~ Tough love
~
(Contrasti d'amore)
Questa storia è stata scritta di getto, diversi anni fa, sull'onda emotiva di una situazione reale: come ci si interfaccia con un male inabilitante che toglie l'autonomia, come si affronta la malattia imprevedibile di una persona cara? Il rapporto Willow/Tara si è rivelato un'ottima base di riflessione...
Nessuno
proferì parola mentre la vecchia auto percorreva veloce le strade di Sunnydale a
notte ormai fatta. Non ci sarebbe mancato altro che fare qualche brutto incontro
durante il tragitto, per concludere quella assurda giornata nel peggiore dei
modi.
Quando la macchina
si arrestò, con un’ultima, rumorosa frenata, il silenzio più completo scese ad
accompagnare l’atmosfera già pesante e incomoda della situazione.
“Vuoi… vuoi venire
da me, per stanotte?” domandò Buffy cercando di suonare accomodante il più
possibile alla strega seduta sul sedile alla sua destra, che fissava avanti a sé
con un’espressione imperscrutabile.
“No, grazie, scendo
qui al campus” rispose Willow con tono freddo e meccanico, senza distogliere lo
sguardo né porre particolare attenzione alla voce preoccupata dell’amica. Aprì
la portiera e scese, restò un attimo in piedi immobile, poi, come risvegliatasi
da una sorta di trance, si portò sull’altro lato della macchina e si chinò per
parlare con l’altra dal finestrino.
“Io… ecco… grazie, Buffy, se non fosse stato per te non so come sarebbe finita…” disse lentamente, guardando l’amica negli occhi. “Io…”
La Cacciatrice la interruppe scendendo dall’auto e piazzandosi innanzi a lei. “Willow…” esordì con un sorriso dolce di comprensione, “…a regola dovrei dirti, Ehi, sei una stupida, ti avevo detto di non andare da Glory, ma non saprei con che faccia dirlo, perché io avrei fatto lo stesso…” proseguì Buffy, riportando alla mente ciò che aveva sentito da Spike e sua sorella. L’espressione di Willow sembrò addolcirsi leggermente, in parte stupita di essersi risparmiata la ramanzina, ma quell’infantile pensiero che le aveva solcato la mente sparì ancora prima che potesse prenderne piena consapevolezza.
“Sei
proprio sicura di non voler venire da me, stanotte? Così domattina saremo anche
subito pronte ad andare in ospedale..” chiese la bionda Cacciatrice, senza voler
dar peso al fatto che magari, un po’ di compagnia le sarebbe stata di conforto,
ma l’altra ribatté decisa.
“Ti
ringrazio, ma ho bisogno di stare da sola,”
“Non
vorrai mica tornare alla carica o fare qualche sciocchezza,” la incalzò Buffy
con voce irridente, per sdrammatizzare ironicamente come suo solito. Willow
afferrò la sottigliezza, abbracciò rapidamente l’amica e rispose con un semplice
“No…” accompagnato da un mezzo sorriso, prima di incamminarsi verso la Stevenson
Hall.
La giovane strega percorse i corridoi che la separavano dalla sua meta camminando come un automa, completamente incurante del fatto che tutti gli studenti che incontrava si soffermassero a guardarla come se fosse stata reduce da una guerra. Raggiunse la porta della sua stanza e, ancor prima di cercare la chiave, questa si aprì con un semplice bisbiglio da parte sua. Entrò e poi spinse la maniglia dietro la schiena, facendola richiudere alle sue spalle.
Un attimo
solo, di nuovo sola con se stessa, e il sentimento incontenibile che l’aveva
pervasa nelle ore precedenti, e che solo per poco aveva cercato di sopire
durante il tragitto di poco prima, riebbe il sopravvento su di lei.
La stanza
rimasta buia, si sedette sul letto, mani e polsi che le tremavano, strinse i
pugni sulle ginocchia e scoppiò a piangere. Rabbia, rabbia, rabbia… rabbia per
quello che Glory aveva fatto, rabbia per essere arrivata un attimo troppo tardi,
rabbia e frustrazione… frustrazione per quello che aveva fatto lei dopo, per
come era stato inutile e, alla luce dei fatti, stupido… era duro da ammettere,
ma senza l’intervento di Buffy, l’unico risultato sarebbe stato un ulteriore
peggioramento della situazione.
