito a resistere alle ripetute avance di Kazuha senza fiatare; tutto questo lo aveva fatto solamente per lui. [...]
Camminavano l’uno accanto all'altra, e quella neve, che cadeva a fiocchi regolari e lenti, sembrava avesse il potere di fermare il tempo e il fragore cittadino.
«Finché sei piccolo posso trattarti come un bambino, vero Shinichi?»
Heiji riusciva sempre a scatenare l’anima di Shinichi, intrappolata nella sue stesse regole.
[...]
▶ Il loro amore e le loro bugie, dette alle persone più care che avevano, in uno scorcio fra le pagine dell’inverno.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Heiji Hattori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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winter days rev

PAIRING/SHIP: Shinichi/Heiji - Heiji/Conan
Genere: Fluff, introspettivo

Winter Days

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Quello era un inverno decisamente rigido per l’intero Sol Levante e il termometro segnava sette-otto gradi al di sotto della media stagionale in tutta l’isola. Per chiunque uscire di casa stava diventando una vera e propria sfida ma, i temerari certo non mancavano e fra questi vi era un giovane ragazzo dalla carnagione olivastra poco più che diciassettenne. 
A lui quella sfida piaceva molto. 
Nemmeno la grande morsa del freddo e il blocco temporaneo dei mezzi su rotaia, avevano persuaso il giovane detective del Kansai nel raggiungere la sua destinazione finale: Tokyo – Casa del Detective Mouri.
In verità, a lui non interessava minimamente incontrare quel vecchio “zio” ubriacone ossessionato dalle belle donne né, tanto meno, quella perbenista di sua figlia. Lui desiderava solamente rivedere quel bambino saputello grande come un soldo di cacio che ne sapeva sempre una più del diavolo.
Se era salito sul primo treno diretto a Tokyo nonostante quella tormenta che aveva trasformato il viaggio in una maratona di sette ore, ed era riuscito a resistere alle ripetute avance di Kazuha senza fiatare; tutto questo lo aveva fatto solamente per lui. 
E quando, finalmente, rivide il suo piccolo volto e quegli occhioni blu protetti da quei grandi occhiali da detective, gli si strinse immediatamente il cuore in un’intensa emozione che faticava a spiegare a se stesso e, involontariamente, rapito da quella sensazione, lo fissò a lungo ridisegnando con la mente i lineamenti di quel bambino fino ad ammagliarsi alla vista delle sue piccole labbra.
Avrebbe voluto poterlo salutare in un modo del tutto differente da quello educato e composto che si ritrovava a dover fare ma, sapeva bene che quello non era il luogo adatto.

Il piccolo Conan, con la scusa di mostrare a Heiji un nuovo videogioco, lo trascinò nella sua cameretta al riparo da occhi indiscreti, mentre, nel frattempo Ran e Kazuha iniziarono a chiacchierare del più e del meno come accadeva il più delle volte che i due liceali di Osaka venivano in visita a Tokyo. Una routine piuttosto comune fra amici che non si vedono da tempo, senza doppi fini, almeno apparenti perché quegli incontri per Conan ed Heiji celavano da sempre un segreto inviolabile che mai nessuno avrebbe compreso appieno.

«Ran nee-chan! – esclamò a voce alta il piccolo Conan sbucando all’improvviso nel salotto. – Vado al parco.» aggiunse poi, infilandosi il cappotto marrone con la pesante imbottitura invernale. 
«No, Conan! Con questo tempo ti conviene restartene buono in casa, altrimenti domani avrai una polmonite!»
«Ma io volevo giocare con la neve!» – si lamentò il piccolo.
«Ma non— » tentò di rincarare la dose la ragazza che però venne prontamente battuta sul tempo da Heiji.
«Ah… Non preoccuparti! Che male c’è a giocare con la neve nel parco?»
«Heiji, sei impazzito? Hai visto che vento c’è lì fuori?» s’intromise Kazuha in difesa della sua amica.
«Non ci dovrebbero essere problemi se si copre per bene e se lo accompagno io, no?» 
«Lo faresti davvero?» domandò sorpresa Ran.
«Certo. Questa peste ha bisogno di sfogarsi un po’ all’aperto, altrimenti, con tutti i videogiochi che ha, passerà l’intero inverno chiuso in quella stanza!» affermò con convinzione il giovane di Osaka, affrettandosi verso l’uscio assieme a Conan.
«Ok, ma mi raccomando rincasate presto e soprattutto non scoprirti, intesi?» acconsentì lei, rivolgendosi in particolar modo al suo piccolo “fratellino” acquisito mentre gli sistemò la sciarpa.
«Andiamo Heiji nii-chan!» 
E così i due, senza aggiungere altro, uscirono subito di casa, ignari di essere sorvegliati dagli attenti sguardi delle due ragazze che gli osservavano dall’ampia finestra del soggiorno sino a quando non sparirono dietro l’angolo.

