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Autore: sistolina    30/03/2012    5 recensioni
“Il termine tecnico è Schizofrenia Ebefrenica di Tipo Disorganizzato, ma per comodità la chiameremo SED” per comodità un paio di palle, è uno sfigato con l'accento da college prestigioso che non vuol far sentire come diventa plebea la sua erre mentre dice “ebefrenica”. E forse anche perché ci godeva alla grande che io fossi una sigla, così non avrebbe dovuto ricordare come mi chiamo, perché odio Via Col Vento anche se lo riguardo almeno una volta alla settimana, perché scarto i cavoletti di Bruxelles anche se mi piacciono, perché non scrivo mai il mio nome con la penna rossa, o non riesco a guardare l'orologio senza sentire il bisogno di uscire dalla stanza. Ci sono scritte quelle cose, DOC, sul fascicolo spesso come la Costituzione Americana che avrai letto sul cesso 'stamattina. Ci sono scritte un sacco di porcherie su di me che nemmeno io so, eppure ha deciso che basta chiamarmi SED perché l'intero Universo conosciuto possa arrogarsi il diritto di parlare di me
Genere: Drammatico, Satirico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DAP


Certa gente è nata per sventolare la bandiera
Oh, sono rossi, bianchi e blu
E quando la banda suona "Hail to the Chief"
Puntano il cannone contro di te...
(Fortunate Son, Creedence Clearwater Revival)
 

Pop pop pop
Osservo la sua amara concentrazione nel tentare vanamente di ignorarmi
Pop pop pop
La ruga d'espressione al lato destro della bocca, proprio sotto la cicatrice a forma di mezzaluna che le ricorda senza pietà che razza di soggetto ha lasciato scorrazzare nel mondo
Pop pop pop
Dev'essere il progetto di un palazzo a cinque piani, soffitti alti, high tech, feng shui, architettura ecosostenibile, salviette al mentolo che vengono fuori dai distributori automatici, parquet di legno, ma non il legno innocente che strappiamo via dalla terra stuprando le radici e sfregiando la natura, l'altro legno, quello che non ho mai capito da dove venga. Probabilmente stupra la terra di qualcun altro.
Pop pop pop
“Milo porca miseria la vuoi piantare?” dieci secondi e tredici decimi. Un record.
“Miranda” tono piatto, ammonitore, nessuna necessità di sollevare lo sguardo dal Blackberry. Tokyo sta perdendo punti, il Dow Jones crolla come le tette di un'ottantenne, Cristo Miranda, vuoi davvero rompere i coglioni perché il ragazzo sta giocando con il rivestimento in plastica del tuo nuovo frullatore elettrico a basso consumo, da dieci secondi e tredici decimi? Non hai speso centinaia di dollari di terapisti, e strategie di autorilassamento, e massaggi, e spilloni infilati nei peggiori luoghi inesplorati?
Pop pop pop
“Milo” un sospiro, Cristo Santo che manifestazione inveterata di umanità repressa.
Il pezzo del petrolio sale di nuovo.
Pop pop pop
Pop
Pop
Pop
“Porca puttana ragazzino vuoi smetterla?” come sei bella, nel tuo completo firmato e le tue calze trenta denari per nascondere le vene varicose ereditate dalla tua bisnonna armena, mentre armeggi con una matita HB dal retro mangiucchiato su cui sublimi ogni attacco di irritata costernazione, frustrazione, voglia o imprecazione. Dovrai mangiartela tutta, stronza, prima di averla vinta.
Un boccolo impataccato di lacca sfugge alla finta noncuranza che usi per sistemarlo dietro l'orecchio a sventola, e i denti stringono più forte la presa sul culo già provato della povera matita.
Pop
Pop
E sclera cazzo, così potrò andarmene da questo posto di merda una sacrosanta volta.
Pop
Pop
Pop
 
TRACK
 
Ciao ciao matita HB, benvenuto coltello da cucina.
Mira al cuore cocca, o non ci provare nemmeno.