Sai una
cosa? Risucchiare la mente della tua ragazza… è stato molto piacevole
Maledetta,
stramaledetta Glory… con quanta soddisfazione infieriva, l’aveva presa anche in
giro… con quel ghigno provocatorio, tronfia di sicurezza, aveva giocato con lei
come il gatto col topo. Dannazione… Willow cercò di rilassarsi con dei respiri
profondi, oltretutto aveva male da tutte le parti, più tempo passava e più
risentiva dei colpi che aveva subito… strega sì, ma umana come chiunque altro,
eccezion fatta forse per i superpoteri di Buffy. Già, Buffy; chissà come mai
aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti, visto il periodo si aspettava
chissà quale ramanzina, e invece aveva avuto la netta sensazione che l’amica
l’avesse compresa come forse mai, prima.
La testa
stava cominciando a farle davvero male… si sdraiò lentamente tenendo una mano
sulla fronte, chiuse gli occhi, ma l’immagine di Glory che rideva della sua
debolezza non la abbandonava. Un altro respiro profondo… ancora niente. Anzi, se
possibile peggio di prima. Riaprì gli occhi e rimase per un po’ a fissare il
soffitto, in breve tempo le pupille si adattarono alla fioca luce che penetrava
dalle due finestre. Le cose prendevano forma, i contorni si facevano un po’ più
nitidi, nel silenzio della stanza si rese conto in un attimo di trovarsi ancora
su questo pianeta, ricominciò a percepire le voci e i rumori dal corridoio e dal
cortile che fino a un momento prima erano rimasti fuori dal suo mondo.
Si
risollevò a sedere e vide la porta del guardaroba rimasta aperta… e come un
macigno, quel pensiero doloroso che inconsciamente stava cercando di posporre le
piombò addosso. Se non fosse stato per quella stupida, stupidissima lite
sarebbero andate insieme alla fiera, e lei sarebbe stata lì all’arrivo di Glory.
Cielo… era
proprio così… si sentì pietrificare, lo stomaco le si chiuse completamente… Gli
occhi ripresero a bruciarle per le lacrime che esigevano strada, se non fosse
stato per il suo malsano orgoglio Tara non avrebbe affrontato da sola quel
demone esecrato.
Le
tornarono alla mente, una in fila all’altra, tutte le battute della loro
discussione. E tutte le sembravano completamente senza senso, prive di qualsiasi
importanza, non c’era ragione e torto, davvero. Stupida, stupida, stupidissima
Willow… adesso non riusciva a credere di essersi impuntata per quelle
sciocchezze… quel poco di razionalità che tentava di tirar fuori in quel momento
non riusciva a esimerla dal senso di colpa, sì, certo, era stata ferita dalle
parole di Tara, ma in un certo qual modo era stata lei ad incendiarsi come una
miccia, l’aveva incalzata e mandata in confusione sempre di più, in effetti se
non fosse andata a finire com’era andata, l’ultima parte del loro diverbio si
sarebbe potuta definire tragicomica, vista dall’esterno. Comunque, giuste o
sbagliate che fossero le sue considerazioni, non riusciva a vederla in altro
modo, e comunque, non le importava assolutamente. L’unica cosa che avrebbe
desiderato di poter fare era chiedere scusa, fare pace e… si rese conto che non
avrebbe potuto farlo.
Le lacrime
che a stento era riuscita a trattenere fino ad allora cominciarono a rigarle
inesorabilmente il viso, mentre le nuove scene che le scorrevano davanti
ripercorrevano quel che era accaduto una volta raggiunta Tara alla fiera. Glory
era scomparsa in un baleno, lasciando la ragazza completamente inebetita,
incapace di parlare e forse anche di comprendere quello che sentiva, lo sguardo
vacuo, il volto inespressivo… sembrava che la testa le scoppiasse, solo a
ripensarci. Aveva fatto in tempo a intravedere appena quello che era accaduto,
ma probabilmente non era niente di diverso da ciò che aveva riempito Sunnydale
di…
Oh, dio.
