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Autore: Anastasia_Malfoy    25/03/2012    3 recensioni
Una storia d'amore nata dalla scoperta di una scatola piena di amore. Un amore vero, un amore forte. L'amore di uno dei propri genitori verso il proprio amico. Il proprio amore per un ragazzino che forse tanto ragazzino non è.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, James Sirius Potter, Teddy Lupin | Coppie: James Sirius/ Teddy, Remus/Sirius
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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A Box of Love

 

12 Agosto 2018

Grimmauld Place n° 12, Londra

 

Harry Potter era una di quelle persone che, se non hanno un impegno, se lo cercano. Non aveva mai oziato, se non in quelle estati che era costretto a passare dai suoi zii a Privet Drive durante la sua infanzia e adolescenza. Perciò, collegando l’ozio ai Dursley, il Bambino Sopravvissuto trovava sempre qualcosa da fare, anche d’estate, anche durante le vacanze estive che lo allontanavano dal suo ufficio di Capo del Dipartimento Auror del Ministero della Magia Inglese. Così per quel pomeriggio torrido e soleggiato, aveva deciso di sistemare la casa che era appartenuta al suo adorato padrino.

 

Aveva vissuto lì i primi tempi, dopo la fine della Seconda Guerra Magica. Era stato un buon luogo in cui nascondersi dai giornalisti asfissianti e dalle occhiate insistenti dei maghi che vedevano in lui un eroe. Voleva solo passare un po’ di tempo con i suoi pensieri, magari con Ginny e Ron ed Hermione. Perciò avevano passato i primi mesi a sistemare la casa. Avevano tolto le teste degli elfi, erano riusciti a staccare dal muro l’arazzo che raffigurava la madre di Sirius(usato per il falò di Ferragosto) ed avevano tinteggiato tutte le pareti della casa. Avevano deciso di lasciare, e anzi risistemare le camere di Sirius e Regulus, a memoria del fatto che i Black non erano tutti marci.

 

L’uomo sorrise. No, non erano marci per niente. Certo, Bellatrix era stata una pazza sadica e psicolabile, ma tutto il resto dell’ultima generazione dei Black si era dimostrata migliore di quello che era stata la famiglia in passato. Tra l’altro l’ultimo discendente dei Black stava giocando nel suo giardino nella residenza dei Potter a Godric’s Hollow, dove avevano ricostruito la casa in cui aveva vissuto Harry da neonato. E pensare che tutti in famiglia adoravano il piccolo Scorpius…

 

No, per lui era impensabile stare con le mani in mano. Perciò in quel momento era nella soffitta, a sistemare quello che era praticamente diventato un magazzino, a spostare scatoloni su scatoloni e lanciare incantesimi di pulizia a destra e a manca.

 

E non si era mai divertito così tanto…

 

Fu mentre spostava uno degli scatoloni più ingombrante che non si accorse che uno dei vecchi giocattoli di James era uscito dalla scatola, facendolo inciampare e quindi scontrare sulla parate di fronte.

 

-Ahia!- urlò, quando gli cadde qualcosa sulla testa.

 

Passo una mano dove gli faceva male, controllando che non gli uscisse sangue. Quando guardò la sua mano, pulita, tirò un sospiro di sollievo, per poi passare alla ricerca dell’oggetto incriminato.

 

Era una scatola da imballaggio. Incantata. Aveva le dimensioni di una scatoletta da anello, ma era di cartone. Prese la sua bacchetta dalla tasca dei pantaloni e lanciò un ‘Engorgio’. Subito la scatola tornò alle sue dimensioni effettive, facendo gemere dal dolore il Bambino Sopravvissuto visto che una mano gli era rimasta incastrata sotto. Dopo aver aperto e chiuso il pugno per controllare la presenza o meno di ossa rotte, Harry controllò la scatola dall’esterno, provando a intuirne il contenuto.

 

Non era una delle sue scatole. Lui non le rimpiccioliva mai, aveva paura sempre di confonderle e perderle e non poteva correre questo rischio, specialmente visto che si era ripromesso di conservare tutti i giocattoli di Jamie per i suoi figli. A volte era con una punta di gelosia e rammarico che osservava il piccolo Hugo giocare con i vecchi giocattoli di Ron. Ma aveva dato ai suoi figli tutto l’affetto possibile e non avrebbe mai e poi mai smesso di adorarli. Certo, magari non avrebbe vinto il premio di papà dell’anno, ma se la cavava e poi era troppo divertente per lui farsi mettere i piedi in testa da Lily. Quella piccola terrorista che ne combinava una al giorno..

 

Harry tornò ad osservare la scatola con un sorriso sul volto. Che presto si trasformò in un ghigno. La sua vecchia anima di Grifondoro l’avrebbe spinto a sventrare quella scatola, ma la sua mente da Serpe lo spingeva a controllarsi e a pensare prima di agire. Ma non c’era scritto niente così decise di togliere piano lo scotch dalla scatola ed aprirla, per scoprirne il contenuto.

 

C’erano fotografie, diari, lettere e piccoli oggetti. Decise di esaminarne qualcuno con occhio attento. Ma Harry subito capì. E un sorriso triste si fece strada sul suo volto. Erano passati vent’anni eppure lui ancora ci soffriva. E mai avrebbe smesso. Richiuse la scatola, poggiandola gentilmente accanto la porta della soffitta. Era arrivato il momento che l’ultimo Malandrino scoprisse la vita di suo padre.

 

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Harry bussò alla porta di Andromeda Black alle sette di sera. Se all’inizio il rapporto con la donna era stato vagamente freddo, visto che la sua somiglianza con Bellatrix Lestrange portava a galla brutti ricordi, il tempo aveva portato i Potter ad avvicinarsi sempre di più a quella che Jamie, nella sua esplosione di vitalità, aveva sempre chiamato Nonna Meda o Nonna Andy. E ad aprire fu proprio la ragione dell’affetto tra Harry e Andromeda: Teddy Lupin.

 

-Zio Harry! Che ci fai qui?- lo salutò Teddy, ormai ventenne.