«Quel bambino non dovrebbe giocare più spesso con i bambini della sua età? Sembra voglia disperatamente crescere più in fretta dei suoi coetanei.» affermò Kazuha suscitando la reazione sperata nell’amica, e così, in breve, anche quello divenne un brillante argomento di conversazione. 
«Lo so. Nonostante sia molto acuto e gli piaccia leggere libri polizieschi, credo sarebbe meglio cercare di coinvolgerlo meno nell’attività lavorativa di mio padre. Comunque, sembra piacergli molto la compagnia di Heji.»
«Quello è perché Heiji è ancora un bambino!» sentenziò Kazuha.
«Tu credi?»
«Ogni volta che Conan chiama Heiji per un videogioco, lui d’improvviso è sempre di buon umore e non desidera altro che incontrarlo per giocare una partita insieme. Ti sembra il comportamento che dovrebbe avere un detective liceale?» esternò Kazuha alzando un sopracciglio, quasi a voler sottolineare la singolarità del comportamento di Heji.
«Hai ragione, è alquanto bizzarro. Forse, però, è soltanto per alleggerire la tensione del momento. Heiji è molto giovane, ha risolto un sacco di casi d’omicidio e collabora con la polizia di quartiere il cui capo è suo padre. Forse, anche lui è cresciuto troppo in fretta…» rispose Ran, cercando di inquadrare al meglio il ragazzo dell’amica.
«O forse ha sempre desiderato avere un fratellino da accudire. In questo periodo sono certa solo di una cosa: Conan riceve molte più attenzione da Heiji di quante non ne riceva io.» ammise sconsolata sedendosi sul divano.

Camminavano l’uno accanto all’altra, in quella fredda giornata invernale avvolti da un paesaggio quasi surreale, luminoso, ovattato e completamente candido. Quella neve, che cadeva a fiocchi regolari e lenti, sembrava avesse il potere di fermare il tempo e il fragore cittadino. Le vie interne della periferia erano pressoché deserte e l’unico rumore che si poteva udire in lontananza era quello della metropolitana di superficie. Per qualche istante, ci si poteva scordare di trovarsi a Tokyo, quello scenario infatti, era tipico dei piccoli paesi situati nelle zone montane e certo si scostava non poco da quello caotico e frenetico tipico delle città. 

In quel momento gli occhi di Heiji riuscivano a vedere solo quel piccolo bambino di dieci anni che gli era accanto, il resto era del tutto vanescente e quasi insignificante se paragonato alla lucentezza e al calore che quel bambino emanava. Lui era il suo mondo. Lui era il suo migliore amico nonché il suo rivale di sempre. Lui era il suo amante.
Già, era davvero così.
Heiji amava quel bambino o meglio, amava il segreto che quel bambino nascondeva. 
Avrebbe voluto poter gridare al mondo intero i suoi sentimenti per quel ragazzo, ma se si fosse solo azzardato a farlo, sarebbe stato scambiato per un maniaco pervertito, per un vero e proprio pedofilo. E questo lui non lo era.
Ma come poteva spiegare al mondo che in realtà quel bambino era un diciassettenne come lui? E che, per un malaugurato esperimento di una losca organizzazione in nero si era drasticamente rimpicciolito in un bambino di dieci anni? 
No, non poteva.
Era una storia del tutto surreale persino per lui, nonostante fosse la verità. 
I pensieri di Heiji si facevano sempre più intensi e complicati mentre continuava a camminare lungo il viale innevato in perfetto silenzio. Per quei due giovani ragazzi quel silenzio era  quasi rassicurante. A loro non erano mai servite tante parole, anzi, spesso deducevano i pensieri dell’altro solo studiandone i movimenti del corpo.