Ti alzi, vecchio bavoso con l'abbronzatura arancione finta che sbuca a intervalli irregolari dal polsino inamidato della tua camicia, e mi fai cenno di seguirti. Ti passerai nervosamente la mano fra i capelli ricci sale e pepe, sospirerai e stringerai la mandibola così tanto da sentirla scricchiolare, mi metterai una mano sulla spalla che nemmeno arriverà vicino al bersaglio prima che mi appiattisca contro la parete pur di non dover sopportare le tue dita scivolose di autoabbronzante che sa di cavolfiore marcio, e parlerai con voce piana e autorevole, da amichevole zio preoccupato
“Milo, non possiamo andare avanti così” io non parlerò, come sempre, perché il suono della mia voce nessuno ha mai voluto davvero sentirlo “Miranda è a pezzi, ha un progetto da consegnare dopodomani, e il nostro telefono squilla più di quello di un centralinista” E spegnilo allora, ritardata ameba sessofila senza mento. Spegni il tuo cazzo di telefono, così i cazzo di vicini non romperanno più per il loro Puffolo adorato che è scomparsi di nuovo. E premilo il fottuto bottone rosso. Sgancia la bomba.
“Disturbo Antisociale della Personalità” DAP, l'infermiera ha sospirato richiudendo la mia cartella. Ma cosa avrà voluto dire?! So che ci state pensando, siete troppo ricchi e infagottati di reality show di bassa lega per non idealizzarmi all'infinito come un povero martire della società occidentale, della giustizia, del tarlo genetico che mi porto dietro per via di quel problema.
Troppo stupidi.
Troppo ordinari.
Se non mi avessero raccattato due professionisti dell'Upper East Side ma una coppia di pastori di Alpaca della campagna dello Utah, col cazzo che sarei stato un DAP. Magari lo sfigato stragista minorenne che ha ucciso il gatto dei vicini. Magari avrei sodomizzato vacche.
Magari avrei sposato un'allevatrice di polli. O un maestro di yoga.
'Fanculo.
Pop
Pop
Pop
Alla fine anche tu ti arrendi floscio cazzone pieno di colesterolo, liberando la tua soave mogliettina dall'incombenza di dovermi scazzare contro
“Milo, dobbiamo parlare” fatto, non è stato difficile uh?
Coglione.
 
“Ecco, questo è un emblematico esempio di rapporto conflittuale” DOC ha chiuso la cartelletta blu con un gesto compiaciuto, quasi fossero sue le mutande stese fuori all'aria così che tutti potessero farsi i cazzi di tutti in questo schifo di posto. Quel cazzone decerebrato si sentiva soddisfatto probabilmente, col suo Magna Cum Laude che sfavillava fra una lente da millecinquecento dollari e l'altra dei suoi occhiali dalla montatura in acciaio che gli conferiscono un'aria da frocio che nemmeno Elton John nel suo periodo d'oro (lo so che è malato e probabilmente non vedrà la fine del mondo preannunciata dai Maya, ma si può sapere chi ancora si illude che me ne freghi un benemerito cazzo dello stato di salute di Elton John? Non è che perché mia madre mi ha fatto sciroppare tutti e tre i film del Re Leone, con e senza 3D e boiate simili io provi il benché minimo trasporto verso uno che non ho mai visto) e quella cravatta arancione mattone sporco di fango che si strofinava in continuazione fra il pollice e l'indice, come se avesse potuto conferirgli una seppur vaga aria intellettuale. Il fatto che dicesse una mastodontica discarica di cazzate, pare, non fregava a nessuno. Illuminato ed emerito esemplare della psichiatria moderna, astro nascente della ricerca scientifica in materia di psicopatologie del comportamento infantile, e un cazzone gigante con un biglietto di sola andata per Fottersi. Io voto sì, per farsi fottere, magari a Chattanooga o in un posto del genere.
Ma perché mi trovavo lì, in quella stanza dalle pareti dal colore indefinibile fra il giallo vomito e il verde diarrea? Ah già, Il Circolo dell'Analista, 'sta merda postmodernista inventata da qualche hippy strafatto che ci dovevamo succhiare la domenica pomeriggio, nella fattispecie quel pomeriggio piovoso come la cazzo di brughiera di Scozia, con l'acqua che formava una patina stile “Jack e Rose che fanno sesso sul Titanic” e un'umidità che avrebbe fatto sanguinare il naso a Mr.Crocodile Dundee. Anche respirare mi sembrava un'impresa titanica, schiacciato sulla sedia di plastica appiccicosa arancione senza braccioli (dico, Cristo Santo, ma i miei genitori pagano fior fior di quattrini perché io non possa nemmeno appoggiare i miei fottuti avambracci su un paio di braccioli che si rispettino? Cos'è, ecologismo all'ultimo stadio, che si risparmia anche sulla plastica per fare i braccioli delle poltroncine?), una pisciata che mi scappava dalle otto di mattina e l'alluce che sbucava impertinente dalla mia ciabatta sinistra, tanto per ricordarmi che “soggiornavo” lì da troppo, decisamente troppo, tempo.