 

-Ciao Teddy. Sono venuto a trovarti. Tua nonna?- gli chiese, scombinandogli i capelli come faceva da quando era nato.

 

-Oh, è a cena da sua sorella. Zia Cissy voleva passare una serata in famiglia. Anche se Al le ruba il suo adorato nipote, o sbaglio?- gli rispose, invitandolo in salotto.

 

-No, non sbagli. Chi c’avrebbe mai creduto che un Potter avrebbe avuto come migliore amico un Malfoy?- disse Harry, con una smorfia scherzosa.

 

-E che il Potter in questione sarebbe stato un Serpeverde mentre il Malfoy di turno un Grifondoro, no?- celiò Teddy, ridacchiando.

 

-Non mi ci fare pensare.- grugnò Harry, grattandosi vagamente la fronte e la cicatrice che lo avevano reso leggenda. –Devo parlarti di una cosa, Teddy.-

 

-Certo. Di cosa?- chiese il ragazzo, serio.

 

Harry sorrise, prendendo dalla tasca della giacca la stessa scatoletta che aveva trovato quel giorno. La porse al ragazzo, che la esaminò come aveva fatto lui. Harry fece di nuovo l’engorgio, davanti lo sguardo perplesso di Teddy, che guardò scettico il padrino.

 

-Ehm.. cos’è?- chiese Teddy.

 

-È qualcosa che ho trovato oggi a Grimmauld Place. Apparteneva a Remus.- rispose Harry, con un sorriso indulgente sul volto.

 

-Ah.- disse il ragazzo, passando una mano tra i capelli corti. –Che c’è qui dentro?-

 

-Teddy, non devi aprirla adesso. Dovrai farlo solo quando ti sentirai pronto.- rispose l’Auror, accondiscendente.

 

-Come faccio a sapere se sono pronto se non mi dici cosa c’è in questa scatola?- chiese Teddy, assottigliando lo sguardo.

 

-Perspicace.- sbottò Potter, passandosi una mano tra i capelli. –Ricordi quello che dice sempre Zia Hermione?-

 

-Si. L’amore è la magia più potente di tutte. Lo diceva sempre Silente, perché?-

 

-Perché.. perché lo è davvero. Dovrai aprire questa scatola solo quando sentirai di essere realmente innamorato. Solo quando crederai di amare veramente la persona che hai davanti allora potrai aprire questa scatola. Me lo prometti?- gli chiese Harry, guardandolo negli occhi.

 

-Io… Victoire..- mugugnò Teddy, confuso.

 

-Ted, ti ho detto solo che dovrai aprire questa scatola quando ti sentirai pronto. Se lo sei, puoi anche farlo adesso, ma.. ne sei sicuro?- gli chiese l’Auror, scoccando al ragazzo un’occhiata scettica. –Sei un ragazzo. Quando ti sentirai pronto, la aprirai. Promettimelo.-

 

-Ok, te lo prometto.- disse il ragazzo, poggiando una mano sulla scatola.

 

Harry sorrise al figlioccio, congedandosi da lui, guardando un’ultima volta quella scatola che conteneva la vita di due delle persone a cui teneva di più.

 

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6 Luglio 2022

Casa Weasley-Lupin, Isigny-sur-Mer, Nord della Francia

 

 

Teddy Lupin era sempre stato un ragazzo paziente e tranquillo. Per lui non c’era mai stato niente di meglio di passare una bella serata davanti a un camino acceso, con un buon libro tra le mani, magari un libro di letteratura babbana, e una tazza di tè accanto, rigorosamente con almeno tre cucchiaini di zucchero, niente latte né limone.

 

Non era quello il caso, ovviamente, visto e considerato che c’erano 30 gradi all’ombra ed era in riva al fiume, ma la pace di quei paesaggi lo faceva sentire a casa. Gli piaceva quel posto, perché era in mezzo a tantissimi boschi, e c’era quella presenza dentro di lui, quel lupo domato, che lo portava spesso tra quegli alberi, a sentire sotto i palmi delle sue mani le cortecce degli alberi e sotto i piedi nudi la terra molle. Vicky lo tormentava spesso, perché poi tornava a casa con i piedi tutti sporchi e doveva pulire tutto il vialetto dell’ingresso.

 

In quel momento era sdraiato su un telo di spugna, le braccia incrociate sotto la testa e una testa biondo-rossiccia poggiata sul suo petto. Alzò vagamente la testa, lasciando un bacio sulla testa della ragazza. Voleva molto bene a Victoire Weasley. Le aveva sempre voluto bene, da che aveva memoria. Erano cresciuti insieme, e col tempo c’era stato quasi il bisogno di trasformare quell’affetto in qualcosa di più. Era stata quasi la strada più semplice da intraprendere.

 

Il ragazzo sospirò, mentre la ragazza gli lasciò un leggero bacio sulla guancia. C’era sempre quel ma, però. Voleva bene a Vicky, la adorava, ma a volte si sentiva quasi vuoto. Non sapeva il perché, ma non c’era.. la scintilla. Quella scintilla che ti porta a fare qualcosa di inaspettato per la persona che ami, che ti spinge a fare pazzie. La sua vita con Vicky era ormai scandita dalla routine. Quella per esempio era la solita gita al fiume del mercoledì pomeriggio, dopo sarebbero tornati a casa, lui avrebbe ordinato indiano al take-away e due ore dopo sarebbero andati a dormire, magari dopo avere fatto l’amore.

 

-Hey, un penny per i tuoi pensieri.- disse la ragazza, mordicchiando il manto del ragazzo.

 

-Scusa, Vic. Penso sempre, lo sai.- le rispose, lasciando una bacio leggero sulla sua bocca.

 

-Si, lo so. Stavo pensando… che ne dici se invece di ordinare qualcosa dal take-away, prepariamo qualcosa noi?- gli chiese, alzandosi in piedi. –Dovrai recuperare i ricettari dalla soffitta, però.-

 

‘Questo si che è inaspettato.’, pensò Teddy, alzandosi in piedi a sua volta.

 

-Perché devo salirci io in soffitta?- le chiese, scherzoso.

