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Autore: MewBecky    23/10/2006    5 recensioni
Stessa scuola, fin dall’asilo. Due classi avanti; l’aula accanto alla sua. Scuola materna, scuola elementare; medie e superiori.L’odiosa presenza di Emanuele, bello quanto vuoto, brillante quanto infido, è sempre stata una sgradevole costante nella vita di Rachele.Ma nonostante la vicinanza forzata e il suo innegabile senso dell’umorismo, Rachele, quell’egocentrico pallone gonfiato, proprio non lo digerisce.Anzi; semplicemente, lo detesta. Stessa cosa per Emanuele. E dire che aveva anche cercato di attaccare bottone con lei, alla scuola media; ma uno sguardo di sufficienza da parte sua, e una risata secca ed infastidita, avevano smontato in lui ogni buon proposito.E da lì, era sempre stato odio. L’odio più totale. Perchè nonostante la vicinanza forzata e il suo innegabile senso dell’umorismo, lui, quell’arrogante e presuntuosa ragazzina, proprio non la digerisce.Anzi; semplicemente, la detesta.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Tesoro caro, Rachele…è ora di alzarsi!- Una nenia angelica, quasi confortante, spinge Rachele ad aprire pigramente un occhio, per poi ripiombare completamente assopita nel sonno.

Al di là delle coperte deve fare un freddo cane, dannazione, lo sente dai brividi che le attraversano il braccio non appena accenna a farlo sbucare sbadatamente da sotto il piumone.

-Amore dolce…cucciola! E’ tardi, è sabato mattina, c’è la scuola!

Come il suono d’una corda pizzicata, ma non accordata nel modo giusto, la nenia angelica si incrina bruscamente all’improvviso, questa volta giungendo sgradevole e cacofonica all’orecchio di Rachele.

-E andiamo mamma…altri cinque minuti!- Ripete quasi automaticamente la ragazza, e la voce, impastata di sonno, che le esce dalle labbra è tremendamente gutturale e cavernosa. –Perfavore!

-Niente ma, lavativa!- E stavolta non è il rantolo d’uno strumento ad arco, non è il dolce ritornello di un’antica melodia, e nemmeno un’esortazione particolarmente educata quella che respinge la richiesta di Rachele –esci immediatamente da quel letto!

Ed ecco che, con abile quanto subitaneo gesto, una mano dalle dita sottili afferra decisa il piumone, strappandolo via come animata da un' ira particolarmente funesta.

O forse, solo dalla tremenda, opprimente impazienza d’ una madre di tornarsene a letto il più presto possibile, quel sabato mattina ancora immerso nel buio, senza dover essere costretta a fare da baglia ad una figlia presumibilmente matura.

Rachele digrigna i  denti per il freddo, saltando fuori dalle coperte come punta da una vespa: fondandosi in bagno, dopo aver trangugiato alla velocità della luce qualche sorso di tè bollente, medita inutilmente sull’ingiustizia della sorte riservatale.

Si ritrova, suo malgrado, ad invidiare enormemente quella lurida pulce del fratello Stefano, dieci anni (forse canini) totalmente sprecati, passati ad attaccarsi allo schermo televisivo come una ventosa e a inseguire costantemente il primato di “essere umano con il più elevato numero di denti cariati in bocca”, ingurgitando chewingum e altre schifezze inenarrabili a tutto spiano: a quell’ora, il disgustoso essere, di sicuro dorme ancora della grossa, sognando di sbaragliare in qualche scemissimo video-game quelle pulci altrettanto insulse dei suoi compagnucci di scuola.

E a lei, miseria, sedici anni (quasi) di studio solerte e condotta inappuntabile, tocca andare a scuola anche al sabato, anche nel torpore della notte, anche quando fuori fa così freddo che le rotaie della ferrovia si piegano da sole e la pioggia scende con una forza tale, da rischiare di ridurle l’ombrello ad un colabrodo: e non solo le tocca uscire di casa, abbandonando il suo lettuccio caldo, per recarsi ad ALCATRAZ, simpatico nomigliolo che gli studenti della sua scuola hanno affidato all’ “INFERNO DI CRISTALLO”, no!

Deve anche raggiungerla a piedi, quella sorta di putrida latrina dove trascorrerà in trance le cinque ore che seguiranno; arrancare lungo la strada per ELDORADO zaino in spalla, e inseparabile  ombrello fiorato, forse un tantino retrò, stretto nella mano destra.