Per dire, il Disturbo Antisociale della Personalità in questione, per chi non avesse afferrato (che ne so che quoziente intellettivo mi trovo a fronteggiare nella gente che si mette a leggere 'sta cagata?) è quello che arriva e getta nel più totale sclero tutta la combriccola. Sì, proprio quello lì, quello strano. E fuoco alle polveri se qui dentro c'è qualcuno che si può veramente autoproclamare strano. Quindi, quando uno che si masturba abitualmente davanti agli altri e parla con gente inesistente da quando aveva cinque anni (no, niente amici immaginari del cazzo, Gerard DePardieu mi è sempre stato in culo a mille) afferma con assoluta fermezza di spirito che il tizio seduto esattamente di fronte è lui era strano, non è come quando vostra moglie ha un orgasmo, ma è la verità.
Premettiamo che io non sono un fico, non uno di quelli per cui le cheerleaders si strappano le mutandine (nemmeno le sfigate mormone affamate di cazzo, se è per quello), né il tipo intellettuale un po' nerd che tira tanto di questi tempi: sono smilzo, pallido e ho i capelli rossi. Sì, pure nell'epoca del “pentiamoci tutti per la caccia alle streghe e l'Inquisizione” i capelli rossi fanno storcere il naso. I capelli rossi di solito vogliono dire irlandese di merda, se ti va bene, altrimenti solo “frocio ossigenato”. E lì ti pestano, di nuovo, se sei fortunato. Ogni epoca mette al rogo chi gli pare, porcaccia miseria...
Dicevamo dei miei capelli rossi, ricci, che se ne vanno di qua e di là come se avessero le loro maledette mestruazioni una volta al mese, e sono intrattabili per tutta la settimana precedente e quella dopo, e quella dopo ancora perché mancano quindici giorni, e via andare così da una volta all'altra. E prima hanno il ciclo e poi sono in menopausa, e poi hanno la demenza senile e schiattano, e te sei stato lì tutta la vita ad aspettare che non gli girassero le palle. Invano. I miei capelli sono uguali, ma se li taglio sono fottuto perché dimostro dieci anni di meno, e vedi tu se te ne vai in un posto come il St.Leonard, con tutti gli ormoni adolescenziali che girano a palla manco fossimo sull'ottovolante, con la faccia di uno che non dimostra nemmeno l'età per farsi le seghe.
'Sta cosa mi fa un po' venire in mente quella volta in cui Miss Culpepper (lo giuro, Culpepper, puoi fare un lavoro che richiede la gente conosca il tuo cognome, con quel cognome?) se la faceva con Travis Green, il padre di Sean Green del mio corso di fisica, nello spogliatoio delle ragazze al terzo anno. Era tutta scollacciata, la gonna di tweed tirata su fino a i fianchi e gemeva come una giapponese dei film porno vestita da scolaretta (vi parlavo no della passione di mio padre per le giapponesi scolarette?) con quel cazzo di Travis Green che se ne stava lì a farsela come se niente fosse, manco non ci fosse in giro nessuno. Beh c'ero io, e c'era pure Sean che era tornato nello spogliatoio per vedersi di nascosto con la tipella che frequentava, una tale di cui non ricorderò mai il nome, con l'alitosi. Adesso mi viene in mente...va beh, sta' di fatto che c'eravamo io e Sean, e ci siamo guardati un attimo no, come fanno i complici di qualcosa di illegale, come quando nascondi lucertole in uno scatolone sotto il letto, poi quelle scappano e a tua madre tocca disinfestare. E poi lui ha dato fuori, completamente, e mi ha guardato negli occhi come se volesse farmi secco cazzo. Suo padre si montava la nostra insegnante di inglese su una panca degli spogliatoi, e la merda di Green mi sbatte contro il muro tanto forte che la testa mi ha rimbombato due ore
“Tu non hai visto un cazzo stronzetto hai capito? Un cazzo” e mi spalma una manata a cinque millimetri dall'orecchio destro. Sento ancora vibrare la parete.
