Arrivo
– As I Lay me down
I Wonder
why I feel so high
Though I am not above the sorrow
Heavy
hearted
Till you call my name
And it sound like church bells
Or the whistle of a train
on a summer evening
I'll run to meet you
Barefoot barely breathing
As I Lay me down to sleep
Yes I pray
That you will hold me dear
Though I'm far away
I'll whisper your name into the sky
and I will wake up happy.
(As I Lay Me Down - Sophie B. Hawkins)
La luce del sole era
dorata e accarezzava la terra con
timida dolcezza. La rugiada del mattino rispondeva a quel tocco
coprendo l’erba
e i fiori di diamanti liquidi, e il monologo gentile degli uccelli si
alzava
dalle chiome degli alberi come un simpatico benvenuto.
Era passato molto tempo dall’ultima volta che era tornata
a Konoha. Dalla sua memoria, molte cose si riproponevano energiche:
l’odore
fresco della foresta lussureggiante, il chiacchiericcio allegro dal
centro
città, il silenzio pensoso negli angoli più
riparati della periferia; e l’aria,
soprattutto, che sembrava frizzare ad ogni respiro e lasciava sulle
labbra un
sapore dolce e salato insieme.
Temari attraversò le grandi porte del Villaggio nascosto,
immettendosi nel flusso di viaggiatori provenienti da tutte le terre
conosciute. Erano trascorsi quasi tre anni dall’epico scontro
con Tobi, l’uomo
mascherato, ed ecco che il Villaggio della Foglia rifioriva come se si
fosse
trattato di secoli. Aveva sempre ammirato la capacità di
ripresa di quel
popolo: sembrava che nulla potesse far venire meno
l’incredibile forza di
volontà di quella gente.
Camminò lentamente per le strade affollate e chiassose,
facendo lo slalom tra i venditori ambulanti, le bancarelle e i chioschi
di
ramen e bibite. Il vento che s’insinuava tra i palazzi,
sfiorandola e
sollevandole appena le vesti, non era freddo né rovente come
quello di Suna, ma
tiepido e tranquillo. Arrivò al palazzo
dell’Hokage dopo mezz’ora di cammino;
comunicò il nome e la ragione della visita ad alcuni
burocrati presenti, e si
accomodò ad aspettare su una panchina. Nemmeno un minuto
dopo, un coro di grida
ed esclamazioni soffocate le giunse dal piano di sopra.
Scambiò un’occhiata
veloce con la signorina che l’aveva accolta;
l’espressione nei suoi occhi era
rassegnata e imbarazzata, e diceva che non era nulla di cui
preoccuparsi.
Infatti, qualche secondo dopo, un gruppo di funzionari vestiti di tutto
punto e
visibilmente irritati entrarono, sbattendo la porta con rabbia. Temari
li
guardò con la coda nell’occhio, chiedendosi che
diavolo stesse succedendo.
-I signori hanno finito? – domandò la ragazza da
dietro
il bancone.
-Finito?! Non abbiamo neanche iniziato! – abbaiò
uno. –
L’Hokage non c’è! Ma si può
lavorare, dico io, in queste condizioni? Non
eravamo stati convocati per discutere degli Esami Chunin?! E
lui….lui non c’è!?
– concluse, sbattendo il pugno sulla scrivania. La povera
assistente chinò il
capo, mortificata.
-Sono spiacente. Se volete lasciare il vostro numero, io…
Temari si alzò, sbuffando. Avrebbe voluto togliersi
quella scocciatura prima possibile, consegnare i documenti e prendersi
qualche
giorno per visitare Konoha, prima di tornare a casa. Invece, a causa di
quell’incredibile sfaticato di Naruto, doveva rimandare i
suoi programmi.
Percorse il corridoio chiedendosi se non fosse il caso di andare lei
stessa ad
acciuffare il biondastro per costringerlo ad adempiere ai suoi doveri,
quando
una figura familiare si staccò dalla parete per venirle
incontro.
In principio non lo riconobbe. La pettinatura era la
stessa, coi capelli un po’ più lunghi che parevano
ciuffi d’ananas, l’andatura
trasandata e le mani sprofondate nelle tasche,
nell’atteggiamento di chi non ha
un solo pensiero al mondo. La kunoichi si fermò a fissarlo,
quasi
inconsciamente, con il cuore che accelerava un po’ di
più mano a mano che
riconosceva le fattezze di quel volto.
-Yo. – fu il saluto, laconico, di Shikamaru.
-Nara. – fu la risposta, altrettanto evasiva, ma carica
di sorpresa.
-Cosa ci fai qui? Missione diplomatica?
-Qualcosa del genere. Dovevo consegnare delle proposte da
parte di Gaara, ma sembra che sia venuta inutilmente. –
concluse, un po’
piccata.
L’altro ridacchiò sotto i baffi. –
Naruto è un ottimo
Hokage. Sa farsi amare dal popolo e, dopo il casino con Sasuke e Tobi,
si è
dimostrato inaspettatamente saggio. Solo che non è
particolarmente tagliato per
gli affari burocratici, ecco.
Temari alzò un sopracciglio, dedicandogli una lunga
occhiata ironica, senza però commentare. In
realtà non stava ascoltando
veramente. Qualcosa era cambiato in Shikamaru, lo avvertiva, ma non
riusciva ad
afferrare il dettaglio. Il modo in cui teneva le spalle dritte mentre
fissava
il giardino forse, o il sorriso leggermente più sicuro di
se’, o le labbra che
erano diventate un po’ più piene. Qualcosa ci
doveva essere. Accortosi della
sua occhiata, anche lui si voltò a guardarla. I loro sguardi
si incrociarono
per un attimo, e accadde una cosa strana: Temari sentì
improvvisamente freddo,
poi subito dopo caldo, poi un pizzicore agli occhi, e una sensazione di
vuoto
allo stomaco. La lingua le si annodò nella bocca inaridita,
e non fu in grado
di pronunciare neanche una sillaba. Poi il ragazzo tornò a
fissare il cielo, e
lei si sentì come se le avessero tolto un peso dalle
spalle.
-Ci si vede, allora. – fece, passandogli vicino. Lui
annuì. La kunoichi uscì dal palazzo, incontro
alla folla energica, con il
chiaro sentore si essersi lasciata alle spalle qualcosa di importante