La sola idea di associare quella parola alla sua Tara, era insopportabile. Si
biasimò per la leggerezza con cui era giunta a conclusioni. Ma certo, era
rimasta influenzata da tutti i soggetti strani che aveva incrociato di recente,
ma non era detto che fosse la stessa cosa, e inoltre, Tara non era una persona
normale, era una strega, una potente strega, magari con il suo potere innato era
riuscita a contrastare l’azione di Glory, certo, perché no…
Si alzò in
piedi, fece due passi in avanti e si mise a guardare il comò dove Tara teneva le
sue cose, un discreto quantitativo di cose, in verità, ché da quando Buffy aveva
lasciato la stanza vi aveva sostato sempre più spesso. Tirò fuori una maglia dal
primo cassetto, una di quelle che preferiva, se l’accostò al viso, sentendone il
profumo. Adorava la fragranza che Tara usava sugli abiti, era così… sua, pensò
sorridendo.
Magari
l’indomani sarebbe andata all’ospedale e il dottore le avrebbe detto che era
tutto a posto, continuava a ripeterselo, ma con poca convinzione… purtroppo come
incubo, era piuttosto realistico.
Che ore
erano…? La sua sveglia diceva appena le tre. Quella notte, si annunciava
infinita. Interminabile… intanto il movimento nel corridoio pareva essersi
attenuato, la notte sembrava essersi decisa a prendere il sopravvento anche sul
campus.
Cercare di
riposare? Non sarebbe stata una brutta idea, anche perché aveva bisogno di
energie per l’indomani, e ciondolare qua e là stanca e dolorante non sarebbe
stato di aiuto… facile a dirsi, con l’agitazione che aveva addosso, e poi in
effetti, era tanto tempo che non dormiva più da sola, poteva addormentarsi senza
le coccoline della buona notte?
Strinse
forte a sé la maglietta di Tara, e non poté far altro che piangere a dirotto.
Willow
aprì gli occhi e vide la stanza illuminata, guardò di nuovo la sveglia, già le
sette? L’ambiente era così tranquillo che avrebbe quasi pensato che fosse stato
tutto un incubo orribile, se alzandosi non si fosse sentita ancora più rotta
della notte precedente, e per giunta infreddolita. Parecchio infreddolita.
Una doccia
bollente magari sarebbe stata utile, e poi comunque doveva rendersi
presentabile, no? Sperando che vedersi più o meno in forma servisse a darle lo
spirito per affrontare la giornata, cercò un ricambio e si chiuse in bagno.
Finì di
prepararsi nel giro di mezz’ora, la testa che le pulsava come un martello
pneumatico, per non parlare del nodo allo stomaco, il senso di timore e angoscia
che cresceva quanto più si avvicinava il momento di andare all’ospedale. Rimase
una decina di minuti in piedi in mezzo alla stanza cercando di concentrarsi su
cosa doveva fare e preparare – ardua impresa, in verità, quando si trovava
sottoposta a certe pressioni andava in confusione, e stavolta a riportarla sulla
giusta strada non c’era… Tara. Si impedì di piangere di nuovo e chiamò Xander al
telefono perché l’accompagnasse con la macchina.
“Ho
avvertito Buffy che venivo io a prenderti, lei è rimasta con Dawn ma mi ha detto
di dirti che più tardi ti chiamerà e per qualsiasi cosa puoi chiamarla… Anya
l’ho fatta restare a casa, ho pensato che sarebbe stato meglio evitare di essere
in troppi per non creare confusione, non che pensi che ci saranno problemi,
certo, vedrai che sarà tutto a posto, tanto…” Xander si voltò a guardare l’amica
accanto a sé, che fissava avanti inespressiva, “…tanto non mi ascolti, meglio,
meglio così, il buon vecchio Xander si mette zitto zitto prima di dar troppo
fiato alla bocca, ché come sempre parla troppo e invece ora ci sta bene un bel
silenzio che non smorzi la tensione.” In effetti in quel momento non gli veniva
niente di più sensato da dire, cercava sempre di mettere una parola buona quando
poteva, ma adesso, con la morte di Joyce prima e Tara adesso, anche la sua
carica da giullare sembrava essersi esaurita. “Il mio odio per questo posto è al
limite di sopportazione” bisbigliò tra sé e sé parcheggiando la macchina nel
cortile dell’ospedale.
I due
ragazzi raggiunsero rapidamente il reparto cercato. Willow avanzò fino alla
stanza dove avevano lasciato Tara la sera precedente, ma la porta era chiusa,
Xander chiese a un’infermiera del dottore e questa sbrigativa andò a cercarlo
pregandoli di restare in attesa, ché sarebbe stata questione di un minuto.
