Ormai
era giunto il crepuscolo, i raggi
aranciati penetravano nello studio di Draco, attraverso le tapparelle
semi-abbassate, illuminando il profilo scuro del suo calderone.
Vegida
lo guardò, con un sopracciglio
inarcato per lo scetticismo, mentre si fingeva concentrato al miscuglio
ribollente, che aveva tutta l’aria di essere stato fatto
senza seguire un
procedimento logico, ma dopotutto
è tornato da dieci minuti...,
pensò il ragazzo, con il sarcasmo che
gli pungeva la punta della lingua. La morse con i denti, donandosi un
po’ di
sollievo. «Ciao… papà».
Draco
colse di sfuggita il profilo di suo
figlio, poggiato contro lo stipite della porta. «Ehi,
amore… allora? Com’è
andata? Che cosa ti ha detto la nonna?»
Vegida
storse la punta del naso. «Bah…
sempre le solite cose: hai visto le rose
rosse? Sai, sono nuove… mi sembra incredibile voi giovani
possiate andare in
giro vestiti così… Giusto ieri, ho visto un
ragazzo con i pantaloni talmente
sdruciti che erano sul punto di trasformarsi in stracci!»,
squittì,
imitando il tono di voce acuto e gracchiante di sua nonna.
Draco
sorrise, ma non aggiunse nulla.
Vegida
si sentì congedato e
silenziosamente andò nella sua camera, ora il suo scopo era
solo uno: pensare
al modo più doloroso possibile per spezzare il cuore a Harry
James Potter.
Stava
scrivendo da quasi due ore: tutti
piccoli stratagemmi per incenerire il cuore di Harry.
Qualcuno
bussò alla porta.
«Avanti»,
sibilò, con voce lenta e strascicata.
Una
piccola Elfa s’inoltrò nella stanza.
Tenny era alta quanto un comodino, aveva gli occhi viola-blu e uno
sguardo vispo.
Era stata la balia di Vegida, il che lo aveva spinto a considerarla come
la
figura femminile assente nella sua infanzia…
perché sua madre… beh lei viveva
in Italia con il nuovo marito. L’uomo di cui era realmente
innamorata. Dal loro
rapporto era nato Felipe, il suo fratellino di undici anni. Solitamente
li
vedeva nei giorni festivi: nel periodo natalizio o in quello estivo. I
suoi
genitori andavano molto d’accordo, non c’erano mai
state faide o ripercussioni
tra loro.
«E’
pronta la cena, signorino…»
Con
un cenno del capo annuì appena, e dopo
aver riposto tutto nel primo cassetto del comodino, uscì
dalla stanza,
silenziosamente. Si chiuse la porta alle spalle e schioccò
la lingua contro il
palato, un flebile sibilo provenne dal fondo del corridoio.
Siaf
stava arrivando.
Siaf
era il suo animale domestico, uno dei
migliori regali di compleanno che aveva ricevuto. Era un cobra di
quattro metri,
verde, con gli occhi gialli. Sin da subito tra lui e Siaf si era
instaurato un
saldo rapporto, quasi… magico.
Lui
era il solo in grado di controllarlo.
Giunse
nella sala da pranzo, seguito dal
cobra. Si accomodò al suo solito posto, alla sinistra del
capotavola, postazione
occupata da suo il padre.
Draco
gli sorrise, occhieggiando l’animale
in modo quasi affettuoso.
«Sai,
ho ricevuto una lettera da Theodore
poco fa… il tuo padrino, intendo… sai lo zio di
Joshua… a quanto pare tra voi andate
d’accordo, no? Immagino che per te non sia un problema andare
a cena da loro,
domani… vero, amore?»
«Tu
non vieni?», chiese Vegida,
consapevole della risposta.
«Ho
da fare…»
Il
ragazzo si limitò ad annuire, non
voleva dire al padre di sapere, non subito almeno.
La
cena passò velocemente, tra domande che
vertevano su temi differenti e cose non dette, finché Draco
non decise di
congedarsi, per immergersi nella lettura.
Draco
si diresse verso l’ala della villa,
a lui adibita, quando il figlio gli si rivolse nuovamente.
«Domani, non andrò
dai Nott… ma sta’ tranquillo, non ti
rovinerò la serata con Potter… Buon
riposo, papà».
Ecco
uno degli svantaggi di avere un figlio
Serpeverde. E’ decisamente troppo perspicace! Domani si
uccideranno, lui e
Harry. Lo so. Lo sento! Oh, povero me…