«Che cos'è che ti sta tanto divertendo, Hattori?»
«Riflettevo sul fatto che non mi dispiace essere chiamato "Heiji nii-chan" – ammise abbozzando un sorriso – Quando sei un piccolo bambino riesci ad essere davvero molto dolce.» aggiunse poi, scatenando una più che voluta reazione di imbarazzo nel ragazzo che gli stava accanto.
«V-Vorresti dire che solitamente mi comporto in modo rozzo e maleducato?» replicò l’altro, accennando un tono offeso. 
«Oh no, solo in modo saccente e vagamente presuntuoso!» scherzò Heiji.
«Guarda che questa me la lego al dito, caro il mio detective dell’est!»
«Non dirmi che ti sei offeso Kudo?»
«Certo! – replicò serafico il piccolo per poi correre all’interno del parco innevato senza aspettare l’altro. – Heiji nii-chan!» lo chiamò a gran voce e cogliendolo di sorpresa gli sferrò una fredda palla di neve sul volto.
«Ah, è così che la mettiamo marmocchio?!»
«Non sono un marmocchio, Heiji!»
«Non si direbbe. Sai, ora la mia vendetta sarà tremenda!» affermò accucciandosi e infilando i guanti nella neve per creare a sua volta, una bella palla di neve la lanciargli contro.
«Allora che la guerra abbia inizio!» decretò Conan sfidandolo con lo sguardo.
E fu così che in breve i due cominciarono a sfidarsi a suon di palle di neve. Una lotta serrata ed equilibrata. Due sguardi a confronto costante che proprio non ne volevano sapere di guardare altrove. E più i minuti trascorrevano più loro continuavano imperterriti a rincorrersi e a nascondersi in quel parco del tutto deserto. Nei dintorni, si udivano solo le loro gioiose e limpide voci che diffondevano un’inconsueta ma piacevole sensazione di calore.  A vederli così, sembravano divertirsi un mondo e per chi non li conosceva, potevano essere tranquillamente scambiati per due teneri fratelli, ma la verità era un’altra e solo loro la conoscevano.

Accaldati e affaticati si accasciarono sulla panchina a loro più vicina.
«Non te la cavi male Heiji!»
«Nemmeno tu Shinichi
«Che ne dici se facciamo una piccola pausa?»
«Sei già stanco?!» replicò provocatorio il detective del Kansai.
«Sono solo accaldato. Ho ancora un sacco di energie!»
«Oh, quelle non mancano nemmeno a me! Però, per questa volta, acconsento ad un breve time-out.»
Inspirarono a fondo cercando di ristabilire la loro naturale respirazione e per qualche minuto tornò la più totale quiete. 

Gli occhi di Conan si voltarono ancora una volta per rintracciare il profilo di Heiji per poi perdersi nella sua splendida immagine.
Ai suoi occhi, Heiji era incredibilmente provocante qualsiasi cosa lui facesse. Anche lo stargli semplicemente accanto, come in quel momento, lo stordiva.
Era come se quel ragazzo lo richiamasse costantemente a se senza neppure muovere un dito. E questo, per il piccolo Conan stava diventando un serio problema, gli ormoni del suo amante gli stavano facendo perdere il suo proverbiale autocontrollo e per una persona orgogliosa e razionale come Shinichi era davvero un grosso problema. Ma prima che potesse trovare una soluzione fattibile per reprimere certi suoi istinti, si ritrovò perso nello scorgere le piccole gocce di neve che scivolavano su quel bronzeo volto dagli occhi verdi.