Il
primario non si fece attendere molto, chiese ai due giovani se fossero parenti e Xander rispose per primo, che i parenti erano fuori e che loro erano amici.
Willow guardò storto il ragazzo, ma il dottore semplicemente le fece cenno di
seguirlo senza porre altre domande.
La
condusse nel suo studio, mentre Xander aspettava in corridoio. La fece
accomodare e poi prese una cartellina dallo schedario, per aprirla sulla
scrivania e sedersi.
Sembrava
un’interrogazione per Willow, la stessa tensione la pervadeva, temeva ogni
minuto di sentirsi dire quello che in realtà già sapeva ma che non voleva
sentire, come una sentenza capitale. Il primario la guardò un attimo, prima di
parlare, ma fu anticipato dalla ragazza, che, in un istante, pareva aver
acquisito una diversa maturità. Come poteva spiegargli che probabilmente ne
sapeva più di lui, di ciò che succedeva a Tara, e che tutti i malati recenti del
reparto avevano la sola colpa di essere stati a contatto con un demone
maledetto? D’altra parte aveva bisogno di avere più informazioni possibile, su
come comportarsi, e non le servivano tanti giri di parole.
“Dottore,
mi perdoni, ho sentito già parlare di questa ‘epidemia’ che ha colpito
Sunnydale, e so già che lei mi confermerà che i sintomi di Tara sono né più né
meno gli stessi, quello che vorrei sapere è quali sono le prospettive, se altri
malati si sono ripresi, co-come mi devo comportare…” Cercava di mantenersi
calma, ma sentiva gli occhi inumidirsi di nuovo, inghiottì per contenersi e
fissò il primario, che intanto tamburellava con una penna.
“Signorina, ieri sera mi pare di aver capito quanto lei tenga a Tara, per questo
l’ho presa da parte, reputo giusto metterla in condizione di decidere
autonomamente cosa fare.” Willow lo guardò un po’ interdetta.
“Come lei
stessa temeva, le condizioni di Tara rimandano esattamente a questa che i media
hanno definito ‘epidemia’… in effetti non abbiamo riscontrato in nessuno dei
pazienti una qualche causa patologica o fattori esterni che possano aver
scatenato la loro… regressione, per così dire. E purtroppo finché non si trovano
le cause, è anche difficile parlare di terapie efficaci…
“Certo è
che quello a cui pare assomigliare di più, è una forma di autismo… sembrano…
persi in un mondo tutto loro, rapiti in una qualche loro ossessione, reagiscono
agli stimoli ma non completamente, sembrano indifferenti a ciò che li circonda e
non sempre riconoscono le persone che li attorniano.
“La mente
umana purtroppo è l’ambito in cui la scienza brancola più nel buio… siamo
costretti ad andare per tentativi.” concluse il primario con un sorriso di mesto
imbarazzo.
“Lei… lei
pensa che questa cosa sia irreversibile?” chiese Willow con un filo di voce.
“Eh, chi
può dirlo… in genere quando le cause sono traumatiche si può ben sperare, come
in tanti casi di amnesia. Qui motivi patologici non ce ne sono… ma in tutta
onestà devo dirle che nessuno degli altri malati ha finora mostrato segni di
ripresa, nonostante le nostre cure. E un’altra cosa… questi pazienti sono
soggetti molto difficili, da trattare.” Il peso che il dottore aveva
posto su quel ‘difficili’, e lo sguardo che le aveva rivolto, un po’ dubbioso,
scossero Willow profondamente.
“Lei pensa
che io non sia in grado di occuparmi di Tara, no, peggio, lei pensa che me ne
voglia lavare le mani?! ...Ora capisco il discorso che mi ha fatto all’inizio… e
perché mi ha chiamata in privato…!” sbottò la ragazza alzandosi in piedi e
battendo le mani sulla scrivania.
“Beh, se
lo scordi! Si sbaglia di grosso! Ta-Tara è la cosa più speciale che ho al mondo,
ed è proprio adesso che ha più bisogno di me! Non sarà certo lei a impedirmi di
starle accanto!!!” proseguì urlando. Il primario si alzò a sua volta e invitò
Willow a calmarsi e sedersi di nuovo.