Era un tipo grande e grosso Green, mica una mammoletta a caso del corso di aritmetica avanzata. Quello di fisica non capiva una sega, ma stava nella difesa della squadra di football, io mica potevo fare il grosso e spingerlo via, solo la sua coscia sinistra pesava più di me!
Ora non state a sbuffare, perché non ho tirato in ballo la mia adolescenza travagliata per niente, abbiate fede. Si parlava di questo nuovo arrivato, questo schizoide permanente che preferiva farsi chiamare DAP, come il das no? Quello che puzza una cifra e usano i bambini e i ritardati per divertirsi la domenica pomeriggio quando piove. Come il das, ma con la P.
Beh, Mr. Disturbo Antisociale della Personalità poteva invece vantare un certo je ne sais quoi da “strappamutandine”, ma non perché fosse un palestrato alla Sean Green, né un intellettualoide alla indie sfigato con gli occhiali quadrati. Lo schizzato, Milo, sia messo agli atti che a me le sigle fanno cagare (per tutta quella menata della desoggettivizzazione e palle varie) era magro, ricordo che lo era perché io sono smilzo e floscio, e non ho uno straccio di tartaruga nemmeno se vado a rapirla alle Galapagos, ma lui cazzo, a lui sembrava avessero stirato la carne sulle ossa, ed era tutto un vibrare teso di nervi e di tendini sotto pelle, e vene bluastre del cazzo che mi fan rizzare i peli anche dove non li ho. Ma la sua faccia, Cristo, la sua faccia era spigolosa e asimmetrica, la bocca troppo carnosa per il viso, immobile e sigillata nemmeno lo stesse interrogando la polizia, due zigomi intagliati con lo scalpello di qualche artigiano cieco e con un senso dell'estetica pari a quello di mia madre per gli smalti, e gli occhi allungati, scuri, due pozzi senza fondo del cazzo, fissi immobili in un punto del pavimento dove avrebbe potuto scavare una fossa comune da tanto tempo che non batteva le palpebre. Ricordo che ho pensato che avrebbe potuto rappresentare qualunque posto dimenticato da Dio dal quale proveniva alle Olimpiadi delle facce di cazzo che non si smuovono manco a morire. C'è chi mi dice che non esiste come specialità, e io dico che dovrebbe porca vacca, perché quello avrebbe vinto a occhi chiusi (o aperti, a questo punto a chi frega davvero della mia digressione sul conservatorismo delle competizioni sportive contemporanee?).
E aveva quello sguardo, lo stesso di Sean Green mentre suo padre si sbatteva la professoressa di inglese: a voler ben vedere, non c'era niente. E non un niente che vibrava di vita e di follia repressa, ma proprio un fottutissimo cazzo di niente. Nada, rien, nichts, l'amorfa e insuperabilmente inespressiva manifestazione del nulla.
Ora, voi potete ben capire quanto può essere arrapante il nulla.
Fossi stato una ragazzina piena di ormoni fan dei vampiri, probabilmente me lo sarei tirato fuori seduta stante, senza tanti complimenti, e via andare.
Ma ce l'avevo una magra e sottile dignità, da qualche parte fra mia zia Lorna che masticava la gomma come un ruminante nei suoi fuseaux fucsia chiedendo a mia madre se non avesse mai pensato di darmi in adozione, e Betty Fennel, la bambina al primo banco dai capelli castani, che aveva segnato un deciso NO alla mia decima proposta di diventare la mia fidanzatina delle elementari. All'undicesima suo padre ha parlato con il mio a proposito di un ordine restrittivo.
La troietta è stata impalmata una volta di troppo, mi dicono, ed è rimasta incastrata con un mezzo fallito figlio di operai alla periferia di Buffalo. Le sarebbe andata meglio con me, probabilmente sono pure sterile, tanto per non perpetrare certe tare genetiche. Ma poi io che ne so, sono un fottuto segaiolo da avanspettacolo, mica vado in giro a donare lo sperma!
