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Autore: Rei Hino    25/03/2012    1 recensioni
Star Trek TOS Cast William Shatner/Leonard Nimoy.
Piccola one shot pre-slash.
“La tua bicicletta?”
Domandò ancora l’uomo biondo guardandosi intorno con circospezione cercando di vedere il parcheggio da quella distanza
“Perché sei ossessionato dalla mia bicicletta?”
Gli rispose con un’altra domanda, ridacchiando, Bill alzò le spalle e gli si avvicinò leggermente, continuando a rimanere affacciato su quel piccolo davanzale.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Best is yet to Come
 
La giornata non era delle migliori, né fuori, né dentro il set. Numerosi problemi tecnici, per lo più dovuti alle apparecchiature recuperate a destra e a manca, causa enorme ristrettezza del budget, avevano causato ben più di qualche problema tecnico, non che la cosa fosse una novità.
Il cielo plumbeo minacciava pioggia da un momento all’altro, il che avrebbe probabilmente causato altri problemi, magari elettrici, ma nemmeno quello sarebbe stato un evento straordinario su quel set.
Bill, proclamando autonomamente una pausa dopo un intenso monologo sul ponte di comando, era uscito dal capannone per fumarsi una sigaretta e godersi un po’ di quel fresco venticello rinfrancante.
“E’ venuta bene la scena”
La voce profonda di Leonard, d’improvviso, lo fece saltare sul posto, colto alla sprovvista nel bel mezzo dei suoi pensieri. Lo aveva raggiunto su quel traliccio alquanto instabile che divideva il capannone 2 da terra con qualche gradino di legno.
William, nel suo bel costume di scena dorato che, a parer suo e non solo, gli donava incredibilmente, sorrise soffiando fuori il fumo della sigaretta quasi finita
“Grazie, anche se non è vero”
“Perché mai?”
Leonard aggrottò le sopracciglia e gli si avvicinò poggiando i gomiti sul piccolo davanzale della verandina
“Sei stato bravo”
Ribadì, Bill continuava a sorridere
“Credo tu sia l’unico a pensarlo”
Mormorò, con una punta di amarezza, ed era strano vederlo con quell’espressione, quasi curioso, conferiva al suo viso una luce del tutto particolare e un po’ di genuina umanità, di insicurezza, che quell’uomo non permetteva mai a se stesso di mostrare, qualunque ne fosse la causa, se mai ce ne fosse una.
 
Leonard si tastò la divisa azzurra di scena, ricordandosi poi che quell’assurdo e scomodo indumento non aveva nemmeno le tasche
“Ho lasciato le sigarette in camerino…”
Sbuffò, Bill si piegò e raccolse le sue, che aveva poggiato e terra, insieme all’accendino, il suo bell’accendino argentato che recava le sue iniziali incise in oro. Un oggetto talmente pacchiano che non poteva appartenere ad altri che a lui, Leonard sorrideva sempre quasi divertito quando vedeva quell’accendino.
“Mh, tieni”
Accese un’altra sigaretta tenendola tra le sue labbra e poi gliela porse gentilmente
“De è arrivato?”
Len annuì dopo la prima boccata di tabacco, non fumava da quasi quattro ore e la trovò incredibilmente buona e tranquillizzante
“Sì, è al trucco”
“Bene, ho fame!”
Esclamò Bill con assoluta serietà, evidentemente già dell’idea di rubare il pranzo dell’amico, Leonard ridacchiò e scosse la testa.
“La tua bicicletta?”
Domandò ancora l’uomo biondo guardandosi intorno con circospezione cercando di vedere il parcheggio da quella distanza
“Perché sei ossessionato dalla mia bicicletta?”
Gli rispose con un’altra domanda, ridacchiando, Bill alzò le spalle e gli si avvicinò leggermente, continuando a rimanere affacciato su quel piccolo davanzale
“Mi dà… sicurezza emotiva…
Sussurrò incontrando i suoi occhi scuri e taglienti con il suo sguardo malizioso e quell’espressione di nuovo furbetta così tipica di lui.
 
Leonard riprese a guardare dritto davanti a sé e probabilmente non se n’era reso neppure conto, ma era arrossito lievemente sugli zigomi, il trucco pesante che gli copriva il viso non permise di vederlo, ma l’amico lo intuì comunque.
“Non credevo mi avresti risposto”
Bofonchiò Bill distrattamente e con finta noncuranza mentre spegneva la sigaretta sotto il piede e la spingeva con la punta dello stivale nero oltre il primo gradino, Leonard si incuriosì
“A cosa?”
“Al mio flirt, in scena”
Rispose Bill guardandolo e alzando le spalle, stavolta il rossore sugli zigomi alti dell’uomo bruno si fece più evidente e Len continuò stoicamente a tenere lo sguardo fisso davanti a sé
“Ci stava… bene”
Mormorò appena, non sapendo esattamente cosa rispondere, non sapendo nemmeno rispondersi da solo. Certo non era la prima volta che ribatteva agli sguardi provocatori che Bill gli lanciava in scena, giudicandolo semplicemente troppo calato nel suo personaggio.
Per quanto in realtà l’immedesimazione fosse andata in senso opposto, ed era più propriamente Kirk ad esser diventato Bill e non il contrario. Ma di sicuro quelle provocazioni non erano nel copione, di sicuro non erano suggerimenti di Gene, anche se a conti fatti non aveva mai sollevato obiezioni di sorta.
Il fatto era che Bill si comportava in quel modo con ogni singola persona che gli capitava a tiro, fuori e dentro il set, la vera domanda alla quale non si seppe rispondere al momento era perché mai lui gli rispondesse, perché continuasse a dargli corda. E non aveva una risposta al momento.
 