“Stia
tranquilla, signorina… è tutto a posto. Mi fa piacere vederla così decisa,
questo spirito le servirà. Quel che serve a Tara è il calore, l’affetto di una
famiglia, e i miei dubbi che potesse mancarle adesso sono fugati. A volte non si
trova neppure nelle famiglie ‘tradizionali’…” spiegò il medico visibilmente più
disteso.
“Mi scusi
di aver dubitato… adesso andiamo, la porto direttamente da lei così le spiego le
altre cose, e come accudirla. Venga! Ah, magari faccia venire anche il suo
amico, se sente anche lui potrà esserle d’aiuto.”
Willow si
rialzò semi-inebetita dopo quello scambio di battute, e in parte sollevata,
questo dottore era molto più attento e acuto di quanto desse a vedere. Appena
affacciatasi al corridoio richiamò Xander, e insieme seguirono il dottore fino
alla stanza di Tara.
Willow
entrò con il cuore in gola. Tara era seduta a letto, silenziosa, la testa
ondeggiante e lo sguardo fisso avanti, si teneva con la sinistra la fasciatura
sulla destra, sembrava che le desse fastidio. Accortasi dell’intrusione guardò
verso la porta con aria stupita, per tornare subito nel suo mondo. Il dottore si
spostò da un lato della stanza, e mentre Xander rimase ai piedi del letto,
attonito, Willow si avvicinò delicatamente, per poi prendere il viso di Tara tra
le mani e indurla a guardarla negli occhi.
“Tara,
piccola, adesso ti riporto a casa, stai tranquilla, presto starai bene, lo sai
vero? Mi sei mancata tanto tesoro mio…” le disse piano, con un sorriso caldo.
Tara parve interessata per un po’, poi tornò a occuparsi della sua fasciatura.
“Cattivi! Cattivi! Cattivi! …Sai che uccidono i pomodori? E i bruchi dopo non
possono mangiare…” disse quasi a se stessa, incurante della ragazza che le era
accanto.
“Non
faccia troppo caso a quello che dice, è tipico dell’autismo… magari ricorda
qualcosa della sua infanzia, o cose che ha sentito… dovrà cercare sempre di
tenere attiva la sua attenzione, farla concentrare su cose elementari, e poi… ci
vorrà del tempo perché riacquisti una certa autonomia, dovrà insegnarle di nuovo
le cose di tutti i giorni, un po’ come una bambina. Guardi, qua le ho scritto
già le medicine che le serviranno e come somministrarle… comunque per qualsiasi
cosa, ogni difficoltà o dubbio, non esiti a chiamarci, chiaro?”
Willow
prese dal dottore i fogli che le aveva porto, dette loro una scorsa e poi
ribatté dubbiosa “Ma… tutte queste cose… perché, non capisco… mi aveva detto che
non c’era nulla di patologico, a che servono tutte queste medicine…?”
“Ecco,
vede… c’è la possibilità che a volte Tara si agiti, apparentemente senza motivo…
specialmente di notte… quasi tutti gli altri pazienti hanno avuto di questi
problemi, quindi c’è da aspettarselo. Non dico veri e propri sbotti violenti, ma
potrebbe farsi male da sola, non è cosciente dei pericoli… è importante
risponderle sempre con pacatezza, e mai in modo aggressivo… e se non si calma
subito, sedarla per un po’.”
Willow si
coprì gli occhi con una mano, come per scacciare brutti pensieri, Xander la
sostenne alle spalle, sussurrandole “Coraggio Willow, fatti forza, noi ti saremo
sempre vicini, vedrai che Tara si riprenderà e starà meglio, ma tu devi essere
forte, Tara deve vederti in forma per contare su di te, ti pare? Dai, aiutala ad
alzarsi adesso, le ultime cose me le faccio dire io dal dottore ok? Andiamo,
su…”
Willow
annuì all’amico, che lasciò la stanza con il primario, e si voltò di nuovo verso
la ragazza, che adesso la stava guardando. “Torniamo a casa, piccola…”
bisbigliò, fece per abbracciarla ma Tara la respinse, brusca. “Via! Via!
Lontani! Ho paura…” esclamò piagnucolando. La giovane strega insistette
delicatamente, e stavolta riuscì a stringerla a sé, facendola calmare in pochi
istanti.