 

-Cosa? Ci potrebbero essere dei ragni lì!- esclamò lei, scandalizzata.

 

-Tu e Zio Ron siete impossibili, sai?- ridacchiò lui, porgendole il braccio per la materializzazione.

 

-Zio Ron è l’unico che riesce a capirmi.- rispose lei, facendo una linguaccia.

 

Si materializzarono sul vialetto di casa, per poi entrare dentro e cambiarsi. Victoire si allontanò da lui per andare in cucina con un bacio, mentre Teddy prendeva la via per la soffitta, dove non entrava da tre anni. Cioè da quando si era trasferito lì.

 

‘Bene. Dove sono quei maledetti ricettari?’, pensò il ragazzo, spulciando tra le scatole che erano rimaste chiuse.

 

Teddy cercò tra diverse scatole, prima di imbattersi in una che aveva quasi dimenticato. Era la scatola che Harry gli aveva portato qualche anno prima. Aveva detto che riguardava suo padre, ma non gli aveva mai detto altro. A volte il pensiero di aprire quella scatola c’era, ma non si sentiva mai pronto.

 

‘Ma come faccio a sapere se sono pronto se non so cosa c’è dentro?’, pensò Teddy, passandosi una mano tra i capelli.

 

Il ragazzo si mordicchiò il labbro inferiore, per poi prendere la scatola e posarla a terra, incrociando le gambe da seduto. Aprì la scatola di scatto, alzando una piccola nuvoletta di polvere. Tossicchiò agitando una mano davanti al viso, illuminando la stanza con un lumos. All’inizio non capì cosa c’era lì dentro. La sua mano afferrò per prima una lettera. Il destinatario era Sirius, nome scritto con la calligrafia che aveva imparato a conoscere come quella di suo padre, dagli appunti e dai grimori che aveva trovato a casa sua.

 

‘Papà.’, pensò, passando una mano sulla busta.

 

Teddy aprì piano la lettera, estraendo la piccola pergamena che c’era all’interno. Il testo era leggibile, ma a volte l’inchiostro era sbavato, come se lo scrittore avesse esitato a scrivere alcuni punti e nel frattempo avesse… pianto. Harry gli aveva raccontato spesso, specialmente quando era bambino, dei Malandrini, e del fatto che suo papà fosse molto legato a Sirius. Teddy chiuse gli occhi, provando a mantenere il controllo, per poi riaprirli e iniziare a leggere.

 

Caro Sirius, sono sempre io. Non ti parlo da un sacco di tempo, da più di un anno ormai. Ti scrivo perché oggi è un giorno importante per me. [ … ] Non ti ho dimenticato. Non avrei mai potuto farlo. Sei e sempre sarai la persona che ho più amato, e lo sai. Ma avevo bisogno di scriverti, oggi. So che forse non approvi, so che forse mi stai odiando oggi, ma ti prego, non condannarmi se voglio trovare un po’ di pace. Affezionarmi a lei non era nei miei piani. Fosse stato per me ti sarei stato fedele fino alla morte, ma lei.. lei mi vuole bene. Il nostro è un rapporto diverso da quello che avevamo noi due, ma le voglio lo stesso bene e anche se continuerò ad amarti fino alla fine dei miei giorni, non posso non provare a tirare avanti. Lei mi è stata vicina, lei che ha gli occhi così simili ai tuoi…. ’, lesse il ragazzo, sgranando gli occhi.

 

La lettera gli cadde dalle mani. La raccolse e la risistemò dentro la busta, mentre con mani tremanti scopriva il resto del contenuto della scatola. Era piena di foto. C’erano tante foto di suo padre vicino a Sirius Black, tante foto di Sirius con James Potter, tante foto dei Malandrini. Teddy iniziò a dividere le foto. E il ragazzo non poté fare a meno di notare quanto affetto e.. amore, puro e semplice, trasparisse dai ragazzi che nella foto facevano finta di litigare.

 

Teddy non capì il perché, ma il bisogno di chiudere quella scatola fu forte. E così sigillò di nuovo quella scatola, con il peso nel cuore di quella nuova scoperta.

 

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Passarono due settimane. Teddy non era più uscito di casa. Non ne aveva la forza, come se qualcosa gli impedisse di uscire. Aveva passato due settimane a guardare il bosco dalla finestra, perso nei suoi pensieri. Pensieri di ogni genere. Pensieri sulla sua vita, pensieri sui suoi genitori, su Harry, sulla sua famiglia in generale. Su Victoire.

 

La realizzazione sulla sua vita era arrivata all’improvviso un paio di giorni prima. Aveva capito perché non aveva mai avuto la forza di aprire quella scatola prima di allora. Harry gli aveva chiesto di aprirla solo quando si sarebbe innamorato sul serio e lui, anche se inconsciamente, aveva capito di non esserlo veramente. Non amava Victoire. Non come si dovrebbe amare la persona con cui si vuole passare il resto della vita. Non aveva quel tipo di amore totalizzante e passionale, quel tipo di amore che ti fa attraversare gli oceani, quell’amore così pieno e irrazionale da farti quasi sentire vuoto in sua mancanza. Teddy non amava Victoire, se non come si vuole bene a una sorella, a un’amica d’infanzia, ad una persona che conosci da sempre. Ma non era l’amore della sua vita. E quella constatazione lo aveva svuotato. Non avrebbe mai rimpianto il tempo passato con lei, ma in quel momento aveva bisogno di stare da solo. Aveva bisogno di concentrarsi su stesso e ritrovare uno scopo.

 

Aveva deciso di parlarle quella sera stessa. Vicky era in giro con degli amici. Il che era davvero strano, perché erano tre settimane minimo che usciva più spesso del solito. Solo che prima non se n’era davvero accorto.

 

‘Merlino, sono un pessimo fidanzato.’, pensò, scuotendo la testa.

 

I suoi occhi lasciarono la vista dei boschi quando sentì aprire la serratura di casa. Si alzò dalla poltrona, andandosi a posizionare sul divano del salotto. Abbandonò la testa sulle mani, con i gomiti poggiati sulle ginocchia. In quel momento si detestava. Si stava detestando, perché avrebbe voluto essere una di quelle persone in grado di stare con una persona anche senza amarla. Ma purtroppo non lo era, e il pensiero che avrebbe dovuto spezzare il cuore a quella povera ragazza, lo stava logorando.