L'esimio cazzone della giornata aveva finito la sua filippica sulla condivisione, il rispetto e la catarsi di poter scambiare con altri le proprie esperienze traumatiche, e l'altro era ancora lì, immobile, a fissare la quarta piastrella da destra e dodicesima dal basso, con solo il pollice destro dall'unghia mangiucchiata a tracciare precisi cerchi sul ginocchio rachitico, alla punk derelitto degli anni '70 sfondato di eroina. Jeans lavati così tanto da aver perso un colore definito, così stretti che l'immaginazione di mia madre sarebbe bastata per figurarsi tutto, lo stesso per la t-shirt, bianca, praticamente trasparente, con qualche gruppo rock di che-cazzo-ne-so-landia di cui non si distingueva nemmeno il numero dei membri decalcato sopra. In tutta sincerità, già che si è in compagnia, non capivo perché l'anoressica tre sedie a destra della mia si mordesse il labbro come se potesse mangiarselo. Per Dio, era un tipo, mica 'sto gran pezzo di fico da scopate stratosferiche da contare a due a due finché diventan dispari!
E il nazi...vi ho già parlato del nazi? No?
Cazzo ma come avete potuto lasciare che sproloquiassi per ore su Betty la scrofa quando dovevo parlarvi del nazi pazzo con gli occhi fuori dalle orbite e la svastica tatuata sul petto?
Non conosco ancora la sua sigla, so solo che è seduto alla sinistra di DAP, e si mangia le unghie. Belli, non come se le mangia la vicina di sedile in metropolitana in attesa della sua fermata. Col cazzo, quello rosicchiava come un fottuto Chipmunk, della serie “sono solo su un'isola deserta e sto per azzannarmi il braccio”, 'fanculo lo stress e 'ste menate inutili. Divorava.
Il nazi ha spostato gli occhi (fuori dalle orbite, due palle da golf iniettate di sangue da far rabbrividire le tavolette del cesso) sulla sneakers consumata del tipo, con fare schizzinoso, sapete come fanno, come se fossimo tutti i figli dei figli dei figli di quelli che loro sbattevano ad Auschwitz come mucche al pascolo, e ha emesso una specie di suono simile ad uno sbuffo, ma più come un latrato.
Se l'avesse fatto a me avrei probabilmente finto di non aver sentito, di non essere nemmeno nella stanza, nemmeno al mondo cazzo, ma quello si volta così lentamente che se avessi preso il tempo mi si sarebbe scaricato l'orologio e lo guarda.
Giuro, non ha detto una fottutissima singola sillaba del cazzo. Niente.
Nazi o non nazi, il tipo era del colore del piscio stantio.
Se dovessi misurare quanto diavolo ho goduto in quel momento, mi farei una sega.
Ricordo il rumore della pioggia sul doppio vetro rinforzato, rimbalzava due volte, una sul rinforzo in acciaio che si assicurava non ci buttassimo di sotto, e una sul vetro, come un concerto, tanto sincronizzato che mi faceva venire sonno. Ricordo il disegno a pastelli a cera scarabocchiato sul tavolino da caffè, e ricordo il colore degli orecchini dell'infermiera di turno. Ricordo tutto, sempre, memoria fotografica di merda, e ricordo che ero lì che sogghignavo come una pettegola di qualche fottuta cittadina sperduta dell'Alabama, e me la godevo un sacco, con tutte le mie aspettative di scorrazzare alla Huckleberry Finn e Tom Sawyer sul Mississippi nel giardino del St.Leonard con nuovo arrivato, candidandomi praticamente all'Oscar per il film mentale che stavo facendo, soggetto, regia, musiche e tutta la sequela di attori. Mi preparavo già il discorso da fare alla consegna della statuetta.
E poi ha alzato lo sguardo.
Gesù Cristo.
 
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Angolo della delirante autrice: salveeeeeeeeeeee...orari improponibili della notte? Sono iooooooooooooXD
Eccomi con il nuovo delirio, confuso e agitato come sempre, e probabilmente anche molto meno interessante del PrologoXD Chissà, vedremo^^
Come sempre ci tengo a ringraziare le magnifiche persone che adorabilmente mi concedono il beneficio del dubbio, ma soprattutto quelle che non me lo concefono più, perchè i dubbi su di me e su questo progetto, almeno loro, non ce li hannoXD 
La canzone della citazione iniziale è Fortunate Son dei CCR :)
Che dire se non...alla prossima!!!!!
   
 
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