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Autore: Emrys    26/03/2012    5 recensioni
Ilaria studiò il locale con occhio critico, sulle labbra le apparve un sorriso fugace e per qualche minuto si lasciò cullare dalla musica. Il Blood Moon le trasmetteva sempre una sensazione rivitalizzante, era grande poco più di una quarantina di metri quadri, aveva cupe decorazioni gotiche e praticamente ogni settimana riusciva a riempirsi come una scatola di sardine.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ilaria studiò il locale con occhio critico, sulle labbra le apparve un sorriso fugace e per qualche minuto si lasciò cullare dalla musica. Il Blood Moon le trasmetteva sempre una sensazione rivitalizzante, era grande poco più di una quarantina di metri quadri, aveva cupe decorazioni gotiche e praticamente ogni settimana riusciva a riempirsi come una scatola di sardine. Quando era lì si sentiva libera da ogni tipo di preoccupazione. Passò le tre birre ai ragazzi al bancone e con ancora un mezzo sorriso sulle labbra dette uno sguardo fugace all’ingresso del locale: Maxwell era un ex militare che aveva da poco superato i trentacinque, si ostinava a portare i capelli a spazzola e lei era più che convinta che scegliesse magliette sempre più attillate soltanto per mostrare la sua ancora persistente tonicità fisica. Al ricordo di come si erano conosciuti la sua espressione si rilassò impercettibilmente, aveva avuto così paura, tornò a concentrarsi sul suo lavoro e sistemò le birre dietro il bancone. Maxwell aveva un aspetto rude e aveva assai poca comprensione con chi tendeva a sgarrare in modo recidivo, ma per lei ormai era diventato una sorta di fratello maggiore. “Ehi ! Una Caipiroska !” La voce del dovere la richiamò sotto forma di una ragazzina con un completo nero, anfibi alla moda e al collo quello che a prima vista le sembrava un lucido collare per cani. Contemplare l’evolversi di alcune mode la faceva spesso sentire più vecchia dei suoi anni, emise un sospiro stanco e dopo averla servita tornò ad osservare la folla danzante. Quel testone di Steven era in ritardo e per quanto fino ad allora non le avesse mai dato bidoni non riusciva a fare a meno di sentirsi un poco in ansia. Dopo qualche minuto la sua zazzera apparve nei pressi dell’ingresso, lo osservò per un lungo istante e nel vederlo avanzare con la maglia color fuoco attraverso la marea nera dei dark presenti nel locale le fece subito pensare a una nave che fendeva la tempesta. Quando poi si accorse che la stava cercando con lo sguardo Ilaria si sentì un vero e proprio faro. Si era forse dimenticata di dirgli che quello era uno dei sabati a tema del locale ? Chiese a un collega di sostituirla per un paio di minuti e con un’espressione da birbante si avvicinò lentamente al ragazzo. Una volta arrivata alle sue spalle tossicchiò ed esordì con un tono professionale: “Serve qualcosa ?” Steven cercò di nascondere un sussulto, si voltò per abbracciarla e tuffò la testa nell'incavo tra la spalla sinistra e il suo collo. “Adesso non serve nient'altro.”

Maxwell fece passare la coppia successiva, cercò Ilaria con la coda dell’occhio e fece un sorriso sghembo: la conosceva da quasi due anni e lei era rimasta lo stesso vulcano traboccante di energia. L’aveva assunta quasi per scherzo e lei era riuscita a inventarsi una dozzina di ricette segrete per cocktail che erano diventati gli assi nella manica del suo locale. Abbandonare l’esercito non era stato semplice, per mesi non era riuscito a provare un affetto spontaneo o istintivo, aveva visto l’orrore e si sentiva come morto dentro, invece con Ilaria era successo subito. Sapeva di non essere suo padre o suo fratello, tuttavia da quando si erano incontrati aveva sviluppato nei suoi confronti una sorta di senso di protezione. Aveva intensificato persino i controlli all’ingresso, così da bloccare eventuali spacciatori e malintenzionati. Ultimamente aveva anche cominciato a pianificare progetti di ampliamento: il piano superiore dell’immobile era in disuso e aggiungere un terrazzo sarebbe stato proprio un colpaccio per i suoi affari. Preso da queste riflessioni fece un cenno ad un giovane che aveva reclutato alla palestra vicina e questi lo sostituì subito all’entrata. L’ora non era ancora tarda, ma lui doveva ancora finire di controllare parecchie ricevute di spedizione e così oltrepassò il bancone per entrare nel suo piccolo ufficio e chiudersi la porta alle spalle.