-Sette e dieci?

Gettando una fuggevole occhiata all’orologio Rachele sobbalza, e si infila, prendendo a muovere il braccio ad un impressionante velocità, lo spazzolino fra le labbra: rimirando la sua immagine riflessa, inutilmente piange sullo stato pietoso dei suoi capelli, arricciati e scomposti a causa dell’umidità, e passa mentalmente in rassegna ciò che la aspetta.

Relativamente a quella giornata, non dovrebbero esserci problemi: ma poi, il lunedì seguente, verrà il compito di latino, l’interrogazione di italiano e quell’orribile, insopportabile martirio che è leggere, per un’ora, qualche pagina dei “Promessi sposi”.

Tra l’altro, non ha la più pallida idea di dove sia finito il suo libro; poco male.

Avrà quantomeno una scusa plausibile per evitare l’interrogazione, dato che, di sciropparsi le seghe mentali di Don Abbondio e tutto quel maledetto “Latinorum” senza senso, proprio non ne ha voglia.   

Ormai sono le sette e venti, e Rachele si infila sbadatamente la sua felpa preferita, da cui spunta il collo della polo: entra sbuffando nei jeans lisi e si domanda se sia il caso di iniziare la dieta.

Un filo di mascara sui suoi occhi d’ambra, una pettinata ai lunghi capelli castani, ed ecco fatto: caccia i piedi nelle converse rosa senza riflettere troppo sull’imprudenza di tale scelta e, inforcati lo zainetto e la giacca scura, esce di casa più infreddolita che mai, non senza aver prima stampato un bacetto sulla foto di Andrea posata sul comò.

Quarta ragioneria, una figura asciutta e proporzionata e un metro e ottanta d’altezza; proprio come piace a lei. Il tutto accompagnato da due grandi occhi neri, un sorriso da favola e capricciosi ricci color del grano degni d’un cherubino

Questo è Andrea Marini, il migliore amico e passione segreta di Rachele; e, con tutta probabilità, destinato a rimanere tale per il resto della vita.

Sospirando rumorosamente, deliziandosi della sua stessa agonia amorosa, la ragazza chiude la porta dietro le proprie spalle, pensando con soddisfazione a quante analogie ci siano effettivamente fra lei e i poeti decadenti, di cui tanto le piace leggere: stessa dose di rassegnazione, stessa passione infuocata per qualcuno che neanche li vede, ed identica, lauta ed esponenziale dose di sfiga.

-Andiamo, maledetto!- Grida quindi ad indirizzo dell’ascensore che, nonostante sia stato richiamato all’ordine dal suo dito indice almeno un centinaio di volte, non vuole decidersi a partire –sono in ritardo!

Ma un secco rantolo in risposta alla sua invocazione, da parte dell’impudente, fa comprendere a Rachele che l’unica soluzione per evitare il conflitto armato è optare per la rampa di scale.

Saltando i gradini a piè pari, in un battibaleno, la ragazza ha già raggiunto il piano terra: controllando che nessun autista del sabato mattina ,di cattivo umore quanto lei per il solo fatto d’aver dovuto abbandonare il talamo, sia in arrivo, attraversa velocemente la strada e raggiunge con un sospiro l’altro lato del marciapiede.

-Santo cielo!- Sobbalza Rachele, spaventata dall’improvviso risuonare, nella strada deserta, dell’inconfondibile sigla di “Candy Candy”.

-Pronto?- Risponde quindi a bassa voce, ripromettendosi risoluta di cambiare suoneria al più presto.

-Ciao Rachele!- Una voce calda e piacevole, meravigliosamente inconfondibile, la saluta dall’altra linea, cancellando come per incanto tutto il suo avvilimento – sono Andrea!

E la nostra sventurata eroina si scioglie, nel sentir parlare l’amore di sempre; addirittura, a causa di una momentanea perdita di equilibrio, manca poco perchè l’ombrello, il telefono e lei stessa, precipitino di peso in un’enorme pozzanghera fangosa.

-Ciao Andre!- Cerca di ricomporsi Rachele, arrossendo furiosamente – Hai bisogno di qualcosa?

Andrea scoppia a ridere di gusto nell’avvertire la sua voce imbarazzata, e le risponde dolcemente.

-Ma no scema..!- La prende in giro, con tenerezza -Non mi serve niente. Volevo solo chiederti se ti andava di venire a casa mia dopo la scuola, così ti faccio vedere quel video di cui avevamo parlato!