«Shinichi…» lo chiamò l’altro, in un flebile sussurro, allarmandolo e, preso alla sprovvista, lo vide protrarsi pericolosamente verso di se sfiorando le proprie labbra.
Un lieve sfioramento di labbra appena accennato, dolce e gentile. Un contatto tanto semplice quanto agognato, si trasformò presto in un bacio appassionato e caldo che lì unì per lungo tempo, sino a quando le labbra di Heiji si separarono da quelle piccole e saporite di Conan. 
Un respiro affannato e voglioso si diffondeva nell’aria e nelle orecchie di quel bambino che stava quasi per lasciarsi andare, ma all'ultimo, la sua razionalità bussò nella sua testa destandolo da quell'incantesimo e riportandolo immediatamente alla realtà. 
«Heiji! Sei impazzito? Siamo in un luogo pubblico!» gracchiò con voce bambinesca il piccolo, allontanandolo in malo modo per poi subirsi in tutta risposta, uno sguardo di sufficienza vagamente seccato. E proprio in quel momento, attraversò il parco un anziano signore che portava a spasso il suo cane. 
«Vuoi vedere che quel signore ha visto quello che abbiamo fatto?!» rabbrividì al solo pensiero. 
«Tu ti preoccupi troppo, Shinichi! – lo ammonì l’altro – Quel nonnino non ha visto proprio nulla!»
«E come puoi esserne certo, di grazia?»
«Semplice: se così non fosse come minimo mi avrebbe già preso per le orecchie e denunciato alla polizia! – esortò per nulla impensierito. – Inoltre, vorrei sottolineare che quando ti ho baciato non c’era nessuno. E poi, anche volendo, quante probabilità ci sono che quel nonnino abbia potuto vedere nitidamente quello che io te stavamo facendo da una distanza di 100 metri? Avrà si e no ottant'anni buoni.»
«E cosa ne sai tu! Magari quel vecchietto ha la vista più acuta di un’aquila!» Heiji lo guardò sbieco. 
«Parli seriamente?»
«Te l’ho già detto Heiji: non dobbiamo per nessun motivo farci scoprire!»
«Come se non lo sapessi. – sbuffò infastidito. – Sembra quasi che per te sia molto semplice mettere a tacere i tuoi sentimenti.»
«Heiji…»
Conan lo studiò affondo, non volendo perdersi nemmeno una sua espressione. Lo amava. Amava Heiji più di ogni altra cosa ma allo stesso tempo, riusciva a mantenere una lucidità tale da non permettergli di svelare quello che provava. Quella era sempre stata la vera forza di Shinichi Kudo. 
«Sono consapevole che quanto condividiamo nella nostra intimità debba rimanere segreto. E’ solo… E’ solo che vorrei poterti amare anche alla luce del giorno come fanno tutti gli innamorati.» si lasciò andare in un momento di sconforto.  
“Tipico di Heiji” – pensò fra se e se Conan. Lui riusciva ad essere sempre schietto e diretto con i propri sentimenti. Riusciva a dire le cose più complicate e anche quelle più imbarazzanti con la semplicità di un bambino. E ogni volta che lo faceva scatenava l’anima di Shinichi intrappolata nella sue stesse regole. Anche Shinichi, avrebbe desiderato potersi esprimere così liberamente ma a differenza sua, lui era estremamente introverso quando si trattava di dar voce al suo cuore. 
Lo ammirava per questo. Lo aveva sempre ammirato.

La mente di Kudo continuava a perdersi, investigando nei meandri nascosti dell’altro e, solo dopo alcuni minuti, si rese conto che il volto dell’altro si era fatto triste mentre i suoi occhi, senza desiderarlo, erano diventati lucidi. 
Quell’espressione tanto malinconica sul volto del giovane Hattori rattristava enormemente il suo amante, conscio che quella sua affermazione di poco prima corrispondesse alla pura verità. 
«Lo vorrei anch’io. – ammise il piccolo bambino. – Eccome, se lo desidererei. – si lasciò andare ad un flebile sorriso immaginandosi quel momento di beatitudine – Purtroppo pero, in questo momento non ci è concesso. – sospirò amareggiato. – Sono anche a corto dell’antidoto di Haibara per L’APTX.» sospirò ancora.

Kudo detestava quel suo piccolo corpo. 
Detestava quel senso d’impotenza che quel corpo gli imponeva. 
E il non avere a portata di mano nessun tipo di antidoto significava non poter ritornare, anche solo per qualche ora, l’adulto diciassettenne che in realtà era. E in quelle condizioni, non poteva nemmeno comportarsi da innamorato. Non poteva andare in un “Love Hotel” e fare l’amore con Heiji fin quando l’effetto dell’antidoto non svaniva. Non poteva nemmeno baciarlo. Tutto questo per lui, per loro,  era una vera tortura.
«Shinichi, non ti chiedo nulla in questa giornata, permettimi solo di rimanerti vicino come adesso, ancora per un po’. – riprese fiato. – Mi sei mancato dopo tutto.»
Il bambino sorrise ed acconsentì con un piccolo gesto del capo mentre Heiji gli si accoccolava ancor più vicino percependo il suo calore.
Restarono così, delicatamente abbracciati, per minuti interminabili sotto quella leggera neve che continuava a scendere senza sosta, mentre i loro respiri si sovrastavano l’un l’altro.

L’imbrunire ormai avanzava a passo spedito e per i due amanti era giunto il momento di ritornare a casa. Quelle brevi ma intense ore li avevano ritemprati nello spirito e tutto sommato, seppur non erano andati oltre a dei semplici abbracci, si sentivano ugualmente appagati nell’aver potuto trascorrere quegli attimi d’infinito amore insieme. 
Camminavano fianco a fianco, verso la via del ritorno ammagliandosi nello scorgere quel candido paesaggio innevato che ricopriva Tokyo.
Le brillanti luci natalizie che ridisegnavano il contorno di quegli alberi spogli, le vetrine dei negozi addobbate di colori natalizi, quel cielo ovattato e luminoso anche senza la luce del sole. Heiji e Shinichi si sentivano parte di quel freddo paesaggio invernale.