 

-Teddy, va tutto bene?- chiese Victoire, arrivata in salotto dopo aver appeso la giacchetta all’appendi – panni.

 

-No.- sussurrò, serio.

 

-Teddy..- cominciò lei, sedendosi sul tavolinetto di fronte a lui. –Teddy, mi stai lasciando, vero?-

 

Teddy alzò lo sguardo verso di lei, aggrottando le sopracciglia. Non aveva un tono triste. Aveva un tono consapevole, aveva il tono di chi sa, di chi sa e aspetta.

 

-Mi dispiace, Vicky.- sussurrò il ragazzo in risposta.

 

-Teddy, ti ricordi com’è iniziata la nostra relazione?- gli chiese lei, con tono indulgente.

 

Teddy la guardò negli occhi, confuso. Provò a ricordare. Niente. Vuoto completo.

 

-Già. Non lo ricordo nemmeno io.- rispose lei, con un sorrisetto.

 

-Cosa?- le chiese, perplesso.

 

-Io non riesco a ricordare quando è stato il primo momento in cui mi sono resa conto di amarti. Non riesco a ricordarlo e la cosa mi spaventa. Dovrei ricordare quando è stato, cosa indossavo, cosa indossavi tu. E invece non ci riesco. Teddy, la nostra relazione è nata quasi perché era qualcosa che dovevamo fare. Siamo amici da quando siamo praticamente nati, e non riesco a ricordare quando mi sono innamorata di te. Fino a qualche settimana fa credevo che fosse perché ti amavo da sempre, ma la realtà è che forse.. non ti ho mai amato.- gli disse, tenendo lo sguardo basso.

 

-Credevo di essere l’unico a sentirmi così.- rispose lui, poggiando una mano su quella della ragazza.

 

-Ted Lupin il Martire.- celiò Victoire, con un sorriso indulgente sul volto. –C’ho provato, sai? C’ho provato a fare funzionare questa relazione, ma non ce la faccio. Non è giusto, Teddy. Non è giusto né per te né per me. Meriti qualcuno che possa amarti per quello che sei, come io non riesco a fare.-

 

-Dovrei essere io a farti questo discorso, Vic.- rispose Teddy, trascinando la ragazza vicino a sé, per abbracciarla.

 

Victoire ricambiò l’abbracciò, sorridendo contro la spalla del ragazzo.

 

-Non hai il coraggio di farmi un discorso del genere. Sei troppo gentiluomo per lasciarmi.- rispose lei, ridacchiando. –Posso solo chiederti come hai capito di non amarmi?-

 

Teddy non rispose, si limitò a sospirare.

 

-Ok, non vuoi dirmelo.- capì la ragazza, dandogli un leggero pugno sul braccio. –Fa niente. Però posso raccontarti come l’ho capito io?-

 

Teddy annuì grato, sorridendole.

 

-Ho conosciuto il fratello di Axelle, l’amica di Dominique. Si chiama Leandre, e Teddy, credimi, non mi sono mai sentita così viva.- disse aggrottando le sopracciglia, in colpa. -Siamo usciti spesso insieme in queste ultime settimane, e non sono mai stata meglio. Mai, Teddy. Ti prego, non essere arrabbiato con me. Non l’ho mai nemmeno baciato.-

 

-Vic, non sono arrabbiato con te. Sono felice. Hai tutte le ragioni del mondo per farlo.- le disse, con un sorriso sereno sul volto. –La cosa assurda è che hai 22 anni, che io ne ho 24 e parliamo come se ne avessimo 50. Non è normale, Vic. Dovremmo essere giovani e spensierati.-

 

-Be’, non è mai troppo tardi.- gli rispose, accarezzandogli il viso. –Devi solo promettermi una cosa, Teddy.-

 

-Cosa?- le chiese, felice.

 

Era strano. Si sentiva libero, finalmente. Non c’era più la routine, non c’era più l’abitudine. C’era solo un mondo da scoprire pieno di ombrelli gialli.

 

-Sei un bravo ragazzo, Ted. Sei buono, sei un gentiluomo. Ma il fatto che tu sia così non vuol dire che lo siano anche le altre persone. Promettimi solo che ti proteggerai il cuore. Perché non posso sopportare che qualcuno potrebbe spezzartelo.- gli disse, abbracciandolo stretto.

 

-Te lo prometto.- le rispose, baciandole il capo. –E tu promettimi la stessa cosa.-

 

-Te lo prometto.-

 

Quello fu forse un addio. Era un addio a una storia che durava ormai da cinque anni, era un addio alla loro vecchia vita. Quella separazione li portò alla vita reale, quella da cui non può purtroppo proteggerti la famiglia. Eppure fu anche un inizio. Fu rinascita e amore. Solo che questo, non potevano ancora saperlo.

 

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4 Agosto 2022.

      Nei pressi di Godric’s Hollow

 

Teddy aveva impacchettato tutto in una settimana e aveva lasciato la casa che aveva condiviso con Victoire per tre anni. Un po’ gli dispiaceva, ma aveva senz’altro sofferto di più quando aveva dovuto lasciare la casa in cui aveva vissuto da quando era un bambino con sua nonna. Perciò si era rimpossessato della sua camera a Casa Black-Tonks, con grande felicità di Nonna Andy, che, nonostante lui non avesse detto niente a riguardo, aveva capito che lui aveva lasciato ‘la francesina con la testa per aria’.