Il cuore di Rachele manca per un attimo di un battito, mentre l’ombrello rischia di sfuggirle nuovamente di mano.

-Ok…ma certo- Risponde, già pregustando il momento in cui si troveranno nuovamente faccia a faccia –a che ora ci incontriamo?

-Sciocchina, ti passo a prendere io- Andrea ridacchia nuovamente, di quella risata spontanea e sincera che è croce e diletto di Rachele –Così inauguro la moto. Ci vediamo davanti alla tua scuola, scema. Bacioni.

E nell’istante in cui riattacca, Rachele ha già toccato due o tre volte, andata e ritorno, il cielo con un dito; inoltre, senza accorgersene, ha percorso almeno metà strada.

-Sette e trentacinque.

Arriverà in perfetto orario.

“Candy è poesia, Candy Candy è l’armonia…”

Dannazione, il telefono suona di nuovo.

Che Andrea si sia dimenticato di dirle qualcosa?

Rachele risponde velocemente, con le guance in fiamme, mentre qualche raro passante le punta curioso gli occhi addosso.

-Pronto? Chi è?

-RACHI! RACHI!!!! Come chi è? Sono io! Non crederai MAI a quello che ti sto per dire. 

La voce squillante  ed entusiasta di Giulia, sua vulcanica compagna di banco, fa sobbalzare Rachele.

-Ah sì? E di che si tratta? Spero sia veramente importante, per avermi fatto suonare il cellulare alle sette e trentacinque, in mezzo alla strada..- Rachele giunge alla fine del sottopasso, e si dirige sbuffando in direzione dell’isola pedonale.

-Madonna mia.. che odiosa che sei! Certo che è importante…e poi la colpa è tua, che non ti decidi a cambiare quella schifo di suoneria!- E’ la risposta offesa di Giulia, suscettibile come al solito.

-Ma dai…sto scherzando- L’unica soluzione, per non essere travolti dal “tempestoso” carattere di Giulia, è tentare con la diplomazia..

-Dimmi tutto- Esclama perciò Rachele, controllando nuovamente l’orologio.  

-Ho saputo che..-TATADADAAA’!- Emanuele Favalli si è lasciato con la sua ragazza! Ma ci pensi, Rachi?- Giulia sembra euforica, e ormai non ascolta nemmeno le parole dell’amica.

Meglio così, d’altra parte: in condizione normali il dissenso di Rachele, che Emanuele lo detesta, non potrebbe far altro che urtarla.

Stessa scuola, fin dall’asilo.

Due classi avanti; l’aula accanto alla sua.

Scuola materna, scuola elementare; medie e superiori.

L’odiosa presenza di Emanuele, bello quanto vuoto, brillante quanto infido, è sempre stata una sgradevole costante nella vita di Rachele: ed ora, lo è divenuta più che mai dato che una delle sue migliori amiche, Giulia, ne è follemente innamorata, e la costringe spesso a pedinamenti serrati, appostamenti tattici e tentativi d’approccio ovviamente fallimentari.

Ma nonostante la vicinanza forzata e il suo innegabile senso dell’umorismo, Rachele, quell’egocentrico pallone gonfiato di Emanuele, proprio non lo digerisce.

Anzi; semplicemente, lo detesta.

-Ottima notizia, Giulia. Davvero, mi riempie il cuore di gioia- Rachele svolta alla velocità della luce a sinistra, cominciando ad avvertire il peso dello zaino stra-pieno sulle spalle –Ora credi che mi lascerai in pace, giusto quei cinque minuti che mi servono per riprendermi da una gioia così grande?

Dall’altra linea le giunge una risatina soffocata, e una sotto-specie di schiocco.

-Ok, si può fare…grazie per la comprensione, amore! E’ Giulia, che prima di riattaccare le manda un bacio -E ricordati che dopo questa scoperta, non ti risparmierò dall’aiutarmi a conquistare Gabriele..-

-Certo. Come no?

Un sospiro colmo d’esasperazione e, finalmente, lungo la strada percorsa da qualche rara auto troppo lenta, Rachele rimane sola.

E pensa a Andrea.

Andrea dagli occhi scuri, dal sorriso dolce; Andrea dai capelli d’oro.

Andrea che l’ha accompagnata, per cinque, lunghi anni,. col suo sostegno affettuoso e la sua amicizia.