“Allora, mio bel contadino, come procede ?” Steven sogghignò accarezzandole il braccio e Ilaria passò il vassoio con i sei shottini alla cameriera più vicina. “So che ti sembra strano e potresti pensare che io sia soltanto un giardiniere più pignolo della media, ma gli studi su quelle coltivazioni un giorno potrebbero risolvere il problema della fame nel mondo.” Ilaria lo prese per il colletto della maglietta, attirandolo a se, e gli dette un lungo bacio. Il suo sapore agrodolce aveva sempre un che di giusto e nel momento in cui le loro labbra si separarono gli mormorò in un misto d’ironia e sensualità: “Il mio Salvatore dell’umanità, ma ricorda che ci sono anche altri tipi di fame da placare.” I suoi cambi di umore lo coglievano sempre di sorpresa, ma ricambiò il bacio con la stessa passione e in pochi attimi si ritrovarono dietro il bancone. “Dare da mangiare agli affamati è il mio motto, non lo sai ?” Sorrise, la strinse a se con un abbraccio e le dette un pizzicotto vicino all’ombelico. Ilaria trasalì, reagì con una gomitata e il suo ragazzo la evitò per un soffio, poi alzò entrambe le mani in segno di resa. “Steven, io qui ci lavoro.” Le parole di Ilaria erano poco più di un sussurro e quando un vassoio di bicchieri fu depositato sotto il suo naso Steven si sedette sforzandosi di mostrare la più innocente delle espressioni. “Lo so. E non mi sono dimenticato che domani mattina hai un incontro importante con la Strega, comunque questo non cancella ciò che vorrei fare.” Lei inarcò un sopracciglio, invitandolo a parlare, ma Steven assunse un’irritante aria furbetta e le rubò un bacio a fior di labbra: “No, no, troppo facile chiedere, bisogna provare per credere !” Con quest’uscita tra l'enigmatico e il provocatorio scavalcò il bancone, ordinò una birra e andò a bussare all'ufficio di Maxwell. Ilaria si spruzzò un po’ d’acqua in faccia, ancora confusa, sperò che l’idea di Maxwell di prenderlo come aiuto part-time per i lavori di ampliamento che voleva cominciare in estate si rivelasse giusta e soprattutto lo tenesse occupato almeno fino alla fine del suo turno. Alla fine ammise a se stessa che Steven a volte era un vero scemo, ma era il suo scemo e le piaceva, come non le era mai piaciuto nessuno prima.

§§§

La piazza era tutt’altro che omogenea, composta com’era da edifici antichi e nuovi accozzati gli uni agli altri, e il casermone color antracite che il Comune spacciava per la sede della facoltà di Storia Antica appariva come la massima estremizzazione del cosiddetto - Pugno in un Occhio -. Magari era solo frutto del nervosismo, tuttavia quella mattina l’edificio apparve a Ilaria come una prigione medievale, e le due finestre rotte con le sbarre ancora intatte sulla facciata di fianco all’ingresso furono un nuovo incentivo al suo pessimo umore. Poco importava l’assenza delle divise o la tolleranza sul comportamento, la postura ingobbita come se avessero il peso del mondo sulle spalle e i passi strascicati lungo le scale erano un segno più che distintivo di quanto quel posto spegnesse i sogni e la vitalità degli studenti. In quella tetra omologazione nessuno spirito libero poteva sentirsi propriamente a suo agio. “So che oggi devi consegnare la relazione alla perfida strega dell’Ovest, ma adesso sta facendo morbido Jim e ho paura che sia troppo magrolino perché le basti come pasto.” Ilaria sbuffò e gli dette un pugno sul braccio. Luke Orsi, con la sua faccia da bravo ragazzo e la sua discendenza orientale, era il cocco del responsabile di Storia del Vicino Oriente Antico. Oltre che la voce più affidabile riguardo all’umore altalenante degli aguzzini assetati di sangue che si travestivano da insegnanti. “La scadenza per la relazione è oggi e sai bene quanto sia facile ottenere da lei una proroga.” “In questo caso, forse dovresti pregare i tuoi angeli !” Lei sbuffò, gli fece la linguaccia e si fermò davanti all’aula di ricevimento. Nonostante l’antipatia che la Yarin spesso suscitava a pelle nessuno poteva mettere in dubbio il fascino che suscitava la sua aula: quella donna aveva riempito ogni angolo con reperti o copie di manufatti che aveva scovato durante le sue esplorazioni in ogni angolo del mondo. “Avanti, avanti.” La sua crocchia grigio topo emerse da una massa di fascicoli e il tono gracchiante trasmise a Ilaria un piccolo brivido, proprio mentre Jim le passava a fianco con la testa bassa.