 

Tornare a casa gli era servito a rimettere i piedi per terra e a riprendere il contatto con la realtà. Be’, era stato il primo passo, comunque. Aveva capito di avere bisogno di parlare con Harry. Lui doveva sapere molto più di lui di suo padre e lui aveva il diritto di sapere. Aveva il diritto di sapere perché Teddy era nato. Perciò, un paio di giorni dopo il suo ritorno in madrepatria, aveva preso la scatola che conteneva la vita di suo padre, l’aveva rimpicciolita e si era materializzato a Godric’s Hollow, vicino casa del Padrino. Passando per la piazza del minuscolo paese, posò una mano sul cuore davanti la statua che rappresentava i genitori del Bambino Sopravvissuto, pensando a quelli che, se fossero sopravvissuti, sarebbero stati come degli zii. A volte si chiedeva come faceva Harry a restare tranquillo al pensiero dei suoi genitori. Sapeva che da ragazzo il pensiero della morte di James e Lily Potter lo aveva tormentato. Ma si chiedeva come, da adulto, riuscisse a restare tranquillo al loro pensiero. Una volta gliene aveva pure parlato. Harry gli aveva risposto con un sorriso triste e dicendogli che il fatto di essere diventato genitore lo aveva aiutato. Si chiese se avere un figlio un giorno avrebbe aiutato lui.

 

Fu con un sospiro che si avviò per il vialetto di Casa Weasley-Potter, bussando, infine, alla porta. Era da quando si era trasferito in Francia che non rivedeva nessuno. C’erano state le lettere, tante lettere. Ma non era la stessa cosa. Era cresciuto con i Potter. E gli erano mancati come l’aria. Ad aprire fu.. quello che era un uomo ormai. Non era più il ragazzino che aveva lasciato con un broncio sul viso tre anni prima. Non era più il bambino che si era rifiutato di salutarlo perché, e Teddy lo sapeva, gli avrebbe fatto troppo male dirgli addio.

 

Jamie.

 

Jamie sgranò gli occhi, per poi cacciare un urletto alla sua vista e placcarlo.

 

-Teddy!- esclamò, stringendolo forte.

 

‘Un abbraccio alla Jamie.’, pensò mugugnando, ma con un sorriso.

 

Come se non ti fosse mancato da morire.

 

-Jamie, mi soffochi.- gli disse, ridacchiando.

 

-Maledetto di un Lupin! Mica me l’avevi detto che saresti venuto!- rispose, staccandosi da lui, anche se riluttante.

 

Teddy si permise solo in quel momento di esaminare il ragazzo di fronte a lui. Jamie aveva i capelli neri e scombinati dei Potter, e aveva gli occhi di Ginny, quel castano profondo e intenso che spesso quando era più piccolo lo avevano fatto cedere di fronte a una sua richiesta. Era cresciuto un sacco, diventando altissimo, anche se non quanto lui - Teddy Lupin era stato definito alto anche dai Weasley e quello era un dannatissimo record, specie di fronte all’altezza di Ron e George. Jamie era davvero cresciuto.

 

-Be’, sorpresa, allora.- mugugnò Teddy, grattandosi la nuca.

 

-Già, una sorpresa magnifica! Dai, entra!- gli disse l’altro, spostandosi dalla porta per far entrare l’amico. –Allora! Che ci fai qui?-

 

-Ehm.. veramente volevo parlare con tuo padre. È a casa?- gli chiese, seguendo James verso la cucina soggiorno.

 

-No. Problemi in ufficio. Gliel’ho detto che per quello che fa lo pagano poco, ma non mi ascolta. Siamo soli in realtà.- gli disse, aprendo il frigorifero e rovistando all’interno.

 

-James, che cerchi?- gli chiese, perplesso.

 

-Dovrebbe esserci una lattina di Coca Cola Light, quella che piace a te. Papà compra sempre quella normale, anche se continuo a lamentarmi.- gli rispose, piegandosi sulle ginocchia. –Ah! Eccola! Tieni.-

 

‘Se lo ricorda.’, pensi, intenerito.

 

-E perché chiedi quella Light? A te piace quella normale. Odi le cose dolciastre.- gli rispose Teddy, con un sorriso furbo sul volto.

 

‘E anche io ricordo certe cose di lui. Il tempo non ha cambiato le cose.’, pensò, prendendo la lattina.

 

-Perché voglio essere pronto in caso un certo Lupin di nostra conoscenza si fosse presentato alla nostra porta senza avvisare. Possono anche chiamarmi James Sirius Potter il Veggente, adesso.- disse il ragazzo tremendamente serio.

 

Talmente serio che Teddy non poté evitarsi una risata.

 

-Mi sei mancato, Jamie.- gli disse, sorridendogli.

 

-Lo so. Mi sarei mancato anch’io.- celiò, arrossendo vagamente. –Mi sei mancato anche tu, comunque.-

 

-Dove sono gli altri?- chiese Teddy, sorridendo.

 

-Oh. Mamma è ancora in redazione. Al è da Malfoy, come sempre, mentre Lily è da Nonna Molly che gioca a fare la casalinga che vuole imparare a cucinare.- gli rispose, alzando gli occhi al cielo.

 

-Oddio, Lily che fa la casalinga non ce la vedo proprio!- gli rispose, ridendo.

 

-Nemmeno noi. Ma dirglielo significherebbe vivere in un inferno fatto di bronci. È colpa di papà. L’ha viziata.-

 

-Come se non l’avessi viziata anche tu.- lo prese in giro Teddy.

 

-È un altro discorso. Io sono il fratellone. È il mio compito viziare e rompere le palle. Da un genitore ci si aspetterebbe di mettere un po’ di sale in zucca ai figli.- mugugnò Jamie.

 

-Credo che Harry ci abbia rinunciato visto che i tentativi di mettere sale in zucca a te sono falliti tutti.- celiò l’altro in risposta.

 

-Credevo fossi dalla mia parte tu.- mugugnò Potter, triste.

 

-Lo sono. Ma avevo quasi dimenticato che a volte è impossibile prenderti sul serio.- gli rispose, con un ghignetto.

 

James si limitò ad assottigliare lo sguardo alla sua risposta, per poi arrendersi.

 

-Comunque.. perché volevi parlare con papà?- gli chiese, mettendo il labbruccio.

 

-Oh.. ehm.. è personale.- gli rispose Teddy, arrossendo. Completamente. Pure nei capelli.