“Ok, siamo
arrivati, cosa conti di fare adesso?” chiese Xander dopo aver fermato la
macchina all’entrata del campus. Willow era rimasta pressoché silenziosa durante
il tragitto, seduta accanto a Tara sul sedile posteriore. “Penso…” cominciò a
rispondere scendendo lentamente dall’auto, mentre Xander faceva lo stesso, “che
sarà meglio trasferire Tara nella mia camera, è un luogo che conosce, è più
grande e luminosa della sua, starà al posto di Buffy… passeremo da lei, adesso,
sia per vedere che effetto le fa, sia per mettere insieme le sue cose…”
“Cosa
posso fare per te, Willow?” chiese il ragazzo con il suo solito tono
rassicurante.
La rossa
lo guardò un attimo indecisa, poi timidamente disse “In effetti ci sarebbe una
cosa… tu e Anya potreste tenere per un po’ Miss Kitty Fantastico…? Giusto il
tempo di mettere un po’ in sesto le cose… vorrei potermi occupare di Tara
a tempo pieno, e poi non so neppure come lei ci si relazionerebbe…”
“Ma certo!
…non preoccuparti… non sarà assolutamente un problema. Basta che ad Anya non
porti un coniglio, tutto il resto va bene…” rispose Xander sdrammatizzando.
“Anzi, vengo subito a prenderla, che mi dici, le piace viaggiare in auto?”
“Grazie…”
rispose Willow stringendo la mano dell’amico.
Condussero
Tara fino al dormitorio cercando di dare nell’occhio il meno possibile,
fortunatamente le lezioni erano già cominciate e nei corridoi non c’erano
moltissime persone.
La stanza
di Tara, che solitamente le dava un senso di intimità e pace, adesso le metteva
addosso angoscia. Sarà stato per le pareti scure, per la scarsa illuminazione… o
più probabilmente era tutta la situazione a farla sentire così, senza dubbio.
Tara era seduta sul letto, persa in un mondo troppo lontano da raggiungere,
sembrava abbastanza calma, quanto meno, come se sentisse l’ambiente familiare, o
almeno, così sperava Willow.
Dopo che
Xander se ne era andato aveva sistemato una sedia davanti al letto, si era
seduta, gomiti appoggiati sulle ginocchia, mani intrecciate, e si era
imbambolata a fissare la sua compagna, la testa piena di dubbi e di smarrimento.
Da che
parte si comincia? pensava, facendo grossi respironi per ossigenare il cervello
e ritrovare la razionalità, mentre un piede ribelle tradiva la sua agitazione
tamburellando senza sosta sul pavimento. Avanti… “Tara, piccola…” già non sapeva
che dire “…adesso prendiamo le tue cose e poi ci spostiamo in camera mia, ti va
l’idea? Così mi avrai sempre accanto, che ne dici?”
Si alzò in
piedi, mentre l’altra la seguiva appena con lo sguardo, e prese dall’armadio un
paio di scatoloni che si ricordava fossero lì da molto, probabilmente
dall’ultimo trasloco di Buffy. Guardò l’orologio sulla mensola, si stava
dimenticando della colazione, non la sua, certamente. Non le andava proprio.
Tirò fuori dalla borsetta una mela e un coltello, la sbucciò con attenzione e
provò a lasciarla davanti a Tara. “Hai fame, piccola? Guarda che bella mela ti
ho portato…”
La giovane
strega fece per raccogliere il frutto con la mano sana, ma una presa insicura, e
la superficie umida fecero sì che Tara lasciasse cadere per terra lo spicchio e
si ritraesse impaurita. “È viscida” esclamò la giovane mugolando, e Willow non
poté fare altro che cercare di acquietarla tenendola stretta a sé. Dopo la prima
volta, in ospedale, adesso sembrava che la sua vicinanza le fosse davvero
gradita, chissà se per abitudine o meno. In effetti, non aveva mai mostrato
segni di consapevolezza delle persone che la circondavano. Raccolse dal letto il
secondo spicchio di mela e provò a imboccarla, e stavolta, dopo una rapida
resistenza, Tara l’accettò. Morsi lenti, svogliati, distratti, ma era un
inizio, no? Quando ebbe finito la fece alzare e la condusse in bagno, davanti al
lavandino, preparò dentifricio e spazzolino e, tenendole le mani come a guidarla
da dietro, “Bravissima, piccola, adesso fai aaaahh” disse, mimando l’azione
nello specchio, e portandole la mano alla bocca.
