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Autore: eiden    27/10/2006    6 recensioni
Mentre lo pronuncio, lettera per lettera, suono per suono, lo sento scivolarmi sulle labbra come cioccolata calda, accarezzarmi la pelle come velluto, il tuo nome mi inebria i sensi come un afrodisiaco. Un calore mai provato lambisce il mio corpo; un fuoco vivo che scalda senza scottare, che brucia senza consumare.
Vedo il tuo viso, il tuo angelico viso, sospeso sopra il mio.
Sorridi. Sei triste. Perché sei triste, amore mio?
[Prima classificata al contest di "Parole in libertà"]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mentre lo pronuncio, lettera per lettera, suono per suono, lo sento scivolarmi sulle labbra come cioccolata calda, accarezzarmi la pelle come velluto, il tuo nome mi inebria i sensi come un afrodisiaco. Un calore mai provato lambisce il mio corpo; un fuoco vivo che scalda senza scottare, che brucia senza consumare.

Vedo il tuo viso, il tuo angelico viso, sospeso sopra il mio. Sorridi. Sei triste. Perché sei triste, amore mio?

Mi sembra di galleggiare sospesa nel vuoto, trapunto di lucine bianche.

L’universo. Mi ricorda l’universo, immenso, buio, trapunto di stelle lucenti, brucianti, come me.

Sto volando. Posso toccare le stelle. Vorrei portarne una a lui, così che la sua luce gli tenga compagnia quando la mia si spegnerà. Presto.

Non vedo più il suo viso. Con quei capelli del colore dell’oro filato ma gli occhi come il buio più profondo e angosciante. Ma pieno di calore, come quello che mi stava avvolgendo. Che fosse il suo amore?

La prima volta che ti vidi volevo farla finita. Fosti il mio angelo salvatore. Sembrano passato anni interi invece siamo stati insieme per soli 4 mesi. I giorni più belli della mia vita.

Mi dissi di trovarmi bellissima. Io ti credetti. Ricordo che il sole splendeva. Gli alberi in boccio, l’erba tenera appena bagnata dalla rugiada, mille colori trapuntavano quel immenso mare smeraldo. La Natura stessa sembrava prendersi gioco di me.

Una bambina stava cogliendo dei fiori. Mi sentivo come quei fiori. Strappata dalla mia vita. Bruscamente. Ingiustamente. Eppure tu fosti quel bicchiere d’acqua in cui venne messo il fiore. Mi ridasti la vita e lo splendore di un tempo. Ma una rosa recisa, per quanto eterea, prima o poi muore.

Sento la tua mano sulla pelle. È calda. E dolce. Ti sorrido. Tu piangi. Il mio sguardo cade sul comodino. Sono tantissimi. Non ci avevo mai fatto caso. L’abitudine. Decine e decine di barattoli di pillole. Di ogni tipo, di ogni colore. E dire che non mi erano mai piaciute le pillole.

L’espressione del medico era di compassione ma sotto tutto questo c’era anche un profondo imbarazzo. Avrei voluto urlare, rompere qualcosa, la testa del medico se fosse stato possibile. Era colpa loro. Lo sapevo io e lo sapevano loro. Ma non riuscivo. Non potevo. Io non potevo urlare in pubblico. Mamma non avrebbe voluto. Con quell’espressione profondamente delusa negli occhi. Non potevo farlo. Terapia, medicinali. Avrei potuto sopravvivere sei mesi. Forse. Se solo avessero visto quel tumore prima, invece di scambiarlo per qualcos’altro, non so nemmeno io cosa. Da quel momento la mia vita ruotava intorno alla terapia e ai “se solo” a cui continuavo a pensare.

Tu mi hai salvato. Mi hai dato la vita laddove altri stavano cercando di togliermela.

Io capisco.

Ogni qualvolta mi guardavi negli occhi sapevo che c’era sotto qualcosa. Tutte quelle volte che mi guadavi con occhi pieni d’amore dicendomi che sarebbe finita presto. Quando mi tenevi la mano di notte quando non riuscivo a dormire. Quando mi asciugavi le lacrime dopo la terapia. Quando cercavi di farmi ridere anche se un altro giorno era passato e io mi vedevo la vita scorrere davanti agli occhi troppo in fretta per poterla fermare.

Ma io ti amavo. E ti amo ancora di più oggi.

Qualunque cosa avessi fatto io ti avrei perdonato perché ho fiducia in te.

Qualcuno dice che l’amore copre gli occhi e annebbia la ragione. Secondo me ti fa solo vedere la vita da un altro punto di vista. Più bello. Un mondo migliore.

Era accanto al mio bicchiere dell’acqua. La siringa che hai usato per me. E una boccetta di liquido trasparente. Non so cosa sia. Ce n’è un’altra poggiata su un vassoietto. È ancora piena.

Mi sento galleggiare sopra il letto. Leggera. Inconsistente. Come un vento. Un vento che soffia sulla terra, sulla gente. Sono vicina a tutti quelli che mi amano. Io sono un vento. E posso star loro accanto mentre mangiano, mentre dormono, mentre lavorano. Anche mentre piangono per me. Io sono lì che veglio su di loro.

Mi si è annebbiata la vista. Non riesco più a distinguere i tratti del tuo viso. Ti leggo le labbra. Staremo insieme per sempre. E poi aggiunge un’altra parola. Scusa. Io sorrido debolmente.

È vero. Mi hai uccisa. Ma io ti ho già perdonato. Ti amo. Mi ami. Questo è quello che conta.

 

Un’ultima lacrima accompagna l’ultimo respiro della ragazza. Il ragazzo la raccoglie con un dito e se la porta alle labbra. Poi si sdraia accanto a lei e la prende tra le braccia. Il contenuto della siringa si perde nel suo corpo e mentre sente che la sua anima si sta ricongiungendo a quella dell’amata, le da un ultimo bacio. Non un bacio d’addio, ma di arrivederci.

Insieme. Per sempre.

 

  
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