 

-Oh, per Merlino!- esclamò Jamie, balzando in piedi. –Hai ucciso qualcuno? E adesso vuoi protezione? Ti prego, almeno dimmi che hai nascosto il corpo!-

 

-Cosa? Ma ti pare che vado in giro a uccidere le persone?- gli rispose, arrossendo ancora di più. –Che poi un omicidio è la prima cosa che ti viene in mente quando ti dico che è un problema personale?-

 

-E che ne so! Oh, no. Se non è un omicidio… non dirmi che hai messo incinta Viciou… ehm, Victoire! Ti prego, sei troppo giovane per essere padre.- piagnucolò James.

 

-Ma si può sapere che mente bacata hai? No, non ho messo incinta Vicky. Che poi stavi davvero per chiamarla Vicious?- allibì Lupin.

 

-Ehm…-

 

-Ok, non voglio saperlo. Comunque, no. Riguarda me e me soltanto. Scusa, Jamie.- gli disse, addolcendo il tono alla fine.

 

-Tranquillo. Io sono qui, se ne vuoi parlare.- rispose Jamie, scrollando le spalle. –Come sta la bionda?-

 

-La bionda è tua cugina.. dovresti volerle bene, no?- rispose, ignorando la smorfia di disgusto sulla faccia dell’altro. –Sta bene, almeno quando l’ho lasciata in Francia stava bene.-

 

-Mmm.. tra poche settimane sarà il vostro anniversario… il…  quale, il quinto?- gli chiese, stringendo inconsapevolmente i pugni.

 

-Jamie… io e Vicky ci siamo lasciati dieci giorni fa. Potresti evitare di girare il coltello nella piaga?- gli chiese Teddy, esasperato.

 

Jamie rilassò i pugni all’istante, sgranando gli occhi e spalancando la bocca. Ma si riprese quasi subito, raggiungendo Teddy e placcandolo come aveva fatto al suo arrivo.

 

-Scusa. Sono un mostro insensibile, Lily me lo dice sempre.- gli mugugnò contro la spalla.

 

-Va tutto bene. Non potevi saperlo.- gli disse, godendosi la sensazione.

 

Jamie sapeva di casa. Stare abbracciato a quel ragazzo era come stare abbracciato a tutti i ricordi che aveva prima del trasferimento. Eppure non c’era nostalgia. C’era solo la felicità del ritorno.

 

‘E dannazione, Jamie mi è mancato più di quanto potessi immaginare.’, pensò Teddy, quando Jamie si staccò da lui.

 

Jamie era il suo Potter preferito. Jamie sapeva cose di lui che nemmeno Vicky aveva mai scoperto. Jamie era unico nel suo genere. Jamie era stato l’unico a dirgli che stava facendo una cavolata quando aveva deciso di trasferirsi in Francia. Jamie era l’unico che lo capiva con uno sguardo e Teddy non era mai stato più felice di così.

 

-Ho scoperto una cosa su mio padre. E non so cosa provo.- si ritrovò a dire, perché davvero, provare a trattenersi di fronte a lui era impossibile.

 

-Cosa hai scoperto?- gli chiese sedendosi di fronte a lui.

 

-Mio padre aveva avuto una relazione con Sirius Black prima di sposare mia madre.- disse tutto d’un fiato, mentre gli occhi gli si riempirono di lacrime.

 

-Oh.- rispose, aggrottando le sopracciglia.

 

-Già.-

 

-E dove sta il problema?- gli chiese Jamie, spiazzandolo.

 

-I-io.. io non lo so. Sono così confuso.- gemette.

 

-Non dirmi che il problema sta nel fatto che tuo padre fosse innamorato di un altro uomo.- gli disse, arrossendo, sentendosi vagamente in colpa.

 

-Eh? No. Non è questo.- rispose Teddy, mugugnando.

 

Jamie tirò un sospiro di sollievo.

 

‘Almeno non sarebbe disgustato da me.’, pensò il più piccolo, passandosi una mano tra i capelli.

 

-Oppure.. non è che hai paura che tuo padre non amasse tua madre, vero?- gli chiese James, poggiando una mano sulla sua spalla.

 

Teddy alzò lo sguardo verso l’altro.

 

-Teddy, il fatto che tuo padre abbia avuto una relazione con un’altra persona non vuol dire che non abbia amato tua madre o che non abbia amato te. Remus era umano, Teddy.- gli disse il ragazzo, tenendo lo sguardo basso e torturandosi le mani. –Non si ama una volta sola nella vita. Si ama in modi diversi forse, ma non si ama mai un’unica volta.-

 

Teddy guardava il ragazzo con sguardo tremante. Era strano sentire parlare Jamie così. Gli sembrava strano che un ragazzo di diciassette anni come lui parlasse in quel modo… strano, a meno che non avesse vissuto quella situazione.

 

-Teddy, perché hai lasciato Victorie?- gli chiese James, allungando la mano verso il suo braccio.

 

-Io.. io non lo so… so solo che… Merlino, Jamie, non hai letto quello che ho letto io. Mio padre e Sirius… loro si amavano. Si amavano sul serio. Avevano quel tipo di amore che io e Victorie non avremmo potuto avere mai. Quel tipo di amore… si trova di rado, e loro lo avevano. Non potevo continuare a stare con lei. Sarebbe stato ingiusto.- mormorò Teddy, abbandonando la testa sulle mani, con i gomiti poggiati sull’isola della cucina.

 

-Teddy.. va tutto bene. Hai fatto la cosa giusta.- gli disse James, poggiando una mano sulle sue spalle tremanti e avvicinandosi a lui.

 

I due ragazzi stettero in quella posizione per parecchi minuti. E James avrebbe voluto urlare.

 

James era orgoglioso di se stesso. Era orgoglioso e consapevole del fatto di essere tremendamente cotto di Teddy da quando aveva.. quanto? Sette anni? Teddy era sempre stato il suo Teddy, il Teddy che gli raccontava le favole, il Teddy che gli faceva spazio nel letto, nelle notti passate alla Tana, se c’era un temporale. Teddy era stato il primo a trovarlo quando da bambino si era rotto un braccio cadendo da un albero. Teddy era stato il suo cavaliere dall’armatura scintillante prima ancora che capisse cosa volesse dire una cosa del genere. Per lui era stato normale e semplice come l’aria innamorarsi di Teddy. Ma era stato col tempo che aveva capito cosa questo avrebbe implicato. Cosa avrebbe implicato con la sua famiglia, nel rapporto con gli altri. Perché James amava Teddy e non avrebbe potuto amare nessun altro. Perché in quel momento Teddy stava piangendo perché era sperduto e James avrebbe fatto di tutto pur di non vederlo così. Emise un gemito sconfitto, stringendosi addosso l’altro ragazzo.

