L'aria bruciava di carne e sangue e le case dei Troiani erano consumate dal fuoco. Il buio era saturo delle grida delle donne che si aggrappavano con forza agli stipiti delle porte, posandovi sopra le labbra e piangendo. Un sorriso crudele gli deturpò il viso, mentre sentiva già sulla lingua sapore di sangue e di morte.
Erano scivolati fuori dal Cavallo
come ombre impalpabili, quasi invisibili nella notte rischiarata appena
dalla luna.
Alcuni di loro erano strisciati ad aprire le porte per far entrare gli
altri, e in poco tempo si era scatenato l'inferno.
Urla, fiamme, il cupo rumore di due lame che si scontravano tra di loro
e affondavano nella carne. In una manciata di secondi la citta di
Troia, che aveva resistito ad un assedio di dieci anni, era caduta come
un castello di carte.
Pirro Neottolemo avanzava verso la reggia di Priamo, seguito da
Perifante e dal fedele Automedonte. La lama della sua spada brillava
dei riflessi rossicci del fuoco che stava consumando la
città e del sangue dei Troiani. Nessuno di quelli che si
trovarono sulla sua strada ebbe scampo. Arrivato in
prossimità della porta della reggia afferrò una
scure, conficcata in uno dei tanti cadaveri, incurante delle gocce di
sangue che gli macchiarono il viso. Con rabbia colpì il
legno, continuando fino a renderlo un ammasso informe, per poi
staccarlo dai cardini. L'orda degli Achei si scagliò oltre
l'entrata, invadendo la reggia. Pirro si fece largo tra il popolo di
Priamo, uccidendo le sentinelle e le guardie come se non fossero altro
che animali pronti per essere sacrificati. Un lago di sangue si
allargava ai suoi piedi, ma ad attirare l'attenzione del Pelide non
furono le grida o il rosso che gli macchiava le mani, bensì
Polite, figlio di Priamo. Egli, scampato alla strage che gli Achei
stavano facendo della sua gente, tentava di fuggire, saettando tra le
frecce e le spade. Un ghigno ferino deformò il viso di Pirro
e, come un lupo che aveva puntato la sua preda, iniziò a
inseguire il ragazzo. I lunghi capelli biondi gli cadevano davanti agli
occhi, due pozzi neri pieni di crudeltà, talmente profondi
da poterci cadere dentro.
Riuscì a raggiungere Polite davanti all'altare.
La sua spada affondò nella carne, tagliandola e lacerandola. Il sangue gli imbrattò la lama e i vestiti, tingendoli di un rosso scuro.
Egli morì sotto gli occhi del saggio Priamo, suo padre. E, in quell'istante, un pensiero attraversò come un' ombra la mente del vecchio re.
Un padre non dovrebbe mai sopravvivere al proprio figlio.
-"Per tale delitto ti puniscano gli dei, falsa progenie di Achille Pelide! Senza riguardo hai costretto il padre ad assistere alla morte del figlio, nonostante addirittura il glorioso Achille abbia avuto il riguardo ai diritti e alla fede del supplice."-
Distrutto dal dolore e dalla rabbia, scagliò con le poche forze che gli restavano la lancia verso Pirro. Essa colpì con un tonfo sordo il pesante scudo di bronzo, scalfendone solo leggermente la superficie.
-" Allora raggiungi mio padre, vecchio, e ricordati di narrargli le mie atrocità. E adesso muori"-
Non un'ombra di rimpianto attraversò gli occhi neri del giovane, mentre trascinava Priamo verso gli altari. Nemmeno quando infilzò la spada nel fianco dell'uomo, osservando con un ghigno crudele gli ultimi attimi di vita di colui che fu re di tanti popoli e terre d'Asia.