Bill alzò le sopracciglia e sorrise
“Spock che flirta col capitano? Beh sì ci sta bene, questo avvalora la mia teoria che ne sia innamorato cotto, com’è del resto comprensibile”
Parlava tranquillamente come di un dato di fatto, Leonard lo guardò aggrottando curioso le sopracciglia
“Sicuramente c’è un rapporto particolare, ma…”
“Beh Kirk vuole mettergli le mani addosso, questo è ovvio”
L’amico lo interruppe continuando il suo discorso sicuro e noncurante, Leonard alzò un ciglio
“Kirk vuole metterle addosso un po’ a tutti!”
Esclamò spegnendo anche lui la sigaretta che non aveva nemmeno finito, ma la sua attenzione verteva ora su tutt’altri lidi. Bill scosse la testa, quasi infastidito
“Nah, non è vero, è un incompreso…”
Mugugnò lievemente imbronciato, poi si girò di colpo di nuovo verso Len, avvicinandosi ancora di qualche centimetro
“E ci sarebbe qualcosa di male?”
Domandò
“Se Spock e Kirk fossero amanti”
Specificò vedendo che Len non aveva capito la domanda, l’uomo bruno si trovò leggermente spiazzato
“Non ho detto questo, è il futuro, dubito si facciano ancora di questi problemi tra quanti? Duecento anni?”
Le sue gote continuavano ad essere rosse, non riusciva a capire a come avevano fatto a impelagarsi in quell’assurda discussione insensata.
 
Bill sbuffò sonoramente e stiracchiò un po’ le braccia oltre la piccola ringhiera
“Spero non se li facciano nemmeno tra venti anni, è stupido!”
Esclamò, si voltò di nuovo verso il collega e si avvicinò al suo viso alzando il collo
“…ma dimentico di stare parlando con un ebreo puritano di Boston…”
Sussurrò con le belle labbra a pochi centimetri dalle sue, con un sorriso furbo e languido, assolutamente tentatore e ben conscio di esserlo.
I suoi occhi brillanti con quella luce solare, seppur fioca, rivelavano un piacevole verde scuro e Leonard non fu in grado di distogliere il suo sguardo da quegli occhi e quella bocca così vicina alla sua mentre il battito cardiaco diventava più insistente e il respiro era completamente rapito dal profumo del dopobarba dell’amico, misto a tabacco e qualcos’altro che era unicamente l’odore della sua pelle liscia e abbronzata.
“Non mi pare di essere un bigotto…”
Riuscì infine a bofonchiare senza però farcela a muoversi di un solo millimetro, e al suo leggero nervosismo faceva da contrappeso l’aria perennemente rilassata e tranquilla di William, sicura come non mai di quello che stava facendo, pensando e progettando.
O almeno così sembrava.
“Spero di no…”
Sussurrò ancora con voce suadente. Rimasero immobili per poche manciate di secondi e poi Bill si tirò indietro, forse mosso a compassione dall’agitazione captata nel collega, o forse per altri motivi. Si guardò intorno e tamburellò le mani sul davanzale
“Allora? La tua bicicletta?”
Domandò ancora continuando a cercarla con lo sguardo, Leonard sorrise mentre quella curiosa sensazione che aveva provato poco prima scivolava lentamente via
“E’ chiusa nel bagagliaio della mia macchina”
Pronunciò con una certa compiacenza, Bill incrociò le braccia al petto, pensieroso
“Ah… mi stai sfidando quindi…”
Sibilò passandosi un dito sulle labbra, movimento che, sia fuori che dentro il set, significava l’elucubrazione di una tattica vincente. Vincente per lo meno in scena, i piani strampalati di Bill, incentrati su scherzi di dubbio gusto, non andavano a buon fine così spesso nella vita reale.
 
Si avvicinò di nuovo all’amico dai capelli scuri, alzandosi un po’ sulla punta dei piedi per portare i loro sguardi alla stessa altezza. Di nuovo gli era devastantemente vicino
“Lo sai che più la sfida è difficile e più è… affascinante?”
Lo civettò alzando un sopracciglio, e non si riferiva più a nessuna bicicletta.
Leonard rimase immobile qualche secondo, ma furono fin troppo presto chiare le intenzioni del collega, semmai non lo fossero state
“Credo che la sfida sia impossibile stavolta, Bill…”
Si ritrovò a mormorare senza nemmeno pensare a quelle parole che uscirono istintivamente da lui, senza neppure che ci credesse fino in fondo. Tanto meno vi credeva Bill che non indietreggiò di un passo e anzi, alzò il mento avvicinando il suo viso ulteriormente
“Sì? Lo vedremo…”
Alzò ancora un sopracciglio, di nuovo prendendosi gioco dell’amico e, infine, con un unico elegante movimento, poggiò appena le sue labbra sulle sue.
Una lieve carezza, appena un tocco sfiorato, al quale Leonard non si tirò indietro.
 
“Intanto ho vinto il primo round…”
Sussurrò di nuovo, soffiando sulla sua bocca sottile, ancora con quel sorriso malizioso, illuminato stavolta di un velo di dolcezza. I loro occhi rimasero forse interi minuti a fissarsi in silenzio, cercando di comprendere ognuno i pensieri e le emozioni dell’altro, stupendosi di quanto fosse incredibilmente facile per entrambi.
Poi Bill si tirò indietro, stiracchiò di nuovo le braccia e aprì la porta bianca del capannone
“Vieni a mangiare?”
Domandò distrattamente, entrando.
Leonard sorrise, di qualunque natura fosse quella sfida che aveva lanciato e che Bill aveva colto immediatamente, era assolutamente certo che l’avrebbe persa a breve termine.
Ed era una prospettiva che lo lasciava piacevolmente in attesa della propria, imminente, sconfitta.
“Arrivo…”.
   
 
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