«Finché sei piccolo posso trattarti come un bambino, vero Shinichi?» domandò incuriosendo Conan che in quel momento si sentì prendere in braccio di peso e caricato sulle spalle di quello che appariva essere il più grande fra i due. 
«Ma che fai Heiji! Mettimi giù!» urlò dimenandosi. 
«E perché dovrei? – sorrise gentilmente. – Sei un bambino, no? Posso portarti in braccio in questo modo senza dare nell’occhio!»
Stupito da quell’affermazione, gli occhi del bambino divennero più grandi mostrando all’altro la reazione che tanto sperava.
Heiji si sentì ancor più felice e manifestava quella sua gioia camminando e canticchiando allegramente per le vie cittadine, dimostrandosi quasi un padre affettuoso verso quel piccolo finto bambino di dieci anni. 

Lo torturava con quelle sue cantilene strampalate.
Lo torturava con quella sua voce suadente.
Lo torturava sorreggendolo con le sue mani, donandogli un confortante calore. 
Con quei suoi piccoli gesti lo stava annientando
Shinichi si sentiva sempre più spesso sopraffatto da Heiji, soprattutto quando era in quella forma bambinesca.
«Sono felice che tu ti stia divertendo, ma per favore mettimi giù!» strillò con un tono vagamente isterico il piccolo sopra le sue spalle, suscitando in Heiji una sonora risata. Aveva capito benissimo che l’imbarazzo di Kudo era arrivato alle stelle e questo rendeva il tutto molto più divertente di quanto non potesse essere. E così, dopo l’ennesima supplica, Heiji decise finalmente di riportarlo con i piedi per terra. 
Le gote di Conan erano imporporate di un bel rosso vivo e il suo imbarazzo era davvero palpabile. Heiji sorrise divertito da quella rara visione che gli si mostrava davanti a sé. 
«Sei davvero buffo! – gli sfiorò la guancia destra. – Saresti da mangiare a morsi!»
«Heiji!» lo rimproverò l'altro.
«E’ la verità, mio piccolo bocconcino d’ambrosia!» gli sussurrò con quella sua voce calda e sensuale che lo ammagliava ogni volta.
«Sei sempre il solito maniaco!» si finse irritato il piccolo Conan e cercando di dar ancora più veridicità alle sue parole, assunse la sua inconfondibile posizione a braccia conserte.
«Non credo di essere l’unico.» lo rimboccò l’altro continuando a camminare. 
E proprio in quel momento, come un temporale estivo del tutto inaspettato, Conan gli andò incontro e gli prese la grande mano affusolata e bronzea e la strinse con la propria, facendo sussultare di gioia il suo amante che lo guardò perplesso.
«Siamo due maniaci! – esordì – Ti amo Heiji.» aggiunse poi, in un flebile sussurro poco percettibile che però non sfuggì ad Heiji. 

Una semplice frase che racchiudeva una moltitudine di sentimenti e di emozioni. 
Una semplice frase tanto banale quanto scontata che però non era mai espressa a sufficienza.
Una semplice frase riuscì a smarrire il cuore fragile di Heiji. 
Era così raro che Shinichi esprimesse quei sentimenti che non poté fare a meno di commuoversi. 
Lo amava. 
Amava quel piccolo bambino che giocava al detective. 
Amava la genialità di Kudo Shinichi.
Amava Shinichi indipendentemente da tutto e per poter restare al suo fianco avrebbe affrontato qualunque ostacolo e qualunque dolore. Era stato totalmente travolto da quel ragazzo. E Shinichi, dal canto suo, avrebbe protetto e sorretto Heiji amandolo con tutto se stesso; perché anche lui, era stato travolto da quel vortice d'incredibile forza chiamato “amore”.
Il loro era un amore tormentato da mille dubbi e perplessità e il futuro che spesso si mostrava dinnanzi era tutt’altro che roseo. Nessuno avrebbe realmente accettato quella relazione, e così, si ritrovavano a vivere un amore galeotto avvolti da un mare di bugie.
Le loro bugie, dette alle persone più care che avevano.
Ma anche così, nonostante il dolore e i momenti tristi, sarebbero andati avanti credendo nella forza di quel meraviglioso legame.
Solamente Shinichi ed Heiji insieme. Proprio come in quel momento sospeso fra sogno e realtà, mentre passeggiavano teneramente stretti per mano sotto la fredda neve, in un romantico scorcio fra le pagine dell’inverno.

 

 

© LADY ROSIEL/Luna Azzurra

 

   
 
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