“Probabilmente è un po’ presto per questo,” bisbigliò Willow rassegnata dopo che
tutti i tentativi si erano risolti in uno strano murales bianco stampato sul
viso di Tara. La ripulì delicatamente e la riportò a sedere.
Il lavoro
di sgombero era ormai a buon punto, dopo gli iniziali due, altri quattro
scatoloni erano stati riempiti, e ognuna delle cose riposte aveva provocato a
Willow un nodo allo stomaco sempre più pressante. Dopo gli abiti e gli accessori
era toccato agli articoli magici, quelli che ormai quasi due anni prima avevano
cementato la loro unione, meri strumenti, e non cause, in verità, ma il ricordo
di ogni incantesimo compiuto si associava ad alcuni dei momenti più intensi
della loro esperienza comune. Tara, che pure aveva assistito a tutta
l’operazione, non si era mai assolutamente scomposta, se non quando Willow aveva
preso in mano l’occhio della bambola, e la giovane si era agitata uscendo in
esclamazioni sconnesse riguardo vermi, oscurità e chissà cos’altro. La giovane
strega, sorpresa da quello scoppio improvviso, aveva dovuto interrompere
bruscamente il suo lavoro e impegnarsi con tutta la sua forza per fermare prima,
placare poi la reazione della compagna, e la situazione si era ristabilita solo
quando Willow aveva intuito che era il prezioso manufatto, l’oggetto dello
scandalo.
Adesso
Tara era di nuovo tranquilla, stringeva tra le mani il cristallo e si distraeva
osservando le innumerevoli colorazioni che questo assumeva quando la luce si
rifrangeva tra le sue sfaccettature. Lei invece se ne stava lì immobile, in
piedi, braccia conserte, mani strette sugli avambracci, sempre più conscia, col
passare dei secondi, della distanza che la separava dalla sua ragione di vita.
L’assillava il dubbio se la reazione di poco prima fosse stata casuale o fosse
dipesa da qualche ricordo, qualche misterioso ragionamento legato a
quell’oggetto, che per lei era sempre stato tanto prezioso. Difficile dire, in
verità…
Quanto, di
Tara, era ancora lì, e quanto invece si era portata via la stramaledettissima
Glory? Da quello dipendevano anche le possibilità di recupero… E se non ci
fossero state, possibilità, se questa cosa fosse stata irreversibile? In quel
caso magari, l’idea del mondo intero, distrutto da Glory, non era poi così
insopportabile… Mio dio, cosa sto pensando… gli occhi cominciarono a bruciarle
di nuovo, non poteva certo mostrarsi a Tara piangendo, raggiunse il bagno e vi
si chiuse dentro, appena in tempo, prima che i singhiozzi la sopraffacessero.
Non
l’avrebbe mai abbandonata, questo era certo; lei era la sua famiglia, aveva
voluto con forza quel ruolo, ora non poteva certo farsi indietro, si ripeteva
mentalmente fissandosi nello specchio. Ma si sentiva così sola, in questa
battaglia…
La poca
lucidità che le era rimasta mentre piangeva sommessamente, singhiozzando ormai
calata sulle ginocchia, fino ad appoggiare la fronte sul lavandino, l’aveva
concentrata per cercare di capire se quello che provava era più la paura di
affrontare un compito tanto gravoso o l’egoistica rabbia per non avere più
accanto come prima la persona che amava, finché non avesse dissipato le nubi
dalla propria mente non avrebbe certo potuto reagire per il meglio. E ancora una
volta, convenne a se stessa che la parte più razionale di lei era sempre Tara.
Fu una
voce dall’altra stanza a ridestarla, facendola trasalire. “Willow…” si sentì
chiamare al di là dalla porta, con quella voce un po’ supplice, un po’
cantilenante, del bambino che chiama la mamma quando questa non gli dedica le
sue attenzioni.