All’apparenza la Yarin sembrava piccola, quasi fragile, eppure quando difendeva le sue asserzioni aveva la furia di un pitbull. Da quando Ilaria aveva attraversato la soglia aveva pronunciato si e non due parole, limitandosi a sfogliare con mosse veloci il lavoro che le aveva consegnato e ad appuntare qua e la dei commenti con la sua luccicante penna rossa. “Non è male, non è male. Hai fatto un lavoro abbastanza dettagliato, soprattutto per le fonti nelle diapositive che affianchi alle tue considerazioni. Anche se ci sono ancora dei punti che potresti ampliare, come il culto di Aton o dei maggiori dettagli riguardanti la terza dinastia. Ti consiglio di confutare altre fonti aggiuntive.” Ilaria si limitò ad annuire, appoggiandosi maggiormente allo schienale della sedia e prendendo il lavoro che la professoressa le stava restituendo: una parte di lei trovava ammirevole che si prendesse la briga di correggere e restituire i lavori in tempi tanto brevi, ma l’aver visto quanta penna rossa aveva usato le rendeva impossibile non detestarla.

Luke alla fine decise di aspettarla e quando Ilaria uscì dall’aula la centrò alla nuca con una pallina di carta. Lei non capì subito da dove provenisse e non appena lo vide farle ciao con la mano scosse la testa, per poi lanciare in aria la pallina e restituirgliela con una schiacciata. “Ti pare il modo di accogliere una condannata ?” La sua teatralità lo aveva sempre stuzzicato, le si affiancò e tirò fuori dal giubbotto di jeans una barretta. “Il ruolo della vittima può andar bene a quelli come Jim, tuttavia non riesco a ricordare una sola occasione in cui ti ho visto piegata dagli eventi. Un po’ di zuccheri per ricaricare le energie ?” Lei ne prese mezza e la sgranocchiò con avidità. Fissava il vuoto e dopo un attimo giunse alla conclusione che in qualche modo l’opinione che Orsi aveva di lei la lusingava. “Tu piuttosto, non dovresti aver finito da un pezzo la tua tesi mattone ? O hai qualche remora a entrare nel fantastico mondo dei lavoratori ?” Erano arrivati alla fila dei motorini e per non rischiare di soffocare dalle risate Luke si ritrovò a sputacchiare pezzi della barretta ai cereali. “Ila, di questi tempi lo chiamerei piuttosto il mondo dei disoccupati o dei disadattati. E che io sappia non esiste nessuna legge che vieti di trovare qualche lavoretto anche prima di essersi liberati di questo postaccio.” Con l’indice indicò la facoltà. “E allora ?” Lei lo incalzò, curiosa, e proseguì dopo essersi messa il casco. “Non mi dirai che miri a tre lodi al prezzo di una, stai forse cercando un fantomatico tomo in grado di darti tutte le risposte ?” Anche con il volto nascosto dalla visiera Luke riusciva a sentire il suo sorriso. “Chissà, magari esiste una spiegazione più semplice: al dipartimento non riescono a rassegnarsi alla mia perdita !” L’abbracciò ammiccando, allora si separarono e proseguirono in direzioni opposte.

§§§

“Mio signore, posso capire che lui abbia deciso di perdonare il suo ultimo sgarbo, ma non riesco ad accettare che abbiate deciso di lasciargli ancorata tanta libertà.” L’uomo sembrava confuso, eppure nelle sue parole era facilmente percepibile un sottofondo di astio. “Tranquillizzati, la ragazza smetterà presto di essere un problema ed Eric tornerà presto all’ovile.” “Ma.” Sihel gli fece a malapena un cenno e l’altro chinò al testa in segno di rispetto. “Le tue rimostranze sono comprensibili, tuttavia è stato uno dei nostri migliori cacciatori per oltre un secolo e per quanto quella ragazzina possa affascinarlo non credo che oserà mordere la mano del Padrone.” “Lord Sihel, mi inchino alla vostra saggezza.” Non osava esprimere oltre la sua opinione e il suo Signore parve compiaciuto da quel silenzio. “Mio caro, non devi dimenticare che il suo amico potrebbe benissimo farlo ragionare. L’altro annuì, fu investito da una brezza leggera e quando si dissolse si ritrovò solo.

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Eccomi qua, si ricomincia con una storia pennuta nuova di zecca. Sperando questa volta di riuscire a evitare la solita collezione di refusi ed errori di battitura. Che altro posso aggiungere ? Buona lettura !
   
 
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