Andrea che la tiene abbracciata, che le accarezza i capelli: Andrea che la consola quando è triste e ride con lei quando è allegra.

Andrea con cui ogni giorno è un’avventura, una meravigliosa novità.

Andrea; semplicemente Andrea.

Il suo migliore amico.

Per un attimo, attorno a Rachele, sparisce il baccano del cellulare, che nuovamente suona, ed il rumore della pioggia battente.

Scompare il sibilo delle ruote sull’asfalto, degli scooter che sfrecciano lungo la strada.

Il vociare dei ragazzi lungo la via delle scuole, la musica d’una radio troppo alta; i rintocchi rumorosi delle campane della chiesa, e perfino la voce stonata d’una donna che, stendendo i panni sul balcone, canta.

Rachele ode solo una dolce melodia, una canzone d’amore: strumenti ad arco che, armoniosamente, scandiscono un ritmo celestiale e indefinibile, un motivo di fondo che incalzante, si ripete.

Ma ecco che, alzando lo sguardo, la ragazza ne incontra improvvisamente un altro: e inaspettatamente, con repentino terrore, Rachele comprende da cosa sia stato prodotto quel suono sconosciuto, ora quasi assordante.

-Levati, brutta scriteriata!- Un grido rabbioso e poi, inevitabile, lo scontro.

La melodia era scandita da un clacson.

                                                                    ***

 

 

Nessuna sveglia e nessuna voce materna questa mattina, per Emanuele.

Solo una grande casa vuota e fredda, e una ricca colazione già bell’e che preparata sul tavolo dell’immensa cucina.

Dopo una salutare doccia calda siede da solo nel soggiorno, e sgranocchia rumorosamente un croissant.

Si è preparato di nuovo prima del tempo accidenti; non può proprio far a meno d’essere costantemente in anticipo.

Emanuele controlla l’orario del giorno, e tira un sospiro di sollievo.

E’ lunedì, per fortuna.

Il che vuol dire niente matematica.

Trovando un altro messaggio di Francesca sul cellulare spera, in modo quasi insano, che non sia la solita richiesta di perdonarlo spedita via SMS, ad averglielo fatto illuminare.

Ma piuttosto l’opportunità di potersi vedere ancora una volta, di provare a ricominciare.

“Scusami per il male che ti ho fatto. Nonostante tutto ti voglio ancora bene. Francesca”.

Speranze vane.

Emanuele fa un amaro sorriso.

Il secondo messaggio gli è stato inviato da un sedicente amico, uno dei tanti che gli sparlano dietro da decenni e stanno con lui soltanto per comodità.

“Fatti forza Ema. Quella stronza non ti merita. Filo”.

-Filippo è un gran coglione -Pensa affranto Emanuele, mentre cancella deciso quell’inutile messaggio.

- E no, purtroppo per me, Francesca non è una stronza. Quasi sicuramente sono io a non meritarla.

Per un attimo il pensiero di Emanuele va agli occhioni verdi ed innocenti della sua ex ragazza, ai bei momenti passati insieme; alle risate, agli sguardi innamorati, al maglione realizzato a mano da lei stessa, che Francesca gli aveva regalato il natale precedente.

Poi è un altro ricordo, doloroso e spiacevole, a sopraggiungere.

Quello dell’abbandono.

Di Francesca lontana e innamorata di un altro, uno dei tanti figli di papà della suo istituto privato, che lo lascia senza possibilità di replica.

Emanuele sospira, e controlla speranzoso il terzo ed ultimo messaggio.

-Giulia..- Sorride, intenerito –dovevo immaginarlo.

Giulia è una ragazza della sua stessa scuola, che da qualche mese lo “perseguita”: non di rado se la trova fra i piedi, nei posti più strani, o appostata dietro un muro ad origliare le sue conversazioni.

Non che le sue attenzioni gli diano particolarmente fastidio, anzi: è una ragazza molto carina, con quei lunghi capelli biondi e il sorriso spavaldo, ma Emanuele non si sente interessato a lei.

A lui piacciono le ragazze argute, sarcastiche: quelle d’uno spessore diverso rispetto a Giulia; quelle ciniche e beffarde quel tanto che basta da fargli perdere la testa.

Come Francesca.

E poi, a sfavore della povera Giulia, c’è anche la sua amicizia con quella ragazza insopportabile, Rachele: quella saccente morettina dal nasino all’insù di cui è costretto a sopportare la sgradevole presenza, sin dai tempi dell’asilo.