 

-Sono così confuso, James.- mugugnò Teddy, contro il petto dell’altro ragazzo.

 

-Lo so. Credimi, lo so.- rispose l’altro, affondando il viso nei capelli dell’altro lasciandovi un bacio leggero. –Ma ci sono io qui. Non ti lascio.-

 

Teddy si staccò piano per guardare negli occhi l’altro ragazzo. Jamie assecondò il gesto, sorridendogli incoraggiante. E Teddy non poté fare altro che sorridere a sua volta, sperando in un domani migliore.

 

 

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

 

 

8 anni dopo.

 

-Sono a casa!- disse un uomo, entrando in casa, posando l’ombrello giallo bagnato di pioggia nel portaombrelli, e il trench leggero all’appendi – panni.

 

James Sirius Potter in quei otto anni era cresciuto ancora. Anche professionalmente parlando. Era a capo del reparto Lesioni da Incantesimo al San Mungo, e non era mai stato felice come allora. Ricordava ancora il giorno in cui aveva dovuto dire a suo padre che si, gli sarebbe piaciuto fare l’Auror, ma non era il mestiere adatto a lui. Suo padre aveva sorriso, e il giorno dopo lo aveva sorpreso portandogli opuscoli su opuscoli sulle possibili carriere all’interno dell’ospedale dei maghi. Jamie aveva placcato il padre, ringraziandolo per averlo accettato. Di nuovo. Certo il suo lavoro era stancante, ma lo adorava e non vi avrebbe mai rinunciato. Non prendeva mai volentieri nemmeno le ferie. Solo una volta aveva fatto un’eccezione. Quattro anni prima, per la precisione.

 

 

-Papà! Papà, sei tornato! Stasera hai fatto più tardi del solito!-

 

James si piegò sulle ginocchia, per accogliere tra le braccia la piccola furia che stava correndo per il corridoio nel tentativo di raggiungerlo il più velocemente possibile. Era uno scricciolo minuscolo dai lunghi capelli neri e la pelle diafana. Aveva gli occhi blu intenso, e indossava un vestitino di cotone leggero dello stesso colore dei suoi occhi.

 

-Ciao, Syria.- sussurrò il ragazzo, ormai uomo, alla piccola bambina di quattro che gli stava stringendo forte il collo.

 

-Oggi, mi sei mancato, papà.- sussurrò lei, staccandosi dal padre e mettendo un piccolo broncio, che James fece scomparire con un bacio, prima di sorriderle.

 

Sua figlia. Syria era sua figlia. Ancora non riusciva a credere di essere stato così fortunato. Syria era stata la manna del cielo, era stata quel simbolo in più di un’unione che non si sarebbe spezzata mai. Perché avrebbe fatto troppo male.

 

-Mi sei mancata anche tu, piccola. Come ogni giorno.- le disse, alzandosi in piedi e facendole allacciare le gambe attorno al suo collo. –Che hai fatto oggi?-

 

-Siamo andati dalla Bisnonna Molly! C’era anche Zia Hermione e mi ha dato uno dei suoi libri!- esclamò Syria, entusiasta. –L’ho già finito di leggere!-

 

-L’hai finito di leggere tu?- scherzò il padre, ridacchiando e andando verso la cucina.

 

-Be’, mi hanno aiutato. Ma solo un pochino!- rispose la bambina, orgogliosa.

 

‘Ah, Syria… sei così simile ai tuoi genitori..’, pensò James, sorridendo felice.

 

-Oh, Merlino, Syria, ti avevo chiesto di non correre al collo di papà!- disse la persona che aveva aperto la porta della cucina nello stesso momento in cui la stava per aprire James.

 

-Eh, dai, non rompere!- sbottò Jamie, facendo scendere la bambina dalle spalle, e stringendosela al petto. –Mi è mancata.-

 

-Ti manca ogni giorno.- rispose l’altra persona prendendo la figlia dal padre e facendola sedere a tavola.

 

-Be’, se vuoi proprio saperlo, mi sei mancato anche tu, Teddy.- disse Jamie, afferrando la maglietta del marito e avvicinarlo a lui.

 

-Ti conviene.- celiò l’altro, prima di baciarlo teneramente.

 

La storia tra James e Teddy era iniziata uno dei finesettimana ad Hogsmeade, durante il settimo anno ad Hogwarts di James. Dopo il ritorno di Teddy in madrepatria, i due avevano passato quanto più tempo possibile insieme. James aveva aiutato Teddy a capire perché era così confuso, ed era stato quello il momento in cui il maggiore aveva capito cos’era il vero amore. Aveva trovato in James un amico, un confidente.. e poi un amante.

 

Era stato Jamie a iniziare tutto. Teddy era riuscito a trovare le ali di una glaucis papilio, una farfalla blu che volava solo in Australia. Era una farfalla molto rara, e ancora di più lo era il suo uso in Pozioni. Ma le ali di questa farfalla erano l’ingrediente principale di una pozione in grado di guarire le ferite da Ardemonio, sempre se si riusciva a sopravvivere all’incantesimo. Jamie ne aveva parlato all’altro ragazzo un paio di settimane prima e lui era riuscito a farsene spedire una decina per gufo… non si era trattenuto e lo aveva baciato.

 

Teddy non gli aveva parlato per due settimane. Era scappato da Hogsmeade e non rispondeva ai suoi gufi. Poi era arrivato ad Hogwarts e aveva chiesto di parlare con James, e così avevano fatto per ore. James aveva detto a Teddy tutto, tutto quello che provava, e il maggiore aveva ascoltato a sua volta. Alla fine il maggiore dei fratelli Potter aveva posto all’altro una domanda cruciale.