Spalancò
la porta del bagno e si riaffacciò nella camera, Tara era ancora seduta sul
letto, dondolante, ma la stava guardando, e allungò una mano nella sua direzione
chiamandola di nuovo. “Willow…”
Allora la
riconosceva… o almeno sapeva chi lei fosse… Tara era sempre lì, da qualche
parte, c’era speranza, quella sola parola l’aveva riportata a nuova vita. Senza
più preoccuparsi delle lacrime che continuavano a solcarle il viso, stavolta per
l’entusiasmo, Willow salì in ginocchio sul letto, prima stringendosi al petto la
testa della ragazza bionda, poi baciandole ripetutamente la fronte, poi
abbracciandola, infine prendendole il viso tra le mani, perché la guardasse
dritta negli occhi. “Sono qui tesoro mio… bimba mia adorata… sarò sempre con te,
lo sai vero? Dio mio piccola, quando bene ti voglio…”
La fissò a
lungo, e le sembrava che Tara la seguisse, fosse cosciente di ciò che le aveva
detto. Ma quando il contatto visivo si ruppe, Tara tornò a perdersi nell’ombra,
come se niente fosse accaduto davvero. Continuò a guardarla per un po’, col suo
sorriso più dolce, ci sarebbe voluta tanta pazienza, ma adesso sapeva per certo,
aveva avuto la prova, che neanche quel demone infernale aveva potuto cancellare
il sentimento d’amore che le univa. Sentiva che Tara era lì a aspettare che lei
la ritrovasse, che la facesse uscire dal labirinto di pensieri in cui era
rimasta prigioniera, e quant’è vero iddio l’avrebbe fatto… Provò quasi un
fremito di rivalsa, al pensiero che Glory avesse fallito nel suo intento.
Si rialzò
rinfrancata e riprese a inscatolare oggetti, guardò un attimo fuori e vide che
il sole era alto, era una splendida giornata. Tornò a guardare la sua compagna,
sembrava proprio che niente fosse accaduto, adesso, si era di nuovo chiusa nel
suo autismo… il sorriso le si smorzò, ma non disperava più.
Prese il
golfino grigio che aveva appositamente lasciato fuori, probabilmente il solo
pigiama non bastava per la stagione, “Hai freddo tesoro? Vieni che ti aiuto…”
disse dolcemente Willow, infilando la prima manica. Tara per tutta risposta si
oppose con uno scatto brusco, per subito fermarsi, come pentita, dopo aver visto
l’espressione tristemente contrariata sul viso dell’altra, e si mise a
piagnucolare, timorosa di rimprovero. “Tranquilla, tranquilla, dai” la consolò
la strega, sistemando, stavolta senza problemi, il golfino.
Un paio di
colpetti alla porta la fecero allertare.
“Chi è?”
chiese avvicinandosi.
“Buffy,
sono venuta con Dawn” rispose la voce amica dal corridoio.
Willow
aprì e fece entrare le ragazze, che avevano con sé due grossi sacchetti di
carta.
“Xander ci
ha spiegato l’accaduto e ci ha detto che eravate qua, e abbiamo pensato di
portarvi qualche panino e altre cose buone da mangiare tutte insieme, visto che
è già passato mezzogiorno” esclamò Dawn, sollevando orgogliosamente il suo
sacchetto.
Willow
abbracciò caldamente Buffy, poi tornò a sedere vicino a Tara, invitando le due
ospiti a fare lo stesso. Una volta accomodate, sfoderò un sorriso tra i migliori
che poteva avere, in quel momento, e, rompendo ogni indugio, esclamò “Allora,
vediamo un po’ che ci avete portato di buono… abbiamo una fame, vero Tara?”
Buffy, ben
consapevole che l’intervento dell’amica era dettato dalla volontà di eliminare
l’imbarazzo del momento, cominciò a rovistare nei sacchetti, pronta alla
distribuzione. “Insalata di pollo?”
“Qui, per
me.” rispose Willow ricevendo il pacchettino che la giovane Cacciatrice le aveva
offerto.
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Un grazie a Setsuna-san per avermi convinta a pubblicare questa breve storia.
Disclaimers: tutti i personaggi di Buffy the Vampire Slayer sono di proprietà di Joss Whedon, della WB, UPN, Mutant Enemy. Non si persegue fine di lucro né si intende infrangere alcun copyright con questa storia. - All characters from Buffy the Vampire Slayer belong to Joss Weldon, WB, UPN, Mutant Enemy, and no copyright infringement is intended.