A dirla tutta lei non lo irritava particolarmente, all’epoca: col suo carattere irascibile e complicato gli aveva ispirato una certa simpatia fino alla scuola media, dove aveva cercato di attaccare bottone con lei mentre entrambi facevano la coda alla macchinetta delle bevande.

Ma uno sguardo di sufficienza da parte sua, e una risata secca ed infastidita, avevano smontato in Emanuele ogni buon proposito.

E da lì, era sempre stato odio.

L’odio più totale.

Era quasi curioso vedersi sfilare davanti agli occhi Giulia e Rachele, ogni mattina a scuola: la prima gli passava accanto sfiorandolo intenzionalmente, rivolgendogli uno sguardo ammiccante, e la seconda si allontanava a grandi passi, caracollando sulle sue grottesche Converse rosa.

A volte capitava che Rachele rivolgesse a Giulia una battuta scherzosa, innegabilmente divertente, e che perfino ad Emanuele scappasse da ridere.

Ma nonostante la vicinanza forzata e il suo innegabile senso dell’umorismo, lui, quell’arrogante e presuntuosa ragazzina, proprio non la digerisce.

Anzi; semplicemente, la detesta.

Emanuele sorride di nuovo, nel leggere il messaggio di Giulia.

Ma risponderà più tardi.

7.20: ora di uscire.

Inforca lo zaino stra-pieno ed il casco, e abbandona la grande casa immersa nel buio.

Percorre l’immenso, silenzioso giardino della villa a passo lento e infila le chiavi nella toppa del garage; l’amatissimo Ciao, appoggiato con cura alla parete, gli si scopre piano piano, mentre un sorriso nostalgico compare sul volto di Emanuele.

Niente, nemmeno la moto regalatagli dal padre in occasione del suo sedicesimo compleanno e la Mercedes, anch’essa parcheggiata nel garage, che diverrà sua fra appena tre mesi, suscitano in Emanuele la stessa passione, lo stesso attaccamento: non gli importa niente di nuocere al suo “status” di ragazzo popolare andando a scuola con quel motorino scassato, gli preme solo poter ricordare i bei momenti con  Francesca a bordo del caro, vecchio Ciao.

Sbadigliando vistosamente, il ragazzo sorride: ed estratto con delicatezza “l’amico” dal garage, apre il cancello e vi sale a bordo.

Il cellulare, mannaggia a lui, suona nuovamente.

Di sicuro è Giulia: ragione in più per non rispondere.

Emanuele imbocca la deviazione a sinistra, oltrepassando il ristorante presso il quale lui e Francesca festeggiarono il loro primo anniversario.

Lei indossava un vestitino rosso, che le stava d’incanto: la sua immagine splendida e il suo volto teso e imbarazzato gli tornano alla mente, mentre frena con decisione in prossimità del semaforo.

-Francesca, è stata tutta colpa mia- Pensa mesto e disperato, quasi sull’orlo del pianto –non ti ho dato abbastanza affetto, e tu non hai potuto fare altro che cercarlo in qualcun altro.

Ora il semaforo è verde.

Emanuele riparte, premendo sull’acceleratore: ma ecco che, a distanza pericolosamente ravvicinata, una ragazza dai capelli scuri s’appresta ad attraversare distrattamente la strada, nonostante il semaforo imponga tassativamente lo stop ai pedoni.

-Quella è completamente pazza..! Ma che diavolo sta facendo?

Aguzzando la vista, Emanuele la riconosce: è Rachele l’attraversatrice folle, che se ne cammina beata in mezzo alla strada come se niente fosse.

Accidenti, va troppo lenta! Se non si fermerà subito la tirerà sotto!

-Levati, brutta scriteriata!- Prova a gridare, premendo all’impazzata il clacson.

Ma ottiene solo di farla voltare, e restare impalata in mezzo alla strada.

Emanuele frena bruscamente, ma è troppo tardi: va a sbattere, all’altezza delle ginocchia,per fortuna non troppo forte,contro la ragazza, che atterra col sedere sull’asfalto.

Ma l’onda d’urto è troppo forte, per restare in piedi: Emanuele tira un sospiro di sollievo.

Per poi cadere, in compagnia del Ciao, nel bel mezzo della strada…

 

 

Ok ^.^”…nn è niente di speciale…ma completa la trovo abbastanza divertente! Leggete se vi va, e siate clementi ^____^””” ciottoli! ^.-

  
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