 

‘C’è anche solo la remota possibilità che un giorno tu possa amarmi?’

 

Teddy aveva risposto che avrebbe dovuto pensarci bene prima di rispondere. James lo aveva capito. Teddy lo conosceva da quando era nato, e anche se ci fosse stato qualcosa non poteva fare finta che fosse normale frequentare il ragazzo che tutti reputano il tuo fratello minore. Ma due settimane dopo ancora c’era stata nuovamente la gita ad Hogsmeade, e ai Tre Manici di Scopa c’era Teddy, che aveva accolto James con un bacio così pieno di passione e d’amore che ancora al pensiero James tremava.

 

Stavano insieme da allora. Il loro ‘coming out tour’, come lo avevano chiamato tra loro, era stata una delle esperienze più difficili della loro vita, ma erano stati accettati dal clan Weasley, e per loro andava bene così. Certo, il discorso che Harry aveva fatto a Teddy sul non trattare male James era stato piuttosto divertente, ma alla fine non c’era stata poi chissà quale reazione. Harry, poi, sembrava quasi aspettarsi una cosa del genere…

 

Dopo Hogwarts e l’Accademia di Medimagia, Teddy aveva chiesto a James di sposarlo e tre mesi dopo si erano sposati con tanto di certificato. Il motivo? I due erano subito stati d’accordo su una cosa. Volevano un figlio. Volevano soddisfare quel bisogno di paternità che col tempo era nato in loro. Quando avevano fatto richiesta di un’adozione, l’avevano, però, fatto con un peso sul cuore. Nel Regno Unito sia magico che babbano non c’era più distinzione tra coppie etero e omosessuali, ma ciò non cambiava il fatto che le coppie etero erano comunque preferite nell’affidamento di un bambino. E invece quattro mesi dopo avevano ricevuto una chiamata dal San Mungo. Una ragazza di diciotto anni era rimasta incinta e non poteva prendersi cura della bambina che portava in grembo. Avevano subito insistito per conoscere la ragazza e dopo tre settimane lei aveva accettato di affidare loro sua figlia.

 

Syria era la loro vita. Era la loro speranza e il loro futuro.

 

-Papà?- li chiamò la bambina, distraendo i due uomini dallo sguardo di uno sull’altro.

 

-Si, cucciola?- chiese Teddy, sorridendo felice, mentre stringeva la mano del marito.

 

-Come vi siete messi insieme?- chiese, con uno sguardo curioso.

 

I due uomini risero, pensando alla promessa che si erano fatti quando la madre biologica di Syria era ancora incinta.

 

-Be’, amore. È iniziata tutta grazie a una scatola piena di amore.- rispose il maggiore, prendendo in braccio la bambina.

 

-Tipo piena della pozione che vende Zio George al negozio?- chiese la bambina, confusa.

 

-No. Quello non è amore vero. Quella scatola, invece, conteneva il tipo di amore che un giorno avrai anche tu: quello reale, quello puro.- disse James, accarezzando i capelli lisci della bambina.

 

-Se fosse anche casto, sarebbe pure meglio.- aggiunse Teddy, mugugnando.

 

James rise verso di lui, per poi volgersi nuovamente verso la figlia.

 

-Eravate voi le persone dentro la scatola?-

 

‘Questa bambina è troppo curiosa.’, pensò James, sospirando.

 

-No, era l’amore dei tuoi angeli custodi.- le disse, con un sorriso.

 

-Quindi… era una scatola di Nonno Rem e Nonno Grim?- chiese la bambina, entusiasta.

 

James annuì, prendendo Syria in braccio e lasciandosi a sua volta abbracciare dal marito, che si rattristiva sempre quando si parlava del padre che non aveva mai veramente conosciuto, anche se la nascita della piccola aveva aiutato moltissimo.

 

-Papà?-

 

-Si?- chiese Teddy, con il viso sepolto sui capelli della piccola.

 

-Vi voglio bene tanto tanto quanto il mondo.- disse lei, sicura.

 

-Ti vogliamo bene anche noi.- disse Jamie. –Anche di più.-

 

E si strinsero ancora in quel caldo abbraccio che diceva famiglia, sotto lo sguardo felice e nascosto dei loro angeli custodi.

 

Spazio Autrice: Salve a tutti! Questa shot è lunghissima! D: però mi sono divertita a scriverla. Anche perché si è praticamente scritta da sola.

Questa shot è il seguito di ‘Moonstar’, e penso che sia chiaro. Mi è piaciuto molto scrivere di loro e del loro lieto fine, che Remus e Sirius non hanno potuto avere. Quindi.. boh, fatemi sapere! xD

Passo a spiegare alcune cose:

-    Forse la reazione di Teddy può sembrare esagerata. Ma secondo me non lo è. Teddy è in una storia di cinque anni con la stessa ragazza, credendo di amarla, nonostante tutto, credendo di sapere cos’era l’amore. Poi trova delle lettere che suo padre aveva scritto e ricevuto da Sirius, l’uomo che amava, e tutto il suo mondo viene sconvolto. Perché scopre che non ci sono confini all’amore. E la cosa lo travolge. Io almeno la vedo così. Peace and Love.

-    Comunque, si, la lettera è quella che Remus scrive a Sirius nell’Epilogo di Moonstar.

-    ‘Un mondo da scoprire pieno di ombrelli gialli’. L’ombrello giallo è uno dei simboli di How I Met Your Mother. L’ombrello giallo appartiene alla futura moglie di Ted(no, non è un caso che ho scelto questo riferimento. u_u), e rappresenta il vero amore. È un simbolo, ecco.

-    Ora la farfalla. Il tipo di farfalla è inventato così come la pozione. Mi serviva solo qualcos’altro di simbolico. u_u

-    Syria è un amore. çwç la adoro già. Credo che il significato del nome sia ovvio, no? ;)

 

 

Detto questo mi congedo, ringraziando nuovamente chi preferiva/seguiva/ricordava Moonstar. E ringrazio voi che state leggendo questo.

 

A presto!

Micaela

   
 
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